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-di Cosimo Inferrera *

Nel quadro di una nuova “realpolitik” la Germania, seconda nazione al mondo per prodotti esportati, sta realizzando con la Cina, la più potente in assoluto, un piano faraonico per il trasporto ferroviario da un paese all’altro attraverso la Russia e la Mongolia. L’altro giorno Angela Merkel insieme ad una ventina di businessmen di alto rango si è recata a Pechino per aprirsi ai mercati del colosso cinese e dei paesi intermedi, ricchi di risorse naturali. Iniziative del genere fanno ammirare il tradizionale spirito tedesco.

Luce ben diversa promana dalla Corte di Giustizia dell'Aia: nel giro di 80 minuti sancisce che l'Italia «ha mancato di riconoscere l'immunità riconosciuta dal diritto internazionale» a Berlino per i crimini commessi dal Terzo Reich. La sentenza pare soverchiare i principi della giustizia universale ed etica nella rappresentazione sostanziale di un diritto a dir poco ributtante. In questa cornice il celebre incipit dell’inno celebrativo ritorna a velare degli antichi fraintendimenti una serie di eventi sotto regia tedesca:  

  1. Il Corridoio V  da  Lisbona a  Kievconsente  alle realtà produttive della Baviera e dell’intero bacino della Rhur di interagire con vaste aree italiane, supportate a sud dagli hub portuali del sistema tirrenico e del sistema adriatico, a nord dagli assi stradali e ferroviari dei valichi del Sempione, del Gottardo e del Brennero. Stranamente i no Tav pare giochino una partita a favore dello shunt ferroviario dalla Francia alla Germania, a tutto danno dell’Italia. 2. L’ex Corridoio 1 viene sviato da Palermo a Bari – poi incluso tra Helsinki e Malta, che lo contesta – per integrare l’industria tedesca al nord-est italiano, al versante adriatico fino alla Puglia ed aprirle una via diretta alla Grecia prostrata. 3. Il definanziamento europeo del Ponte ne è la conseguenza. 4. Il definanziamento italiano della megastruttura si sincronizza con la realizzazione della tratta ferroviaria per l'accesso al nuovo tunnel del Brennero, che ha già ricevuto il finanziamento del Cipe per 1,6 miliardi di euro e l’approvazione del progetto preliminare da parte del comitato interministeriale. Nel Giugno 2011 il presidente della Giunta di Bolzano Luis Durnwalder dichiara: "Quest'opera è una priorità, perché con l'attuale pendenza i treni ad alta capacità non riescono a transitare; è necessario quindi abbassare la linea e ridurre la pendenza". Si interviene direttamente presso i ministeri competenti e sulle Ferrovie, mentre "gli esperti provinciali dovranno accompagnare i lavori per garantire ai cittadini la massima tutela dei loro interessi" mediante un allacciamento interrato o incapsulato.

Punto dopo punto si definisce così un piano strutturale ben coordinato: dal Portogallo a Berlino … dalla Cina a Berlino … dal Mediterraneo a Berlino … presto tutte le strade condurranno a Berlino, come l’antico detto “tutte le strade portano a Roma” o come l’odierno “tutto passa da New York” ! I traffici commerciali tra Germania e Cina si stanno, dunque, saldando in un circuito transcontinentale, di cui ancora non è definito il percorso mediterraneo. Dal canale di Suez, quasi triplicato in larghezza, dove si dirigeranno i giganteschi porta container cinesi, indiani, giapponesi ?

La Cina vicina alla Sicilia piattaforma strategica al centro del Mediterraneo mette in allarme mezzo mondo. Nell’Agosto 2010 la visita di Gheddafi in una cornice fastosa da impero romano, ricca di interscambi e piani energetici, non passa senza conseguenze. Gli U.S.A. possono tollerare che i cinesi impiegando i capitali svenati proprio alla GrandeMelasi installino in Sicilia, novella Cuba, vera portaerei degli interessi strategici statunitensi nel Mediterraneo ? Così a Marzo 2011 partono di notte 110 missili Tomahawk, che iniziano la rovina del nostro alleato libico. Subito Washington abbandona il teatro di guerra ai volenterosi franco-britannici, che entro Ottobre 2011 completano la demolizione del regine con la soppressione di Gheddafi. Le operazioni militari si placano; la regione nordafricana rimane politicamente instabile; la stessa Libia vede in crisi il suo status unitario.

Intanto si sviluppa la guerra dello spread sui Bund, cioè il sovra-rendimento parossistico che i BTp italiani devono pagare ai titoli tedeschi. A Novembre 2011 arrivano le dimissioni del governo italiano. Eppure appena tre mesi prima il quadro appare molto diverso. A Roma il ministro degli Esteri Frattini e Lou Jiwei, presidente di “China investment corporation” parlano del progetto cinese, che prevede: 1) l’aeroporto intercontinentale al centro della Sicilia con quattro piste parallele di cinque chilometri l’una per l’atterraggio dei grandi Jumbo, anche di quelli che in futuro porteranno duemila passeggeri per i voli transcontinentali; 2) il Ponte sullo Stretto; 3) la rete ferroviaria connessa a queste prime due infrastrutture; 4) il completamento dell’anello autostradale; 5) l’energia fotovoltaica; 6) i porti di Augusta e Pozzallo, idonei ad accogliere i nuovi giganti da 500 ml tonnellate. Settimo e ultimo punto, il centro direzionale di tutti gli assessorati della Regione per una spesa di oltre un miliardo di euro. A che serve un hub in Sicilia? In pochi anni accoglierebbe 30 milioni di passeggeri per essere a livello di Fiumicino, Parigi, Londra, Francoforte; poi servirebbe a smistare i voli dalle Americhe verso il resto d’Europa e verso l’Africa, che in atto debbono fare scalo prima a Londra o Francoforte. E se la Cina tratta con la Regione Siciliana, che resta padrona di casa, il suo interesse concreto si polarizza nella società «Stretto di Messina» per il Ponte, il cui progetto cantierabile in via di definizione deve rastrellare sul mercato finanziario internazionale il 60% del costo complessivo dell’opera, pari a 5 mld di euro.

Scomparso Gheddafi, caduto Berlusconi, dove finisce il Gotha mondiale di architetti e ingegneri affaccendati a Catania nel Maggio 2010 attorno al progetto Ponte ? Dove sono i capitali garantiti dalla BIIS di Mario Ciaccia, allora amministratore delegato di Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo, oggi vice Ministro ? Che ne è dei densi contatti tra Regione Siciliana e Bank of China ? E della visita della delegazione olandese ? Tutto evapora misteriosamente dans l’espace d’un matin.

 Ora i francesi hanno campo libero per realizzare in Marocco e Tunisia i progetti che le imprese italiane avevano in cantiere in Libia. Gli inglesi manovrano con strategia esclusiva nella profondità dell’Africa e la tragica fine in Nigeria del nostro ingegnere Lamolinara ne sarebbe la prova. Gli statunitensi credono di aver ripreso il controllo sulla Sicilia, ma dallo smembramento dei rapporti fra Italia, Nord-Africa e Cina non traggono vantaggi concreti, anzi … Proprio da questo pasticcio i tedeschi ritrovano gli amici cinesi svincolati dai progetti siciliani, a loro invisi ! A costo zero conducono una partita intelligente per varie opzioni geopolitiche nel Mediterraneo orientale: da Suez i loro amici possono scivolare diretti verso la Grecia e trovarvi porti e aeroporti, del tutto simili a quelli fatti svanire dai volenterosi in Sicilia; da Suez possono ancora dirigere su Bari per il salto rapido verso il cuore d’Europa.

E l’Italia ? Laddove Germania e Cina sembrano unite e vincenti, la penisola si presenta spaccata in due metà longitudinali, asimmetriche, come canna rotta sotto il tallone di un coltivatore fervoroso. Nell’Italia dal pensiero lungo, le regioni dell’arco alpino e la fascia adriatica convergono verso il nord-est quasi germanico, punto assai critico per la integrità della Patria. Nell’Italia dal pensiero corto, le regioni meridionali della costa tirrenica e specialmente la Sicilia sono ridotte allo status di provincia debellata per la peggiore sconfitta dalla fine della seconda guerra mondiale, senza prospettive di crescita e sviluppo. Il potenziamento promesso dall’UE della linea ferroviaria fino a Reggio Calabria e della linea Palermo – Messina attraverso Catania rappresenta infatti una rianimazione fittizia dell’ex Corridoio 1, perché il Ponte di Messina è stato cancellato.

Il costrutto proposto è talmente sballato da esser paragonabile ad un edificio di 15 piani, di cui si decida di saltare la costruzione dell’11° e del 12° per continuare poi i successivi piani in progetto. Ma ciò non basta a dimostrare quanto sia inviso il Ponte alla potenza che governa a Bruxelles ! Del Ponte, che costa quanto un ramo della Metropolitana di Roma, si enfatizzano gli aspetti di diseconomia, omettendo i benefici che nel lungo periodo derivano da ogni megastruttura. In malafede si inscrive il Ponte in un ambito localistico, mentre la sua importanza strategica per i commerci nel Mediterraneo si coglie solo osservando centinaia di km di costa siciliana e ciò che le sta di fronte.

