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Articoli filtrati per data: Lunedì, 12 Marzo 2018

- LA REDAZIONE -

Nel quadro delle attività culturali promosse dal CIS della Calabria, si è svolta, venerdì sera, presso la sala (stracolma) della Biblioteca Comunale De Nava di Reggio, la conferenza del prof. Giuseppe Rando, ordinario di Letteratura Italiana dell’Università di Messina, su “Salvatore Quasimodo tra letteratura e giornalismo”. Introdotto da una lucida presentazione della dott.ssa Loreley Rosita Borruto, il relatore ha illustrato, con grande chiarezza, i due tempi della poesia di Salvatore Quasimodo, rilevandone, al di là delle differenze specifiche, l’assoluta forza espressiva. Il professore, che ha raccolto e pubblicato, insieme con un suo allievo, in due corposi volumi, tutti gli scritti giornalistici di Salvatore Quasimodo, si è quindi soffermato sulla personalità esuberante, risoluta e risentita del grande poeta siciliano, quale si rivela nei colloqui settimanali con i lettori.

Pubblicato in Comunicati stampa
Lunedì, 12 Marzo 2018 09:16

BREVI NOTAZIONI POSTELETTORALI

- di Giuseppe Rando -

Come volevasi dimostrare, hanno vinto gli illusionisti delle Cinquestelle e la Destra becera, fascistoide di Salvini, Berlusconi, Meloni, mentre hanno perso - ma di brutto - il PD di Renzi e tutte le sinistre sinistresi che sognavano di «intercettare i voti in uscita dal PD» e marciare verso “il sol dell’avvenire” insieme con la gloriosa classe operaia, con i sindacalisti inflessibili della CGL e con i proletari della nazione intera contro il governo fascista (?) e contro i biechi padroni (del vapore?).

In democrazia, però, il popolo ha sempre ragione. Viva il popolo, dunque, e viva la democrazia (dimenticando, per un momento, che era democrazia anche quella che portò al potere quel pazzo di Hitler e quel megalomane di Mussolini).

Intanto, la Sicilia - asservita o meno alla mafia - non finisce di sorprendere: è stata, per quarant’anni, una “minna” (da mungere) per la Democrazia Cristiana; ha, quindi, dato la totalità dei seggi disponibili (sessantuno) a Berlusconi, nella sua prima “uscita” del 1994; ha votato, ora, per gli imbroglioni delle Cinquestelle con maggioranze quasi bulgare, iperboliche: più del 30% in ogni comune e più del 60% a Siracusa: viva la coerenza e la coscienza democratica dei siciliani.

Ma al di là del sarcasmo, non possiamo non chiederci come si fa - nonostante la disoccupazione scandalosa di cui sono vittime le donne e i giovani siciliani soprattutto – a illudersi tanto facilmente, a credere a quel “pullanchellu” di Di Maio, figlio di padre fascista e allievo del qualunquista Grillo, che promette uno stipendio a tutti i disoccupati d’Italia? Come si fa a non chiedersi, almeno, dove li possa mai prendere, quel “pullanchellu”, tutti quei soldi?” Come si fa a non capire che non ci sono - non ci sono mai stati - salti in avanti, improvvisi, bruschi della storia, ma semmai progressi lenti, faticosi o, peggio, salti all’indietro? Come si fa a credere ancora oggi (non nel Medioevo) all’avvento di una palingenesi miracolosa? E a credere che la rinascita possa venire da un comico e da un “pullanchellu”? Sfortunato, invero, quel popolo che ha bisogno di … illusionisti.

C’è invero da disperare per la sorte dei nostri figli e nipoti. E c’è, forse, da piangere.

Qualche mio amico, parla dell’antica questione meridionale irrisolta. Ma, se è questa la causa dello sfacelo, la soluzione non è certo quella avanzata dai prestigiatori suddetti (che ritornano, di fatto, al fallimentare assistenzialismo democristiano) né quella dei fascistoidi (che parlano di Flat tax a favore dei miliardari). Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la fine del Comunismo in URSS, tutti sanno che le questioni meridionali si risolvono solo stimolando, incentivando, producendo lavoro e che il lavoro, sulla terra (non sulla luna), s’incentiva, si produce ecc. con gli investimenti pubblici (dello stato) e privati (degli imprenditori, dei padroni). Ma si sa pure (o si dovrebbe sapere) che, per funzionare, il l’intervento pubblico non deve fare buchi nel bilancio dello stato e che l’impresa privata non deve essere fallimentare. Ebbene, storicamente, oggettivamente, su questo terreno concreto, in Italia, finora, c’è stata solo la proposta - e qualche azione concreta, invero - della sinistra riformista e democratica. Nient’altro.

Ma questo povero, ingannato, martoriato (da secoli), attardato popolo italiano, che – non dimentichiamo -, per Manzoni, nell’Ottocento, era solo «vulgo disperso», quando potrà mai capirlo?

Pubblicato in Angolo di Giuseppe Rando

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