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La lingua più antica del mondo risale a 15 mila anni fa e, nella preistoria, contava almeno 23 parole ancora esistenti.
Dall'Europa all'Asia gli scienziati dell'University di Reading, in Inghilterra, hanno viaggiato nel tempo e nello spazio, fino a raggiungere il cuore di un ceppo linguistico comune che si perde nella notte dei millenni.
Inclusa quella indoeuropea, la lunga ricerca ha scandagliato sette famiglie linguistiche del Continente euroasiatico, risalendo a un nucleo di 23 radici comuni: a tutti gli effetti, l'Abc della proto-lingua che, in pieno paleolitico, regolava la comunicazione di base.
L'ABC DELLA PROTOLINGUA. Nel vocabolario degli antenati c'era innanzitutto la parola «madre». Ma anche «maschio», «io», «tu», «noi», «vecchio», «mano» e «non».
Verbi di azioni frequenti come «dare», «sentire», «tirare» e anche «sputare».
Infine i nomi di piante, animali, persino colori e rituali che scandivano lo scorrere della vita quotidiana. «Fuoco», per esempio, è un concetto ricorrente in tutte le famiglie linguistiche. Al pari di «frassino» (stessa radice di «cenere»), «corteccia», «buio» e «verme».
La proto-lingua scoperta dall'informatica
La mappa delle famiglie linguistiche del mondo.

La mappa delle famiglie linguistiche del mondo.

Le radici della proto-lingua sono state ottenute rintracciando le corrispondenze tra i 200 vocaboli più usati nelle sette famiglie linguistiche studiate. Un campione di migliaia di parole, incrociate nel grande database del programma Torre di Babele.
La scoperta di Mark Pagel - biologo evoluzionista a capo del laboratorio di processing informatico che ha generato la nuova superfamiglia linguistica, è significativa non solo perché ha accomunato gli idiomi indoeuropei (tra i quali le lingue romanze e germaniche) a quelli altaici (turco e mongolo), uralici (finlandese e ungherese) e di altre famiglie asiatiche prese in esame.
PRIME SCRITTE 5 MILA ANNI FA. Prima del team di Pagel, nessuna ricerca linguistica era mai riuscita a datare una lingua prima dei 10 mila anni di età.
Le prime tracce di scrittura dell'uomo risalgono invece a circa 5 mila anni fa. «Il latino viene indicato una lingua morta, invece è quasi l'ultimo nato», ha ironizzato lo scienziato inglese.
LA STATISTICA SUPERA LA STORIA. Per ricostruire l'evoluzione del linguaggio nei millenni, il gruppo di Reading non ha usato il metodo comparativo tipico dei glottologi, che prende fonti e documenti storici come cartina di tornasole per verificare le caratteristiche lessicali e grammaticali delle lingue estinte.
Ma, come per altre indagini passate, il laboratorio informatico ha adottato modelli statistici di estrazione dati, privilegiando i sistemi astratti alla ricerca sul campo.
La parole più usate appartengono a più famiglie
La protolingua comune a sette famiglie risale a 15 mila anni fa.

La protolingua comune a sette famiglie risale a 15 mila anni fa.

La convinzione che le leggi matematiche possano individuare - come anche in campo medico e biologico - la genesi e i percorsi delle lingue umane si basano sulla scoperta, nel 2007, che alcune leggi biologiche sull'evoluzione valgono anche nella linguistica.
Quanto più, per esempio, una parola è usata nel linguaggio comune, tanto più raramente è destinata a cambiare nel corso degli anni. Lo stesso avviene per i geni più forti, portatori di informazioni ereditarie più caratterizzanti. Non è un caso che i verbi di base, necessari per comunicare, siano anche quelli conservano le declinazioni più irregolari, di struttura simile alle lingue antiche.
LA FORZA DELLE PAROLE COMUNI. Prima di selezionare il campione da incrociare al computer, Pagel e colleghi erano arrivati a concludere che le parole pronunciate più di una volta ogni 1.000 parole (in media, circa 16 volte al giorno) mutano così lentamente, da poter essere rintracciate in almeno due famiglie linguistiche diverse.
Come i corpi vivi, le lingue cambiano e si adattano all'ambiente. Ma la loro radice resiste e, come una matrice primordiale, custodisce i concetti essenziali del pensiero. Questa semplice legge della vita è la chiave, sembra, per la Babele delle lingue e della storia.

