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 Biologa Nutrizionista
Laureata in Scienze Erboristiche
Sommelier  e degustatore ufficiale A.I.S.
Diete e intolleranze
Disturbi del comportamento alimentare
Per appuntamenti tel. 3385981789
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Iscrizione albo dei Biologi N. 064258

 

 

Incredibile la motivazione che il ministro tecnico Passera ha dato a quella che sembra la fine non tanto di un sogno ma di una speranza, quella di vedere un’alba nuova per il Mezzogiorno e soprattutto per le due regioni meridionali, Calabria e Sicilia, che potevano, con una infrastruttura indispensabile al corridoio 1 e con esso alla stessa economia nazionale, liberarsi totalmente dell’isolamento che patiscono da decenni. Ma i becchini del governo dopo aver massacrato il Paese con una recessione terrificante hanno voluto completare l’opera demolitrice.

Passera a nome dell’intero governo ha addebitato la fine del Ponte alla mancata disponibilità dell’Eurolink a siglare un atto aggiuntivo con il quale si formalizzava la rinuncia alla penale prevista dal contratto d’appalto. La sola ipotesi della cancellazione però aveva provocato le legittime proteste del governo spagnolo che si è mosso nell’interesse delle aziende iberiche. La richiesta del governo e di Passera era, comunque, assurda e non poteva essere accolta perché l’Eurolink diventava automaticamente il soggetto responsabile del danno provocato a tutte le imprese facenti parte del Consorzio.

La scelta del Governo puntava a trasformare l’Eurolink da vittima a carnefice delle imprese coinvolte nell’appalto e non chiude, come grandi tromboni hanno annunciato, la vicenda  che avrà senz’altro sviluppi giudiziari nazionali e internazionali. Nazionali perché la Corte dei Conti che dovrà vigilare sulle spese non potrà far passare tranquillamente lo sperpero di oltre 1,3 miliardi (Corte che se sarà sonnacchiosa sarà svegliata dai ricorsi dei cittadini e da Enti locali sensibili all’infrastruttura pontistica) ma sarà costretta a imputare l’addebito a chi ha causato lo sperpero stesso, ossia ai signori tecnici che non sono, sul piano finanziario, dei nullatenenti.

Sul piano internazionale, come minimo, si avrà l’inaffidabilità del nostro Paese che, con l’atto di messa in discussione di un appalto già formalizzato, determinerà la scelta di moltissime imprese di livello internazionale, a non partecipare a gare d’appalto in Italia per grandi opere. Un danno d’immagine non quantificabile finanziariamente ma di elevato livello. Un Paese che, sul terreno delle costruzioni è all’avanguardia nel mondo, ridotto a luogo da evitare senza ulteriori prove d’appello.

Ma il danno grave, gravissimo, sarà quello di vedere usare altri terminali (soprattutto Spagna e Francia scelte dalla FerrMed) per collegare i mercati del Nord Europa con quelli che usano lo Stretto di Suez e provengono o vanno verso l’Estremo Oriente. Per lo scambio mercantile si usano oggi, in modo sempre più massiccio, i container che, trasportati con navi all’uopo attrezzate, eviteranno di accrescere il tempo di trasporto con la circumnavigazione della penisola iberica ma saranno scaricati in tutti i porti italiani per essere convogliati sulle direttrici ad alta velocità.

Senza ponte non esisterà l’alta velocità da Salerno a Reggio e, a maggior ragione, non esisteranno linee fino a Palermo o Catania. Il danno provocato dai becchini è veramente incommensurabile perché priverà l’Italia di un flusso trasportistico su rotaia con grandi benefici che avrebbe avuto il Paese sotto forma di costi di trasporti alle ferrovie, di occupazione e di liberazione delle autostrade dai pericolosi tir dispensatori di incidenti e di inquinamento ambientale.

C’è chi sorride ed esulta per la vicenda e magari parla di “Un ponte colpito e affondato” con una malcelata soddisfazione che fa letteralmente rabbia se a godere di una possibile cancellazione sono anche soggetti meridionali. Costoro dimostrano la propria pochezza e la propria inettitudine e sono, soprattutto, gli ascari di un potere prevaricatore e senza reale visione unitaria del Paese che continua a mantenere l’ex Regno delle Due Sicilie nello stato di degrado che il ponte poteva permettere di poter superare.

Giovanni ALVARO (Comitato Ponte Subito)

-di Cosimo Inferrera * -

Nelle ultime settimane si rinnova lo scintillìo di lame che duellano sul Ponte ! Per primo il Governo tenta di chiudere la partita con il DDL di Stabilità, art. 8 comma 8, che però ritira in gran fretta. Il 19 Ottobre, come manna dal cielo, arriva il Convegno di Reggio Calabria su "Il Ponte Mediterraneo ... e non solo" a indurre uno stop di riflessione. Da qui si leva il coro di alte personalità che stigmatizza l’ennesimo cambio di marcia in rapporto al cambio di governo su una scelta infrastrutturale affatto localistica, qual’é il Ponte, tassello essenziale per il rilancio europeo verso la costa sud del Mare Nostrum.

Stesso giorno, stessa ora, appostato tra Scilla e Cariddi  - sarà un caso ? – si sente tuonare il sistema mediatico con i vecchi armamentari di Sky Tv contro quel Ponte, che finora non si è fatto e non si deve neppure pensare di fare. 

A seguire Gazzetta del Sud dà la stura ad una raffica di interventi mirati agli appetitosi 300 milioni di saltimbocca alla romana, in pre-cottura per i tavoli affollati di un incerto “Stato di diritto”, che alla fine potrebbe cucinarne davvero molti di più (1 miliardo) per le imprese estere del gruppo Eurolink. Con una nota critica sull’impiego della somma a mero titolo risarcitorio apre il direttore Morgante; seguono i 3.800 caratteri del prof. Signorino, conducenti alla sua ben nota posizione negazionista; e poi l’edulcorante intervista a piena pagina dell'ing. Caminiti, dirigente dell’ufficio grandi opere del Comune di Messina, che propone l’impiego della sommetta (disponibile ?) per il prolungamento della tangenziale autostradale fino all’appoggio del Ponte a Ganzirri, come da antica ricetta del tempo del sindaco Genovese, si faccia o non si faccia la megastruttura. Il prof. Centorrino, scartato il Ponte, punta diritto ad una soluzione alternativa multimediale con tutte le risorse possibili e disponibili; ma ecco le tre “lenzuolate” del dott. D'Amico, ravvicinate giornalmente come una terapia iniettiva per esorcizzare il Ponte, male supremo, proiettate in modo marchiano verso le opere stralcio, allineate sul filo governativo della verifica di “fattibilità tecnica e la sussistenza delle effettive condizioni di bancabilità”.

