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Naso

di Michele Cappotto

 

 Altitudine: m. 490 s.l.m.

Etimologia: derivato dal greco “Nesos” che significa isola (perché a vederlo da lontano sembra proprio un’isola affiorante dal verde delle valli che la circondano) o anche dal latino “nasus” (con il senso di sporgenza, estremità).

Abitanti: nasitani o nasensi  (4232 unità nel 2008)

Densità: 116 Km/q

Patrono: San Cono  (festa il 1° settembre)

Ambiente e risorse: Naso è situato sul versante settentrionale dei monti Nebrodi in una posizione tale da essere chiamata “la terrazza sulle Eolie”. Le attività economiche principali sono l'agricoltura e l'allevamento. I prodotti agricoli prevalenti sono le nocciole, le castagne, le olive (pregiatissimo l’olio), le arance, i limoni e l'uva dalla quale si ottiene un’ampia gamma di varietà di rossi e bianchi sia dolci che secchi ma sempre rusticani e vigorosi. Sono presenti numerose piccole aziende di trasformazione della produzione agricola.
L'allevamento prevalente è quello di ovini con produzione di carni e prodotti caseari di ottima qualità. L'artigianato è particolarmente attivo nell’arte pasticcera con prodotti a base di mandorla e gelati come pure nella lavorazione tradizionale delle pelli e dei filati molto rinomata in tutta l'Italia.

Personaggi illustri: Fra i personaggi illustri cui Naso ha dato i natali ricordiamo Francesco Lo Sardo (1871 – 1931) che è stato una personalità di spicco della politica. Fu il primo comunista siciliano ad accedere alla Camera dei Deputati. Aderì al Partito Comunista nel 1920 e, nel 1924, fece ingresso alla Camera dei deputati quale primo siciliano comunista, votato da oltre diecimila elettori. Agli albori del ventennio fascista il deputato Lo Sardo, fu subito inviso al nuovo governo, che lo tenne in particolare attenzione, fino al suo arresto dell’8 novembre 1926, seguito alla sua adesione alle tesi direttive del congresso di Lione. Il suo peregrinare carcerario lo portò da Messina a Turi, dove spartì la vita coatta con Antonio Gramsci. Malato, si ostinò tuttavia sempre nel rifiutare di chiedere la grazia. Trasferito nel carcere di Poggioreale, trovò la morte il 30 maggio 1931.

Giuseppe Buttà (1826 –1886) è stato un presbitero, scrittore e memorialista italiano. Negli anni ’40 fu ordinato sacerdote e nel 1854 ottenne l’incarico di cappellano militare dell’esercito borbonico, venendo destinato al Bagno Penale di Santo Stefano. Nel 1859 fu assegnato al 9° Battaglione Cacciatori comandato dal maggiore Ferdinando Beneventano del Bosco, stanziato a Monreale in Sicilia. Nel 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi, partecipò all’intera campagna militare, seguendo il suo battaglione nell’inesorabile ritirata dalla Sicilia fino a Gaeta e potendo assistere da testimone oculare a molti avvenimenti storici, fra cui la Battaglia di Milazzo, gli scontri sotto le mura di Capua e la Battaglia del Volturno. Fu tra i capitolati di Gaeta e in seguito alla proclamazione dell’unità d’Italia, dopo un breve periodo di detenzione fu costretto all’esilio in quanto sospetto cospiratore filoborbonico. La sua opera risulta di grande importanza dal punto di vista documentario, come attestano i numerosi saggisti che in tempi recenti vi hanno attinto a piene mani, soprattutto nell’ambito del “revisionismo” del Risorgimento.
Carlo Incudine  storico, critico, poeta dialettale ed insigne cittadino di Naso vissuto nell’Ottocento.

Giovanni Raffaele (1804-1882) Insigne medico ostetrico ed uomo politico. Nel 1848 fu autore di un coraggioso ed importante documento dal titolo “Protesta del popolo napoletano” che fu precursore della rivolta contro i Borboni.
Fu ministro del primo governo dittatoriale di Garibaldi, deputato, Sindaco di Palermo ed infine Senatore del Regno.