Che tutto questo non sia lontanamente percepito da Messina non deve sorprendere. Decerebrata da due tremendi terremoti, la Città è suggestionata dai menestrelli di “Barcarole nello Stretto”, dai sottopontisti che temono l’ombra del Ponte, dagli illusionisti che attirano ingegneri e architetti con la speranza di recuperare il finanziamento statale del Ponte (che non esiste), dagli azzeccagarbugli che illudono altra gente con la bufala che lo Stato risparmierà la penale per il blocco dell’opera (impossibile in uno Stato di diritto), dai No Ponte animati dalla conta di uccelli sbandati dal Ponte che non c’è, mentre se ne infischiano dei pesci massacrati o storditi da centinaia di turbine delle autostrade del mare ... Per chi sfrutta i paraocchi, la prospettiva migliore a cinque metri dalla porta di casa propria sta nella realizzazione di un nuovo porto a sud, esposto a sciroccate e insabbiamenti,  praticamente inaffidabile per affrontare il traffico nello Stretto. Purtroppo a Messina manca la forza, la determinazione, il carattere di un Luis Durnwalder !   

Ma che la summa dei problemi non sia percepita dalla cabina di regia di uno Stato che deve governare otto mila km di costa, questo si, è fatto molto grave. Senza la connessione Ponte viene meno la possibilità di strutturare modernamente l’isola (alta velocità, alta capacità), il che impedisce certamente all’Italia di bilanciare la concorrenza straniera nel Mediterraneo attraverso l’adduzione della linfa captata da una Sicilia capolinea, adeguatamente “strutturata” quale terminale dei commerci dei paesi nordafricani e soprattutto dei flussi in arrivo da Suez. Invece il k. o. al Ponte delocalizza il traffico delle merci provenienti da Oriente, ideali per la pre-lavorazione artigianale e industriale. E’ sconfitta bruciante per la Sicilia che perde migliaia di posti di lavoro, ma deleteria soprattutto per l’Italia che si priva di una importantissima piastra di attrazione macroeconomica da nord verso sud, unica tendenza possibile contro la realtà di una Berlino calamita anche per l’ Italia dal pensiero lungo.

Insomma a netto favore della Sicilia ci sarebbe la posizione geografica che nessuno può toglierle. Però dalla fine della seconda guerra mondiale questa è servita solo agli alleati per seminare bombe verso l’Africa e il Medio Oriente, e nulla più; oggi permane il suo ruolo di vera seconda linea, esposta ad attacchi missilistici e nubi radioattive in caso di guerra sul teatro sirio-iraniano. Tutto questo non può più continuare ! La Regione Siciliana godrebbe della autosufficienza energetica, ma nessuno sa quanti milioni di barili escano dai suoi fondali, mentre per assurdo il costo del carburante qui è più alto che altrove. Anche questo non può più continuare ! La Sicilia ha dinanzi agli occhi il progetto ideale di una megalopoli di 5 milioni di abitanti, resuscitata dai sette punti di Lou Jiwei, presidente di “China investment corporation”, ma le manca il capitale. Metaforicamente Napoleone senza il Suffren, il Suffren senza Napoleone: la storia non si ripete, ma insegna. La Regione Siciliana avrebbe l’asso vincente nella mano sapiente dell’archistar Pier Paolo Maggiora, altamente stimato dai cinesi per il suo progetto delle «cento città» e della nuova Pechino sul mare, fiduciario italiano per il Fondo di investimento della Banca di Cina, incaricato di studiare il progetto per lo sviluppo della logistica italiana.Tuttavia pare certo che non saranno i cinesi a foraggiare il progetto, perché finora c’è lo stop americano.

Dalla guerra in Irak in poi la politica statunitense si caratterizza per le impressionanti azioni belliche senza una conseguente, adeguata strategia di pace, che alla lunga si rivela un non senso per i loro stessi interessi. Esemplificativo anche l’ultimo attacco alla Libia, i cui effetti li mettono fuori dai flussi commerciali intercontinentali tra Cina e Germania. Ad un osservatore attento non può sfuggire come l’Italia in Sicilia rappresenti ormai la terra promessa per il rilancio degli interessi statunitensi nel Mediterraneo. Ma gli U.S.A. hanno ancora la “vis” della potenza planetaria dopo le disastrose bolle originate dalla (ex ?) capitale del mondo, tali da mettere finanziariamente in ginocchio l’Occidente ? Se i Presidenti Obama e Monti ne hanno preso coscienza, è giunto il tempo che l’Italia metta sul tavolo la questione Sicilia, non più differibile.  

La Sicilia gestita e fruita in unica “Val” archeologica artistica più ricca d’Italia, secondo la visione storicistica dell’architetto Gesualdo Campo, illumini di pace il suo presente-futuro sotto il segno della cultura. In questa prospettiva divenga finalmente punto di convergenza dinamica di interessi e profitti, giustamente ripartiti tra le potenze del mondo, rispettose ed autolimitate. Un prossimo incontro tra Italia e Germania affronterà con un giro d’orizzonte a 360° le questioni ancora aperte: quale migliore occasione affinché i due alleati si facciano promotori di un tavolo a quattro con U.S.A. e Cina per ridare insieme speranza di crescita, dignità e sviluppo non solo alla Sicilia, ma al Nord Africa instabile ed al Medio Oriente. Da una salda, equiparata, utile interazione tra i quattro nell’area critica deriverebbero vantaggi certi per inglesi e francesi, ma soprattutto anticorpi dissuasivi contro certe potenze teocratiche in pericolosa corsa verso il nucleare, mentre galleggiano sul petrolio. Insomma più delle portaerei e dei caccia bombardieri dovrebbe valere la proficuità del lavoro e delle imprese per rilanciare definitivamente il Processo di Barcellona, gli accordi di Agadir per la Lega euro-mediterranea e panaraba. Alla Germania spetterebbe il compito di iniziare l’opera con il finanziamento europeo del Ponte, opera cardine per il Mezzogiorno ed il Mediterraneo.

Una volta in piedi, il Ponte porrà il problema della sua sostenibilità. Secondo alcuni studiosi si andrebbe incontro ad una grave diseconomia, che dovrebbe indurre il Cipe ad esprimere parere negativo sulla megastruttura, direttamente conducente all’abbattimento della Società Stretto di Messina. Proprio “per garantire ai cittadini la massima tutela dei loro interessi" – in linea con l’etica del Presidente Durnwalder - il gruppo “Non solo Ponte” ha interagito con il Consiglio Comunale di Messina e la Commissione Ponte. Attraverso il contributo gratuito di esperti di alto profilo in campo turistico-economico, energetico e socio-politico si è evidenziato che i proventi attesi dalle Tre Aree Tematiche del Ponte renderanno l’opera auto sostenibile ad initio, indipendentemente dai proventi incerti delle correnti di traffico iniziale. Al momento dell’inserimento nell’Accordo Programma Quadro il tema è misteriosamente svanito dal proscenio. E non è sospetto che non si dia spazio al dibattito pubblico che Non Solo Ponte propone da mesi ?

Senza assumere i connotati di un atto risarcitorio per i fatti abietti del secolo scorso, il gesto tedesco sarebbe emblematico di un rinnovato spirito di potenza, che accetta il valore del limite e lascia alle spalle i sogni di un dominio fatidico. Il che non sarebbe male anche per convogliare garanzie sul nuovo gigante del mondo, alleato pregno di millenaria saggezza, tuttora tremendamente incerto sul rispetto dei diritti umani. Certamente la Sicilia evento di fatti umani del genere darebbe impronta di speranza all’inizio Millennio !

*Ordinario di Anatomia Patologica a.r. della Università degli Studi di Messina - Gruppo Non solo Ponte

 

di Cosimo Inferrera

Rientro da S. Fratello e dintorni - la Svizzera di Messina, le cui bellezze i messinesi conoscono poco e frequentano ancor meno al contrario dei palermitani - riordino dei quotidiani ... e che trovo ? Su Gazzetta del Sud del 20 Gennaio 2012, a pag. 31 in Cronaca di Messina un titolone a piena pagina, cinque colonne ed una fantasmagorica locandina: <Gestione del territorio, lo sviluppo possibile>,a firma di Sebastiano Caspanello. Scrive proprio quella penna molto apprezzata del quotidiano messinese, che già il 18 Giugno 2011 aveva riferito in modo compiuto sulle <Tre Aree Tematiche> proposte da <Non solo Ponte>, approvate all’unanimità dalla Commissione Ponte con lo spirito di <Messina Città benedetta>, poi trasmesse al Signor Sindaco di Messina in vista dell'APQ.

In testa all'articolo di venerdì 20 u.s. si legge: "La quarta Circoscrizione convoca un consiglio straordinario per dibattere sui temi fondamentali legati all'urbanistica e non solo". L'evento, a cui sono stati invitati amministratori locali, deputati nazionali e  regionali, l'Università, si terrà venerdì 27 Gennaio alle 17.30 presso la "Pineta Sporting Club" del Torrente Trapani.

Al centro del dibattito un corposo quanto ambizioso o.d.g. su: 

1. Tutela del territorio da mettere in sicurezza cogliendo i frutti degli studi effettuati dall'Ordine degli ingegneri con particolare attenzione per i torrenti scoperti e coperti - 

2. Riformare la normativa urbanistica in Sicilia -

3. Prevedere per i futuri insediamenti edilizi il non utilizzo di altro e nuovo suolo attraverso la c. d. perequazione da aree collinari già densamente abitate ad aree sottoutilizzate, pianeggianti, semicentrali -

4. Stornare le risorse per il Ponte sullo Stretto a favore della infrastrutturazione e della messa in sicurezza del territorio della Provincia -

5. Non rilasciare nuove concessioni edilizie ove manchino e siano insufficienti le opere di urbanizzazione e se non previa ricezione del saldo dovuto ... -

6. Utilizzare lo strumento delle STU con procedure chiare e trasparenti per riqualificare vaste aree -

7. L'ultima proposta all'Università: <Attivare o riorganizzare corsi di laurea che possano creare nuove professionalità nei campi della progettazione e della pianificazione ambientale ...