Alla luce delle relazioni presentate al Convegno, molti dei presenti si sono chiesti se un “Governo tecnico” possa sollevare il problema della fattibilità dell’opera, quando è arcinoto che sul Ponte hanno messo la loro credibilità le principali istituzioni scientifiche del mondo e il “Gotha dei tecnici” costruttori di Ponti. Ad uno dei massimi dirigenti della Regione Siciliana, intervenuto al nostro Convegno, nel corso della visita in Giappone, gli operatori hanno mostrato il più vivo interesse per i dettagli operativi del montaggio del Ponte, mentre in Italia si perita ancora sulla sua fattibilità. Incredibile ! Ha fatto ancor più sorridere che il Governo abbia in certo senso esautorato il comitato scientifico della Società Stretto di Messina, costituito da esperti di elevatissimo profilo professionale e morale, i quali non hanno affatto bocciato il progetto definitivo, ma semmai dato alcune prescrizioni per migliorarlo, come è d’uso in taluni casi. Chi può ergersi a dare una risposta di livello ancora più alto ? Ed allora perché Gazzetta del Sud non sente il prof. Muscolino, un luminare vanto dell’Ateneo, componente del suddetto organismo, invece dei soliti noti ?

Solleva un moto di inquietudine la questione della bancabilità: in effetti non si capisce perché la si agiti solo quando si approssima il momento del fare. In Sicilia e in Italia giunge il fior fiore di delegazioni zeppe di capitali, che trasudano buon senso e spirito d’impresa per realizzare il Ponte e quanto si colleghi ad esso. Non hanno bisogno di cercare la bellezza dei luoghi, il fascino della storia, i miti che li rendano universali – ne trovano a iosa - non sono dubbiosi sulla convenienza e sulla sostenibilità dei loro progetti - non sono “Esercito della Salvezza” - quei signori chiedono solo ciò che caratterizza una società civile avanzata: trasparenza delle procedure, certezza del diritto. Poi come sono venuti vanno via, e nessuno sa se la questione sia finita proprio per questioni attinenti alla bancabilità o altro. Questo non interessa né a Gazzetta del Sud né a “quidam” della carta stampata con sfumature più o meno velate di antimeridionalismo viscerale !

Ad un certo punto (Maggio 2010) sembrava che questo valzer di misteri avesse finalmente un punto di arrivo. Uno dei componenti dell’attuale esecutivo, già amministratore unico della BIIS, in occasione del memorabile Convegno di Catania, si disse convinto che la disponibilità dei capitali non costituisse affatto un ostacolo - perché ce ne erano, e come – e che semmai l’unico, vero impedimento fosse di natura politica. Infatti come Egli stesso oggi autorevolmente dimostra l’unico vero problema è quello politico, cioè “il decidere di non decidere”, da trent’anni a questa parte. Chi, oggi, giustamente pone dal più alto scanno dell’esecutivo la bancabilità come “conditio sine qua non” per il luogo a procedere, nel suo lungo tour in Oriente di mesi orsono, cosa ha messo sotto gli occhi di quei governi ? Il progetto dell’archistar Pier Paolo Maggiora, anche egli presente al Convegno, da anni illuminato “faber” di una nuova Sicilia incardinata nel progetto ARGE col Ponte, oppure i nostri titoli inflazionati ? Cosa ha proposto vorremmo proprio saperlo, senza neanche osare un balbettio di critica: ma “Egli non vuol sentire”, come scrissero i messinesi coraggiosi in Piazza Duomo al Re Borbone, che rifiutando la concessione dello Statuto ne aveva calpestato ogni giorno la libertà !  

Ora a proposito di bancabilità, dal Convegno di Reggio Calabria lanciamo “l’idea” progettuale intelligente, facilmente praticabile. Un gruppo siculo-piemontese (www.nonsoloponte.it) propone di adottare nel progetto esecutivo una serie di predisposizioni sia a livello delle torri sia dell’impalcato per realizzare la massima fruizione del Ponte dal punto di vista energetico e turistico-commerciale. In modo semplice, cioè senza rimodellamenti della sua struttura complessa, in modo efficiente, cioè senza gravosi esborsi aggiuntivi, in modo efficace, cioè con il risultato fondamentale della riconfigurazione funzionale a ponte territoriale, la megastruttura si può rendere auto-sostenibile dal punto di vista gestionale, aggiungendo i notevoli ricavi così ottenuti a quelli dei flussi di transito su ferro e su gomma. Il che indubbiamente implementerebbe di molto il carisma attrattivo dei capitali privati, e quindi la bancabilità stessa del Ponte secondo la richiesta governativa. Ne faranno niente ? Ne sapremo niente ? Certo Gazzetta del Sud di Messina non ha mosso un dito in questa direzione, anzi …

Mettendo sempre le stesse cose sotto gli occhi, trite e ritrite e di certo opinabili, sono stati eclissati i reportage scientifici di architetti, ingegneri, economisti, professori universitari ed accademici di profilo internazionale (vedi allegato), lasciati fuori dalla stampa che conta qui e nel resto del Paese, però invitati e intervistati nel mondo intero, in Cina, in Giappone, a Miami, in Ecuador, in Turchia … Nello scenario di Reggio Calabria si è parlato di Italia, protesa nel mare come un grande molo che il Ponte trasforma in piano di scorrimento unitario dal profondo Mediterraneo – da cui la denominazione dell’opera – fino all’arco alpino. Pochi sono riusciti a sapere che una mente fervida abbia prospettato la necessità di presentarsi al panorama europeo – “ove si puote” - almeno con una "Società di Corridoio”, di nome “Ulisse” e che un’altra personalità non meno lungimirante l’abbia di molto arricchita con l’idea di un GECT transnazionale. Tutto questo per una gran parte degli operatori d’inchiostro conta poco … !

Solo due di noi sono riusciti a rompere i ceppi dell’accerchiamento mediatico. Per primo il valente ing. Giovanni Mollica riesce a piazzare alcuni colpi significativi da un angolino di Gazzetta del Sud, conquistato in virtù di quale Santo non si sa, a fronte del solito limite a base di lenzuolate. Dopo aver stigmatizzato “il pensiero unico” contro il Ponte, invalso nell’immaginario collettivo con la complicità di un sistema mediatico lontano da ogni obiettività scientifica, il nostro relatore illustra il formidabile sistema Ferrmed, con cui i paesi europei che hanno sale in zucca si vogliono raccordare al Mediterraneo attraverso i più moderni sistemi di comunicazione via terra, paesi fra i quali non vediamo l’Italia che invece sottoscrive il CIS Napoli-Bari-Taranto-Lecce, uno strumento che di fatto taglia sud del sud, più mediterraneo di questo non v’è, dai circuiti continentali di sviluppo propulsivo. Ecco quel che significa mandare gambe all’aria il Ponte Mediterraneo: non potere realizzare in Sicilia – Calabria fino a Napoli un sistema ferroviario AC/V (alta capacità velocità) valido. Dunque basta poco per pervenire all’assunto che ci vorrebbe un messinese come lui, competente e combattente, al comando della Società Stretto di Messina per dare l’impulso finale, quello decisivo alla realizzazione dell’opera. In realtà questa Società – sino a stamattina ! – assecondando l’onda del mare che viene e che va, cosa combina per mettere in carreggiata il Ponte, senza cui svanisce “dans l’espace d’un matin” ogni prospettiva di crescita e sviluppo per il meridione d’Italia e l’intero Paese ? Perché Gazzetta del Sud non intervista il prof. Maurizio Ballistreri, chiaro vanto dell’Ateneo, che sedendo in C.d.A. della Società Stretto di Messina può illuminarci su aspetti meno convincenti della intricata vicenda ?

