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Irene Molinari

 

 - di Maria Teresa Prestigiacomo -


 

Il regista e scenografo firma il nuovo allestimento dell'opera di Rossini. 

Il debutto l'8 agosto, repliche l'11 e il 14

 

TAORMINA - Da Carmen al Barbiere di Siviglia. L'estate del mezzosoprano Irene Molinari procede senza sosta all'insegna della stagione lirica allestita al Teatro Antico di Taormina dal regista e scenografo Enrico Castiglione. Un cartellone ricco di appuntamenti quello proposto dal Festival Euro Mediterraneo, in collaborazione con la sezione Musica&Danza di Taormina Arte di cui lo stesso Castiglione è direttore artistico, e che sta facendo registrare un grandioso successo di pubblico e critica. La "Trilogia di Siviglia", infatti, arricchirà le serate taorminesi fino al 14 agosto non solo con Il Barbiere di Siviglia (8, 11,14) e Carmen (7, 10, 13), ma anche con Don Giovanni (9-12). Tutte le recite avranno inizio alle ore 21.30.

Il cast artistico del Barbiere firmato dall'inesauribile estro creativo del maestro Castiglione, si avvale di nomi di primo piano nel panorama nazionale ed internazionale: nel ruolo del titolo il baritono tedesco Daniel Ochoa, mentre il tenore Filippo Pina Castiglione sarà il Conte Almaviva. I bassi Marcello Lippi e Giovanni Di Mare saranno rispettivamente Don Bartolo e Don Basilio, Berta e Fiorello saranno interpretati da Emanuela Grassi e Daniele Bartolini. Nei panni della bella Rosina vedremo appunto il mezzosoprano Irene Molinari. A realizzare gli abiti di scena èla raffinata costumista Sonia Cammarata, nota per il suo gusto elegante e ricercato. Il maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli dirigerà l'orchestra del Festival Euro Mediterraneo, il Coro Lirico Siciliano sarà guidato da Francesco Costa.

Irene Molinari si è diplomata e laureata con lode presso il Conservatorio di S. Cecilia di Roma e attualmente si sta perfezionando sotto la guida del famoso mezzosoprano Bruna Baglioni. Ha interpretato, tra gli altri, i ruoli di Fenena (Nabucco, Verdi), Dorabella (Cosìfan tutte, Mozart), Lola (Cavalleria rusticana, Mascagni).

 

Rosina rappresenta la classica ragazza vissuta in una gabbia di cristallo. Lei che idea si èfatta di questa pupilla tenuta sotto scacco dal suo tutore?

 

«È una giovane dal carattere ben delineato e complesso. Sia dolce che forte, èdeterminata a lottare, utilizzando tutte le armi femminili a sua disposizione, contro Don Bartolo per poter prendere in mano la sua vita. A prima vista è timida e riservata, ma in realtàsa essere anche seducente e poi ha una nobiltà d'animo davvero invidiabile, ma soprattutto ciò che più mi piace di lei è la sua lealtà: quando il Conte Almaviva la chiede in sposa promettendole ogni sorta di fortuna, Rosina rifiuta poiché si è già promessa a Lindoro, un ragazzo umile e senza ricchezze, il quale in realtà è lo stesso Conte sotto mentite spoglie, ma lei non ne è al corrente e gli rimane comunque fedele».

 

Musicalmente parlando, quali sono le difficoltàe i pregi di questo ruolo?

 

«Le agilità rappresentano l'ostacolo più arduo, come è tipico del linguaggio rossiniano. Da parte mia sto cercando di fare in modo che la mia voce si pieghi alle innumerevoli sfaccettature di questo ruolo composto da Rossini, ma anche a quelle collegate all'interpretazione. Sin dal suo ingresso in scena, Rosina è una donna giovane ma non totalmente inesperta, sia umanamente che vocalmente, con l'andare avanti dell'opera non fa altro che variare continuamente il suo stato passando dall'essere vezzosa a seducente. Proprio per questo, Rosina è un personaggio davvero interessante da interpretare».

 

In che modo questa intraprendente fanciulla si relaziona con gli uomini che la circondano?

 

«Lei e Figaro sono molto complici ed è grazie a lui che riesce ad arrivare alla sua unione con il Conte e ad ottenere, finalmente, la tanto agognata libertà di cui non ha mai goduto. Il suo rapporto con il Conte Almaviva/Lindoro, invece, è un po' più particolare, soprattutto dal punto di vista musicale. Rossini, infatti, ha tessuto questa trama senza mai dare loro un momento di privacy, non sono mai soli sul palcoscenico, sono sempre disturbati da qualcuno, ma le note che li accompagnano sono assolutamente rivelatrici. A delineare quest'unione è la partitura e non l'azione drammatica».

 

Cosa puòsvelarci, nell’imminenza del debutto, di questo nuovo allestimento?

 

«Sarà una messa in scena assolutamente innovativa, ma come sempre accade con Enrico Castiglione, anche molto rispettosa della tradizione: il pubblico si troverà davanti ad una galleria d'arte del tutto originale. Certamente non mi sarei aspettata niente di meno da parte del maestro Castiglione, un'artista che ormai conosco bene e al quale mi lega un rapporto di stima reciproca consolidato nel tempo. È un regista che riesce sempre ad imprimere la sua visione personale dell'opera senza però mai tradire il volere del compositore. A tutto ciò, si sposa perfettamente il genio creativo di Sonia Cammarata, che per questo Barbiere ha realizzato dei costumi davvero straordinari: io mi sono già innamorata dei miei abiti, tutti costruiti su un gioco di fiori e colori sui toni del rosa, giallo e celeste, una serie di sfumature che richiamano la delicata femminilità di Rosina».  


 

Monte 2015 demo

-  di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Nuovo appuntamento domenica 9 agosto, alle ore 21.30, al Monte di Pietà, con i “Concerti della Domenica”. La stagione estiva del Teatro Vittorio Emanuele, “Monte 2015”, per la sezione musicale diretta dal direttore artistico Giovanni Renzo, propone, nella suggestiva cornice del Monte di Pietà, il raffinato Concerto per Arpa e Violino del duo Faucitano - Cernuto. Il primo violino dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, Pasquale Faucitano e l’arpista Antonella Cernuto incroceranno sonorità e melodie e proporranno un raffinato repertorio di brani, con musiche di Johann Pachelbel, Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Luigi Maurizio Tedeschi, Jules Massenet, Astor Piazzolla. Un viaggio lungo secoli di musica con esecuzioni appassionate. «I “Concerti della Domenica” vogliono essere un’occasione per mostrare alla città il talento e le molteplici peculiarità dei musicisti della nostra Orchestra – ha voluto sottolineato il direttore artistico della musica Giovanni Renzo – che diventano protagonisti con formazioni inusuali e un repertorio ricercato e di qualità». I “Concerti della domenica” proseguiranno il 16 agosto con “Schubert: Ottetto in Fa magg. D 803”, con i solisti del Teatro Vittorio Emanuele, il 23 Agosto “Mozart: Quintetto in mib. magg. K 452 Poulenc”, con il Sestetto I solisti del Teatro Vittorio Emanuele, il primo settembre arriva il cantautore Tony Canto  insieme al quartetto d'archi del Teatro Vittorio Emanuele e il 6 settembre a chiudere il programma de ”I Concertiduo faucitano-cernuto della domenica” sarà il “Cettina Donato Trio” con "Third". Ma il Monte di Pietà ospiterà anche tre appuntamenti con la prosa, l’11 Agosto  la compagnia dell’Arpa di Enna proporrà lo spettacolo "Freda Random", di Elisa Di Dio e Filippa Ilardo, con Elisa Di Dio, Nadia Trovato, Sergio Beercock con musiche eseguite dal vivo da Gaetano Fontanazza, regia di Filippa Ilardo e Angelo Di Dio. Il 18 Agosto in scena “Mari”, di Tino Caspanello, in scena con Cinzia Muscolino, per il Teatro Pubblico Incanto, mentre il 12 settembre Luca Mazzone del Teatro Libero di Palermo proporrà lo spettacolo "Il Visconte dimezzato". Prosegue inoltre “Il Cinema è servito”, rassegna di cinema ed enogastronomia, per legare cinema e cibo, entrambe forme d’arte, fonti di talento, genio e tradizione. In occasione di Expo Milano 2015, che ha per tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” previsto un percorso con proiezioni e degustazioni, prossimo appuntamento il 13 agosto con "Sideways - In viaggio con Jack", il 20 "Un'ottima annata" e il 27 agosto "Ratatouille".  

