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Un brindisi alla nostra salute … col Nero d’Avola naturalmente!

 - a cura di Alessandra Garavini -

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Ciò che sembrava impossibile fino a pochi decenni fa oggi si è realizzato e nelle enoteche d’Italia è facile sentire parlare di Nero d’Avola, anzi direi che è di moda bere un bicchiere di questo rosso siciliano ai pasti. Da qualche anno il Nero d’Avola è entrato nell’immaginario collettivo come il  Barolo per il Piemonte, il Chianti per la Toscana e più o meno tutti sanno che è un rosso siciliano di corpo, non troppo alcolico e abbastanza economico.

 

Lo ritrovate nella lista dei vini di moltissimi ristoranti italiani ed anche statunitensi. Pochi sanno, però, che questo vitigno si chiama anche Calabrese, non per la sua provenienza, ma per via di un’assonanza dal dialetto siciliano Calaurisi da Calea ovvero uva e aulisi di Avola. In effetti il suo territorio di maggior espressione è quello della Sicilia sud-orientale nella zona per l’appunto di Avola, Eloro e Pachino. Fino a pochi anni fa il mosto ottenuto dalle uve di Nero d’Avola veniva commercializzato come taglio per la produzione di altri vini. Lo conoscevano bene i francesi che lo importavano come vino da taglio e lo chiamavano vin mèdecine per la forte gradazione alcolica e il profumo intenso.

 

Le origini si perdono nella notte dei tempi e di Nero d’Avola ce ne sono molte sottovarietà tanto da poter azzardare l’ipotesi di una grande famiglia di vitigni molto simili tra loro. Terreni calcarei, venti costanti, spesso di Grecale e coltivazioni ad alberello sono i presupposti ideali per far scaturire vini di corpo ben sostenuti da un’acidità salmastra mentre la componente tannica, ossia l’astringenza, risulta ben tamponata dalla morbidezza glicerica. Vini nervosi e di carattere che rappresentano la versione più classica e tipica dei Nero d’Avola.

 

In realtà il Nero d’Avola oggi viene coltivato un po’ in tutta l’isola e dai vigneti della zona centrale della Sicilia nacque il Duca Enrico con la vendemmia del 1984; il primo esempio di Nero d’Avola imbottigliato in purezza. Il vino Duca Enrico fece comprendere tutte le potenzialità di questo vitigno che fino ad allora veniva imbottigliato in blend con il Nerello Cappuccio o Mascalese o con il Perricone.

La terza zona di produzione importante è quella nel Trapanese e da queste parti i Nero d’Avola prodotti acquistano note speziate e più esotiche con richiami ad alcuni vini mediterranei a base di Sirah. E’ proprio in queste diversità di espressione che il Rosso siciliano acquista interesse e dimostra quanto possa ben rappresentare i diversi territori vitivinicoli siciliani come pochi altri vitigni autoctoni.

 

Non dimentichiamo che i vini prodotti dal vitigno Nero d’Avola sono ricchi di colore e di polifenoli e fra questi l’ormai famoso resveratrolo: una molecola dal forte potere antiossidante ossia in grado di rallentare i fenomeni di invecchiamento delle cellule del nostro organismo. I pigmenti che danno la colorazione violacea al vino vengono raggruppati in un’ampia classe chimica: gli antociani, anch’essi “spazzini” dei radicali liberi. Quest’ultimi sono molecole molto reattive che produciamo nel nostro corpo, in grado di attaccare le cellule nelle sue componenti anche a livello del Dna, predisponendo ad alcuni fenomeni tumorali. Per questo, oggi molti medici e cardiologi raccomandano di assumere un bicchiere di vino rosso a pasto.

 

Ormai famoso è il fenomeno denominato paradosso francese secondo il quale l’incidenza delle malattie cardiovascolari nelle regioni di Bourdeaux e Borgogna è bassa, nonostante l’elevato consumo di grassi saturi, proprio grazie alla costante assunzione di vino rosso ai pasti da parte della popolazione di queste regioni.

Quindi l’indicazione dei cardiologi è quella di assumere costantemente e moderatamente vino rosso. Ma a quanto equivale il consumo moderato? Per gli uomini la “dose” è di 1 bicchiere di vino rosso a pranzo e 1 a cena, mentre per le donne è di circa la metà ossia 1 bicchiere al giorno.

 

Consiglio di abbinare il Nero d’Avola alle carni rosse ed in particolare alla carne ottenuta dal maiale nero dei Nebrodi: un suino di taglia piccola dal mantello scuro allevato allo stato semibrado sulle montagne dei Nebrodi da qualche anno presidio slow food. La carne ben si presta a grigliate e all’ottenimento di salumi di indiscusso pregio non solo per le qualità organolettiche ma anche per i valori nutrizionali.

La carne di suino nero ha, infatti, un tenore in colesterolo minore rispetto ad altre carni di suino ed inoltre anche il grasso presente contiene una componente di grassi insaturi proprio grazie al tipo di allevamento semibrado praticato.

E allora un brindisi alla nostra salute col rosso siciliano più conosciuto nel mondo!

Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2016 18:42
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