Il secondo che fa bingo è il prof. Enzo Siviero, fra i principali attori del nostro Convegno, che passando dalla porta della stampa nazionale interagisce con il Presidente Zamberletti e con i massimi gruppi cinesi costruttori di megastrutture, messi ai nastri di partenza verso la conquista del Mezzogiorno d’Italia. In lui vedono e ascoltano il “pontefice”, cioè il costruttore di ponti di prestigio mondiale: così si intravedono “le torri abitate” del Ponte, la piastra strategica da Trapani a Gioia Tauro, il corridoio che i cinesi già chiamano Ulisse e tutta una serie di infrastrutture dinamiche (porti e aeroporti, autostrade e ferrovie).

In sole 24 h l’Impero del Dragone incarna la “Nemesi” storica per cui una serie di eventi considerati negativi si conclude con inattesi risultati compensatori, che fanno saltare il chiavistello di vacuità, i cliché stereotipati, gli epigoni finora dominanti. Il Convegno di Reggio Calabria rimane un canto solitario alla Luna di pastori erranti, però gli sopravvive vegeto il “Gruppo 19 Ottobre”, giacché non è affatto scontato che assorbito il “vulnus” i detrattori inveterati non si mettano a tessere un nuovo groviglio con i tira e molla delle prossime scadenze elettorali.  

Siamo così giunti al bivio. Il quotidiano edito in Messina riversi dove vuole e quanto vuole i suoi specifici interessi ed obiettivi: però dovrebbe scegliere se restare in “buona” compagnia con i quotidiani nazionali, che dettano legge da nord, o abbracciare deciso la posizione fattuale di un progetto “Italia chiama Mediterraneo, Mediterraneo chiama Italia” che definire fantastico appare riduttivo. Tutto questo è incontestabile, reale. Giova un minimo di criticismo costruttivo; la sua carenza cronica ha lasciato il bel Paese in brache di tela con meno PIL, più disoccupazione, più spesa pubblica, più Spread, sempre meno PIL nel 2013 (- 06%) che alla fine porterà la gente a non comprare neanche i giornali. E non sarà un bene per nessuno - neanche per la cara, vecchia Gazzetta - se qui non arrivano fiotti di capitale fresco a rivitalizzare il tessuto economico-finanziario delle intraprese, rinsecchite da imposizioni crescenti e dai rifinanziamenti improduttivi della spesa, di cui tuttora non mancano esempi eclatanti !

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*Ordinario di Anatomia Istologia Patologica e Citodiagnostica a. r. Università degli Studi di Messina

  Gruppo 19 Ottobre

 

 - di Marco Giuffrida -

Torno a Messina per "ricaricarmi". Lo faccio quando posso e per quanto posso.

Certo mi godo il Mare, il Vento e quant'altro la Natura della mia Città può offrirmi e, naturalmente, mi preoccupo di conoscere, di sapere. Per questo leggo, mi informo, chiedo. Ascolto i pareri più disparati perché non voglio che mi si dica. "tanto tu non vivi qui, tu non sai, tu non conosci". Mi informo da lontano e meglio lo faccio quando, a Messina, posso esserci.

Durante il mio recente soggiorno ho letto che il Sindaco si è molto inquietato perché, dal Governo Centrale, è stato detto che il Ponte, il famoso Ponte, non è più opera prioritaria e che non si farà. Del resto in diverse occasioni ho sentito perorare con enfasi la causa "pro Ponte", veri arzigogoli linguistici, lunghi e complicati.

Mi dispiace per il Sindaco e per queste Persone più o meno note e "Pubbliche", di cui do per certa la limpidità delle posizioni.

Io cercherò di spiegare, in modo semplice e veloce, perché non sono favorevole al Ponte e, soprattutto, dire cosa, a mio modesto giudizio, effettivamente possa servire alla Sicilia ed a Messina in particolare.

Intanto perché "NO Ponte":

Per la situazione geologica dei territori, soprattutto "lato Calabria". I Geologi calabresi hanno lanciato tanti inascoltati avvertimenti a cui, pare, alcuno voglia dare ascolto;

per la situazione climatica e dei Venti dello Stretto. Nei viadotti del Nord, spesso il traffico dei mezzi ne è bloccato per l'intensità delle raffiche. Quanti di caravan, roulotte, mezzi telonati e furgoni resterebbero bloccati ed in attesa da una parte e dall'altra dello Stretto? Per quanto tempo? E i treni?

Per le problematiche nel caso di trasporto di merci pericolose ed infiammabili (potrebbe, addirittura, per sicurezza, rendersi necessario il blocco del traffico);

Perché, allo "sbocco" in Sicilia, soprattutto i treni, troverebbero una rete assolutamente inadeguata specie per i nuovi convogli ferroviari. Ammesso che si faccia il Ponte, quanti anni servirebbero per adeguarne la rete? Quale e quanto territorio utilizzare per questo ammodernamento? Mi piace ricordare che, molte Città Siciliane sono sulla costa e Messina, a cui tengo in particolare, di territorio piano ne ha davvero poco, dunque, eventuale nuova Stazione sotto i Monti;

per la perdita, nel Messinese, di territorio unico e pregiato, utile per ben altre attività che non quella di creare l'accesso ad un Ponte di qualsivoglia importanza o bellezza;

perché Messina resterebbe, in qualsiasi caso, tagliata fuori dai flussi di un eventuale traffico, sia ferroviario che stradale, salvo volerci andare apposta, in quanto lo snodo del traffico avverrebbe a Capo Peloro o giù di lì, tagliando fuori, nel bene e nel male la Città;

perché il Ponte non darebbe, comunque, molto lavoro locale né prima né durante né dopo la costruzione, salvo che a qualche raccomandato ai Caselli per la riscossione dei pedaggi. Le Imprese interessate sono del Nord e preferiranno usare personale tecnico proprio conosciuto e preparato e, per la manovalanza, personale extra comunitario perché meno costoso;

perché, quella del Ponte, economicamente è una spesa insostenibile e, anche se è scritto che buona parte del finanziamento è privato, leggendo bene i documenti, l'eventuale passivo "tornerebbe" a carico del Pubblico e, dunque, dei Cittadini al termine della concessione trentennale o quarantennale (non ricordo esattamente);

Infine, ma non ultimo, l'utilizzo del Ponte, per i Messinesi, anche se con pedaggio agevolato, costerebbe molto in tempo e carburante, qualora volessero recarsi, semplicemente a Reggio Calabria.