Mastico amaro: “ Si chiede all'Università di intervenire su questioni vitali come queste soltanto ora, dopo che il territorio di Messina e provincia si va sgretolando ed il Ponte sullo Stretto sarebbe al passaggio finale dell'approvazione del progetto esecutivo ? Osservo però come tutti i punti appaiano importanti ed attuali. Il presidente della IV Circoscrizione Quero scansa le accuse di demagogia: "Non ci sono fondi, è la classica risposta. I fondi ci sono, basta capire le vere priorità"

Però il punto 4, così decisamente preordinato alla sua risoluzione distruttiva, lascia enormi varchi critici al perpetuarsi di conflitti di interessi in un groviglio inestricabile da decenni nell'Area dello Stretto ed al consolidarsi di una colpevole disinformazione sull’enorme potenzialità di crescita che il Ponte di Messina potrebbe esercitare non solo nell'Area Vasta dello Stretto ma sull'Italia intera, vera e propria clava  per lo sviluppo dell'Europa e del Mediterraneo.

In questa prospettiva - che può sembrare parolaia e di parte – vorrei chiedere:

Gli amici della IV Circoscrizione conoscono cosa sia un <project financing> ? Costoro hanno mai allungato lo sguardo sugli immensi vantaggi procurati alle comunità dalle grandi infrastrutture realizzate con questa procedura, a far tempo dalla ottocentesca Metropolitana di Londra in avanti ? Insomma sanno che sono in ballo circa 40 mila posti di lavoro durante la costruzione e diverse migliaia dopo l’apertura ?

Gli amici conoscono i principi ispiratori del Processo di Barcellona, il Patto di Agadir, gli accordi della Lega pan-Araba ed Euro-mediterranea, momentaneamente in crisi per i ben noti avvenimenti di instabilità nordafricana, ma pur sempre vigenti e validi strumenti di pace e cooperazione tra i popoli di questa parte del mondo, che ci vede in posizione centrale e strategica ?

Gli amici sono informati sull’allargamento del Canale di Suez ormai prossimo alla ultimazione, il che consentirà il passaggio di porta container fino a 500 mila tonnellate ? Sanno che per lenire il peso degli enormi premi assicurativi gli armatori non vedono l’ora di toccare terra in un porto sicuro e scaricarvi la merce ?

Hanno valutato che una preferenziale meta di questi giganti potrebbero essere Augusta e Pozzallo, fra i pochi a possedere pescaggi delle banchine e retro porti idonei alle specifiche necessità ?

Hanno preso in esame il fiume di ricchezza che potrebbe sbarcare dalle loro stive in termine di materiali, di scambi commerciali, di innesco ai pre-lavorati, di attivazione dei trasporti per via aerea e terrestre ?

Conoscono il Progetto ARGE, che silenziosamente fermenta nelle viscere della Regione Siciliana e che alla fine potrebbe escludere proprio Messina se il Ponte – come pare - resterà un’opera morta ? Se insieme a chi non ci vuole bene (almeno mezza Italia fra questi …) facciamo di tutto perché questo succeda - cioè che il Ponte non si faccia - gli amici della IV Circoscrizione possono escludere che, entro uno-due anni, enormi mostri galleggianti facciano inorridire Scilla e Cariddi, mettendo in fuga Colapesce, delfini e pesce spada, per raggiungere Gioia Tauro ? Gli accaniti protettori di uccelli saranno così tacitati, ma ai poveri pesci, muti e lontani dai nostri occhi, alle attività rivierasche siculo-calabre continuamente disturbate o impedite chi penserà mai ?

Gli amici hanno considerato che l’attuale Progetto del Ponte ne farebbe solo una stupefacente struttura di <transito> ? Sanno che con delle opportune predisposizioni, proposte da <Non solo Ponte>,  senza alcuna modifica strutturale l’opera assumerebbe la configurazione di <Ponte territorio>, polo carismatico per l’attrazione dei capitali privati necessari al project financing, strumento inesauribile di autofinanziamento per la sua gestione, fonte di rifinanziamento continuo per le opere aggiuntive, quanto mai necessarie ai territori messinese e calabrese ?

E perché un <Ponte territorio> oggi vien fatto a Dubai, Seul, Copenhagen, mentre a Messina abbiamo rifiutato finanche l’idea di poterlo rendere tale a costo zero secondo le Tre Aree Tematiche di <Non solo Ponte>, ormai di pubblico dominio, escluse con una giravolta improvvisa dall’inserimento nelle richieste del Comune per l’APQ.

Insomma gli amici della IV Circoscrizione si sono resi conto che il Ponte costerebbe oggi, più o meno, quanto un ramo della Metropolitana di Roma ? Questo dato, alla luce di quel che si fa e si farà non solo in Italia ma nella stessa Sicilia, non dovrebbe farli riflettere per ritornare sui loro passi, cassando proprio il punto 4. dall’o.d.g. ?

Le considerazioni del presidente della IV Circoscrizione, secondo cui il documento “rappresenta la sommatoria delle esperienze maturate dal Consiglio in questi tre anni di lavoro, di studio, di analisi del territorio e delle sue trasformazioni”, sono certamente legittime, soprattutto apprezzabili per lo sforzo compiuto, ma affatto condivisibili sul piano del punto 4., vero e proprio missile progettato, costruito ed armato proprio in Città contro il suo Ponte.

            Nelle ultime ore è piombato anche il secondo missile, questa volta a lunga gittata, forse quello mortale: il CIPE definanzia la megastruttura della svolta per Messina, dirottando le risorse altrove. Altrove: dove ?

Proprio questo segna la debacle completa dell’Amministrazione comunale di Messina: quel suo tergiversare sterile … quel tira e molla al rialzo sul listone delle opere aggiuntive pretese … quel mantenersi sordidamente chiusa alla via transattiva, offertale dall’ ideale camera di compensazione delle Tre Aree Tematiche che l’avrebbero raccordata con una miniera d’oro attraverso un cordone ombelicale a vita ! Il Signor Sindaco col suo diniego a inserire la proposta di <Non solo Ponte> nell’APQ – prima - e col resistere nel sottoscrivere l’APQ – poi - ha di fatto rifiutato grammo più grammo meno l’equivalente di quanto produce, giorno per giorno, lo sfruttamento turistico intensivo di una Torre Eiffel … di una Torre di Londra … di una Antenna di Berlino ! E questo come conseguenza del rifiuto di una sola delle Tre Aree Tematiche: non riteniamo di dover aggiungere un solo rigo sul danno enorme procurato per aver affossato insieme la realizzazione della seconda Area Tematica, quella scientifico-energetica, presagita senza uguali al mondo dal Professor Boffa nella sua audizione pubblica in Commissione Ponte. Sic stantibus rebus del listone di opere aggiuntive “sacrosante” che ne faremo ? Mi viene l’idea di un calendario dei sogni, ahimè ! E dei soldi sfumati ? Ah ! Ma quella è una cosa certa: saranno polverizzati in mille <operette> di grande effetto, fatte chissà dove e chissà quanto utili ! E’ questo un “gustoso” bozzetto, di cui godiamo sin dai tempi del Ministro Signorile, quando molti criticavano il suo attivismo, sostenendo che prima occorreva fare le infrastrutture propedeutiche al Ponte, e poi il Ponte stesso. Risultato: una vera bufala, giacché <nulla fecero>, né le opere né il Ponte !

Senza il passaggio obbligato della adesione del Comune di Messina all’APQ, la valutazione del CIPE è arrivata puntuale, bella e servita con un taglio netto alle parti germinali. E non poteva che essere questa la decisione, affatto criticabile: anzi ci pare la benvenuta, perché finalmente darà il polso della reale situazione territoriale in termini di capacità reattiva della massa critica della popolazione, auspicandola tanto equilibrata quanto determinata, se mai ci sarà. Intanto stiamo ai fatti. Con la carenza di risorse di questi tempi, mostrarsi troppo schifiltosi qui, in loco, non è stato un chiaro segno di dabbenaggine ? Infatti come tale è stata trattata.

Però la delibera, giusta in se, crea gravi problemi a due grossi personaggi: al Signor Sindaco di Messina ed al Signor vice Ministro Ciaccia, in vero per motivi opposti.

Del primo abbiamo ampiamente detto. Ora Egli è chiamato ad una scelta  responsabile: A) dimettersi per il man rovescio subito, “lassannu lestu lestu u <Vascedduzzu> di Missina a la scinnenti e a la muntanti (cioè, simbolicamente, abbandonando subitaneamente il piccolo vascello di Messina alle correnti impetuose dello Stretto, che lo attraversano invertendo nel corso della giornata il flusso di veri e propri fiumi d’acqua), oppure B) riprendere il timone col cipiglio del nocchiero, che sa navigare di bolina e sceglie la rotta giusta per tirare <u Vasceduzzu> fuori dal pantano, in cui con un po’ di presunzione l’ha fatto arenare.      

Ma intanto incombe la posizione negazionista, per cui secondo l’ex presidente della IV Circoscrizione il documento che sarà discusso il 27 p.v. “andrebbe condiviso con le altre Circoscrizioni e sarebbe più normale venisse fuori dal Consiglio Comunale, che invece appare dormiente”.

A tale proposito, per amore di verità, dobbiamo invece attestare che, in più di settanta anni, mai ci era capitato di poter fruire di tanto sensibile ascolto democratico, di così spiccata cortesia fattiva - sempre nei limiti della legalità e trasparenza degli atti - quanto quelli avuti dalla Commissione Ponte e dal Consiglio Comunale, che l’anno scorso hanno istruito due audizioni speciali (Comparetto, Boffa, Inferrera) e un Consiglio <aperto> sulla base delle istanze avanzate da <Non solo Ponte>.

