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prevendite da oggi, mercoledì 17 luglio alle ore 16.00 su ticketone.it  // Da lunedì 22 luglio alle ore 11.00 nei punti vendita abituali

Classe 1997 e originario di Messina. Alberto Urso, si è subito distinto per la sua voce possente e il suo stile unico, che sa unire il mondo musicale classico a quello contemporaneo.

La padronanza del palco e l'indiscutibile capacità vocale lo hanno incoronato come il vincitore della scuola più famosa d’Italia. E’ un periodo d’oro per lui, in testa alle classifiche con il suo album “Solo” che a poco più di un mese dalla sua uscita era già Disco d'Oro.

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Il tenore e polistrumentista annuncia nuove date del Solo Live, che in autunno lo porterà nella sua Sicilia: accompagnato dall’orchestra si esibirà sul palco del Teatro Metropolitan di Catania, sabato 19 ottobre, ore 21 (a cura di Puntoeacapo, con la direzione artistica di Nuccio La Ferlita). I biglietti saranno disponibili in prevendita da oggi 17 luglio alle ore 16.00 su ticketone.it e da lunedì 22 luglio alle ore 11.00 nei punti vendita abituali.

“Indispensabile”, è tratto dall’album di debutto “Solo” che ha raggiunto il primo posto nella classifica FIMI/GFK e che contiene undici tracce tra cui un inaspettato fantastico duetto con Arisa nel brano “Guarda che luna”. Il disco è stato prodotto e arrangiato da Celso Valli e Pino Perris (per i brani “La mia Rivoluzione” e “Accanto a Te”).

Filly De Luca

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-La redazione - 

Si è spento oggi  17 luglio all'età di 93 anni, all'ospedale  Santo Spirito di Roma, dove era ricoverato da quasi un mese dopo una crisi respiratoria.

Esprimiamo i sentimenti di un profondo cordoglio a tutti i familiari.

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Rosario Fodale e tutti i componenti l'Associazione Culturale MessinaWerb.eu si associano commossi all'immenso dolore di Natale e dei parenti tutti per la perdita del caro Giuseppe.

Messina 16 luglio 2019

- di Rosario Fodale -

   Nella serata conclusiva della XXIII edizione dell’evento “I Giorni della Divulgazione della Cultura”, l’evento indetto dal “Movimento per la Divulgazione Culturale” di Barcellona Pozzo di Gotto, c’è stato il trionfo dei monologhi di Giuseppe Messina “La disperazione di Cassandra” interpretato dall’attrice Rosemary Calderone e “La collera di Odisseo” interpretato dallo stesso autore che non è la prima volta che calca il palcoscenico.

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   Se il successo della prima serata è stato determinato dalla presenza pregiata della poliedrica artista Sara Favarò (scrittrice, giornalista, cantautrice ed attrice), dalla lettura di pregiate opere poetiche da parte degli autori Giuseppe Giunta, Graziella Lo Vano, Maria Morganti Privitera, Giulia Maria Sidoti e Teresa Vario e dalle esecuzioni del valente Quartetto di Chitarre Classiche composto da Juliano Parisi, Alessando previti, Daniele Ruta e dal M° coordinatore Alesssandro Monteleone, la seconda conclusiva serata non è stata da meno.

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   Quando il sole si apprestava a tramontare alle spalle del palcoscenico ha avuto inizio la serata che, a parere di tanti, tra cui lo scrittore – regista Melo Freni presente nelle due serate e dell’attore – regista Nico Zancle, sarà indimenticabile per la sorprendente bellezza, perché ciò rappresenta la vera cultura e l’arte in particolare. L’inizio è stato dato dal quartetto di chitarre, composto dagli stessi chitarristi con l’eccezione di Alessandro Previti sostituito dal giovane professionista Angelo Forganni. Dopo gli applausi meritatissimi, accolti con un collettivo inchino di ringraziamento da parte dei concertisti, a sorpresa, si sono fatte sentire nell’aria le note del flauto dolce del musicologo Guido Siracusa che si è prestato generosamente ad interpretare delle coloriture musicali molto apprezzate, improvvisazioni che hanno fatto da prologo ed intermezzo durante le esecuzioni dei monologhi. Cessato l’imput musicale, ecco apparire tra il pubblico lei, Cassandra, ammantata di nero, incedere verso il palcoscenico mormorando un lamento, interpretata dalla bellissima e bravissima attrice Rosemary Calderone che, per due volte, ha già interpretato il tormento di Penelope, un altro monologo di Giuseppe Messina, anche a favore degli studenti del plesso liceale di Barcellona Pozzo di Gotto.