Quali considerazioni e soluzioni? Eccole, molto meno costose del Ponte, di più rapida esecuzione e con lavoro duraturo che può e deve essere locale:

miglioramento ed ampliamento delle infrastrutture portuali a Tremestieri capaci di accogliere il traffico su gomma;

realizzazione di adeguati piazzali di sosta separati per camion e vetture;

adeguamento serio dei raccordi stradali fra il Porto di Tremestieri e l'Autostrada;

realizzazione di biglietterie automatiche e veloci (perché non pensare al "Telepass?);

adeguamento dei pontili alla "storica" Stazione Marittima per il traffico ferroviario e delle persone in abbinamento o alternativo al Servizio degli Aliscafi;

modernizzazione dei sistemi di attracco delle Navi e del carico e scarico dei treni;

seria riorganizzazione del sistema Navale/Ferroviario predisponendo "un Traghetto pronto per ogni treno in arrivo" a Villa San Giovanni con ridottissimi tempi di attesa e di manovra;

organizzazione dei sistemi di "smembramento" e "ricomposizione" dei convogli ed impiego di personale preparato, motivato e, soprattutto, controllato da Responsabili che siano veramente tali;

svecchiamento delle Navi. I nostri Tecnici ed i nostri Cantieri sono sicuramente in grado di costruire Traghetti veloci, dedicati a Treni, a camion ed autovetture. Natanti nuovi, sicuri, adeguati alle caratteristiche dello Stretto, poco inquinanti e, magari, con sistemi di propulsione e combustibili diversi dagli attuali.

Impensabile, peraltro, pensare alla Sicilia come Hub per le merci che subirebbero carichi e scarichi inutili quando, via nave, possono arrivare molto vicini alla destinazione (intendo tutti i Porti merci lungo le due sponde dell'Italia Continentale).

Poche ulteriori note che mi permetto d'aggiungere (per il bene di Messina e della Sicilia):

eliminazione delle "Baronie";

eliminazione del "Nepotismo";

eliminazione di quel senso di apatia e di sfiducia che, in ogni discorso, viene chiaramente e vergognosamente manifestato.

La Sicilia (e con essa Messina), ha grandissimi potenziali di crescita; vi sono ben tre Università di eccellenza: Catania, Messina, Palermo. Sarebbe giusto che venissero creati importanti Poli di Ricerca agganciati, appunto, a questi Atenei che, con l'Indotto, potrebbero dare grande occupazione. È assurdo (anche se bello incontrare paesani) trovare al Nord validissimi ed apprezzati professionisti Siciliani e Messinesi quando, tranquillamente, potrebbero lavorare nella propria Terra e non essere costretti a fuggire perché non c'è lavoro. Ognuno dovrà e potrà avere, finalmente, il diritto di costruirsi il Futuro in base alle proprie capacità ed alla voglia di lavorare e non in base alle "conoscenze". Essere costretti ad emigrare è ben diverso dal decidere di lasciare le propria Città per vivere ed operare in luoghi diversi.

Oggi, per i contatti, non servono più aerei, treni o automobili. Infatti, vi sono mezzi di comunicazioni sicuri, poco costosi che, oltre alle conversazioni, consentono di trasferire documenti, immagini, filmati e perfino prototipi tridimensionali (ho scritto giusto!).

Ancora, e per concludere, la Sicilia e Messina possiedono quello che poche Regioni hanno: la Natura, il Clima, il Mare, le Spiagge e, soprattutto, la Storia. Quest'ultima fruibile ogni giorno dell'anno assieme a quelle Tradizioni che, purtroppo, tendono ad andare perse. Da non dimenticare i prodotti agricoli, freschi e conservati, di "nicchia" e, naturalmente, i derivati. Sottolineo che è con la specializzazione e con la qualità che si vince nei Mercati.

A Messina, in particolare, l'Attività Turistica dovrebbe essere razionalizzata ed adeguatamente pubblicizzata, potenziata e, dove già c'è, resa più economica. I due Litorali, mar Tirreno e Ionio, offrono grandi diversità con possibilità di scelte da parte dei Turisti e di chi vuole soggiornare.

Ad esempio: sassi o fine sabbia; oppure luoghi ventosi o meno per le diverse attività sportive, ludiche e per la vicinanza a molte realtà da visitare. E non mi si dica, per favore, che Messina ha nulla da offrire! Basta guardarsi attorno e voler VEDERE! Ripeto:

VOLER VEDERE !
 

Certo, una delle cose importanti e da non dimenticare e che Città, Siti e spiagge vanno tenuti puliti ed ordinati a cura delle Amministrazioni ma, anche e soprattutto, dai Cittadini (vi sarà occasione per scriverne e discutere).

Potrei continuare ma termino affermando che un'Isola è un'Isola ed Isola deve restare per trarre, proprio dal suo "stato", ogni beneficio dando Futuro, Lavoro e Fiducia alle vecchie e, soprattutto, nuove Generazioni

 

 

 - di Cosimo Inferrera *-

 

Caro Marco,

 

Rispetto le idee diverse perché dal confronto tesi/antitesi germina il sano riformismo, che in Italia non gode di buona salute mentre nei paesi anglosassoni è la spina dorsale della democrazia vera, chiara, trasparente, decisionale, senza blocchi e rinvii trentennali, mistificati e mistificatori. Questa premessa ritorna alla fine della mia interlocuzione per una proposta costruttiva, che spero ti coinvolga.

 

Dal tempo in cui Garibaldi consegnò la nostra metà d’Italia al Re sabaudo – con quali e quanti dolori ! – di ponti ne hanno costruito e ne fanno in ogni parte del globo, a diverse latitudini ed in situazioni meteo estreme. Saprai che il Brooklyn Bridge ha quasi la stessa età della nostra Patria ed è ancora lì, pronto a renderci meravigliose passeggiate. Certo non ti sfugge che a Manhattan, dopo il 1883, di ponti ne hanno costruiti altri tre, il Williamsburg Bridge (1903), il Manhattan Bridge (1909), il Queensboro Bridge (1909), uno più dell’altro segno grandioso di crescita e sviluppo. Come non ti sfuggirà che di avversità e disastri le imprese umane ne patiscono a bizzeffe in ogni luogo, non solo nell’ambito dei ponti.

 

La “Stretto di Messina” S.p.A. incaricò oltre 100 professori universitari e ingegneri, 12 istituiti scientifici e universitari nazionali ed esteri, 39 Società ed Associazioni nazionali ed estere. Questo enorme lavorio di ricerca teorica e sperimentale, nonché di progettazione, approdò nel 2002 alprogetto preliminare, che fu messo in appalto. Esso porta la firma dell’ingegnere inglese William Brown, già progettista della Freeman Fox & Partners dal 1956 al 1985 e fondatore della Brown Beech & Associati, esperto di grandi ponti sospesi.Le analisi statiche, le ricerche teoriche e sperimentali, le progettazioni generali e di dettaglio furono condotte dai seguenti professori italiani: il Prof. Leo Finzi del Politecnico di Milano, il Prof. Fabio Brancaleoni dell’Università di Roma, il Prof. Stefano Caramelli dell’Università di Pisa e il Prof. Piero D’Asdia dell’Università di Trieste.La dinamica della struttura per quanto riguarda le azioni del vento fu investigata dal Prof. Giorgio Diana del Politecnico di Milano.