Ora siamo al nodo risolutivo. Appare utile e necessario che la linea di pensiero delineata dalla IV Circoscrizione da un lato ed il profilo progettuale di <Ponte territorio> dall’altro trovino finalmente una sintesi d’azione politica proficua in un dibattito aperto di fronte alla Città. Il Presidente del nostro Consiglio Comunale aveva in animo di invitare il Signor vice Ministro Ciaccia, mettendo in Sua presenza salomonicamente a confronto la tesi e l’antitesi, cosa che al momento appare improponibile, se posta unilateralmente. Se invece il Signor Sindaco di Messina intravedesse in questa iniziativa una ripresa di azione efficace e costruttiva dal punto di vista istituzionale nell’interesse esclusivo della Città di Messina, l’azione dibattimentale potrebbe essere rilanciata con buone probabilità di successo. Riteniamo infatti che già in queste prime ore il Signor vice Ministro Ciaccia si sia interrogato, con più di un dubbio motivato, sulla ragione stessa della Sua permanenza in una compagine di governo che Gli aveva affidato la delega specifica alla costruzione del Ponte di Messina, oggi reso fatuo dalla decisione del CIPE.

La cosa non può scivolare nel silenzio, giacché la scelta di Mario Ciaccia per l’impegno di governo non è stata condizionata dal manuale Cencelli o logiche similari: da sempre il Ponte è stato un suo chiodo fisso. Presidente di ARCUS (la società a capitale pubblico che avrebbe dovuto investire il 3% delle risorse della famigerata legge Obiettivo in iniziative culturali e artistiche nei territori investiti dai lavori per le megainfrastrutture), Mario Ciaccia attraverso l’associazione Civita (della quale è membro del comitato direttivo) aveva avviato la programmazione di uno studio sulle “possibili connessioni e collegamenti per far divenire il Ponte di Messina un’opportunità di sviluppo per il turismo e per i beni culturali della Sicilia e della Calabria”. Gli interventi da finanziare sarebbero serviti per creare musei, parchi archeologici e “percorsi culturali e paesaggistici”, centri di accoglienza per turisti, parchi commerciali e alberghi, ristoranti e negozi, “alcuni dei quali issati sulle due torri alte 382 metri poste ai lati della campata”. “Il Ponte sullo Stretto - diceva Ciaccia - costituirà occasione preziosa per un progetto-pilota di bacino culturale che nel tempo avrà effetti durevoli sul contesto sociale, economico e culturale del territorio, una nuova realtà per catturare quel turismo culturale che gli esperti segnalano in grande sviluppo”.

Nel non lontano 2009al Convegno pro-Ponte, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania, il vice Ministro a quel tempo amministratore delegato e direttore generale della BIIS (Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo) così si esprimeva: “I soldi ci sono e da molto tempo. Il mondo bancario ha bisogno solo di certezze operative che solo la politica può dare”. Aggiunge Antonio Mazzeo: “Sotto la direzione del neo-viceministro dell’Economia, delle infrastrutture e dei trasporti, la banca ha finanziato grandi progetti in Italia ed all’estero dal valore complessivo di oltre 30 miliardi di euro”.

Di fronte a questo ben di Dio, ora che il vice Ministro ha in mano le redini del cocchio, quella finanziaria e quella politica, come può stare a guardare la rovina di questi ultimi fatali accadimenti standosene zitto zitto ? Forse è proprio questo che nel sua animo si agita: ecco il momento giusto per farlo intervenire dando corso ad una precedente lettera dell’arch. Comparetto, offendoGli cioè il proscenio adeguato insieme ad esperti di alto profilo, che illuminino la tematica complessa nei suoi aspetti contestuali all’evoluzione del mercato non solo localistico, ma euro mediterraneo correlato ai rapporti con l’Oriente. E siccome il vice Ministro Ciaccia è anche arranger (absit injuria verbis) di alcuni dei programmi destinati alla Sicilia - come il “miglioramento dell’adozione idrica” di Siciliacque Spa (investimenti per 564 milioni) e la realizzazione dei termovalorizzatori da parte di un pool d’imprese a guida Falck (1,2 miliardi) e Sicil Power (450 milioni) - sicuramente avremo utili e concreti spunti di interesse per riportare la situazione nel sua corretta dinamica operativa, senza ulteriori nefande incertezze tra Ponte Si (come fervidamente speriamo) e Ponte No.

Con un quesito finale per i concittadini messinesi: <Ma come si può incrementare il Pil, abbassare il debito pubblico e salvare l’Italia se ghigliottiniamo imprese come questa ? >

                                                                Cosimo Inferrera

                                                             Gruppo <Non solo Ponte>

 

 

di Cosimo Inferrera *

 

 

Il Ponte gioca la partita decisiva per le Città sorelle che si rispecchiano nello Stretto con i rispettivi ambiti provinciali, incastonati da località turistiche di rilievo mondiale. Qui i benefici dell’operazione Ponte si creano e si sviluppano sul ponte e intorno al ponte, cioè sul territorio. Disquisire se è più importante l’uno o l’altro, se è prioritario per i vantaggi possibili il primo rispetto al secondo, se saranno più convenienti le articolazioni strutturali sull’opera o quelle sotto l’opera o più o meno prossime all’opera significa errare certamente in termini di metodo e possibilmente anche nel merito. Scegliamo subito la faccia della Luna solo perché è quella visibile, mentre escludiamo l’altra pur non conoscendola ? Conviene proprio fare cosi … ? 

A Messina fortunatamente questa cesura non si è manifestata – finora - anzi si è sviluppato un costruttivo percorso parallelo sui due aspetti combinati della tematica. Da un lato l’Amministrazione comunale punta giustamente su una serie di opere a terra collegate all’operazione “Fronte Mare”, rivoluzione epocale che meritoriamente inizierà a liberare Messina dal cingolo di ferraglie del Progetto Borzì post terremoto. Dall’altro lato la Commissione Ponte, organo interistituzionale Comune/Provincia, ha affiancato la linea di indirizzo del Sindaco, seguendo però la linea parallela della riconfigurazione funzionale del Ponte, senza modifiche strutturali ed a costo zero per il Comune. A seguito di audizioni con esperti di alto profilo si sono definite tre Aree di possibile sviluppo (scientica-energetica, politica-economica, turistica-commerciale), riferite alle potenzialità del Ponte sullo Stretto con una serie di proposte ben definite e soprattutto “visibili”. Il documento, approvato all'unanimità nella seduta di Commissione Ponte del 24 giugno scorso, nelle intenzioni dei sottoscrittori sarebbe propedeutico alla discussione relativa al nuovo Accordo di Programma Quadro (APQ). Il tutto subito trasmesso alla conoscenza del Sindaco, il quale ha recepito la proposta di inserimento delle tre Aree, anche in presenza degli esperti intervenuti.Che il Sindaco abbia dato ampia disponibilità a sostenere tutti i punti sottoscritti nel documento approvato dalla Commissione è apparsa la migliore garanzia di tenuta nei confronti della “governance” romana, politica e tecnica.

Poi l’intera questione è entrata nel ciclone tagli della sofferta manovra finanziaria, per cui  l'inserimento nell'accordo delle richieste "risulta importante per la probabile ipotesi di riduzione delle opere compensative e connesse al Ponte". Questo pare stia avvenendo di fatto, mentre si annuncia il temporeggiare del Comune di Messina nei confronti della Società Stretto di Messina, che nega alcune delle opere richieste in modo pressante dalla stessa Amministrazione. In questa fase purtroppo sembra verificarsi l’eclissi delle tre Aree funzionali del Ponte, mentre tutta l’attenzione si condensa su quello che dovrebbe realizzarsi a terra subito.

Nessuno contesta il peso di responsabilità di Chi ricopre l’alto ufficio di rappresentanza istituzionale della nobile Città di Messina. Però chiediamoci: in cambio di un’opera in più o una in meno, può la nostra comunità scendere figurativamente dal Ponte, lasciando totalmente nelle mani di altri estranei la fruizione di un programma imponente, vera miniera d’oro a getto continuo per tutta la vita della megastruttura ? Distinguere tra Ponte, sottoponte e attorno al Ponte comporta una cesura esiziale per gli interessi del territorio, mentre l’identità stessa omnicomprensiva delle tre Aree sanifica la distinzione assurda che si vorrebbe imporre tra le due facce della stessa medaglia.

Pare scarsamente produttivo rinunciare a: 1) Area scientifica energetica - Predisposizione dell’eventuale istallazione di strumenti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili; verifica di una valutazione del ponte dal punto di vista dell´efficienza energetica e eventuale predisposizione di un protocollo archetipo per opere analoghe, eventualmente fruibile anche a livello internazionale; possibilità di creare intorno al ponte nuclei di ricerca e di esperimento per energie alternative e rinnovabili a partire dalla produzione dell´energia necessaria e sufficiente per la realizzazione e l´utilizzo del ponte, fino allo sfruttamento intensivo delle fonti energetiche potenziali dell´area (sole, vento, maree, geotermico ecc.) per le esigenze del territorio. 2) Area politico economica - Il ponte come fulcro di una nuova area di scambio culturale, politico ed economico fra popoli e nazioni in relazione alla Zona di Libero Scambio euro mediterranea (Trattato di Barcellona), allargata ai paesi arabi (accordo di Agadir). 3) Area turistico commerciale - Predisposizione per l´inserimento di ascensori panoramici; predisposizione per la costruzione di ovovia panoramica; predisposizione per l´inserimento di passerella ciclabile e pedonabile (anche attraverso tapis roulantes) per la percorribilità del ponte; eventuale sfruttamento delle volumetrie allocabili tra i pilastri del ponte, con destinazione turistico, terziaria, istituzionale.