I biglietti sono in vendita al botteghino del teatro Vittorio Emanuele, nella sede della Sud Dimensione Servizi, online su Ticket One, oppure acquistabili direttamente al Monte di Pietà i giorni di spettacolo, a partire dalle 20.

 

stefano-bollani

- di MARIA TERESA PRESTIGIACOMO -

Un altro prestigioso appuntamento con la musica all’Arena Vittorio Emanuele di Portorosa (Furnari). Martedì 11 agosto, alle 21,30, andrà in scena “Piano solo”, lo spettacolo del grande pianista jazz Stefano Bollani.

“Piano solo” è un titolo riduttivo per un recital dal piglio enciclopedico che percorre la storia del jazz e va molto oltre, rivelando una personalità unica. Il pubblico, come sempre avviene nel corso dei concerti di Bollani, diventa protagonista di un viaggio imprevedibile, in cui il compositore sembra prendere per mano ogni spettatore per accompagnarlo nel suo universo musicale, traboccante di sentimento e di divertimento, creato destrutturando e ricostruendo, in modo sempre diverso, brani già noti. “Piano solo” si presenta dunque come un viaggio nella “musica interiore” dell’eclettico compositore, nelle sue emozioni, passando dal Brasile alla canzone degli anni ’40, fino ad arrivare al bis a richiesta in cui mescola dieci brani come se fosse un dj.

Di Bollani sappiamo che con la musica si diverte. Lo vediamo ridere di gusto mentre accarezza i tasti del pianoforte, lo percepiamo come un artista che allegramente coniuga genio e sregolatezza. E’ un intrattenitore e gioca col pubblico come gioca con le sue note.

Stefano Bollani è uno straordinario talento, dotato di una tecnica prodigiosa, come dimostra il suo contributo alle produzioni ECM di Enrico Rava “Easy Living” e “Tati”, un puzzle di musica e estemporaneità che si fondono in continuazione per plasmare i suoni in un instancabile dialogo fra improvvisazione e canzone, pubblico e pianista. La sua poliedrica sensibilità gli permette di suonare con la stessa passione un rag, un tango e gli standard più o meno conosciuti, spingendosi verso la più ardita improvvisazione, in un turbinoso viaggio tra i generi che assecondano una personale logica e necessità espressiva. Manfred Eicher, produttore discografico e fondatore di ECM, ha detto di lui: «Raramente ho incontrato un musicista, un improvvisatore, che avesse un così sviluppato senso della struttura e della forma».


- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Il capolavoro di Gioachino Rossini sarà in scena l'8, l'11 e il 14 agosto 

Il nuovo allestimento è firmato dal regista e scenografo Enrico Castiglione

TAORMINA - Intervistare Daniel Ochoa, personaggio straordinario, è uno scoop incredibile:

 «Figaro è un personaggio che interpreto con passione da oltre dieci anni. Sono davvero felice di cantare questo ruolo al mio debutto in Italia, e di farlo a Taormina in una cavea classica dove la vera storia dell'arte e della cultura occidentale hanno avuto inizio». Così Daniel Ochoa, atteso protagonista al Teatro Antico nel Barbiere di Siviglia, descrive la sua prima esperienza artistica nel Bel Paese e nella soleggiata Trinacria. 

In scena l'8, 11 e 14 agosto, il nuovo allestimento del gioiello composto da Gioachino Rossini è firmato da Enrico Castiglione, celebre regista e scenografo, che al pubblico cosmopolita della Perla dello Jonio propone quest’estate una sfavillante "Trilogia di Siviglia": il cartellone - presentato dal Festival Euro Mediterraneo in collaborazione con la sezione Musica&Danza di Taormina Arte di cui Castiglione è direttore artistico - propone infatti tre opere universalmente amate e ambientate nella città andalusa: Carmen, Don Giovanni e appunto Il barbiere rossiniano. 

Ad indossare i coloratissimi costumi, appositamente ideati da Sonia Cammarata, un cast di primissimo livello: il tenore Filippo Pina Castiglione sarà il Conte Almaviva, mentre il mezzosoprano Irene Molinari presterà la sua voce alla bella Rosina. I bassi Marcello Lippi e Giovanni Di Mare saranno rispettivamente Don Bartolo e Don Basilio, mentre Berta e Fiorello saranno interpretati da Emanuela Grassi e Daniele Bartolini. Jacopo Sipari da Pescasseroli dirigerà l'orchestra del Festival Euro Mediterraneo, il Coro Lirico Siciliano sarà guidato da Francesco Costa.

Soffermiamoci sul Figaro del baritono tedesco Daniel Ochoa, che vanta altri cavalli di battaglia come il Conte nelle Nozze di Figaro o Marcello in Bohème, solo per citarne alcuni. Ochoa ha poi un particolare feeling con la musica sacra di Bach.

Lei è artista  della  Wiener Volksoper. Come vive questa prima esperienza italiana?

«Sono molto contento che Enrico Castiglione mi abbia invitato a debuttare ufficialmente in Italia, e per di più in un teatro “pazzesco” come quello di Taormina. Per me è un onore collaborare con il maestro Castiglione. Possiede un'immaginazione davvero fuori dal comune: per il suo nuovo allestimento del Barbiere ha immaginato una scenografia sorprendente, costruita su un impianto incentrato su una serie di cornici da cui i personaggi emergono di volta in volta. Inoltre è un ottimo leader, riesce a tenere tutti uniti e in armonia. La maggior parte dei miei impegni lavorativi si svolgono in Austria, e lì c’è tutto un altro modo di gestire le cose. Tutto è disciplinato, si avverte una costante tensione. Invece qui a Taormina si lavora in un clima più disteso che, sia chiaro, non esclude l’impegno, anzi … E il risultato è senza dubbio migliore, perché c'è più gioia nell'aria e minor timore di andare fuori dai rigidi binari prestabiliti».

Figaro è  una delle figure più conosciute . Secondo lei chi è Figaro?

«È una persona estremamente flessibile, si adatta facilmente a qualsiasi situazione e sa sempre come parlare a chi ha davanti per ottenere ciò che vuole. Da un lato è un uomo realmente semplice e umile, ma anche molto furbo, intelligente. Nella sua mente non ci sono certo pensieri filosofici o dagli alti standard morali, in realtà è assolutamente pragmatico, ciò che cerca sono soldi, ottimo cibo e buona compagnia. Quello stesso pragmatismo che consentirà l’ascesa della borghesia».

Dal punto di vista musicale, quali sono le caratteristiche principali del ruolo?