Dunque sotto l’aspetto tecnico sembrano esserci le migliori garanzie, non solo per il peso specifico e il valore professionale della miriade di esperti chiamati a partecipare al progetto contro i pochi che lo avversano. Direi piuttosto che ad un osservatore attento, non prevenuto, con evidenza indiscutibile si impone l’ organicità vasta, sistematica degli studi eseguiti, l’autorevolezza degli Enti e delle Istituzioni, veri e propri colossi mondiali, tutti impegnati in prima linea nell’ardimentoso progetto.

La tua previsione sul limitato impiego di mano d’opera nostrana non trova riscontri univoci. Voci ministeriali hanno dato stime ben superiori a diecimila posti di lavoro; infatti per le enormi opere di cantiere e di movimento materiali non ci sono alternative convenienti alle risorse autoctone; il resto crescerà nel corso dello sviluppo pluriennale dei lavori con un impulso consistente alla formazione tecnica specialistica e professionale.

Ti sarai reso conto, caro Marco, come non restino molti indubitabili sostegni alla posizione negazionista: solo il tuo primo punto relativo alle indagini geologiche mi lascia qualche perplessità.

Finora in verità anche sotto questo aspetto non c’era molto da eccepire. Gli studi geologici furono affidati al Prof. Enzo Boschi dell’Università di Bologna e al Prof. Icilio Finetti dell’Università di Trieste; le analisi sismiche furono di competenza del Prof. Alberto Castellani e del Prof. Giuseppe Grandori, entrambi del Politecnico di Milano; inoltre fu richiesto uno studio sulle probabilità di rischio e sull’affidabilità del progetto al Prof. Daniele Veneziano del Massachusetts Institute of Technology. Però sulla base dei dati esibiti da alcuni geologi calabresi conviene rivisitare la questione in un dibattito pubblico, che infine propongo.

Ora una breve digressione su ciò che ameresti fare al posto del Ponte: opere certamente necessarie, auspicabili che i benpensanti propongono alla pubblica opinione sin dall’epoca del ministro Signorile. Purtroppo tutto si rivela una bufala colossale, giacché né il Ponte né le opere sostitutive trovano mai attuazione con piena soddisfazione di chi odia il Sud, la Sicilia, Messina e Reggio Calabria.

Non vedo come si possa eludere in uno Stato di diritto il pagamento di una ingente penale se l’opera viene accantonata, somma che certo non andrà a favore delle opere di bonifica del territorio. Né si potrà recuperare per lo stesso scopo la quota a carico dello Stato prevista dal “project financing” per la costruzione del Ponte, perché è già finita al Brennero grazie agli ostruzionismi locali.

Tuttavia non ho l’ossessione del Ponte ad ogni costo enon mi lascio sedurre dalle scorciatoie: le mie “ossessioni” sono essenzialmente dettate dal bisogno di fare chiarezza sia sul fare il Ponte – come spero - sia sul non farlo, senza dover versare lacrime di coccodrillo a decisione presa, con danni irreversibili subiti in un caso o nell’altro. La mia posizione ruota attorno atre concetti essenziali:

1) Il Ponte va realizzato al più presto in quanto opera vitale per i flussi macroeconomici; puoi trovare un’ampia illustrazione di tale posizione in questo Blog, tag “Giornalando”, articoli “La Sicilia dopo Suez …”, “Lettera aperta al ministro Passera”, “Quei medici pietosi …”. Tu invece vedi il Ponte come un’opera localistica ed in questo divergiamo.

2) Il Ponte nudo e crudo com'è, difficilmente si rivelerà auto sostenibile, se cioè rimane privo delle opportune e necessarie predisposizioni atte renderlo un Ponte territorio; in questo le nostre posizioni possono collimare più di quanto immagini.

3) Senza un Project financing perfetto, posto sotto tutela sovranazionale, l'opera potrebbe dissiparsi in una colossale <mala gestio>; anche su questo le nostre posizioni possono trovare forte convergenza.        

I tre punti rappresentavano l’ossatura di un Convegno scientifico di alto profilo promosso dal Comitato “Ponte Subito” e dal Gruppo di studio “Non solo Ponte” in collaborazione con la Presidenza della Regione Calabria, previsto per il 14 Luglio u.s. nel Palazzo del Consiglio Regionale a Reggio Calabria, svanito nel nulla all’ultimo momento. Di questo deprecabile infortunio puoi trovare menzione in una nota doverosamente portata a conoscenza degli illustri relatori e della pubblica opinione nei Blog www.ilcalcestruzzo.it e www.strettoweb.com a firma di Giovanni Alvaro e del sottoscritto. In questi giorni la Regione Calabria rilancia l’iniziativa per il prossimo settembre-ottobre, auspicando la collaborazione scientifica della Facoltà di Architettura dell’Ateneo di Reggio Calabria.

Ed ecco la mia proposta costruttiva: perché non chiedere insieme un incontro sul tema e proporre l’inserimento di una nuova sessione di h.1.30 intorno alla questione geologica con l’intervento di esperti di valore e tecnici della Soc. Stretto di Messina-Impregilo-Eurolink ? Sarebbe un raro esempio di sano spirito riformistico, di cui le nostre contrade hanno sempre più bisogno.

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*Professore ordinario a. r. di Anatomia Istologia Patologica e Citodiagnostica dell’Università degli Studi di Messina  

 di Cosimo Inferrera *

Molti sichiedono se nel contesto della corruzione dilagante sia pericoloso mettere in cantiere un’opera complessa e costosa come il Ponte di Messina. Chi ci garantisce da speculazioni colossali con effetti disastrosi ? I rilievi sembrano fondati in relazione alla necessità di dover gestire risorse imponenti per realizzare il Ponte e la rete di infrastrutture in Sicilia e Calabria.

Peròbisogna tentare lo stesso, e senza indugi. Questa mentalità è propria di chi, sempre e comunque, sa addossarsi la responsabilità di decisioni gravi, prese nel giro di minuti, come è abitudine del medico patologo che certo non abbandona i pazienti sol perché siano portatori di malattie aggressive o mortali, anzi impiega tutto l’armamentario diagnostico e terapeutico disponibile, il più avanzato e costoso, per bloccarne o limitarne gli effetti dannosi.

Un esempio eclatanteriporterà alla mente dei messinesi la figura di un grande Medico del dopoguerra, il Professor Errico Trimarchi, clinico di eccelso valore umano e professionale. La sua fama era accreditata oltre Stretto, le sue diagnosi regolarmente confermate da altri luminari del tempo. Però aveva il Suo tallone d’Achille nell’ulcera gastrica, che sanguinante in modo fulmineo  non gli risparmiò la fine orribile di tanti pazienti, meno conosciuti di lui. Il rimpianto colpì tutti gli strati sociali ed il mondo sanitario scientifico, ma le polemiche montarono roventi contro la classe chirurgica. Costoro si erano trovati al bivio pericoloso di intervenire chirurgicamente o meno, in un paziente gravemente anemico ed ipoteso, cui la stessa scienza non sapeva allora dare risposte certe, anche per i limiti delle tecniche anestesiologiche. Prevalse la scelta attendista, basata su trasfusioni massicce di sangue fresco, ripetute, nella speranza di indurre l’emostasi, rivelatasi purtroppo vana, che trascinò il paziente ad uno choc emorragico terminale. In effetti nessun chirurgo aveva voluto correre il rischio di trovarsi fra le mani il cadavere di un paziente eccellente, proprio quello del venerato Professor Trimarchi.