Conviene dunque misconoscere l’altra faccia della Luna ? La risposta tocca un passaggio cruciale di rinnovamento di mentalità, di cultura e di interessi. Insomma oggi possiamo lanciare messaggi articolati, coerenti, sistematici, virtuosi di un discorso progettuale unitario, oppure possiamo perpetuare i movimenti a caso di chi tira di più se è più forte e se la sa più lunga, come avviene spesso in Italia.

La scelta è demandata al vertice de Comune col supporto democratico del Consiglio. Ai cittadini spetta, al massimo, solo <la tagliola Orteca>: se prevarrà la diatesi, Messina con le sole opere connesse al Ponte avrà spinte crescita, certamente; se invece – come si spera - prevarrà la sintesi, l’interazione e la sinergia fra le due proposte ci sarà non solo crescita ma soprattutto sviluppo. Una luminosa lezione di civiltà sgorgata dalla caverne del mitico Colapesce. 

* Professore ordinario a.r.

Università degli Studi di Messina

<Gruppo Non Solo Ponte>

 

 

- di Cosimo Inferrera * -

 Nel panorama della civiltà siciliana la presenza del Mediterraneo ha esercitato nei secoli una condizione istituzionale per la realizzazione dei rapporti umani attraverso il superamento della condizione isolana senza perdere, però, la spinta marcatamente centrifuga, propria della sua posizione geografica. I fattori geografici, di cui la storia deve tenere conto, non assumono un ruolo decisivo se non messi in rapporto con altri elementi economici, sociali, culturali nella sovranità della pace.La linea di confine tra la compressione e la liberazione delle energie positive colloca la Sicilia al crocevia tra le nazioni mediterranee e il resto dell'Europa - con ampia e meritata apertura versi i Paesi dell'Est e dell'Oriente - in una dimensione di civiltà adulte e strutturate, in un processo di continuità come sistema plurale di culture e di economie (L. Lorenzini). 

Questo non appaia solo ricapitolazione di vicende secolari. Ancora oggi il fenomeno siciliano mantiene vivida attualità, proprio mentre il laborioso formichiere cinese ha bisogno di nuovo ossigeno per alimentare la sua crescita esplosiva, senza eguali nella storia umana. Per diversificare lo sviluppo evitando il rischio di rinsecchire “dans l’espace d’un matin”, i nuovi ricchi cercano altre aree di insediamento in posizione strategica. Insomma Bank of China vorrebbe portarci parti delle cospicue risorse, uscite dai forzieri della Grande Mela, e realizzare nella nostra isola strutture e megastrutture idonee ai collegamenti con i porti (Augusta, Gioia Tauro) e/o le reti integrate di trasporto con obiettivo mercati nel giro 24-48 ore. Straordinario esempio di lungimiranza riversata nel “business” dell’economia globale da parte di un popolo di antica saggezza !

Ma non basta. C’è un altro dato principe da infilare negli alambicchi dei soloni della Comunità Europea, che discettano su Corridoio 1 in mezzo ad alternative strampalate di marca anglofila (c. d. variante Bari-Malta). Purtroppo per loro il dato si presenta inconfutabile e verte la mitica Erice dalla cui sommità in ore favorevoli si intravede il profilo della costa africana. Nessuno come e meglio della Sicilia, confine naturale tra stati e continenti diversi, potrebbe interporsi più favorevolmente nell’imponente traffico nord-sud/est-ovest, ampiamente prevedibile solo riaprendo agli scambi pacifici l’Area di Libero Scambio Euro-Mediterranea e Panaraba con il resto del mondo.

Però tutto il contesto soffre della instabilità politica di questi ultimi periodi, mentre l’Italia è sempre alle prese con i mali profondi dei conti che non tornano, non da oggi. Dal miracolo economico postbellico in avanti, le litigiosità localistiche e corporative ci costringono a navigare a vista sul filo di una politica dell’emergenza; da decenni lo Stato si incarta in manovre finanziarie tappa buchi, epilogo di indecisioni croniche mai innocenti; oggi speranza e dignità rischiano di sparire dal nostro futuro. Proprio la mancanza di lungimiranza a livello di strategia nazionale è il recesso oscuro della mentalità italiana, la vera piaga torpida della sua “governance” dagli anni 80 ad oggi. La linea finora tracciata – sgangherata all’opposto di quella cinese - pur determinando fenomeni di crescita, anche esuberanti, non ha prodotto sviluppo sistemico sul territorio nazionale, neanche in termini di premesse strutturali che sono fra le più carenti. Si realizza una perdurante discrasia crescita/sviluppo (Orteca), perniciosa per le sfide che attendono l’Italia ed il suo meridione, soprattutto nei confronti dei rigurgiti neocoloniali di potenze concorrenti, mai più dome sin dai tempi di Mattei.

Svolta concettuale che ci porta dritti all’Area Vasta dello Stretto ed al suo architrave strutturale, il Ponte, epicentro tematico del nostro discorso per una inversione di tendenza concreta e fruttuosa su progetti organici di sviluppo di portata macroregionale e/o statuale. Sorretto da un project financing credibile e serio, come potrebbe essere quello di marca cinese, il fatidico crocicchio potrebbe coinvolgere l’intero Mar Mediterraneo nella risoluzione dei suoi drammi umani, offrendogli vita, sicurezza, lavoro.  E per l’intero contesto mediterraneo la realizzazione del Corridoio Berlino-Palermo, a suo tempo indicato come N.1 proprio dalla CE, stranamente rimesso in discussione con dietro i soliti a soffiare - non rimane l’unico veramente prioritario? Sembra di si, specie se avranno seguito le importanti iniziative della Presidenza della Regione Siciliana e del Ministero degli Affari Esteri che - disconnessi dalle conte delle pulci di questi giorni – sono riusciti finalmente ad alzare lo sguardo sui veri obiettivi di rinnovamento del Paese, formalizzando a Bruxelles la proposta cinese, corpo sostanziale per la realizzazione rapida del Ponte sullo Stretto. 

Tutta l’operazione è il più potente antidoto contro le manovre variegate e su più fronti che tendono a destabilizzare gli interessi italiani nel Mediterraneo nord-africano ed orientale.  Dal Ponte “Triescheles” riprenderà a roteare spazio-tempo nel Mare Nostrum con i piedini alati delle antiche raffigurazioni, mentre certe realtà socio-politiche-economiche del nord italico potrebbero ritrovare punti di coesione, dismettendo le attuali  posizioni rancorose. Sarebbe un rifare l’Italia da Sud, nuovamente e definitivamente questa volta: un modo fantastico di celebrarne il 150° anniversario !    

* Professore ordinario a.r.
Università degli Studi di Messina
<Gruppo Non Solo Ponte>

 

 

- di Cosimo Inferrera -

 

Con il suo potere carismatico il "Ponte crea Ponti" fra uomini di natura diversa,  di idee diverse, di esperienze diverse, di professioni diverse, di religioni diverse. Noi di “Non solo Ponte”, rispettando le posizioni dei No e quelle fondate dei Si, proponiamo una variante idonea a coinvolgere realmente le regioni meridionali in un progetto di riscatto: insomma fare il Ponte com’è non ci pare granché vantaggioso.

Dunque nel germe della riconfigurazione del Ponte – riconfigurazione della funzione verso la tipologia di <Ponte territorio>, non certo della sua struttura – si disegnano le opportune predisposizioni da apportare al progetto esecutivo e/o da realizzare post-operam (come per la Torre Eiffel). In effetti si tratta semplicemente di non dismettere quanto verrà fatto e utilizzato durante la costruzione; si tratta di fruire di certe caratteristiche strutturali delle colonne binate, riconvertendole a precise finalità. Il tutto si condensa in un prevedibile impatto economico, in una rilevante importanza socio-politica e in un forte rilancio culturale indotti dalle tre <Aree> del Ponte. Le relative proiezioni turistico-commerciali, politico-economiche, scientifico-energetiche sono già state illustrate alla Commissione Consiliare Ponte e portate all’attenzione dalla Amministrazione Comunale di Messina per l’inserimento nell’Accordo Programma Quadro con la Stretto di Messina spa.

Ma c’è di più. Grazie all’impulso di valenti architetti torinesi la tematica non si è limitata al circuito localistico, ma è giunta ai massimi livelli tecnici decisionali, a Roma. E siccome alla base del discorso “Non solo Ponte” c’è in primis l’esigenza di ricorrere al mercato e ottenere il <funding> più lungo possibile, sostanzialmente identico alla  esistenza stessa dell’opera, in modo da proiettarne un futuro serio, credibile, affidabile, ragionevole, i contatti si sono fatti subito intensi. In verità i nostri temi non vertono solo su economia e finanza, ma attraverso una chiave culturale polivalente inquadrano il Ponte insieme a tante altre cose che vanno fatte al di qua e al di là dello stretto. Esse si faranno se si farà il Ponte, ivi compresa l’Area vasta dello Stretto e la sua naturale interazione commerciale con l’Area di Libero Scambio euro-mediterranea e panaraba.