«Così come il suo carattere, anche la sua voce è duttile. Sono richieste sia frequenti colorature che note alte e tenute, tutto cambia nell'arco di un battito di ciglia e ciò è difficile da ottenere, ma quando si riesce a mantenere la voce così elastica, non può che essere un bene per un cantante. Ho iniziato ad interpretare questo ruolo quando ero ancora studente, ma adesso per la prima volta lo eseguirò in lingua originale e proprio nel Paese dove quest'opera stupenda è stata composta. Quindi se posso dire da un pezzo di “essere” Figaro quando salgo sul palcoscenico, d'altra parte tutto ciò è per me una novità. E ogni giorno scopro nuove cose anche sulla resa vocale, perché ovviamente le differenze tra il suono della lingua tedesca e di quella italiana sono molte». 

Quali crede siano le vere forze in campo e di conseguenza le relazioni tra i vari personaggi?

«Il Barbiere di Siviglia è un pezzo relativamente moderno di Commedia dell'Arte. I caratteri sono un po' stereotipati così come lo erano nel 1500: abbiamo il servo, il dottore, l'amante, la pupilla e il suo tutore. Ed è molto interessante riuscire a comprendere fino in fondo questi caratteri e poi ritrovarsi sul palcoscenico, perché ognuno di loro si muove all'interno di uno schema molto rigido. Prendiamo Figaro, ad esempio: non può essere considerato un vero amico del Conte Almaviva, perché il primo è un popolano mentre l'altro è un nobile, ma per il “barbiere” è davvero un ottimo cliente e quindi è felice di aiutarlo. Anche la giovane Rosina è una sua cliente, e anche lei appartiene alla nobiltà, ma è una ragazza che gli piace servire, si trova bene in sua compagnia. Lo stesso vale per lei, visto che gli confida i suoi problemi e le sue speranze. E come solitamente accade nella Commedia dell'Arte, è proprio il servitore a tessere le fila della trama, poiché ha un rapporto privilegiato con tutte le parti in causa».


Daniel Ochoa

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

 

 

 

Il capolavoro di Gioachino Rossini sarà in scena l'8, l'11 e il 14 agosto 

Il nuovo allestimento è firmato dal regista e scenografo Enrico Castiglione

 

 

TAORMINA - Intervistare Daniel Ochoa, personaggio straordinario, è uno scoop incredibile:

 «Figaro è un personaggio che interpreto con passione da oltre dieci anni. Sono davvero felice di cantare questo ruolo al mio debutto in Italia, e di farlo a Taormina in una cavea classica dove la vera storia dell'arte e della cultura occidentale hanno avuto inizio». Così Daniel Ochoa, atteso protagonista al Teatro Antico nel Barbiere di Siviglia, descrive la sua prima esperienza artistica nel Bel Paese e nella soleggiata Trinacria. 

In scena l'8, 11 e 14 agosto, il nuovo allestimento del gioiello composto da Gioachino Rossini è firmato da Enrico Castiglione, celebre regista e scenografo, che al pubblico cosmopolita della Perla dello Jonio propone quest’estate una sfavillante "Trilogia di Siviglia": il cartellone - presentato dal Festival Euro Mediterraneo in collaborazione con la sezione Musica&Danza di Taormina Arte di cui Castiglione è direttore artistico - propone infatti tre opere universalmente amate e ambientate nella città andalusa: Carmen, Don Giovanni e appunto Il barbiere rossiniano. 

Ad indossare i coloratissimi costumi, appositamente ideati da Sonia Cammarata, un cast di primissimo livello: il tenore Filippo Pina Castiglione sarà il Conte Almaviva, mentre il mezzosoprano Irene Molinari presterà la sua voce alla bella Rosina. I bassi Marcello Lippi e Giovanni Di Mare saranno rispettivamente Don Bartolo e Don Basilio, mentre Berta e Fiorello saranno interpretati da Emanuela Grassi e Daniele Bartolini. Jacopo Sipari da Pescasseroli dirigerà l'orchestra del Festival Euro Mediterraneo, il Coro Lirico Siciliano sarà guidato da Francesco Costa.

Soffermiamoci sul Figaro del baritono tedesco Daniel Ochoa, che vanta altri cavalli di battaglia come il Conte nelle Nozze di Figaro o Marcello in Bohème, solo per citarne alcuni. Ochoa ha poi un particolare feeling con la musica sacra di Bach.

 

Lei è artista  della  Wiener Volksoper. Come vive questa prima esperienza italiana?

«Sono molto contento che Enrico Castiglione mi abbia invitato a debuttare ufficialmente in Italia, e per di più in un teatro “pazzesco” come quello di Taormina. Per me è un onore collaborare con il maestro Castiglione. Possiede un'immaginazione davvero fuori dal comune: per il suo nuovo allestimento del Barbiere ha immaginato una scenografia sorprendente, costruita su un impianto incentrato su una serie di cornici da cui i personaggi emergono di volta in volta. Inoltre è un ottimo leader, riesce a tenere tutti uniti e in armonia. La maggior parte dei miei impegni lavorativi si svolgono in Austria, e lì c’è tutto un altro modo di gestire le cose. Tutto è disciplinato, si avverte una costante tensione. Invece qui a Taormina si lavora in un clima più disteso che, sia chiaro, non esclude l’impegno, anzi … E il risultato è senza dubbio migliore, perché c'è più gioia nell'aria e minor timore di andare fuori dai rigidi binari prestabiliti».

 

Figaro è  una delle figure più conosciute . Secondo lei chi è Figaro?

«È una persona estremamente flessibile, si adatta facilmente a qualsiasi situazione e sa sempre come parlare a chi ha davanti per ottenere ciò che vuole. Da un lato è un uomo realmente semplice e umile, ma anche molto furbo, intelligente. Nella sua mente non ci sono certo pensieri filosofici o dagli alti standard morali, in realtà è assolutamente pragmatico, ciò che cerca sono soldi, ottimo cibo e buona compagnia. Quello stesso pragmatismo che consentirà l’ascesa della borghesia».

 

Dal punto di vista musicale, quali sono le caratteristiche principali del ruolo?

«Così come il suo carattere, anche la sua voce è duttile. Sono richieste sia frequenti colorature che note alte e tenute, tutto cambia nell'arco di un battito di ciglia e ciò è difficile da ottenere, ma quando si riesce a mantenere la voce così elastica, non può che essere un bene per un cantante. Ho iniziato ad interpretare questo ruolo quando ero ancora studente, ma adesso per la prima volta lo eseguirò in lingua originale e proprio nel Paese dove quest'opera stupenda è stata composta. Quindi se posso dire da un pezzo di “essere” Figaro quando salgo sul palcoscenico, d'altra parte tutto ciò è per me una novità. E ogni giorno scopro nuove cose anche sulla resa vocale, perché ovviamente le differenze tra il suono della lingua tedesca e di quella italiana sono molte». 

 

Quali crede siano le vere forze in campo e di conseguenza le relazioni tra i vari personaggi?

«Il Barbiere di Siviglia è un pezzo relativamente moderno di Commedia dell'Arte. I caratteri sono un po' stereotipati così come lo erano nel 1500: abbiamo il servo, il dottore, l'amante, la pupilla e il suo tutore. Ed è molto interessante riuscire a comprendere fino in fondo questi caratteri e poi ritrovarsi sul palcoscenico, perché ognuno di loro si muove all'interno di uno schema molto rigido. Prendiamo Figaro, ad esempio: non può essere considerato un vero amico del Conte Almaviva, perché il primo è un popolano mentre l'altro è un nobile, ma per il “barbiere” è davvero un ottimo cliente e quindi è felice di aiutarlo. Anche la giovane Rosina è una sua cliente, e anche lei appartiene alla nobiltà, ma è una ragazza che gli piace servire, si trova bene in sua compagnia. Lo stesso vale per lei, visto che gli confida i suoi problemi e le sue speranze. E come solitamente accade nella Commedia dell'Arte, è proprio il servitore a tessere le fila della trama, poiché ha un rapporto privilegiato con tutte le parti in causa».