Ma ciò non evitò lo stesso le più pesanti accuse di indecisionismo e irresponsabilità; insomma così fu perduta l’unica reale speranza di guadagnare la sopravvivenza, senza neanche tentare. Identica fine oggi rischia l’Italia, preda di immobilismo decisionale nei confronti della politica delle grandi infrastrutture, specie di quelle necessarie al Sud, bollate di essere esposte al ricatto malavitoso e quindi accantonate in modo sbrigativo.

Mentre in Italia constatiamo + debito pubblico, + spread, - PIL, - gettito fiscale, + disoccupazione + esodati, la Sicilia si trova in condizioni peggiori, appesa all’unica risorsa, vecchia illusione dei meccanismi di rifinanziamento della spesa. Ma di quale spesa parliamo, se non si trova neanche un euro per raddrizzare i capannoni squassati dal terremoto in Emilia, tanto da dover ricorrere a nuove accise sui carburanti ed altro ? Insomma un Paese prostrato dalle sue malefatte pluridecennali come <mala gestio> ed <evasione fiscale> può mai ripartire così ? Difficile crederlo.

Eppure per Sicilia e Calabria la cura radicale esiste, basta solo volerla. Al contrario del caso ora citato, il chirurgo disponibile a tentare l’impossibile c’è ed ha gli strumenti giusti, godendo della fiducia dei fondi cinesi di investimento fino a 100 mld di Euro. L’archistar torinese Pier Paolo Maggiora punta sull’idea di rimodellare la Sicilia come una megalopoli triangolare aperta all’Africa e all’Asia, che attraverso il Ponte si agganci stabilmente alla sovrana Calabria, snodo territoriale da e per l’Europa. Il tutto andrebbe logicamente studiato e pianificato, reclutando in primo luogo le risorse loco-regionali professionali (architetti, ingegneri, tecnici) e strutturali (aziende, imprese). Che questo non sia frutto di fantasia lo conferma Antonio Laspina, direttore Ice Pechino e coordinatore uffici Ice in Cina: “Nei cinesi resiste la consapevolezza che la posizione geografica della Sicilia può attivare investimenti strategici nel settore della logistica, dei trasporti e delle infrastrutture in genere. Oltre naturalmente a investimenti nel settore del turismo ed in alcuni comparti produttivi legati all’agroindustria. Per gli investimenti in Sicilia, come in Italia, i cinesi richiedono riferimenti normativi limpidi con l’indicazione di facilitazioni certe, non aleatorie. Questo il quadro verificato in loco un mese fa (intervista a “Il Sud”, maggio 2012).

Che fanno dunque i ministri competenti nell’attuale situazione di inaudita gravità economico-finanziaria ? Palleggiano su impatto ambientale ed opzioni prioritarie, sospingendo il Ponte sullo Stretto, un giorno si e l’altro pure, in fondo ai cassetti del dimenticatoio, mentre il precedente governo Berlusconi aveva già avviato i primi cantieri dopo un’attesa trentennale. Piuttosto sarebbe preciso dovere dell’esecutivo “tecnico” in carica individuare la “wall-fire” che metta al riparo dai pericoli di una burocrazia “tortuosa” chiunque intenda investire in intraprese in Italia.

Va da se che in siffatte emergenze determinate da processi economico-finanziari gravemente recessivi, il disagio sociale diffuso e profondo possa esser gravido di sviluppi oscuri, paragonabili ad un attacco militare. Il nostro Presidente della Repubblica, depositario del più ampio consenso nel paese, a capo di un Consiglio Nazionale “Recovery” con la presenza dei ministri competenti, sopraveda in termini di controllo al processo di strutturazione del paese per il recupero di ritardi pluridecennali e la guarigione di antichi mali. Né più né meno di come è costituito ed opera il Consiglio Supremo di Difesa in tutte le situazioni critiche per la integrità della Nazione.

Concludendo sulla metafora sanitaria, è più utile affidare Sicilia e Calabria a cure palliative, saltuarie e vane – finora tali – o piuttosto porre mano ad un piano organico di infrastrutturazione, finalmente in grado di risolvere in modo fattuale, non a chiacchiere, la questione meridionale, pur con i prevedibili rischi ? Risposta ovvia, ma se latitano gli investimenti stranieri e continuano a delocalizzare le imprese italiane, parlare di crescita e di sviluppo sa di vera e propria presa in giro, avendo la rotta obbligata dei conti in ordine e davanti a noi l’iceberg di un mostruoso debito pubblico. Palleggiare con dichiarazioni <dans l’espace d’un matin> non eviterà lo stesso le più pesanti accuse di indecisionismo e irresponsabilità, proprio come quelle lanciate contro i medici pietosi dell’amato Professore. Ed i politici italiani che della incapacità di decidere hanno fatto - e sembra continuino fare - il loro presunto punto di forza avviano ad un disastro annunciato la Patria venerata.     

*Professore ordinario a. r. di Anatomia Patologica dell’Università degli Studi di Messina  <Gruppo Non Solo Ponte>

 
 
 
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 di Cosimo Inferrera * -

 

Caro Ministro,

Il progetto definitivo e il piano finanziario del Ponte sembravano giunti alla fase conclusiva - ed anzi si stavano compiendo gli atti propedeutici agli espropri dei terreni interessati - quando inopinatamente ogni attività si è fermata. E’ dunque scontato che chiunque si dichiari apertamente a favore della realizzazione della megastruttura fra le due sponde dello Stretto di Messina si senta portato a cupe previsioni, in termini di crescita di posti di lavoro e di sviluppo economico.  

Ma pure chi sia meno schierato sulla questione, con mente sgombra di ideologie e chimere naturalistiche dovrebbe man mano assumere una posizione più consapevole dopo una valutazione critica dei dati che emergono dai grandi paesi. Sono in ballo la Cina, primo esportatore mondiale di merci e la Germania, terzo esportatore, pochissimo dopo gli USA (2010). Già dal 2011 questi paesi hanno attivato una linea ferroviaria di ben 10.300 Km., che attraverso Mongolia, Kazakhstan, Russia, Belarus, Polonia giunge in Germania. Per l’esattezza da Chongquing (Cina) a Duisburg un convoglio impiega 16 giorni per portare 40 container di prodotti tecnologici - ad esempio monitor LCD, iPod, ecc. - di un valore commerciale enorme. Con il trasporto via mare lo stesso materiale avrebbe impiegato 40 giorni e prodotto il doppio di inquinamento. I test confermati da più fonti mettono in crisi l’impiego abusato delle c.d. “autostrade del mare” con gran sollievo del portafoglio commerciale e dei pesci, che muti finora restano indifesi.