   Una particolare Cassandra, sacerdotessa del Dio Fefo, condannata per essersi negata allo stesso, a prevedere la verità degli eventi, ma di non essere creduta, quindi investita dalla più triste drammaticità, si rivolge agli dèi “ingiusto e quindi inutili” per averla abbandonata ad un destino atroce: narra della terribile decennale guerra che si conclude con la distruzione di Troia, la città considerata imprendibile, della morte di tanti eroi da una parte e dall’altra del fronte, degli stupri, delle terribili violenze ed in fine della sua stessa morte prevista, a Micene, nella casa di Agamennone il condottiero degli eserciti achei.

   A seguire, dopo l’intermezzo del flauto di Guido Siracusa, è salito sul palco l’autore delle due opere, nelle vesti di Odisseo per interpretare magistralmente “La collera di Odisseo” (anche questo monologo è già stato dato a beneficio degli studenti dello stesso plesso liceale).

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   Abbiamo potuto assistere all’interpretazione di un re di Itaca molto inferocito aggredire con parole di disprezzo quei proci giunti sotto il palazzo reale con l’intenzione di vendicare i loro parenti ed amici uccisi dallo stesso Odisseo, alla fine del suo stentato viaggio di ritorno da Troia, dopo averli sorpresi invasori della sua stessa casa, con la pretesa che penelope scegliesse uno di loro come nuovo marito.

   Due interpretazioni accolte con favore dai tanti spettatori convenuti alla serata culturale che si è svolta, come gli anni precedenti, nel giardino della residenza estiva dello stesso Maestro Giuseppe Messina in stretto II Coccomelli, zona Spinesante.

Alla fine, dopo che Nico Zancle ha interpretato la poesia “L’ultima lettera”, i soci, gli amici e gli estimatori del “Movimento per la Divulgazione Culturale” sono stati invitati a fermarsi per un ricco spuntino, con pietanze preparate da alcune socie ed amiche e dalla stessa padrona di casa Nerina Fazio, per alleviare gli stimoli della fame in quell’ora ormai tarda.

- La redazione -

Il giovane scrittore nasce a Genova il 9 marzo 1984 per poi conseguire nel capoluogo ligure nel 2002 la maturità scientifica; nel 2004 intraprende una breve esperienza da redattore per “il Corriere Mercantile”di Genova nel supplemento “il calcio dei Giovani”;dal 2006 vive in Messina e tra il 2016 e il 2017 elabora “la metafisica dell’anima”opera inedita dedicata a Giorgio De Chirico.

Da cosa hai tratto ispirazione per poter redarre un’opera così impegnativa?

È la mia prima opera di questa portata; un giorno osservando attentamente la sua produzione artistica riaffiorarono in me ricordi delle scuole superiori. Avevo studiato Giorgio de Chirico sui banche di scuola ed ebbi un fiume di idee da sviluppare. Una peculiarità della produzione metafisica propria di De Chirico, i palazzi con le arcate, hanno richimato alla mia memoria i tipici edifici italiani sorti nell’epoca fascista in Italia, in particolare in Piazza della Vittoria, in Genova, città dove sono nato nel 1984 e in cui nel 2002 mi sono diplomato. Ad esempio,una dell opere più rappresentative “le muse inquietanti”, che comunque nel saggio non ho potuto inserire, possiede un elemento per me “commemorativo”: alle spalle di due manichini, uno seduto e uno in piedi, sullo sfondo si intravede un edificio che si può tranquillamente constestualizzare nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara; il mio conatto visivo però, ha visto in quell’edificio il Miramare, uno degli hotel più lussuosi di Genova, sorto tra il 1906 e il 1908 che sovrasta la stazione di Genova Piazza Principe e che ebbe illustri ospiti nei fasti di un tempo. Ho redatto l’opera in un arco temporale di due mesi e mezzo circa un anno dopo aver composto la prefazione.

Qual’è il messaggio che intendi trasmettere agli appassionati d’arte od anche a coloro che intendono accostarsi all’arte metafisica?

L’opera intende far luce su uno dei più grandi artisti che ha vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo; nella prima parte di ogni capitolo è coperto da miei spunti personali nati da una analisi introspettiva dei quadri; la seconda parte, invece, è un richiamo ad argomenti multidisciplinari collegati ai titoli delle opere, dai cui titoli prendono nome anche i capitoli; ad esempio, in “la torre e il treno”, ho introdotto una breve cronistoria delle ferrovie italiane. Nelle celeberrime “Piazza d’Italia” ho inteso ripercorrere la storia delle più belle piazze del nostro Paese, da Piazza Duomo di Milano a Prato della Valle di Padova,uan della piazze più grandi d’Italia, passando per Piazza Navona di Roma e Piazza Santa Maria Novella di Firenze; due capitoli del mio saggio presentano anche la città di Torino. L’italia è ricca di storia, arte e cultura e la rivisitazione di questi luoghi invita a riscoprire l’eccellenza culturale che il nostro paese indubbiamente detiene. Non mancano riflessioni filosofiche, mediche, con un capitolo dedicato allo studio delle fasi del sonno, e storiche.

