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MESSINA - MADONNA DI TRAPANI

- di Maria Portovenero -  

Il santuario della Madonna di Trapani è testimonianza di un antichissimo culto alla Vergine. Il piccolo edificio sorge in fondo alla vallata del torrente che dalla stessa chiesa prende il nome di torrente Trapani. Le sue origini non sono ben conosciute, ma sono certamente antiche e legate al culto di una immagine lignea collocata in una nicchia ad opera, forse, di qualche anacoreta che in quel luogo si era ritirato a vivere solitario. La tradizione popolare narra che al tempo delle crociate il cavaliere templare Guerreggio, fuggendo dalla Terra Santa diretto verso Pisa con il quadro della Madonna, naufragò a Lampedusa e poi a Trapani. L’intitolazione della chiesa si spiega appunto col fatto che la sacra immagine richiama quella che si venera nella città siciliana. Questa chiesetta entrò nella storia con l'arrivo a Messina, nel 1531, dei padri Cappuccini, i quali presero la loro prima dimora precisamente in un conventino che si costruirono accanto all'oratorio. Proprio a questo periodo risale una narrazione popolare che ha per oggetto un evento miracoloso legato alla statua della Vergine. Si narra, infatti, che i padri Cappuccini stabilitisi nella valle del torrente tra il 1531 e il 1540, vennero a conoscenza del fatto che in cima alla collina esisteva un piccolo eremo che custodiva in una nicchia una statua della Madonna col Bambino. Decisero, quindi, di requisirla e di collocarla nella loro chiesetta. Da qui il miracolo: durante la notte la statua scomparve ricomparendo proprio nella nicchia di origine. Pensando che fosse stata sottratta dagli eremiti, i cappuccini andarono a riprenderla, ma per la seconda volta essa scomparve per poi riapparire nel vecchio sito. Tale situazione durò per alcuni giorni creando discordie tra eremiti e padri Cappuccini. Questi ultimi si misero in guardia e scoprirono con grande stupore che durante la notte avveniva un vero e proprio miracolo, la Madonna evidentemente non voleva stare in quella cappella: come sua dimora aveva scelto la nicchia dell’eremo a Lei consacrato.

I cappuccini capirono la situazione e decisero di trasferirsi anch’essi in quel luogo santo dove edificarono ed abitarono l’attuale santuario, officiando per alcuni anni le loro funzioni religiose. Sparsa la voce del miracolo per tutta la città, quella collina divenne meta di molti pellegrini, i quali venerarono con fede la Madonna chiedendo il suo aiuto. Con grande gioia per tutti i fedeli, la Vergine ricambiava compiendo dei miracoli.

I cappuccini rimasero in questo luogo soltanto pochi anni poiché si trasferirono, poi, più vicino alla città sul colle che ancora oggi porta il nome di "Cappuccini", benché su di esso risiedano ora i padri Gesuiti, per i quali è stato costruito dall'Arcivescovo Angelo Paino l'Istituto Ignatianum. Il conventino di S. Maria di Trapani, dopo la partenza dei cappuccini, rimase per qualche tempo abbandonato, sino a diventare rifugio di gente sospetta. L'Arcivescovo lo affidò perciò, anche allo scopo di ottenerne la custodia, a pie persone e, nel 1654 due Spagnuoli vi si stanziarono conducendo vita eremitica. Il loro esempio mosse altri fedeli e il loro numero cominciò a crescere, specialmente dopo che della famiglia entrò a far parte p. Saverio Amato, sacerdote di santa vita, molto apprezzato, che fece crescere il prestigio di quel ritiro. Egli organizzò la piccola comunità distribuendo il tempo e la vita di preghiera, di penitenza e di lavoro secondo la regola di s. Pacomio. La cosa fu molto apprezzata dai messinesi, i quali aiutarono con molte elemosine quei religiosi per ampliare i locali dell’eremo in cui si erano dislocati. Ciò suscitò emulazione in altri che, seguendone l'esempio, fondarono nuovi romitori sparsi sui colli della città. L'eremo di s. Maria di Trapani venne considerato come punto di riferimento e modello e il p. Saverio Amato fu riconosciuto come maestro e capo carismatico di tutti quei luoghi di preghiera e di penitenza. A testimonianza del suo prestigio, in una lapide murata accanto al portale si legge: AEREMUS REGIA cioè eremo reale, ad attestare il ruolo di romitorio principale svolto dal santuario, da cui dipendevano quello della Misericordia a Larderia, della Madonna degli Angeli, di san Corrado, di san Giacomo (castello Gonzaga), di san Nicolò. Ciò fu anche occasione per la crescita della devozione verso la Madonna di Trapani nel popolo messinese. La sua festa si celebrava con grande solennità nella seconda domenica dopo pasqua e faceva accorrere all'eremo larghissimo stuolo di cittadini devoti. Nell'Ottocento il fervore di questo luogo di culto, così come degli altri romitori, cominciò a declinare, e quando sopraggiunsero le leggi del 1866 era rimasto solo qualche frate a presiedere il conventino. Quelle leggi, comunque, segnarono ufficialmente la conclusione della storia dell'eremo. Non però la fine della storia della chiesetta, la quale continuò a essere curata grazie all'interessamento della Confraternita di S. Maria di Trapani, sorta sin dal 1670. Quando la chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1908, la famiglia Guarnera si addossò le spese per la riparazione, su incarico dell'Arcivescovo D'Arrigo che l’affidò loro con scrittura privata del 18 maggio 1910 concedendo il jus patronatus, con tutti i doveri e i diritti che esso comporta, e riservandosi il diritto di nominarne il custode. La confraternita da parte sua continuò a curare la celebrazione della festa annuale con immutato concorso di devoti della Santa Vergine.