Antonino Giuffrè  è nato  a Naso il 20 gennaio del 1902. Fu fondatore nel 1931 della omonima casa editrice trasformatasi in Società per Azioni nel 1976.  Oggi la stessa è gestita dai figli Giuseppe e Gaetano e dai nipoti Antonio e Matteo. Antonino Giuffrè, per molti aspetti, e da considerarsi un pioniere del libro universitario; infatti, seguendo lo sviluppo delle facoltà giuridiche italiane egli diede un forte impulso al manuale di insegnamento e a lavori monografici di giovani e valenti studiosi. E’ morto Milano il 12 settembre 1984.

Vincenzo Famiani (1903-1982) medici fisiologo e professore universitario dal 1947 a Perugia; ricercatore ed  autore di importanti trattati di medicina.

 


 

Storia

 

Il centro probabilmente fu fondato dai cittadini di due città già greche e poi romane chiamate Agatirsi e Naxida, oggi collocabili una presso l’odierna Capo d’Orlando e l’altra nei pressi dell’attuale centro, allorquando queste furono distrutte dagli Arabi nel 901 d.C.  Documenti medievali citano il borgo nel 1094, quando il Gran Conte Ruggero cedette parte del territorio all'Abate del Monastero benedettino di S. Bartolomeo di Lipari e a quello di Patti. Primo feudatario proprietario dell'altra metà del feudo fu Goffredo di Naso, menzionato in un diploma del 1112.

Nel 1220 sotto Federico II divienne Signore di Naso Blasco Alagona, alla cui famiglia rimase il feudo fino al 1401. Seguirono altri feudatari come gli Artale, i Raimondo di Xamara e i Centelles. Ne entrarono in possesso gli Aragona seguiti dai  Conti Ventimiglia, con i quali nel 1575 la Terra di Naso acquisì il titolo di Contea.

Nel 1595 Giuseppe Ventimiglia trasferì la Signoria a Girolamo Ioppolo.
Il 25 agosto del 1613 un forte terremoto distrusse gran parte delle più importanti costruzioni del paese: il Castello, il Convento dei frati Minori Osservanti e la Chiesa di S. Pietro dei Latini. A questo terremoto seguirono quelli del 1693, con il crollo della Chiesa di S. Sebastiano, del 1739, del 1783, in occasione del quale il quale rovinò definitivamente il Castello e la cinta muraria di cui oggi resta solo una porta.

 


 

Beni Culturali

 

Naso ha un ricchissimo patrimonio artistico nonostante i frequenti e disastrosi terremoti che nel corso dei secoli hanno causato ingenti perdite.
Di notevole interesse è la barocca Chiesa Madre dedicata ai SS. Apostoli Filippo e Giacomo. Si presenta a tre navate terminanti con absidi e separate da colonne monolitiche con archi decorati a tutto sesto.

L’altare e il tabernacolo in marmo policromo, opera del Gagini,  è sormontato da una cantoria in legno finemente decorata ed ornata con statuette e colonnine tortili.  Al suo interno si ammira la bellissima Cappella di Maria SS. del Rosario (sec. XVI), proveniente dalla distrutta chiesa di San Pietro dei Latini e realizzata con finissimi marmi di Carrara e di San Marco, nella quale si custodisce una bella Madonna col Bambino di scuola gaginiana. Della stessa scuola è pure il simulacro marmoreo di S. Maria degli Angeli.
Di pregevole fattura è anche un Crocifisso ligneo, di scuola napoletana risalente al 1642, di proporzioni naturali, opera di Antonio Tambona che viene portato in processione solo in rarissime occasioni. Arredano infine le navate alcune tele di insigni artisti del ‘600.

Di notevole interesse artistico è poi la rinascimentale Chiesa del SS. Salvatore risalente al sec. XIV.
Presenta un sagrato realizzato in antico “cotto nasitano” sul quale si ergono due campanili gemelli dalla forma incompiuta. E’ divisa in tre navate con colonne monolitiche che sorreggono archi a tutto sesto in parte decorati con stucchi. Bellissimo è poi l’altare in marmo policromo con la cinquecentesca statua in legno dipinto raffigurante la Madonna col Bambino. Esso è circondato da un coro ligneo e sormontato da una cantoria dipinta e decorata ove al centro è posto un organo ottocentesco.

