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Il Buono Fruttifero

 - di Marco Giuffrida -

Era consuetudine che alla nascita di un bambino, chi poteva, “accendesse” un piccolo Libretto di Risparmio o acquistasse qualche Buono Postale Fruttifero perché, quando la “creatura” sarebbe cresciuta e diventata grande, questi soldi accantonati e magari incrementati con qualche altro regaluccio, potessero essere di grande aiuto, ad esempio, per l’acquisto di libri, per il proseguimento degli studi o anche per l’Università.

Insomma, si guardava al Futuro con grande speranza e fiducia.

Un passo indietro.

No, forse un passo avanti!

Si, dipende da come e da quando si “osserva” questa storia.

Io, alcuni anni fa mi sono trovato ad essere il fortunato possessore di una grande scatola di latta “ereditata”. Dentro ci ho trovato ciarpame, molte foto, alcune davvero vecchie ed interessanti, quadernetti di appunti scritti da mio Padre durante la prigionia, lettere, documenti di famiglia e, fra questi, un Buono Postale Fruttifero, decennale, di ben cento Lire, emesso a mio nome nel 1942 e datato meno di venti giorni dopo la mia nascita. Un timbro, sul retro, recita chiaramente: “ Messina – Rione Boccetta”. La mia Città, la mia Origine, i miei Luoghi!

Fu mio Padre ad “accenderlo”? C’era Lui il giorno della mia nascita?

Domande, queste, che non avranno mai più una risposta.

Chi sa quali e quanti furono i progetti fatti per me in quel momento, “agganciati”, fra l’altro, a ciò che, con gli anni, si sarebbe potuto aggiungere a quella cifra iniziale.

1942, si era nel pieno della guerra. Mio Padre, Ufficiale di Fanteria, era stato comandato in Albania e Grecia e se quel novembre era a Messina, certamente fu l’ultima volta che tornò a casa prima della fine del conflitto.

Cento lire! Una piccola cifra destinata a crescere assieme alle speranze che ognuno riponeva nel Futuro.

Una piccola “dote”, vincolata ma tutta mia, che sarebbe stato possibile riscattare dieci anni dopo. Per fare?

Quante cose si sarebbero potute fare nel 1952 con “tutti” quei soldi? No, no! Non sarebbero stati spesi. Certamente, sarebbero stati reinvestiti e chi sa quanti altri ne sarebbero stati aggiunti per i libri, gli studi, l’Università, forse. Sogni. Autentici sogni, a quel tempo!

Prima c’era da “venire fuori” da quel brutto momento che si chiamava guerra. Anzi, nel 1942, nella guerra c’eravamo immersi e, forse, quei soldi vincolati, anche se pochi, sarebbero potuti servire alla mia famiglia per qualche chilo di carne, per il pane. Sicuramente, sarebbe stata mia Madre ad averne grande bisogno visto che, oltre me, allattava una mia cugina nata appena quindici giorni dopo di me.

Ho fatto alcune ricerche e, salvo errori, con cento lire, nel 1942, si potevano acquistare circa sette otto chili di pane.

Non poco in un momento di grande bisogno, di grande crisi e di fame!

Quel Buono Fruttifero non fu cambiato. Probabilmente non si poteva cambiare perché nominativo oppure non lo vollero cambiare. Neppure alla scadenza, dieci anni dopo, fu incassata quella cifra con gli interessi maturati.

Comunque, fino allo scorso ottobre di questo 2010, io quel “pezzo di carta”, non lo avevo mai visto e, men che meno, tenuto in mano.

Proseguendo con il mio “indagare”, con risultati non so quanto attendibili, ho calcolato che quelle cento lire del 1942, dieci anni dopo, potevano valere, si e no, tremila, tremila e cinquecento lire, a fronte di stipendi di venticinque, trentamila lire. Forse tanti anche nel 1952 ma, quel prezioso pezzo di carta, non fu mai toccato, probabilmente dimenticato, confuso fra le poche carte che seguirono la mia famiglia nello sfollare assieme ai pochi gioielli restati, pronti per essere venduti o barattati per recuperare cibo.

“Buono Postale Fruttifero”, un foglietto di carta un po’ stropicciato che ora occupa un posto d’onore fra i miei ricordi. Un piacevole ed incredibile Messaggio che ha attraversato il tempo per giungere fino a me ben sessantotto anni dopo.

Ultima modifica il Lunedì, 10 Ottobre 2016 07:56
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