Ci sono esempi a bizzeffe di quanto bene abbiano arrecato nel lungo periodo le grandi infrastrutture incardinate strettamente al territorio. La prima galleria scavata nel sottosuolo di Londra per il trasporto urbano nel 1863 … Il Naviglio Grande di 50 km, primo in Europa, progettato e fatto dai milanesi 800 anni fa … L’acquisto dell’Alaska da cui il detto “un affare alla Seward”, il senatore che per le accuse di sperpero di denaro pubblico ne morì senza sapere con certezza che l’Alaska valeva un po’ di più dei 10 mln spesi … Le Ferrovie americane costruite in project financing con forti contributi pubblici ed imprese guidate da spericolati imprenditori-avventurieri, il cui funding venne da Londra, allora unico mercato finanziario effettivo … La metropolitana di Milano, costruita con quaranta anni di ritardo, oggi vive da cinquanta anni: per quanto tempo ancora le gallerie scavate nel sottosuolo forniranno la loro utilità ed a quanti cittadini ? Negli anni ’80 uno storico medievalista francese disse in conferenza presso una famosa università americana: “Quando un popolo si ritira in se stesso e non sa più osare opere importanti si appiattisce, si indebolisce, si chiude. E questo genera la crisi economica”.

Conseguentemente sbaglia chi appiattisce la valutazione di una infrastruttura come il Ponte di Messina esclusivamente sui termini economico-finanziari ed in tempi brevi (Marco Vitale). Ci chiediamo se questi concetti fondanti saranno ben presenti agli alti burocrati della neo istituita Agenzia per le infrastrutture ed al potere politico che ne impronterà le scelte decisionali. Dal primo gennaio 2012 <sono attribuite gratuitamente al ministero dell’Economia e Finanze, o a società dallo stesso controllate, tutte le partecipazioni detenute dall’Anas spa in società concessionarie autostradali, incluse quelle regionali, nonché in Stretto di Messina spa>. L’effetto finale di questo provvedimento non dovrebbe porre ragionevoli dubbi sulla esecuzione della megaopera, oppure si farà strada il solito trucco dei due pesi e delle due misure per cui il Ponte costa troppo e non si fa, mentre un nuovo ramo della metropolitana di Roma, che costa quanto il contributo pubblico del Ponte (Giuseppe Reina), si fa e si farà di gran carriera ?

Domenica 10 luglio 2011 il senatore Enzo Bianco ha presentato a Catania un dossier in cui denuncia il disimpegno delle FS dal Sud e dalla Sicilia, abbandonati al loro destino dall’Unione europea, che non intende più finanziare il sistema di trasporto del corridoio Berlino-Palermo. Così è messo a rischio la realizzazione e l’utilità del Ponte sullo Stretto e, quindi, il trasporto merci sulle tratte siciliane, insomma un vero e proprio latifondo per il trasporto gommato che martirizza la pelle della Città di Messina, usata come zerbino. Giovedì 14 luglio 2011, <Ponte ? Non ci risulta>, così Rfi chiude Italferr. Al termine della riunione i sindacalisti quasi non si capacitavano. La faccenda Ponte era stata liquidata con disarmante freschezza dai vertici di Rfi, che alle rimostranze della Cisl sulla chiusura di Italferr hanno risposto a toni lapidari: <Per quanto ci riguarda l’avvio delle opere ferroviarie legate alla grande infrastruttura sono ferme all’anno zero>.

Fine della storia ed ennesimo sopruso al messaggio avveniristico del grande lombardo Carlo Cattaneo dopo l’unificazione d’Italia, che soltanto Crispi raccolse con animo degno, pieno di entusiasmo: “L’approvo (la concessione) perché colla fusione della Sicilia nell’Italia impiemontesata è il solo mezzo perché il mio paese natio possa avere ferrovie…” Oggi siamo ancora lì, ma non vogliono sentire: questa volta sono in due.

L’Italia dell’alta velocità e della grande capacità di trasporto su rotaia si ferma a Salerno – Bari, mentre per Reggio Calabria si registra il pigolio di una Freccia d’argento. “Questa Italia mi ha deluso, questa non è l’Italia che io volevo”, aveva detto Giuseppe Garibaldi al momento dell’unificazione e noi, popolo del Meridione, nonostante tragedie, stupri e sangue ce la siamo tenuta e la adoriamo.

Ora si aggiungono le angherie dell’Unione Europea, che col passar degli anni dimostra i limiti di una nascita aberrante e di una crescita deforme, ove gli ammanchi si esigono mentre i benefici si detengono. Cosa realmente sia appare sempre meno chiaro. Non ci ha difeso dall’enorme pasticcio finanziario della grande mela, non ci protegge dagli attacchi di marca speculativa, non evita di farci impantanare in guerre sbagliate, inutilmente dispendiose e ridicole, se alziamo lo sguardo là intorno dove si macellano inermi cittadini … Questa Unione Europea dimostra di non sapere intendere gli uomini diversi,  le idee diverse, le esperienze diverse, le professioni diverse, le religioni diverse, insomma le diversità che la compongono e che la attorniano. Piuttosto pretende - e come pretende – ma non dà, quando lancia segni di abbandonare la Sicilia, quale piattaforma privilegiata di interscambio con il Nord Africa attraverso il Ponte di Messina, riconfigurato come ponte territorio.

Visto da qui potrebbe esser addirittura un vantaggio. Caduto l’ultimo Ponte, la Sicilia, caso raro, tornerebbe ad essere strutturalmente libera per godere di un’alternativa: il suo Nord Italia lontano - cui tuttavia si sente legata per storia, tradizioni e vincoli - il suo Nord Africa a portata di mano che per rapporti secolari vi ha lasciato tracce profonde ed eredità palpabili. Come sempre tutto è affidata alla reale volontà dei siciliani: finalmente potrebbero svegliarsi dall’atavico sonno e dare ascolto a quel piccolo grande prete Don Luigi Sturzo ed ai suoi principi sul municipalismo, sul regionalismo, sul mezzogiorno, sulla verità come levatrice di libertà, sulla libertà come levatrice della buona società.

Ancora una volta ciò che può unire le diverse visioni mi pare l’espressione del libero pensiero attraverso il “ponte” degli scambi di informazioni, cui devono necessariamente seguire le scelte decisionali infrastrutturali necessarie se il Paese è un vero corpo unitario nel 150° anniversario della sua nascita.    

                                                                                                     

                                                                                        Cosimo Inferrera

                                                                               “Non solo Ponte”

 

 

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- di Cosimo Inferrera -

Il tema del partenariato euro-mediterraneo con la delineata analisi della situazione politico-economica, in possibile sviluppo, è uno dei punti prospettici del gruppo “Non solo Ponte”, ispirato da Michele Comparetto, architetto in Torino, insieme ad altri benpensanti.

Conflitti in atto permettendo, gli analisti possono desumere come nella futura Zona di Libero Scambio Euro-Mediterranea (allargata rispetto a quanto previsto dallo stesso Processo di Barcellona del 1995 anche ai Paesi Arabi,già riuniti da febbraio I994 nella Zona di Libero Scambio Araba) sia in corso di gestazione la più grande concentrazione di interscambi commerciali del pianeta, stimabile in migliaia di miliardi di euro, destinata a superare il 50% del commercio mondiale !

Lungi da me posizioni velleitarie e saccenti: non potrei. Dopo avere sezionato corpi umani, esaminato migliaia di casi istopatologici e citopatologici, ho imparato almeno a dubitare, ma con profitto; insieme con i pazienti, infatti, le mie diagnosi sono passate al vaglio dei clinici italiani ed anche di molti stranieri, non ricevendo smentite. Dunque mediante una sorta di dissezione anatomica dei vari piani politici e socio-economici della questione, ecco la mia <epicrisi>, cioè il referto diagnostico conclusivo.

Milano con la sua Convention annuale sul Mediterraneo confermi, indirizzi, sostenga, potenzi la ormai irrinunciabile polarizzazione dell’Italia verso sud e divenga la vera capitale del Mare Nostrum, un’idea e un ruolo che, neanche per un attimo, penso di poter attribuire alla mia Sicilia, quale affascinante riflessione e vitale prospettiva per una nuova frontiera.

Volendo far camminare l’idea con spirito di concretezza proporrei (a loro insaputa) i nomi di tre illustri personaggi da riunire in un Comitato, che offra una fattiva collaborazione al Signor Ministro degli Esteri.

In tema di <politica delle alleanze> vedrei benissimo l’Ambasciatore a. r. Francesco Paolo Fulci - uno dei valori assoluti di Messina, accantonato con faciloneria dalla città – che è stato intelligente, abile propugnatore di un’unica cordata di paesi grandi e piccoli, da Lui aggregati contro la pena di morte in una memorabile campagna condotta all’O.N.U. in nome dell’Italia, che ha fatto segnare enormi passi avanti al processo di moratoria di un atto esecrabile, semplicemente indegno di un paese civile.

In tema di <processi macroeconomici> non ci sarebbe di meglio del Professor Giacomo Borruso, già Magnifico Rettore della Università degli Studi di Trieste, antesignano sostenitore di scelte strategiche intorno ad un megaporto da realizzare sulla costa meridionale della Sicilia in vista dell’enorme traffico dei porta container e della concorrenza, che dovrebbe essere fortissima nei prossimi anni nell’area sud del Mediterraneo. 

Nelle vesti di illuminato negoziatore sognerei di accostare ai miei due Amici, nel buio della guerra, la personalità luminosa di Tarak Ben Ammar,nipote di Bourguiba, il primo presidente della Tunisia indipendente. Ottimo conoscitore della lingua italiana, che parla fluentemente, egli è celebre per le avventure mediatiche e per i film artistici, soprattutto quando sono legati alla cultura del Mediterraneo. Fra i suoi lavori vi è l'adattamento cinematografico de La Traviata ad opera di Franco Zeffirelli. Divenne noto in Francia all'inizio del 2004, quando decise di distribuire il film di Mel Gibson La Passione di Cristo, nonostante le polemiche che lo accompagnavano, arrivando a partecipare ad un talk show per difendere la pellicola. I suoi interessi si spingono anche oltre il mondo del cinema: è infatti consulente del principe saudita Al-Walid bin Talal e dell'imprenditore francese Vincent Bolloré; in Italia fa parte del consiglio d’amministrazione di Mediobanca ed è il proprietario del canale televisivo Sportitalia. Insomma Tarak, tunisino di nascita, amico sincero dell’Italia, naturalizzato francese, è il personaggio chiave per cercare di penetrare nei retro pensieri e nello scrigno degli interessi dei francesi, senza di cui non ci sarà più pace in Nord Africa.  