Da ammirare è anche il bellissimo trittico marmoreo, attribuito ad Antonello Gagini raffigurante la Vergine con il Bambino tra San Paolo della Croce e San Gregorio Magno.
Arredano la chiesa altresì l’elegante pulpito ligneo, il fonte battesimale in marmo e legno finemente lavorato ed alcune tele di insigni artisti del sec. XVII tra cui il dipinto di San Gerolamo leggente (1626) di Gaspare Camarda (opera che costituisce uno dei punti più alti del percorso artistico del pittore messinese), quello dell'Immacolata (riconducibile alla cerchia di Giacomo Salerno detto lo Zoppo di Gangi), la tela raffigurante S. Francesco di Paola attribuibile al palermitano Antonino Grano (1660 c. - 1718) e la Madonna dell’Itria attribuita a Filippo Tancredi (1655-1722).

Dedicata al Santo Patrono è la Chiesa di San Cono risalente alla fine del XVI  quale ampliamento di quella esistente di San Michele del XIII e del Palazzo Navacita che sorgeva accanto appartenente ai genitori del Santo. Fu consacrata nel 1511. Presenta tre navate divise da colonne monolitiche con archi in pietra a tutto sesto. Sul presbiterio e sul tetto sono presenti stucchi e decori che danno al complesso una sobria eleganza. Arredano le pareti delle navate sei grosse tele del XVII secolo di notevole pregio artistico tra cui quella di “Sant’ Antonio da Padova” di Giacomo Salerno soprannominato “lo Zoppo di Gangi” .
L’altare, molto bello, in marmo policromo, con al centro la statua del Santo Patrono,  è circondato da un coro ligneo  finemente intagliato. Pregevole l’altare del Crocifisso di gusto serpottiano. Ad allievo dello Zoppo di Gangi è riconducibile  il S. Antonio da Padova con otto storie, oggi quasi totalmente ridipinto, collocato sul secondo altare della navata destra della chiesa. In questa stessa chiesa si trova una tela raffigurante invece la “Circoncisione” riconducibile alla mano del Monocolo di Regalbuto (Pietro d'Asaro, 1579-1647).

Da ammirare è la Cripta delle Reliquie di San Cono, situata nelle catacombe della chiesa, che rappresenta il “pezzo” migliore dell’arte a Naso. Costruita nell’anno 1649 è un mirabile esempio di stile barocco. Si tratta di una chiesa sotterranea ancor più antica sotto la quale si trova è Grotta di San Michele dentro la quale il Santo visse per molto tempo. La Cripta è a forma di croce latina con quattro altari uno dei quali, preziosissimo, ove sono custodite le reliquie di San Cono, protette da tre cortine di ferro con sette chiavi di cui due d’argento. La cappella è opera di Bartolomeo Travaglio e della sua Bottega (1667) come pure l’altare. La parete invece è opera di Gioacchino Ingrana e Giuseppe Allegra (1720).

Altra notevole testimonianza storico-artistica è il Convento dei Frati Minori Osservanti con l’annessa Chiesa di S. Maria di Gesù.
Il complesso risale al XV secolo ma ha subito un rifacimento nel ‘600. Di esso restano l’androne d’ingresso, parte delle mura, un’ala del chiostro con eleganti colonne e capitelli ed il bel portale della chiesa in stile gotico del 1475.  All’interno si trova un prezioso altare ligneo scolpito ed intarsiato realizzato nel 1694; una tela dell’Immacolata (1565) attribuita a Deodato Guinaccia; una Madonna della scuola del Gagini (sec.XVI) e le Tombe del Conti, realizzate tra XVI e XVII  tra le quali spicca il monumento gotico rinascimentale al Conte  Artale Cardona, fondatore del convento, eseguito da Domenico Gagini nel 1477, ornato da quattro statue raffiguranti le Virtù Cardinali.