In realtà le grandi potenze economiche e industriali hanno ormai ben chiaro che laddove esista una continuità territoriale la via ferroviaria alta velocità-capacità risulta fortemente competitiva rispetto ad altri sistemi (aereo, nave), soprattutto in funzione della diffusione intermodale ferrovia/gomma dei prodotti commerciali. La competizione globale in base alle specifiche esigenze si avvale dunque di scelte multivariate nel campo dei trasporti, proprio come in quello delle fonti energetiche (pozzi petroliferi, centrali nucleari, centrali a carbone, energie rinnovabili). In Italia tutti paghiamo un forte scotto energetico per il rifiuto al nucleare; senza il Ponte la Sicilia pagherà anche il gap legato alla vetustà dei trasporti per l’impossibilità di collegarsi alla Calabria e al resto della penisola attraverso l’alta velocità-capacità ferroviaria. Attualmente un container di 40 piedi dalla Cina a Gioia Tauro costa 1600 Euro, mentre da Gioia Tauro a Messina per circa 40 Km. deve pagare un costo aggiuntivo di ben 700-900 Euro. E quali prodotti siciliani o calabresi potranno mai sporgersi sul mercato globale in un quadro così perverso di impedimenti sistemici, fra cui anche lo svantaggio che i prodotti cinesi in Germania pagano meno accise ?

Ma la contraddizione più stridente sta nel fatto che nel mare, a sud di Sicilia e Calabria passa il 30% del commercio mondiale alla ricerca di approdi funzionali e accoglienti, proprio per limitare gli  oneri del trasporto navale ivi compresi quelli assicurativi. I porti siciliani e calabresi, da Augusta, Pozzallo fino a Gioia Tauro e oltre, perderanno questo fiume d’oro se non saranno dotati della idonea nervatura di collegamenti aeroportuali, ferroviari, autostradali (Progetto ARGE) che solo la continuità strutturale  del Ponte rende fattibile, unendo due regioni al resto d’Italia. Tutto l’apparato attuale andrà incontro a sicura atrofia ex non usu accompagnandosi ad una ineluttabile rovina delle comunità, se col blocco della costruzione della megastruttura nello Stetto sarà impedito il flusso in Sicilia ai 100 treni che il Ponte è in grado di accettare nelle due direzioni di marcia in 24 ore. Quindi <PONTE SUBITO> senza ulteriori indugi da parte governativa, come avviene anche di recente !

Appare di tutta evidenza come tale ricircolo di mezzi, uomini e beni non tragga origine solo da risorse autoctone, cioè regionali, ma piuttosto si debba necessariamente alimentare attraverso l’enorme canale linfatico dall’interscambio continentale (Asia, Africa). Però ancora dobbiamo intercettarne il flusso, che è oggetto di continui sviamenti, lucidamente programmati, “pacifici” e/o militari, verso Est o verso Ovest rispetto al meridione d’Italia. Sin dalla guerra di Troia non è un fatto inedito che una potenza economica cerchi di catturare la maggior parte possibile di ricchezza, mettendo fuori gioco i pretendenti più pericolosi. Nel caso specifico si tenta di emarginare anzitutto la Sicilia, favorita dalla posizione baricentrica nel Mediterraneo. Come ? Depotenziandola del Ponte, che rappresenta lo snodo basilare della logistica di merci e pre-lavorati non solo per la Sicilia e la Calabria ma per l’intero meridione. Insomma le radici del Ponte non si trovano a livello dei suoi appoggi nello Stretto -come malevolmente vogliono dare ad intendere i suoi detrattori - bensì si articolano plasticamente con i traffici di porti, aeroporti, reti stradali e ferroviarie delle due regioni, cioè laddove occorra entrare in gioco con la concorrenza, che è e sarà fortissima. Ancora una volta <PONTE SUBITO> senza ulteriori ingiustificabili indugi da parte governativa !

Immiserire il Ponte di Messina ad una mera funzione localistica attraverso campagne mediatiche denigratorie, significa fare il gioco di enormi interessi anti italiani e di affarismi loco-regionali, cioè dei più pericolosi fattori esogeni ed endogeni di rigetto dell’opera, saldati in un abbraccio nefando. Dunque, <PONTE SUBITO> !

Ora, Signor Ministro, il passaggio risolutivo cruciale. Oppositori qualificati del Ponte sostengono che la realizzazione della megastruttura comporti la previsione di una grave diseconomia per le nostre finanze, tale da suggerire l’accantonamento definitivo dell’opera e della Società Stretto di Messina. Non vogliamo qui opporre che il <progetto ponte di Messina> sia stato già richiesto da vari paesi (vedi Birmania), che i fondali e le caratteristiche dello Stretto di Messina siano oggi conosciuti come non mai, che le valutazioni sulle grandi opere richiedano archi di tempo almeno trentennali affinché gli svantaggi iniziali si trasformino in benefici … E’ infatti verosimile che i tempi di costruzione della megastruttura e di messa a regime del sistema logistico di cui il Ponte è parte integrante comportino passività nel breve periodo. A tali rischi il gruppo <NON SOLO PONTE> oppone la linea concreta di implementare le potenzialità produttive della megastruttura, abbinando alla funzione di “Ponte di transito” quella di “Ponte territorio”. Non saranno in discussione i calcoli strutturali definitivi, mentre gli impianti, le installazioni, le architetture, i passaggi lavorativi i cui impieghi sono già contemplati nel progetto esecutivo dell’opera verrebbero riconvertiti alla realizzazione di opportune predisposizioni. Con criteri di progressività si delineeranno l’Area turistico-commerciale (ascensori e piattaforme panoramiche, sale multimediali ed espositive, "promenade” e cabinovia), l’Area energetica (laboratorio scientifico integrato di energia solare, eolica, geotermica, marina), l’Area socio-politica (polo carismatico di attrazione di capitali e intermediazioni), cioè spazi da vivere, ricchi di funzioni aggiuntive in atto inesistenti, per rendere il Ponte auto-sostenibile ab initio. Sulla scorta dei criteri in atto applicati nella costruzione dei ponti più importanti del mondo, il Ponte di Messina dovrebbe quindi essere riconvertito ad una struttura innovativa, che vada oltre il suo scopo originale di collegare le due rive dello Stretto. Però da un anno né in Sicilia né in Calabria si riesce ad aprire un dibattito pubblico sullo slogan <PONTE SUBITO> ma <NON SOLO PONTE>. E neppure si trova ascolto a livello governativo, segnatamente del vice Ministro Ciaccia a cui nel gennaio scorso è stata sottoposta la corposa relazione sugli aspetti progettuali ed economici della proposta del <gruppo Non Solo Ponte>, già avanzata alla Commissione Ponte Enti Locali di Messina ed alla Società Stretto di Messina.

 Signor Ministro possiamo sperare di averla al nostro fianco con la dovuta attenzione ? Perché a Dubai, Seoul, Copenhagen troveremo un ponte multiuso, energeticamente autosufficiente e qui no ? Ecco la priorità vera da dipanare subito - in atto soffocata - rispetto alla valutazione di un progetto incompleto qual è quello attuale, falsamente prioritario.