 

 

 

 

Luna Piena

 

GIOIOSA MAREA (ME). Il Sagrato della Chiesa di San Nicolò come location per la VI edizione della rassegna musicale “Note di Luna Piena” con le melodie del “Sicilian String Quartet", musicisti dell’orchestra del Teatro Massimo di Palermo e dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, che si terrà il 12 agosto a partire dalle 21.30 a Gioiosa Marea, in provincia di Messina.

Un messaggio chiaro quello lanciato dagli organizzatori dell’evento “Fotogrammi in musica”, l’associazione culturale Officine Lucore, libere idee in movimento,un segno di riappropriazione di uno spazio da anni inutilizzato che vuole sottolineare anche con quanta forza il parroco Salvatore Danzì e tutti i cittadini coinvolti si sono mobilitati in questi ultimi anni per salvare i luoghi sacri di Gioiosa Marea.

Quale migliore unione se non quella di Musica e Fede di fronte alla necessità di un recupero urgente che possa far rinascere non solo le Chiese cittadine ma le attività culturali dell’intera comunità?

L’evento, patrocinato dal comune di Gioiosa Marea e totalmente gratuito, si avvale inoltre della competenza di un Direttore Artistico d’eccezione: il Maestro Roberto Cacciapaglia, pianista di chiara fama internazionale e vedrà come protagonisti il quartetto d’archi composta da Gioacchino Di Stefano, primo violino, Cristina Pantalone, secondo violino, Giuseppe Brunetto, viola, Domenico Guddo, violoncello.

S.Alberto

 

- di Giovanni Cammareri -

 

Capitolo primo, dalla strada delli Biscottari ch'era nei pressi della chiesa di santa Maria delle Grazie a quando la statua ufficiale del santo giungeva in città.


L'antica rua del Rodo, poi strada delli Biscottari, oggi semplicemente via Biscottai, è una via fra le tante nel cuore della vecchia Trapani marinara.
Il porto è a due passi, appena dietro i palazzi, dai più recenti a quelli addirittura vetusti perché gli uni e gli altri cominciarono a mischiarsi senza nessun armonia dopo che le bombe della seconda guerra mondiale si accanirono su tutto il quartiere.
Esattamente da questi luoghi si espanse la città. 


In quel cuore pulsante il santo patrono rimase per parecchio tempo il santo principale, il festeggiato per antonomasia e la sua festa aveva tutti i connotati propri a una qualsiasi festa patronale: dall'attesa alla piena partecipazione (emotiva e devozionale), dai botti alle preghiere, dalla penitenza alle abbuffate. Erano i giorni del 6 e 7 agosto, oggi abbastanza comuni per quel cuore che cessato di battere.


Sotto un sole impietoso, la via del Rodo sembra quasi squassata dal caldo umido e afoso dei primi giorni di agosto e nulla, ma proprio niente e nessuno ritornerà a ingentilire almeno quei due giorni in cui il Patrono splendeva dall'alto del suo altare all'aperto che i pescatori allestivano apposta per lui. Da lassù dominava quasi tutta la strada. Quasi tutta perché la via Biscottai è abbastanza lunga per essere una strada di quartiere. Ma se dal suo punto estremo non si riusciva a scorgere lo scintillio delle vesti d'argento del santo, ciò era anche dovuto al suo assetto tortuoso, tipico delle strade marinare che necessitano il riparo dai venti.


Proprio fra quelle viuzze perciò, la mattina del 6 agosto di ogni anno, la Piccola Marineria trapanese conduceva in processione il simulacro di sant'Alberto. L'altro però, non quello ufficiale conservato al Santuario dell'Annunziata ma il sant'Alberto detto della Marinella, santu Libettu d'a Marinedda, ecco.


Usciva da S. Maria delle Grazie. La chiesa occupava l'angolo tra la via Porta Grazia e l'attuale Ammiraglio Staiti. Di essa non rimane più traccia alcuna.
A mezzogiorno in punto, dopo qualche ora di processione, sistemata la statua sopra un argano ascensionale costruito apposta, veniva finalmente innalzata sull'altare provvisorio collocato in fondo la via Biscottai.
Era l'inconsapevole riproduzione dell'apparizione del santo, quando in un giorno remoto (stando a una prima versione dei fatti) egli si recò nella via del Rodo per guarire gli ammalati affetti dalla peste. 


La struttura lignea veniva posta praticamente in parallelo alla chiesa di S. Maria delle Grazie, quasi all'angolo con la via Porta Grazia. In questo luogo sono ancora visibili una lapide dedicata a
sant' Alberto e una alla Madonna e, più in alto, occultata da un groviglio di fili dell'elettricità, una mano in pietra sta ancora a indicare la via percorsa dal santo.
La statua veniva quindi innalzata in un'atmosfera intrisa di curiosità e devozione, la stessa che aveva provveduto allo sfoggio di copriletto amorevolmente e orgogliosamente disposti sulle ringhiere dei balconi.


La festa patronale aveva esaurito così il suo prologo. 
Nel pomeriggio i trapanesi si spostavano al Borgo. "Andavano a prendere", come ancora in uso dire, "a sant'Alberto". Questa volta la statua reliquiario, per così dire, ufficiale.
Cronache d'altri tempi ci riferiscono dello sfarzo e dell'ammirazione dei…"forestieri", ciò indurrebbe a desumere la rinomanza di una festa, che varcava almeno i confini della città.
Gli stendardi delle parrocchie aprivano il corteo. 


Le trombe e i timpani del Senato  annunciavano con fragore l'arrivo in città del santo.
Serventi a cavallo seguivano con indosso casacche color cremisi: il cavaliere posto al centro conduceva lo stendardo con impresso il festeggiato.
Fino al 1838, anno di costruzione dell'attuale carro, la statua veniva posta nella carrozza senatoriale  per l'occasione trainata da sei mule; attorno ad essa i mazzieri del Senato, il priore e altri tre carmelitani. 


Infine, ….una compagnia di granatieri col suo uffiziale e con piffare e tamburo battente, segue la carrozza e quindi un'infinità di popolo parte del quale precede, o sta accanto la carrozza, tutti a lodare e a dar mille evviva al santo cittadino (P. Benigno di S. Caterina, Trapani Sacra… man. 1812).
Durante il tragitto non mancavano i consueti spari di mortaretti, assieme al suono delle campane spiegate che annunciavano l'arrivo in città del corteo diretto alla chiesa del Carmine.
Poco vicino, in quella della Congregazione dei Sacerdoti di S. Alberto, sulla via Garibaldi, venivano celebrati i vespri solenni, tipici delle vigilie, a cui interveniva il Senato, mentre, nella chiesa del Carmine, i ceri votivi crescevano a dismisura innanzi il simulacro.


Atteso momento della serata era l'accensione dell'illuminazione della facciata del Palazzo Senatorio (Cavaretta, ndr.), cosa che avveniva quando il Senato, reduce dai vespri, ritornava al Palazzo.
Intanto, nella via Biscottai, la festa sciorina il suo copione popolare e spontaneo. La strada risplende di luminarie, ogni suo cortile ha a proprio modo gareggiato con gli altri nel preparare un altarino innanzi ai quali musicanti dispensano note gioiose passando da un cortile all'altro… e in ognuno si prega e si fa baldoria, si digiuna e si mangia.
Infatti il Benigno: Qui si vede un grandissimo apparecchio ed una gran folla di popolo che a stento può passarci…in fondo il superbo apparato e torce in quantità si vede un'altra statua  conservata dai Pescatori della chiesa della venerabile S. Maria delle Grazie. In tutti i cortili si osservano diverse invenzioni e altarini illuminati e intervento della musica.