Nelle catacombe della Chiesa di San Cono è ospitato il Museo d’Arte Sacra che fa parte di una rete di realtà museali organicamente collegate col Museo Diocesano di Patti. Le preziose opere esposte provengono dalle antiche chiese di Naso e da altri ambiti ecclesiastici. Si tratta di arredi liturgici in argento (calici, reliquiari, ostensori, crocifissi) arredi vari in legno intagliato e decorato, paramenti, campane, tele ed altre opere lapidee. Di spicco è la tela della “Madonna col Bambino dormiente” (sec.XIV) e due ovali in olio attribuiti all’artista catanese Olivio Sozzi (1690-1765).
Sono altresì di grande interesse le maioliche che evocano l’intensa produzione dei mastri maiolicari locali molto attivi dal Quattrocento al Seicento.
Si tratta di un patrimonio artistico che costituisce un messaggio spirituale e religioso che si intende consegnare alle nuove generazioni capace di  rigenerare e stimolare rinnovati interessi ed emozioni di fronte al Sacro, al Bello ed al Divino.

La Chiesa di San Biagio è stata costruita nel quattrocento per volere di qualche devoto. Pur non essendo molto grande è suddivisa in tre navate con tozze colonne in pietra. La facciata è sobria e presenta un semplice portaletto sormontato da un timpano scolpito sovrastato da una finestra. In cima una cornice con archetto sorregge una piccola campana.
Al suo interno una tela raffigurante S. Biagio attribuita a G. Tomasi (sec. XVII). Ha subito seri danni nel terremoto del 1978. Da ammirare infine nel centro storico i palazzi appartenuti a nobili famiglie come Palazzo Piccolo (a tre livelli: piano terra con botteghe, piano nobile il primo, secondo piano servitù)  Palazzo Giuffrè,  Palazzo Milici, Palazzo Lo Presti, Palazzo Piccolo, Palazzo Collica, Palazzo Joppolo, la vecchia Sala Operatoria (ottocentesco ospedale della Confraternita dei Bianchi) e la pubblica Fontana del 1881.

 


 

Tradizioni

 

Le tradizioni più sentite dai nasitani sono quelle legate alla festa in onore di San Cono. I festeggiamenti e le processioni del Santo hanno luogo l’ultima domenica prima del 1° settembre (dalla Chiesa di S. Cono alla Chiesa Madre) e quella propria del primo settembre che è la principale istituita fin dalla fondazione della chiesa del Santo. Questa processione è la più lunga delle cinque in onore del Santo ed attraversa tutto il paese. Le altre tre processioni si svolgono l’8 settembre (ritorno a S.Cono); il 5 marzo in ricordo del terremoto del 1823 e del 28 dicembre in memoria del sisma del 1908. A svolgere un ruolo preponderante nella giornata della festa di San Cono è la processione di fedeli che trasportano il simulacro in modo veloce passando con brevi ma numerose soste dinanzi alle case dei devoti del Santo. Ma il primo di settembre è solo l'ultimo dei momenti di lavoro che gli abitanti del luogo svolgono, dato che i preparativi iniziano sin dal mese precedente con l'allestimento di archi rivestiti di fogliame.

San Cono nacque da una nobile famiglia a Naso intorno alla seconda metà del secolo XII.  Diventato monaco basiliano compì un pellegrinaggio a Gerusalemme. Al suo ritorno, avendo trovato i genitori morti, diede i suoi beni ai poveri e visse come  anacoreta in una  grotta nei pressi di Naso.
La sua morte avvenne il 28 marzo 1236, non senza essersi diffusa già prima la fama della sua santità.
Nella tradizione popolare il santo protettore detto “Conone” pare che fosse un gigante dalla pelle scura che apparendo sulle mura della città assediata dalle truppe del pirata saraceno Ariadeno Barbarossa spaventasse i suoi soldati a tal punto da metterli in fuga. Alla festa sono legati molti simboli che creano un'atmosfera di grande interesse e l'evento fa convergere nel paese una grande moltitudine di visitatori.

Alcuni fedeli si recano nella grotta dove la leggenda dice sia morto San Cono per prelevare simbolicamente un po' di terra allo scopo di ottenere protezione dalle malattie, mentre, per propiziare un buon raccolto, altri fedeli preparano rami di olivi o spighe da mescolare alle sementi. Un’altra importante ricorrenza è la processione delle “Varette” il Venerdì Santo con i Misteri della Passione di Cristo rappresentati da piccole statue ottocentesche opera di artisti palermitani.

 

 

 

 

 

Ultima modifica il Domenica, 09 Ottobre 2016 09:33
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