 

(lettera43.it)

Una città sepolta nella sabbia marina per oltre 1200 anni, le cui rovine sono state scoperte nel 2000 a 30 metri sotto il livello del mare ad Abukir, vicino ad Alessandria. A distanza di 13 anni dal ritrovamento è stato confermato il suo nome: si tratta della città di Heracleion, per i greci, conosciuta anche come Thonis dagli antichi egizi.

Fu scoperta come si è detto nel 2000, durante un viaggio di studi del dottor Franck Goddio ed il suo team dello IEASM ( European Institute for Underwater Archheology ). Dopo oltre 4 anni di ricerche geofisiche e 13 di scavi, i misteri della città scomparsa si stanno svelando a poco a poco.

Il professor Barry Cunliffe, un archeologo dell’Università di Oxford che ha partecipato agli scavi, ha asserito in un comunicato stampa: “È una scoperta archeologica travolgente! Reperti distesi sul fondo del mare, ricoperti e protetti dalla sabbia, sono stati stupendamente conservati per secoli”.

Sorprendentemente quindi, ci troviamo davanti a reperti ben conservati che raccontano di un vivace porto antico, centro nevralgico del commercio internazionale, ma anche di un attivo centro religioso. Un documentario racconta dettagliatamente i momenti del ritrovamento.

Quello che ne emerge, di conseguenza, è che Thonis-Heracleion sarebbe stato un punto di riferimento commerciale importante per gli scambi di merci e beni tra il Mediterraneo ed il Nilo.

Sono state ritrovati tantissimi ancoraggi, più di 700, monete d’oro, alcune appartenenti ad Atene, che non si sono mai trovate in un sito egiziano, ed altre invece con simboli egizi.

Finora sono stati dissotterrati 64 antichi relitti di navi, stele di grandi dimensioni con scritte egiziane e greco antico, manufatti religiosi.

È stata rinvenuta una grande statua di granito rosso di carattere religioso, una scultura di pietra alta più di 5 metri e mezzo, la stele richiesta dal faraone Nectanebo I (378 – 362 a.c.) che rievoca nell’aspetto la stele di Naucrati conservata presso il Museo Egizio del Cairo, e tanto altro ancora.

Nonostante l’entusiasmo generale, una domanda salta alla mente: perché è affondata Heracleion?
Questo rimane un mistero in gran parte ancora irrisolto, e circa il quale gli esperti non si esprimono con assoluta certezza.

La squadra di Goddio ipotizza che la causa debba essere ricercata nelle caratteristiche argillose del suo fondale che, in caso di terremoto, possono aver potuto provocare una distruzione di tale portata.

In sostanza, potrebbe esserci stato un terremoto, e la particolare conformazione argillosa del terreno, non avrebbe retto il peso dei grandi edifici della città, che sarebbe stata quindi inghiottita dal mare.

Tuttavia le ipotesi sono ancora tante e la verità tutta da sviscerare.

Il ritrovamento dei reperti archeologici di Heracleion coadiuverà gli storici nella ricostruzione dei fatti, un compito appassionante per tutti gli archeologi subacquei che stanno cercando di dare nuovamente luce a questa città.

Attraverso cocci di storia essi daranno vita ad un altro puzzle affascinante di quelle terre faraoniche d’Egitto che da secoli seducono il mondo, permettendo così di scrivere nuove pagine nei libri di storia.

 

(oubliettemagazine.com)

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