 

.pubblicato a puntate dal settimanale Monitor di Trapani ( si ringrazia lo scrittore Giovanni  Cammareri ) 

 


 

 

 

Capitolo secondo, dove si narra il giorno festivo del 7 agosto, della vita di Alberto e della contesa fra trapanesi e montesi nel pretenderne la nascita a Trapani, gli uni, a Erice, gli altri.  

Il 7 agosto, a Trapani, è il giorno festivo dedicato a sant'Alberto.


Un clichè abbastanza usuale dava principalmente spazio alle funzioni religiose; nelle tre parrocchie cittadine (allora S. Lorenzo, S. Pietro, S. Nicola), nei monasteri e nei conventi. Nel monastero della SS. Trinità in particolare, nella mattinata si celebravano messe cantate, sebbene le funzioni principali avevano luogo nella chiesa del Carmine e nella Congregazione dei Sacerdoti, alla Rua Nuova. Il tempietto, per fortuna, esiste ancora.
Nel pomeriggio, finalmente, la processione solenne.


Veniva avviata dalla Chiesa Madre Reggente e ad essa intervenivano tutte le confraternite della città, oltre al Clero e al Senato.
Questo l'ordine del lungo corteo. Suonatori di trombe e timpani, banda del Senato, serventi a cavallo, Superiore della Congregazione dei Sacerdoti con stendardo, seguito dai congregati recanti torce accese. Appresso le confraternite nel solito ordine delle precedenze, uguale per ogni processione alla quale intervenivano; dietro di esse le comunità dei religiosi, anch'esse secondo una successione prestabilita.


Il convoglio si avviava alla volta della chiesa del Carmine dove canonici e sacerdoti prelevavano la statua ponendosela in spalla. La conducevano così per le vie della città facendo ingresso nelle chiese dei monasteri.
La processione si concludeva nella chiesa del Carmine. Il santo vi dimorava fino al 10 agosto quando…lo si riporta al santuario non appena l'orologio scocca le ventuno. D'Italia, mi permetto di aggiungere, che d'estate corrispondevano più o meno alle 18,00. Era l'epilogo di una festa patronale che davvero poteva definirsi tale. Ma il colore, il phatos di quei primi momenti delle feste di mezz'agosto - forse ancor di più della sontuosa processione nella quale le autorità civili e religiose intervenivano ufficialmente, nel rispetto di un cerimoniale rigido e tradizionale - rimaneva in quell'antichissima via del Rodo nella quale, alla mezzanotte del 7, sant'Alberto della Marinella veniva sceso dal suo alto podio e dopo una breve processione ritornava a occupare un altare nella chiesa dei suoi devoti pescatori.


Ma quando e come iniziarono festa e patronato?
La proclamazione di sant'Alberto a patrono della città avvenne l'8 dicembre 1576.


Successivamente, nel 1624, riunitosi nella chiesa di S. Agostino il Senato decretò, concordi i padri carmelitani, l'annuale trasporto in città della statua reliquiario.
Se Trapani intese scegliere proprio sant'Alberto come patrono, i motivi sono poi abbastanza comuni per la maggior parte dei centri siciliani e non: l'avere dato i natali al santo stesso.
Tuttavia, nei secoli, non poche polemiche sono sorte attorno alla patria di sant'Alberto, una sorta di contesa che ha talvolta acuito l'asprezza nei rapporti fra montesi e trapanesi.
A supportare le pretese degli ericini, Padre Castronovo. Attraverso la sua Erice Sacra contribuisce a rendere singolare la diatriba, anche perché il trapanese Padre Benigno non si tirerà certo indietro nel recriminare i lesi diritti dei suoi concittadini. Siamo intorno al 1812. Il contesto propone una rivalità che può ben definirsi campanilistica.
I due frati, religiosi e colti, si lanciano invettive, pretese e smentite; l'uno dalla vetta, l'altro dalla valle.


Il suo Erice vendicato, pieno zeppo di menzogne, di ampollosità e ciarlanate… . In questi termini quasi conclude Benigno, indicando nella via S. Elisabetta il luogo del primo vagito di Alberto.
Ciò ovviamente contrasta con l'ubicazione dell'altra sua casa natale, dietro la chiesa di S. Francesco d'Assisi di rimpetto là dove oggi si trova la statua del Beato Alberto, nello spazio antistante la chiesa di S. Giuliano. Ovviamente a Erice.


Anche con riferimento alla data di nascita manca l'assoluta certezza, non è errato però collocarla intorno al 1250; Benedetto Abbati e Giovanna Polici furono i genitori. 
Sulle origine degli Abbati non sussistono dubbi; anzi, il palazzo Benedetto sorgeva in Trapani nell'attuale via Carreca. Ma ritornando alla "contesa " va detto pure che Giovanna Polici era ericina.
E' un dato affatto trascurabile in favore delle pretese sollevate dagli ericini in favore dei quali si è pronunciata la Santa Congregazione dei Riti.
Brevemente sulla vita di Alberto. 


Nacque dopo ben ventisei anni di matrimonio e per la coppia, non più giovanissima, rappresentò la grazia per la quale avevano invocato la Madonna alla quale avrebbero consacrato il bimbo a cui venne dato il nome del nonno.
A diciotto anni prese i voti e nel convento dell'Annunziata di Trapani e vestì l'abito carmelitano.
La cella dove egli trascorreva in preghiera e penitenza le sue ore, si trovava nel luogo del santuario accanto a dove oggi sorge la cappella occupata dal suo simulacro. 
Completò gli studi teologici a Messina, ma più della dedizione al sacerdozio vadano ricordati i sacrifici e l'impegno cristiano. Nel rispetto delle argomentazioni evangeliche, viaggiò molto divulgando la parola di Cristo anche per la conversione dei musulmani, allora assai numerosi in Sicilia.
Agrigento, Licata, Sciacca, Lentini, Corleone, Palermo, Napoli, la Terra Santa, testimoniarono il passaggio del santo unitamente ai suoi miracoli.
Morì a Messina nella notte fra il 6 e il 7 agosto 1307; si racconta che al momento del trapasso dal suo corpo si staccò una bianca colomba e la campana rintoccò a lutto senza che nessuno la suonasse. 


Nel 1623 il Senato di Messina gli conferì la cittadinanza onoraria.
Si narra che in quella città, per la cerimonia funebre del nobile frate carmelitano, il cui corpo venne esposto in cattedrale, si verificarono momenti di tensione fra popolo e clero.
La gente riteneva addirittura indegna una messa di suffragio alla stregua di un uomo qualunque, la Chiesa, dalla sua, non poteva onorarlo come un santo poiché, in fin dei conti, fino a quel momento santo non era.
Occorrerà attendere il 31 maggio 1476, quando la Bolla di Canonizzazione emanata da Sisto IV ufficializzerà il culto per sant'Alberto.

 

 


 

 

Capitolo terzo, dove si racconta di quando i resti di Alberto vennero trafugati e da Messina giunsero a Trapani, della diffusione del culto nel mondo e della chiesa di via Garibaldi al Patrono titolata.


Le reliquie oggi conservate a Trapani - delle quali il teschio è stato posto esattamente all'interno della testa della statua, appunto per questo, reliquiario - sembra siano giunte nella città falcata in circostanze non del tutto corrette: rubate!


