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Novara di Sicilia : l'Assunta e la sua festa

 

- di Giovanni Cammareri - 

 ….ch’era la festa di tutti santi del paese e che quest’anno, nel rispetto di una “rinnovata” tradizione, torneranno in processione per un festino che si spera…speciale.

 Centoquarantasei, centoquarantotto, centocinquanta. Nessuna tradizione ne ha mai stabilito un numero preciso. Ma a Novara di Sicilia crescono di anno in anno, le candele che circondano il magnifico simulacro dell’Assunta.

E’ lei, l’incontrastata regina dei Nebrodi che nella sera del 15 agosto di ogni anno riempie le stradine spesso in forte pendenza di uno dei borghi più belli d’Italia.

 Le candele vengono disposte a scalare lungo il perimetro della vara. Di più sul davanti dove si viene così a creare una sorta di piramide tronca.

E in mezzo c’è lei, l’Assunta, che incede a forza di Eviva!… Eviva!...

 Fino a ben oltre la mezzanotte.

Una voce grida, la osanna continuamente: “come regina assunta in cielo…” “come stella del mattino…”, “come regina di Novara…” (ovviamente). E a ogni invocazione un Eviva!, con quella tipica fonetica novarese che sembra davvero togliere una v a quella risposta.

Mentre il fercolo va avanti e indietro nella sua tipica andatura ondeggiante al suon di musica.

 Tre passi avanti e due indietro. Non ha un nome preciso questa danza. Tre passi avanti e due indietro e va bene così. Un dondolio gioioso che nella sua splendida dinamicità diventa ancora più lento nell’ultimissimo tratto del percorso processionale. Dalla ripartenza da piazza Bertolami fino al Duomo. E la gente a camminare all’indietro, davanti al fercolo, per non perdere nulla di quello sfolgorio di luci e devozione. In una Novara di Sicilia che vive la sua notte più bella del giorno più atteso. Mentre lo scintillio proveniente dalla macchina processionale, Vergine compresa, sembra riempire ogni spazio. Si muove eppure non cammina.

Tutto ha inizio poco prima delle nove serali.

 el Duomo dell’accattivante cittadina si alza l’Ave Maria Stella. Dolce e austero canto, grave e soave. I portatori stanno genuflessi davanti al fercolo poco prima che tre colpi di martello comandino il sollevamento. E’ a quel punto che iniziano gli “eviva” incessanti che già rimbombano nel tempio stracolmo.

Quindi la discesa dei ripidi scalini verso il popolo di Novara e la gente venuta da fuori che attende nella piazzetta antistante la chiesa, lungo le prime strade e nei vicoli che saranno attraversati dalla processione, incantevoli scorci d’altri tempi di una sera quasi Andalusa.

 Eppure, tutto aveva avuto inizio veramente la mattina dell’ultima domenica di luglio, quando durante “a scinnuda” il simulacro della Madonna – statua scolpita dal napoletano Filippo Colicci nel 1764 – lascia il suo altare per essere posto sulla vara.

 Poi, il 31 di luglio, vi sarà a “purtada da Madonna o’ sò logu”  il trasferimento cioè infondo la navata centrale della chiesa per la quindicina, “a chinnicea”.

E’ il prologo di un “festino”, che in provincia veniva considerato secondo dopo quello di Messina e che aveva rinomanza in buona parte della Sicilia.

Un tempo, fino all’immediato Dopoguerra, al tramonto del 14 agosto venivano processionalmente condotti al duomo, i santi. Provenienti dalle varie chiese del paese avrebbero preceduto l’Assunta nella processione del giorno dopo quando all’abbazia di S. Ugo, patrono secondario di Novara, pure le reliquie dell’abate discepolo di san Bernardo di Chiaravalle venivano aggregate alla sacra carovana festante.

 I quindici fercoli, di cui uno reliquiario, facevano infine da contorno all’Assunta in piazza Bertolami, dove fra maschiate e canti aveva e ha ancora luogo la cosiddetta “Apoteosi”. Poco prima del rientro. Prima che la banda riattacchi con le sue marce allegre e l’incedere diventi ancora più lento. Nella sua grande dinamicità forse apparentemente accentuata dai monili, dall’ aureola della Vergine, dai preziosi ex voti (collane, anelli, bracciali) che le pendono attaccati ai polsi a testimonianza della grande fede dei novaresi espressa nei confronti della loro protettrice e patrona; fra campane spiegate ed evviva. Anzi, “eviva”. Gli eviva dei circa trenta portatori che sotto i brazzoli continuano ad andare avanti e indietro. Tre passi avanti e due indietro. La solita danza devozionale senza un nome preciso.

 Nel 1951, a conclusione dell’Anno Santo del 1950, il festino venne autorizzato nel solito iter rituale ancora vivo nel cuore e nell’anima dei novaresi.

Ma i ricordi erano destinati ad affievolirsi e l’anima ad essere spogliata della memoria.

La successiva uscita dei santi avvenne infatti nel 2000, anno giubilare. Qualcosa però risultò cambiata. Inevitabilmente. Ma era trascorso praticamente mezzo secolo.

 I simulacri dei santi non arrivarono trionfalmente al duomo la sera del 14, ma vennero là condotti privatamente. E durante la processione del 15 precedettero sì l’uscita dell’Assunta ma senza proseguire nell’intero percorso processionale. Andarono direttamente in piazza Bertolami ad aspettarla e farle da contorno per la solita… “Apoteosi”. Cinque anni dopo fu la stessa cosa.

 S’era stabilita comunque una scadenza. Una bella scadenza quinquennale giunta proprio quest’anno al terzo appuntamento di una storia pronta a riproporre il prezioso frammento di un festino che speciale lo doveva essere davvero. Quando la mattina del 14 agosto, dai gradini della chiesa di S. Sebastiano – sì, esattamente quella che hanno abbattuto – “l’orbu ‘i Menzagustu” col suo violino l’annunciava.

Ultima modifica il Giovedì, 06 Ottobre 2016 14:30
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