In sintesi un terzetto fantastico. Fulci, il massimo per il prestigio e la tutela degli interessi italiani con Messina in primo piano, una volta capitale della Sicilia, oggi zerbino del traffico gommato nazionale ed internazionale; Borruso, l’apice della professionalità per lo sviluppo di valori, vantaggi, guadagni italiani con la Sicilia in primo piano; Ben Ammar, non solo per Italia e Francia, ma soprattutto per Africa e Medio Oriente un taumaturgo di ritorno per restituire a quei popoli la speranza ed il bene, sparsi a larghe mani nelle nostre contrade da una santo di colore, quel San Filippo Siriaco che annualmente Calatabiano e Limina onorano fra migliaia e migliaia di fedeli festanti. Se mi sono spinto a tanto, facendo nomi e cognomi, è perché credo profondamente nelle loro qualità personali in vista della auspicabile conduzione della <politica delle alleanze> da parte dell’Italia.

Ancora riprendendo il comunicato del Cnel dello scorso giugno, la considerazione finale - rispetto alle prevedibili conseguenze che avrà l’Area di Libero Scambio sui processi d’integrazione, soprattutto sulla base dei trattati tra Unione Europea e Stati Arabi- è proprio quella di trovare un accordo per favorire la cooperazione prima tra gli stessi Stati Arabi e poi con l’Europa.

Affinché la cosa stia realmente in piedi c’è però assoluto bisogno di beni inestimabili, quali <pace e lavoro>. L’Italia e la Sicilia in particolare già poggiano i piedi su questo futuribile Eldorado, senza rendersene conto. L’unico ad averlo capito è il nostro grande amico Sarko, sin dal momento del suo insediamento nella carica di Presidente della Repubblica di Francia, il quale - certamente sotto l’estasi della fascinosa Carlà - primo fra tutti gli europei intuisce la cosa e preconizza la proiezione degli interessi del suo paese verso il Mediterraneo. Cosa che sta avvenendo - bisogna dargliene atto ! - però in una forma tanto violenta quanto disastrosa, forse l’ultimo “vantaggio” da saper ancora sfruttare …

Punto primo: dobbiamo trovare un accordo globale con i francesi, i quali non solo hanno una chiara visione, ma godono di profonde inferenze nell’area, come e più di noi.

Punto secondo: a) attraverso <la politica delle alleanze> (ecco il Comitato di cui prima) dobbiamo rivitalizzare gli strumenti di cooperazione pacifica tra i popoli (Area di Libero Scambio Euro-Mediterranea); b)con massicci impegni economici dobbiamo predisporre a sud della nostra isola megastrutture idonee a raccogliere i frutti di sforzi tutt’altro che bellici (grande porto per container, superzona franca …).

Dunque meno bombe, più risorse … e così ritorniamo alle perplessità del lettore. Un patologo seziona corpi umani, diagnostica malattie al microscopio e poi si mischia al dramma della guerra, mettendoci di mezzo anche i problemi del Ponte di Messina ! Però ora il pensiero è compiuto e potrebbe far riflettere.

Da quanto sopradetto in quell’area sud del Mediterraneo è prevedibile una grandissima opportunità di interscambio, non solo economico ma anche sociale, culturale e umano tra popoli e nazioni. Per una fondata prospettiva di rinascita noi meridionali abbiamo assoluto bisogno di simili trame di umanità e ricchezza, perché proprio dalla sponda sud della Sicilia dovrebbe dipartirsi la rete viaria e ferroviaria che, infittendosi sempre più, troverà– se la troverà ! ? -nella megastruttura del Ponte lo snodo decisivo e rapido di smistamento verso Nord.

Ci sarà guerra e distruzione ? Il corridoio Berlino-Palermo attraverso il Ponte si dovrà arrestare necessariamente in Sicilia, collegando due regioni lontane dello stesso continente, forse validando ex post i parametri de <l’anatomia di una diseconomia>, stima previsionale negativa sulla megastruttura elaborata da Guido Signorino dell’Ateneo messinese.

Se invece nel crogiolo si svilupperanno fecondità di iniziative e rapporti benefici – come buon senso e ragione prima o poi indurranno a fare - il Ponte si potrà legare in termini biunivoci ai destini del continente africano. In questa prospettiva di pace la megastruttura dovrebbe subire sin da ora la riconfigurazione morfo-funzionale di Ponte <Territorio>, non limitata cioè a quella di struttura di solo <Transito> (Josè Gambino, Università degli Studi di Messina) come erroneamente prevede il progetto attuale in via di approvazione.

Un patologo vuole appunto contribuire alla problematica con un suo assunto metaforico, assimilando l’aorta - il più grosso vaso arterioso dell’organismo umano - ad un gigantesco ponte di transito da cui originano i rami di irrorazione per i diversi organi. Questa meraviglia della natura, per funzionare validamente una intera vita, non può e non deve badare solo al transito, ma è obbligata anzitutto a pensare a se stessa ed al territorio immediatamente circostante, cioè deve nutrire la sua parete, che consta di tre tuniche. Mentre l’intima – la più interna – è nutrita direttamente dal sangue che l’attraversa ogni istante, la tunica media di natura elastica e l’avventizia di natura fibro-reticolare con la benderella adiposa periavventiziale, la più esterna, sono nutrite da un delicato sistema di  arteriole (vasa vasorum), che provvedono alle necessità metaboliche di ossigeno e nutrienti, assicurandone le funzioni vitali di elasticità e contenzione pressoria.

I soloni che calcolano di ingegneria … progettano di architettura … studiano di scienze umane … devono sapere quello che incombeva sui poveri sifilitici, allorché i vasa vasorum, ostruiti dai granulomi luetici, mandavano in necrosi, cioè distruggevano, la parete elastica ed avventiziale dell’aorta, formando aneurismi globosi che, dopo aver eroso lo sterno, liquidavano quel cristiano. Parabola significa: che il Ponte di Messina non faccia la stessa fine dell’aorta in corso di sifilide, perché la megastruttura non riesce a intervenire, coordinare, amplificare ben oltre il semplice impatto turistico, i processi di ricchezza che l’attraversano.

                         Cosimo Inferrera

              nucleo strategico “Non solo Ponte”

 

 di Cosimo Inferrera - 

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Poiché “non è la nostra guerra” (vedi <Gli speciali>) nessuna azione in profondità dovrebbe essere effettuata sulla Libia. Nel contempo è giusto assicurare agli alleati la disponibilità delle basi aeree ed il pieno supporto dei Tornado nella configurazione ecr per la soppressione radar e la ricognizione elettronica. Ma soprattutto dobbiamo offrire il massimo sostegno al Consiglio nazionale transitorio libico attraverso l’invio di nostri istruttori e sistemi d’arma, i più avanzati, per la difesa dei centri di resistenza finora sopravvissuti.

Di fronte al massiccio impegno degli alleati, la prudente posizione italiana può sembrare dettata da egoismo più che da lungimiranza politica. E’ infatti innegabile che sin dall’inizio delle attività belliche abbiamo assistito ad una polluzione di missili e di bombe con la solita regia americana. Solo nella prima notte di attacco il Pentagono ha lanciato sugli obbiettivi tattici in Libia 110 missili Cruise Tomahawk, costati circa 533mila euro l’uno, mentre il conto delle bombe è già a 58,6 milioni di euro. Andando di questo passo il costo complessivo dell'operazione Odyssey Dawn è ancora impossibile da calcolare; e con quali risultati ? I nostri potenti alleati si sono finora distinti per scarso tempismo, imprevidenza, disarmonia operativa ed inefficienza. Ghedaffi ha ripreso gran parte del territorio libico e continua i massacri sulla popolazione inerme; i rivoluzionari rischiano di essere buttati a mare, mentre i morti sono a migliaia; solo attorno a Misurata se necontano 1000 con 3000 feriti.

Una vera e propria Caporetto per i volenterosi, se si confrontano gli obiettivi della risoluzione ONU mirati a proteggere la popolazione civile, il che evidentemente non avviene.Né va sottaciuto come questa mortifera decisione - legittimando l’Odissea di guerra - appaia doppiamente fallimentare alla luce dell’altra Odissea, quella umanitaria innescata dai flussi migratori.

In sostanza diciamo NO alle decisioni molto discutibili delle società opulente, che comportano l’irridente sperpero di risorse a fronte di sofferenze indicibili, dolori disumani e morti.Si aggiunga che per i trascorsi coloniali in Libia all’Italia non è consentito di contare un solo morto nella tragica Odissea bellica. Ma con la guerra in fase di stallo e con un Ghedaffi che tutto vuole tranne che andarsene: cosa fare ?

In medicina quando la malattia appare incurabile si mira a raffreddare i sintomi, circoscrivendone gli effetti patologici. L’unico dato certo è la necessità assoluta di mantenere gli attuali territori con tutti gli sforzi possibili, compresi i bombardamenti mirati su obiettivi specifici, come pare sia deciso in queste ore.

Tuttavia per non tenere acceso un pericoloso conflitto alle porte di casa, l’unica uscita conveniente resta la soluzione diplomatica, oggi più complicata rispetto all’inizio delle ostilità per l’andamento sfavorevole degli eventi, da un lato, e per il soggetto con cui trattare, in preda a crisi paranoide, dall’altro. 