I fatti andarono così: Cataldo D'Anselmo, ericino, Padre Provinciale dei Carmelitani, pensò di nominare un suo concittadino priore del Convento dei Carmelitani di Messina dove era sepolto il corpo del carmelitano Alberto. Ordinò quindi a Simone Di Cherco, il neo priore, di… fare tutto ciò che occorreva al fine di ottenere ciò che voleva… .
E il priore - stando a quanto asserisce Daniele della Vergine Maria in Speculum Carmelitanum  anno 1680 - profanò (?) la tomba trafugando il teschio e altro. Ritornato a Trapani consegnò il tutto a Cataldo D'Anselmo che a sua volta nascose la"refurtiva" nella propria cella, nel convento dell'Annunziata.


Avrebbe successivamente voluto portare le reliquie a Erice, anzi, era stato questo il suo originario intento. Ma la morte lo colse improvvisamente impedendogli il completamento del progetto.
Il culto di sant'Alberto si diffuse intanto immediatamente dopo la sua morte. Da quel momento venne chiesta la beatificazione.
Gabriele Monaco, autore di un volume sulla vita di sant'Alberto, menziona un dipinto del santo a Benaco (Brescia), una statua nel Carmine di Padova informandoci altresì di un protettorato a Revere (Mantova), che in Olanda, esattamente a Zenderen, esiste un ginnasio intitolato a sant'Alberto e a Middletow, negli Stati Uniti, un seminario carmelitano a suo nome.
Infine, per concludere con la diffusione del culto, non vada dimenticata Messina dove si conserva una reliquia ossea del braccio e tuttora viene organizzata una processione.
Curioso appare come la prima cappella in assoluto costruita in suo onore a seguito di un miracolo avvenuto nel 1309, venne eretta a Piazza Armerina. Frattanto, verso la metà del 1600, in ogni convento carmelitano del Belgio, non mancava la venerazione al Santo che per molto tempo accolse il rito di benedire l'acqua con le sue reliquie. E' verosimile legare detto rituale alla pratica di far bere agli ammalati l'acqua benedetta con qualche minuto frammento di reliquia. 


La seconda cappella in suo onore venne eretta a Trapani esattamente dov'era la sua cella presso il convento dei Carmelitani. Più tardi, come si è avuto modo di dire, venne ampliata in quella che è oggi la sua cappella barocca realizzata nel 1676 per volere dei fratelli Giuseppe, Antonio e Salvatore Ripa. E mentre altre città importanti siciliane come Palermo e Catania costruivano luoghi di culto dedicati a sant'Alberto, nel 1423 Erice ebbe la sua chiesa dedicata al santo, restaurata nel 2006. In essa, nel 1670, venne allocata una statua realizzata da Giovanni Travaglia, autore pure della già menzionata statua collocata nel 1951 nel sagrato della chiesa di S. Giuliano sempre a Erice: Beato Alberto concivi suo Civitas Erycino, dicavit  è quanto rimane inciso nel piedistallo.
A Trapani, nel 1681 iniziarono i lavori per la costruzione di una chiesa a lui dedicata.


Stiamo finalmente parlando della chiesa della Congregazione di S. Alberto  di via Garibaldi, dove, per intenderci, la sera del 6 agosto avevano luogo i vespri solenni con l'intervento del Senato. Ultimata nel 1700, fu anche una sorta di succursale della Cattedrale.


Il tempietto, oggi recuperato come sala espositiva, oltre a rappresentare un'espressione del Barocco trapanese, è in città l'unica chiesa a croce greca e quindi a pianta centrica.
I tre altari accoglievano: una statua lignea di sant'Alberto, una della Madonna di Trapani e un crocefisso di Andrea Tipa. La statua del titolare si trova oggi nella chiesa parrocchiale di Bonagia.
La festa fu invece istituita nel 1624 per regioni di voto et elemosina visto che Trapani era stata liberata dall'epidemia della peste. A essere precisi venne stabilita l'effettuazione di una solenne processione all'anno e nella circostanza venne puntualizzato che la statua doveva essere condotta dal santuario alla chiesa del Carmine.
Ma il fulcro della festa, o meglio, l'embrione dal quale si svilupparono le grandi celebrazioni in onore di sant'Alberto, rimase la via Biscottai là dove due marinai ebbero in sogno il santo (seconda versione; nella prima era stato il santo in persona a recarsi nel quartiere) il quale li rassicurò che l'epidemia della peste sarebbe cessata.


La Piccola Marineria, la Marinella, provvide a organizzare le celebrazioni aperte da un novenario nella chiesa di loro pertinenza che era, appunto, S.Maria delle Grazie.
Il 6 agosto mattina, come si è avuto modo di dire, la statua di sant'Alberto usciva dalla chiesa per essere poi esposta nella vicinissima via Biscottai.
Si tratta, lo ribadiamo, a scanso di equivoci, dell'immagine venerata nel quartiere marinaro. 


Infatti, quando Benigno di S. Caterina scrive: in fondo il superbo apparato si vede un'altra statua…, è perché nel suo lavoro aveva finito di descrivere i momenti celebrativi con al centro la statua per così dire, ufficiale, proveniente dal Santuario.

 

 


 

 

Capitolo quarto, dove si narra di come la festa ufficiale decadde, quella di sant'Alberto della Marinella finì e la statua del Nolfo venne posta sull'altare maggiore di una chiesa a lui titolata ma lontana anni luce dal mare e dai suoi pescatori.
Cessata la seconda Guerra Mondiale e parzialmente distrutta la chiesa seicentesca di S. Maria delle Grazie o (della Grazia), il simulacro venne condotto presso la chiesa dei Cappuccini titolata all'Epifania e popolarmente conosciuta come di S. Lucia.
Tuttavia, nell'immediato dopoguerra ci si sforzò nel voler dare continuità alla festa rionale, solo che, dato affatto irrilevante, nel quartiere della Viscuttara, parte integrante dell'antichissimo Casalicchio, abbondavano i danni e il venerato simulacro si trovava ormai altrove, ai Cappuccini, estremo lembo occidentale della città.


Le celebrazioni curate dai pescatori durarono pochi anni. L'usanza della processione mattutina e soprattutto dell'allestimento dell'altare all'aperto per l'esposizione avvenne addirittura altrove.
La via Biscottai si trovò inopinatamente fuori dai festeggiamenti e l'altare all'aperto cominciò a essere allestito in piazza Generale Scio, nei pressi della chiesa che oramai ospitava l'immagine.
L' equivoco contribuì ad accelerare il processo di decadimento. Non fu più la stessa cosa, quindi. E neanche la stessa festa. Rapiti dal loro spazio naturale, i festeggiamenti di Santu Libettu d'a Marinedda perdettero colore e vita e a un certo momento il simulacro rimase immobile nella chiesa dell'Epifania. Quando il 7 agosto 1964 uscì in processione dalla Cattedrale al posto di quello  ufficiale, non fu affatto un risveglio improvviso ma la consegna definitiva all'oblio. Così uscì per l'ultimissima volta al solo scopo di essere condotto nella nuova chiesa parrocchiale proprio al Patrono titolata ma lontanissima dalle motivazioni storiche legate alla città, al mare e ai suoi pescatori. 


La nuova costruzione si trovava (e si trova) al Rione Palme (dal 2007 Quartiere S. Alberto), che allora dovette sembrare veramente distante dall'antica Trapani marinara che per oltre due secoli aveva tenuto con sé il sant'Alberto del Nolfo, festeggiandolo calorosamente.
Ma anche delle celebrazioni complessive patronali oggi rimane poco.