L’architettura della chiesa è da collocare alla prima metà del XVIII secolo, periodo in cui l’eremo gode di cospicui lasciti e donazioni. A pianta rettangolare e ad una navata, la chiesa è accessibile tramite un portale in marmo e pietra che echeggia i grandi temi dell’architettura siciliana settecentesca. All’interno della chiesa si trovano due altari che custodiscono le statue policrome dell’Addolorata e del Crocifisso. Quest’ultimo in cartapesta dipinta su croce lignea, risalente verosimilmente al primo decennio del Settecento e di autore ignoto, presenta alcune caratteristiche che lo rendono unico nel suo genere. Il suo volto, infatti, guarda all’altare e ciò fa presumere che sia stato concepito appositamente in atto di adorazione nei confronti della statua della Madonna di Trapani collocata alla sua destra. Il Cristo sulla croce, inoltre, presenta la particolarità di essere fissato con quattro chiodi anziché tre. Il monumentale altare maggiore, marmoreo con inserti colorati sempre in marmo, è pressoché l’esatta copia del portale d’ingresso. Nella nicchia, coronata da un ornamento a forma di grande conchiglia, si trova la statua della Madonna di Trapani, opera in legno che riproduce l’originale in marmo situato nella chiesa dell’Annunziata a Trapani. Dislocate in vari punti si trovano diverse lastre marmoree che testimoniano l’intensa attività del santuario. Inoltre, di fronte al portale, sul pavimento, una grande lastra tombale d’ingresso alla cripta che contiene i resti mortali dei monaci eremiti è decorata dal classico teschio con tibie incrociate sormontato dalla clessidra alata, simbolo del tempo che fugge. Adiacente al prospetto laterale della Chiesa, dalla parte sinistra, esiste ancora il corpo di fabbrica ad un solo piano che in un primo momento costituiva il romitorio con le celle per gli eremiti e successivamente per i cappuccini; esternamente vi è il chiostro con fontana a mascherone in pietra lavica e un piccolo pozzo. L’ingresso avviene da un piccolo e ben disegnato portale, il cui stile fa pensare ad una realizzazione della seconda metà del Settecento, molto vicina al neoclassicismo. Nell’antica sacrestia annessa, sono conservati una pregevole acquasantiera settecentesca in marmo policromo, un armadio scolpito in legno di noce del XIX secolo, ed un busto marmoreo raffigurante Letterio Guarnera fu Carmelo, ricco possidente della zona e benefattore del santuario. Vicino alla porta d’ingresso si trova una lastra tombale marmorea a pavimento risalente al 1744, in riferimento alla grande epidemia di peste dell’anno 1743.

Le SS. Messe al santuario si tengono la seconda domenica di ogni mese a cura della Confraternita SS. Maria di Trapani e della Parrocchia di San Luca Evangelista che curano anche la festa e la processione della Madonna che coincidono generalmente con la prima domenica di maggio. Le cerimonie liturgiche dei festeggiamenti sono precedute da un “Triduo di Preparazione” con SS Messe, veglie eucaristiche e processione del Santissimo sul sagrato. La processione del simulacro della Madonna si snoda lungo alcune vie del centro cittadino per poi concludersi al santuario con tradizionali “botti” ed i suggestivi giochi pirotecnici destinati a concludere la sentita festa religioso-popolare che soddisfa ogni anno le aspettative di migliaia di fedeli provenienti da svariate località per venerare la Madre di Gesù.

Bibliografia

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Fonti

Rizzotto G. ,Confraternita S. Maria di Trapani Messina, Madonna di Trapani, Messina 2003.

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