Un possibile escamotage in questo senso potrebbe essere quello di attribuire ai territori lo status di Città libera, almeno transitoriamente. In Italia vantiamo uno straordinario modello d’indipendenza con intensa attività internazionale come lo Stato Città di San Marino, prima Repubblica d’Europa fondata nel 301 d. C.. Tutti i principali organismi mondiali gli riconoscono un indiscusso primato sui temi della pace, della libertà e dei diritti universali dell'uomo. I propri ordinamenti giuridici ed istituzionali sono a  sostegno della forma di governo più diffusa nel mondo: la democrazia.

Giova a tal fine la presenza stabile del nucleo umanitario di interposizione,allocato al confine Libia/Tunisia, accompagnandolo con Nave Ospedale, bianca e con la Croce Rossa, sulla scia di quelle tanto meritorie impiegate nella seconda guerra mondiale. A bordo attrezzature d’avanguardia, personale sanitario civile e militare con compiti integrati, compresa l’osservazione dei movimenti sulla costa africana. Un secondo nucleo umanitario dovrebbe operare anche al confine Egitto/Libia, mentre nelle acque antistanti la Libia con compiti dissuasivi dovrebbe trovarsi una consistente forza di intervento rapido per la protezione dei nostri uomini. Nel suo complesso questo sarebbe un eccellente modello filantropico da mettere di fronte ai criticoni dell’Italia, i musoni interni ed internazionali.

Però occorre il pensiero lungo dettato dalla cessazione immediata della guerra, per la quale auspicherei che l’Italia si batta, chiamando a raccolta i paesi meno potenti dell’area. Ci vuolela fondazione operativa di una “politica delle alleanze” con i paesi magrebini in particolare, con quelli africani in generale, su tutti i campi delle attività umane.

A tal fine - prescindendo dalle imprevedibili evoluzioni del conflitto oggi in atto in Nord Africa - è utile citare il comunicato stampa del CNEL del 22 giugno 2010 con oggetto: Superare criticità area libero scambio euro-mediterranea.

<Si è svolto questa mattina presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro il convegno “Mediterraneo, zona di libero scambio”. Il Cnel ha deciso di affrontare questo argomento perché il 2010 è l’anno dell’area euro-mediterranea di libero scambio, affrontato non senza criticità. Quest’anno, infatti, doveva essere la data limite fissata dal processo di Barcellona per concludere il capitolo economico e finanziario iniziato con la dichiarazione di Barcellona del 1995. Ma questo processo non esiste più, sostituito dall’Unione per il Mediterraneo, che a sua volta conosce un momento di stasi. Il completamento dell’Area di libero scambio è rinviato di un anno, se non, più probabilmente, di un periodo ancora indefinito. Per questo motivo il Cnel ha ritenuto necessaria una riflessione riguardo al paradosso mediterraneo, in considerazione della crescita considerevole di alcuni paesi terzi dell’area. La considerazione finale, rispetto alle prevedibili conseguenze che avrà l’area di libero scambio sui processi d’integrazione, soprattutto sulla base dei trattati tra Unione europea e stati arabi, è proprio quella di trovare un accordo per favorire la cooperazione tra gli stessi stati arabi e poi con l’Europa. L’accordo di Agadir potrebbe consentire la creazione di un’area di libero scambio estesa all’Europa, ai paesi mediterranei, ma anche ai paesi arabi membri dell’area panaraba. Passo necessario per relazionare il differente spessore dell’animus cooperandi che si manifesta in Europa e nel mondo arabo.>

Questo è il vero unico sostanziale obiettivo che l’Italia dovrebbe prefiggersi in Nord Africa mediante le risorse ricavate da una ottimale riduzione dell’impegno militare in altre aree del mondo.

                                                  Cosimo Inferrera     nucleo strategico “Non solo Ponte”

 

 

- di Cosimo Inferrera -

 

Ohibò, esclama qualche lettore ! Non gli basta mischiarsi ai problemi del Ponte, ora mette in mezzo anche la guerra. Ed infatti può apparire bislacco sezionare corpi umani, diagnosticare malattie al microscopio e poi spingersi a tanto, pubblicamente. Però fra qualche puntata, il pensiero compiuto potrebbe far riflettere.       

Con la Libia non è la nostra guerra. Non ci conviene per gli interessi vitali che abbiamo nell’area e perché gli “alleati” ci trattano a pesci in faccia, mentre fruiscono della nostra vicinanza geografica con quel paese, unico privilegio che non possono toglierci e di cui finora non abbiamo saputo rivalerci.

Non è la nostra guerra questa. Se l’invasione dei disperati continua subdola, imprevedibile, imprendibile come l’acqua attraverso cui si sviluppa … Se continua come continuerà, alimentata da un serbatoio umano di centinaia di milioni di persone diseredate … Se la Francia blocca i confini ed altri paesi sono in procinto di fare lo stesso … Se l’Europa burocratica nicchia e ci snobba perché i popoli nord-europei se ne infischiano e non vogliono saperne. Se, se, se, tutti eventi ipotetici, ma allo stesso tempo molto  minacciosi e possibili.

Non è questa la nostra guerra, una guerra fatta così. La perdiamo di sicuro: di bombe, in una notte, “gli alleati” ne sganciano quanto noi possiamo in dieci anni. I franco-britannici, con gli americani di conserva, prima o poi finiscono col mettere le mani sul mercato libico, fino a ieri nostro. In più se la guerra perdura, come pare probabile – dato che nessun territorio si conquista soltanto con il dominio dei cieli – noi di bombe non possiamo certo fare uso nell’altro scontro, indotto dai belligeranti, per noi ineluttabile contro i disperatiche continuano ad infiltrarci come un cancro. Né pare un mistero che con le sole bombe – impiegate sterilmente senza un avanzamento netto, rapido, risolutivo sul terreno - si attizzi solo odio da parte dei libici e dell’intero mondo arabo, tanto più se le ostilità si cronicizzano. 

Dunque non è la nostra guerra, e non lo dico da pacifista utopico. Siamo spinti all’angolo dalla protervia dei mai domi vincitori della seconda guerra mondiale, mentre noi rischiamo realmente di essere devastati dai contraccolpi della guerra odierna, che costano e costano tanto, e costeranno sempre più.

A seguito delle forti critiche riservate alla visita di Ghedaffi – amplificate dai media interni ed esteri - i c. d. “alleati” devono avere giudicato pericoloso il nostro disegno di politica neocoloniale, condotta sulle fonti energetiche, ed hanno perso la testa. Il Presidente Obama si è piegato alle pretese della Francia e del suo Presidente, che all’inizio del suo mandato – ricordate ? - aveva delineato con la chiarezza tipica dello spirito transalpino il suo progetto di proiezione a sud nel Mediterraneo. Non c’erano state buone scuse finora: finalmente le ha avute.  

Insomma”gli alleati” ci chiedono di partecipare a iniziative dispendiose nel mondo e, nel contempo, ci rendono quasi eunuchi con la macellazione del nostro testicolo energetico a sud ! Dobbiamo onorare la nostra partecipazione alle operazioni belliche in Libia e, nello stesso tempo, ci lasciano soli a fronteggiare una emergenza migratoria, che potrebbe divenire epocale ! E’ in vero sorprendente come azioni del genere, fortemente contraddittorie, non paiano impressionare affatto i neointerventisti nostrani, in altre occasioni pacifisti ad oltranza.  

Oggi la questione si presenta molto grave: il nostro forte debito pubblico, il sopraggiunto incremento dei costi energetici, la disoccupazione, i costi pesanti del welfare … Insomma di necessità dobbiamo fare virtù. Perbacco l’Europa ci può sempre richiamare per l’insano rapporto deficit/PIL, da cui siamo gravati, e noi adoriamo l’Europa, nostra unica sovrana ! Siamo alle strette e non disponiamo di risorse sufficienti per i tanti impegni internazionali, che tuttavia onoriamo.

Occorre sparigliare le carte all’improvviso, come a suo tempo fece Zapatero ritirandosi dall’Irak, dalla sera alla mattina. Dobbiamo farci bene i conti sulle attività militari nel mondo a cui conviene continuare a partecipare ed a quali no. Questo esclusivamente sulla base di fattori finanziari, economici, imprenditoriali, culturali che un certo teatro ci offre rispetto ad un altro in cui le controversie militari si sviluppano. Se intravediamo uno sviluppo sociale (cioè la formazione di nuovi posti di lavoro) utile e vantaggioso per l’Italia, partecipiamo; in caso contrario no. Non c’è più posto per le ipocrite affermazioni di principi, verità e giustizia tra i popoli, inalberate dai nostri potenti alleati e smentite in modo marchiano ogni giorno di più.

Uno Stato serio, fatte le sue analisi, decide il da farsi, pur sgradito che sia, con un secco colpo di reni per ristorare la sua dignità colpita. Indipendentemente da dichiarazioni ed altri ballon d’essai, sparati lì per irretirci … vedrei dunque necessario il nostro sgancio da uno o più teatri di guerra contemporaneamente, laddove non perdiamo affari. Insomma basta Italietta, ma risposte con i fatti, sempre, e mai più lamentazioni !

Anzitutto ci cercheranno, mentre ora ci snobbano perché credono di poter contare definitivamente sull’incerto carattere italico e sulle debolezze interne indotte da quelli che la sanno lunga. E’ sarà questa, forse, la definitiva inversione di tendenza che caratterizzerà una ripresa di autostima per la nuova Italia. Così finalmente spenderemo meno per bombe e avremo maggiori risorse disponibili. Ma per che farne ?

                                                                                  (seconda parte)

                                         Cosimo Inferrera  Nucleo strategico “Non solo Ponte”

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