Ragioni legate ai normali cambiamenti sociali (e religiosi) modificano, in generale, abitudini e atteggiamenti della gente.
L'approccio nei confronti di certe ricorrenze risulta talvolta abbastanza tiepido e l'indifferenza diffusa non conduce alle massicce partecipazioni di una volta. A maggior ragione quando una festa offre poco dal punto di vista delle attrattive, dal lato cioè puramente "spettacolare" e quando a questo si unisce il  naturale esaurimento del ciclo vitale della festa stessa. Non dimentichiamo che l'inizio dei festeggiamenti risale al 1624!
Rendere vivi i momenti attorno al 7 agosto potrebbe essere la proposta, tuttavia non è assolutamente semplice alimentare devozioni e interessi oggi smorzati da numerose concause in un contesto socio-culturale-religioso influenzato da altrettante, continue variabili.


Per esempio, i trapanesi in villeggiatura nelle località limitrofe, il 5 agosto non interrompono più le loro vacanze al fine di essere partecipi alle feste di mezz'agosto culminanti il 16 con il giorno dedicato alla Madonna di Trapani. Ma va anche detto che una volta erano pure in molti a rimanere in città poiché la maggior parte della gente non poteva permettersi di andare in vacanza.
Qualcuno, inoltre, e diciamolo pure, maliziosamente non ha esitato a sostenere che se i festeggiamenti di sant'Agata a Catania fossero d'estate e non in febbraio, neanche là sarebbe la stessa cosa… . La provocazione è legittima, la logica dell'affermazione non è del tutto fragile ma l'analisi per una risposta razionale rimane complessa e non è di pertinenza. 
Ai nostri giorni frattanto, permane almeno la consuetudine della distribuzione del cotone ai fedeli nel corso della mattina del 6. Trattasi del cotone che era rimasto in contatto con la reliquia (il cranio) del santo. 


Il trasporto del simulacro nel centro storico avviene al tramonto e ancora con il carro realizzato nel 1838, restaurato nel 1998. Se qualcuno ha notato che ruote, parafanghi e traino richiamano i medesimi modelli presenti nelle carrozze, ciò rappresenta il richiamo storico legato al fatto che la statua giungeva in città posta all'interno della carrozza del Senato.
Fu un suo rappresentante che a partire esattamente dall'anno della realizzazione del carro, all'arrivo del simulacro in città diede avvio all'usanza di fare omaggio al Patrono con un mazzo di fiori preparato dalle monache del convento di S. Andrea in Erice.


Più tardi il medesimo gesto venne esternato dal sindaco il quale, ai nostri giorni, consegna simbolicamente al santo le chiavi della città. Ciò  avviene nel contesto di una breve cerimonia davanti Palazzo D'Alì, comprendente una piccola omelia da parte di uno dei Padri Carmelitani (e del parroco della Cattedrale) che accompagnano sant'Alberto nel tragitto che va dal Santuario alla Cattedrale, attraverso un itinerario che negli ultimi anni fa transitare il corteo appena avviato, dal Quartiere oggi S. Alberto.


Subito dopo la breve cerimonia nei pressi di Palazzo D'Alì, viene quindi imboccata la via Garibaldi. E' la ripresa del cammino alla volta della Cattedrale, nella sera della vigilia.

 


 

 

Capitolo quinto, dove si narra di come si giunse al trasporto in Cattedrale anziché alla Gancia, ai nostri giorni completamente esclusa da festeggiamenti continuamente in trasformazione, tra sviluppi più o meno recenti e memorie smarrite.
La questione del trasporto in Cattedrale, anziché nella Gancia dei Carmelitani, scaturì subito dopo l'istituzione della Diocesi a Trapani avvenuta l'8 dicembre 1844.
Il 6 agosto 1845 giunse da Palermo la Regia risposta ai carmelitani i quali non avevano esitato nel rivolgersi al re delle Due Sicilie al fine di ottenere chiarimenti sul da farsi.
La risposta, apparentemente chiara, di fatto suscettibile a interpretazioni, lasciava intendere che… si poteva continuare come prima. In realtà qualcosa cambiava.


In effetti, prima del 1844 il corteo processionale  della giornata festiva veniva avviato dalla Chiesa Madre Reggente che poteva essere, in base alla famosa turnazione della reggenza, appunto, S. Lorenzo, S. Pietro o S. Nicola. La solenne processione composta quindi in una delle tre menzionate chiese, si dirigeva poi  verso la chiesa del Carmine dove dalla sera precedente dimorava la statua di sant'Alberto. Esattamente da lì veniva aggregata al lungo corteo.


Insomma, nell'ambiguità del dispaccio regale, poteva anche intendersi che il 6 sera la statua doveva essere dapprima condotta in Cattedrale per la processione ufficiale del giorno successivo, e poi rimanere esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa del Carmine. Ma non può certo dirsi che si… stava continuando a fare come prima. Tuttavia fu questo il nuovo iter rituale dei festeggiamenti.


Per la cronaca, proprio nella chiesa del Carmine, dove di regola il simulacro cominciò a essere condotto a conclusione della processione del 7, il 9 agosto 1881 la statua venne defraudata di una catena d'oro, del giglio, del crocifisso e del cappuccio, prontamente rifatto nel 1882 da Giuseppe Parisi per donazione del Cav. Giuseppe D'Alì.
L'intera statua venne invece cesellata da Vincenzo Bonaiuto e Michele Tumbarello alla metà del '700 e più tardi restaurata per onze 28 (Gabriele Monaco, Vita di S. Alberto, pag.45) dall'orafo Giuseppe Amico. Prima della cennata realizzazione veniva utilizzato un mezzobusto reliquiario anteriore al 1616 realizzato da ignoto argentiere.
Dietro la testa, esattamente sotto la nuca dell'attuale statua, durante le uscite annuali poteva notarsi una fiammella, alimentata forse a olio, che omaggiava la reliquia contenuta nel capo. Ai nostri giorni non vi è traccia alcuna... .


Sant'Alberto continua invece a giungere in Cattedrale la sera del 6 per essere condotto in processione ufficiale con intervento del Clero e delle autorità civili la sera successiva, quando la partecipazione di fedeli non risulta affatto scarsa nell'ambito di un itinerario piuttosto breve riguardante il centro storico e nel corso del quale viene condotto in spalla.
Va a tal proposito segnalato che fino a poco più di un trentennio addietro, era antico privilegio la conduzione del santo da parte dei salinai di stagione che nell'occasione indossavano sacco e cappuccio bianchi. Sopra al simulacro, in quanto reliquiario, veniva posto un bianco baldacchino anch'esso accantonato.
Una lunga sosta veniva effettuata in largo S. Francesco d'Assisi, nei pressi degli ingressi laterali dell'omonima parrocchia. La ragione di questa usanza era legata alla sede, in quel luogo, della cappella di S. Antonio da Padova, protettore dei salinai.


Fino al 1974 perciò, nel rispetto di un secolare diritto, oramai mutuato dalla tradizione, la processione del 7 veniva conclusa nella chiesa del Carmine, dove, posto al centro dell'abside, rimaneva fino al giorno 10.
Ai nostri giorni rientro e permanenza in città avvengono in Cattedrale.
Dal 2001, mai prima, ci si accorse che il 10 agosto coincideva con il giorno di san Lorenzo e per questo il ritorno al Borgo venne anticipato al 9.
Ma nel maggio 2006, tre splendidi pomeriggi presso il seminario vescovile alimentarono le speranze per qualche forma di recupero. Si trattò di un convegno dedicato al santo locale in occasione dell'apertura dell'anno giubilare per il settimo secolo dalla sua morte: 1307/2007.