Cordialmente,  Prof. Cosimo Inferrera

*Ordinario a. r. di Anatomia e Istologia Patologica della Università degli Studi di Messina – Gruppo “Non solo Ponte”

 

 
 

- Cosimo Inferrera* -

Nel quadro europeo - e non solo - la Germania modella con mano sapiente la nuova “realpolitik”. Con la Cina ha già realizzato una linea ferroviaria faraonica attraverso Russia e paesi intermedi. Il Corridoio V da Lisbona a Kiev apre la Baviera e l’intero bacino della Rhur a vaste aree italiane attraverso i valichi del Sempione, del Gottardo e del Brennero; stranamente nessuno ha contestato questi trafori mentre i no Tav giocano una sospetta partita anti italiana. La realizzazione della tratta ferroviaria per l'accesso al nuovo tunnel del Brennero, finanziato dal Cipe per 1,6 miliardi di euro, si sincronizza placidamente con il definanziamento italiano del Ponte. L’ex Corridoio 1 sviato da Palermo a Bari integra l’industria tedesca al nord-est italiano, al versante adriatico fino alla Puglia e alla Grecia. Ne consegue il definanziamento europeo del Ponte. Anche a sud i traffici intercontinentali tra Germania e Cina si vanno saldando. Però dal canale di Suez triplicato in larghezza dove si dirigeranno i giganteschi porta container cinesi ?

A fine estate 2011, il ministro degli Esteri Frattini e Lou Jiwei presidente di “China investment corporation” parlano di un progetto cinese che prevede: 1) l’aeroporto intercontinentale al centro della Sicilia con quattro piste parallele di cinque chilometri l’una per l’atterraggio dei grandi Jumbo; 2) il Ponte sullo Stretto; 3) la rete ferroviaria connessa alle due infrastrutture; 4) il completamento dell’anello autostradale; 5) l’energia fotovoltaica; 6) i porti di Augusta e Pozzallo, idonei ad accogliere i nuovi giganti da 500 mila tonnellate; 7) il centro direzionale di tutti gli assessorati della Regione per una spesa di oltre un miliardo di euro. A che serve un hub in Sicilia? In pochi anni accoglierebbe 30 milioni di passeggeri per essere a livello di Fiumicino, Parigi, Londra, Francoforte.

La Sicilia piattaforma strategica al centro del Mediterraneo mette in allarme mezzo mondo. Scompare Gheddafi, cade Berlusconi. Dove finisce il Gotha mondiale di architetti e ingegneri affaccendati attorno al progetto Ponte ? Dove sono i capitali garantiti dalla BIIS di Mario Ciaccia, amministratore delegato di Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo, oggi vice Ministro ? Che ne è dei densi contatti tra Regione Siciliana e Bank of China ? E della visita della delegazione olandese ? Tutto evapora misteriosamente.

Nell’Italia dal pensiero lungo, le regioni dell’arco alpino e la fascia adriatica convergono verso il nord-est quasi germanico; nell’Italia dal pensiero corto, le regioni meridionali della costa tirrenica, la Sicilia specialmente, sono senza prospettive di crescita e sviluppo. E’ qui, dunque, che bisognerebbe praticare una terapia intensiva e mirata. Al contrario le promesse dell’UE circa il rinnovo della linea ferroviaria fino a Reggio Calabria e della Palermo – Messina attraverso Catania rappresentano una rianimazione fittizia dell’ex Corridoio 1, perché il Ponte di Messina è stato cancellato. Senza questo raccordo strategico, che costa quanto un ramo della Metropolitana di Roma, viene meno in Sicilia l’alta velocità e l’alta capacità di trasporto, il che impedisce di bilanciare la concorrenza straniera nel Mediterraneo attraverso l’adduzione della pre-lavorazione artigianale e industriale delle merci in arrivo da Suez e dai paesi nordafricani con perdita di migliaia di posti di lavoro.

Dunque con il Ponte la Sicilia diverrebbe baricentrica per l’intera area. Invece dopo la seconda guerra mondiale essa è servita agli alleati solo per seminare bombe verso l’Africa e il Medio Oriente, nulla di più; oggi di certo permane solo il suo ruolo di vera seconda linea, esposta ad attacchi missilistici e a radioattività nel caso di guerra sul teatro sirio-iraniano. Tutto questo non può continuare ! La Regione Siciliana godrebbe della autosufficienza energetica, ma nessuno sa quanti milioni di barili escano dai suoi fondali meridionali, mentre il costo del carburante è più alto che altrove. Anche questo non può continuare ! Oggi la Sicilia può proiettarsi nel futuro attraverso la riunificazione secondo Gesualdo Campo delle sue tre “Val” archeologiche artistiche più ricche d’Italia, radici antiche per il progetto di una megalopoli di 5 milioni di abitanti, resuscitata dai sette punti di Lou Jiwei. L’asso vincente sta nella mano dell’archistar Pier Paolo Maggiora, fiduciario italiano per il Fondo di investimento della Banca di Cina.

E’ grave che da Messina non si percepisca come l’intero costrutto trovi la sua chiave di volta nel Ponte, mentre pare più produttivo indugiare dubbiosi sulle previsioni di diseconomia della megastruttura. Il Comune di Messina e la Società Stretto di Messina avrebbero in serbo la soluzione dirimente, ma finora non inseriscono nell’Accordo Programma Quadro la proposta di “Non solo Ponte” centrata sulla riconfigurazione funzionale dell’opera, lasciandone immutata la struttura. Attraverso il contributo gratuito di esperti di alto profilo è stato evidenziato infatti che i proventi attesi con la realizzazione delle Aree Tematiche turistica-economica, energetica, socio-politica renderanno il Ponte auto sostenibile, indipendentemente dai proventi delle correnti di traffico iniziale. Che la summa di tali problemi possa essere misconosciuta e sottovalutata dalla cabina di regia di uno Stato che governa otto mila km di costa in conclamata recessione, questo si, è un fatto di gran lunga più grave e misterioso.

Dopo il viaggio in Oriente del Presidente Monti è di nuovo possibile che siano proprio i cinesi a foraggiare il progetto, nonostante la presenza strategica americana in Sicilia. Oggi la Cina è ancora polarizzata sulla «Stretto di Messina» per il Ponte, il cui progetto “finanzia” deve rastrellare dal mercato internazionale il 60% del capitali necessari alla costruzione della megastruttura. Intanto il costo del trasporto container è raddoppiato e i premi assicurativi su nave ancora più onerosi; rispetto ai 7 – 10 giorni necessari per il periplo da Gibilterra al Nord Europa, il percorso ferroviario di sole 18 - 24 h dalla Sicilia alla Germania via Ponte comporta risparmi molto rilevanti. Quale migliore occasione, dunque, per ridare speranza di crescita, dignità di sviluppo al Meridione d’Italia e al Nord Africa ?  

 

 

*Ordinario di Anatomia Patologica a.r. della Università degli Studi di Messina – Gruppo “Non solo Ponte”

 

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