In quel contesto avviene il restauro della chiesa di S. Alberto a Erice, il rione Palma prende il nome di Quartiere S. Alberto e il 6 agosto 2007 viene inaugurato il monumento in Piazza Martiri d'Ungheria. Nell'anno del settimo secolo però, era forse lecito aspettarsi qualcosa in più riguardo i festeggiamenti. Invece il simulacro, che al solito arrivò in città il 6, venne ricondotto al Santuario addirittura il 7. Nell'oratorio dove si conserva la statua del Patrono, una lapide e due gagliardetti, uno offerto dal Comune di Trapani, l'altro da quello di Erice, testimoniano la conclusione dell'anno giubilare.


Dopo un'altra discutibile parentesi aperta e chiusa nel 2009, quando il trasporto venne effettuato alla volta della nuova e vicina chiesa di S. Alberto e non in Cattedrale, con ritorno al santuario ancora il 7, dal 2010, le fasi delle celebrazioni ritornano, per così dire, alla normalità. Quella oramai recepita dai tempi, si capisce, senza la dimora al Carmine, per certi versi frattanto riaperta, e con il ritorno al Borgo il pomeriggio del 9.       


Sant'Alberto vi ritorna sul carro dalle ruote di carrozza  trainato con le corde dai suoi devoti e, di tanto in tanto, qualcuno di loro almeno ci prova, a gridarlo ancora: e chi, nun semu trapanisi? Viva Maria e Santulibeeettu!.  


Programma festeggiamenti 2011
- 6 agosto - ore 20,00: Inizio trasporto della statua reliquiario di S. Alberto dal Santuario alla  Cattedrale.

                   - ore 21,30: Consegna delle chiavi della città da parte del sindaco in p.zza Vittorio Veneto.
     Subito dopo la cerimonia il corteo proseguirà fino alla Cattedrale.
7 agosto - ore 11,30: S.Messa con benedizione dell'acqua e bacio della reliquia (Cattedrale).
               - ore 19,30: Concelebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo (Cattedrale).
               - ore 20,45: Processione della statua reliquiario di S. Alberto per le vie del centro storico
9 agosto - ore 18,15: Trasporto della statua reliquiario del santo dalla Cattedrale al Santuario.

 

 

 

 

 

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- di MARIA TERESA PRESTIGIACOMO -

TAORMINA – La vita è un gioco, un gioco a scacchi... È su un’enorme scacchiera, grande quasi come il palcoscenico del Teatro Antico, che il regista e scenografo Enrico Castiglione ha costruito la sua nuova originalissima messinscena del capolavoro mozartiano. Una scacchiera fatale sulla quale il Burlador de Sevilla gioca e perde l’ultima e fondamentale partita, la cui posta è la vita stessa e la dannazione eterna.  DSC4741r

L’idea registica e scenografica di Enrico Castiglione, accolta con vivo entusiasmo da un attentissimo pubblico di residenti e turisti provenienti da ogni parte del mondo, è di quelle che lasciano il segno: per la prima volta il Don Giovanni viene messo in scena su un'enorme scacchiera sulla quale il mito del seduttore per antonomasia, oggetto di infinite trasposizioni teatrali, musicali e non, sembrano prigionieri del loro stesso destino e si muovono come pedine di una partita superiore, appassionata e nel contempo crudele, giocosa ed insieme cinica, clemente eppur spietata. Una messa in scena assolutamente inedita, che resterà come una sorta di moderna applicazione alla figura universale del seduttore per eccellenza.

 DSC5254rApplaudito in tutto il mondo, Enrico Castiglione torna peraltro a Don Giovanni dopo averlo riletto in teatro diverse volte e aver ottenuto successo internazionale con l'edizione rappresentata nel 2001 al Teatro Argentina di Roma, con Renato Bruson, Amarilli Nizza, Luca Canonici, Stefano De Peppo, la direzione d’orchestra di Michael Halazh; un allestimento di cui rimane la versione video tante volte trasmessa dalla RAI e dalle principali reti televisive internazionali. 

Castiglione ha ora proposto il titolo a Taormina, con un allestimento pensato esclusivamente per il Teatro Antico, con nuovi costumi che esaltano il fregio seicentesco, disegnati e costruiti da Sonia Cammarata nel proprio laboratorio. 

In scena un cast internazionale di autentici specialisti mozartiani. Don Giovanni è stato reso con rara prestanza vocale e fisica dal basso-baritono tedesco di origini greche Panajotis Iconomou. Possente deuteragonista era il Commendatore dal basso José Antonio Garcia. Magistrale sul piano musicale e scenico il soprano Chiara Taigi, una Donna Anna al tempo stesso combattiva e dolente, seducente e sedotta, profondamente spirituale. A Don Ottavio prestava un’impeccabile linea di canto il tenore Filippo Pina Castiglioni.  DSC5278r

Volitiva e tragicomica la Donna Elvira del soprano Adriana Damato. Padronanza del ruolo e ricerca del dettaglio hanno caratterizzato il basso Noé Colin, nei panni buffi di Leporello. Perfettamente in ruolo anche il Masetto del basso Daniele Piscopo e la Zerlina del mezzosoprano Marina Ziatkova. 

Sul piano della recitazione, Castiglione esalta la ricerca del piacere attraverso l’inganno e la sopraffazione del potere, che il Burlador esercita per conquistare le sue prede e subito dopo abbandonarle nella loro disperazione, perché prontamente attratto da una nuova preda. “I personaggi – spiega il regista – sono condotti in una sorta di grande partita a scacchi, dove i desideri, i sentimenti, le passioni si rincorreranno per fondersi e separarsi, per intrecciarsi e per allontanarsi: all’insegna dell’inganno, della seduzione fine a se stessa, nella totale mancanza di amore che condurrà alla morte, ovvero allo scacco matto del protagonista, il cavaliere Don Giovanni”.

Il Coro Lirico Siciliano era istruito da Francesco Costa, il Corpo di ballo ha danzato sulle coreografie di Sara Lanza. L’Orchestra del Festival Euro Mediterraneo è stata diretta con mano sicura e ispirata da Stefano Romani. Tantissimi applausi a scena aperta e una trionfale ovazione finale hanno suggellato la serata. 

 DSC5300rDon Giovanni, in replica il 9 e 12 agosto, è il secondo titolo della “Trilogia di Siviglia”, formata dalle tre celebri opere ambientate nella città andalusa e presentata quest’estate a Taormina da Enrico Castiglione. La prima è stata “Carmen” di Bizet, accolta nei giorni scorsi da straordinari consensi e in programma ancora il 7, 10 e 13 agosto. La terza opera è “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini, che debutterà l’8 con repliche l’11 e il 14. 

E ogni sera è corsa al biglietto al Teatro Antico, a conferma della qualità della programmazione operistica allestita dal Festival Euro Mediterraneo in con collaborazione con la sezione “Musica e danza” di Taormina Arte, di cui è direttore artistico lo stesso Enrico Castiglione. 

Ci aspettavamo un'alta sceneggiatura: probabilmente, i muri marroni e grezzi erano totalmente in contrasto con la nobiltà del tempo e con i costumi sfarzosi e ricercati dei personaggi. Castiglione, criticato negli anni precedenti per le sue originali trovate di giochi di luci virtuali e creative, avrà pensato bene di non strafare con sceneggiature e con luci elettroniche, al fine di puntare l attenzione del pubblico sulle voci e sulle interpretazioni dei cantanti, tutti di ottime doti interpretative, unitamente a belle presenze sceniche che hanno valorizzato l opera, dall azione lenta, del Don Giovanni. 

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