In De Chirico il tema dell’abbandono è un cardine: dove lo possiamo ritrovare?

Il pittore nacque nel 1888 in Grecia ragion per cui il richiamo alla classicità greca si avverte costantemente; non posso non citare la figura mitologica di Arianna; tutti noi ne conosciamo il mito: il suo amato Teseo si offrì volontario al fine di recarsi nel labitonto di Creta ed uccidere il Minotauro, figura mitologica metà uomo e metò toro,in quanto il mostro avrebbe dovuto divorare sette fanciulli e sette fanciulle. Arianna innamoratasi di lui, gli tese un filo grazie al quale Teseo ritrovò l’uscita del labirinto una volta entrato; questo gesto di amore, suo malgrado, non fu ricambiato poichè non appena Teseo portò via con sè Arianna, l’abbandonò sull’isola di Nasso. Tale gesto si può catalogare come l’abbandono per eccellenza; peraltro, la nostra lingua italiana da questo episodio mitologico ci ha consegnato il detto proverbiale “piantare in asso” proprio in riferimento al nome dell’isola nella quale Arianna era stata abbandonata al suo destino da Teseo. La figura mitologica riempie le atmosfere enigmatiche e silenziose di De Chirico; un’ Arianna triste e solitaria sembra quasi lanciare una richiesta d’aiuto allo spazio metafisico che la circonda.

Un’analisi attenta ci porta a considerare il treno come simbolo del progresso e delle idee dell’uomo: da cosa nasce tale considerazione?

L’elemento ferroviario, così a me piace denominarlo, è un’eterna costante: il padre di Giorgio De Chirico, Evaristo, ingegnere ferroviario figlio del barone palermitano Giorgio Filigone De Chirico, noto per aver progettato le linee ferroviarie in Bulgaria, fu chiamato nell’ultimo ventennio dell’Ottocento nel capoluogo della Tessaglia, Volo,città natale del figlio pittore, dall’allora primo ministro greco Trikoupis a progettare la ferrovia di quella regione; le locomotive che solcano i silenzi delle opere e spesso si riconoscono dalla nube di fumo che emanano, rappresentano i ricordi, anche quelli infondo un pò miei che ho viaggiato spesso in treno da Genova a Messina e vicersa durante la mia infanzia e adolescenza;l’artista, però qui fa un certo e chiaro riferimento al mestiere del padre. Il treno descrive la libertà interiore dell’uomo sempre alla ricerca di sè stessp e capace di viaggiare sia fisicamente sia metaforicamente con il cammino della mente e delle proprie idee.Dovendo effettuare una riflessione più profonda, in De Chirico ho riscoperto anche un pò delle mie origini: la madre dell’artista, Gemma Cervetto, discendeva da una nobile famiglia genovese; il padre, appunto,aveva origini siciliane; il capoluogo ligure e la Sicilia, luoghi molto presenti nella mia vita, si ritrovano anche nella provenienza dei genitori dell’artista permettendomi di realizzare una sorta di empatia con la figura del maestro.

Come possiamo ritrovare il concetto di solitudine, guardando le opere descritte nel saggio in chiave introspettiva?

La centralità di questo argomento va analizzata con molta accortezza: le piccole figure che rimpiono gli spazi vuoti altro non sono che esseri umani il cui bisogno primario inconscio è unirsi e ritrovarsi nell’oceano così grande della vita per comunicare e socializzare; una stretta di mano, un contatto anche solo visivo, presuppongono l’intenzione di avviare un dialogo permanente e la volontà di non interrompere i rapporti nonostante l’ambiente circostante ponga l’uomo in una condizione di incomunicabilità. La solitudine,una delle più angoscianti condizioni umane che può essere generata da molteplici comportamenti e stili di vita è qui,per un attimo,interrotta e vinta dall’accostamento delle figure umane: sembra quasi che si salutino all’arrivo o alla partenza di un lungo viaggio o, talvolta, che si scambino opinioni reciproche su esperienze di vita liete o meno, talvolta consolandosi a vicenda se necessario. L’enorme spazio delle piazze dei quadri, si riduce visivamente e psicologicamente di fronte alla vicinanza di due persone che lo riempiono. Le distanze morali e fisiche vengono abbattute lasciando il posto a sentimenti nobili come l’amicizia e l’altruismo. Del resto, perfino Aristotele nel IV secolo A.C afferma nella sua “Politica” che l’uomo è un animale sociale poichè ha l’esigenza di aggregarsi coi suoi simili in società,anche se questo approccio nascerebbe dalle più svariate esigenze.

Due baluardi della produzione di De Chirico, le torrie e le ciminiere, come sono state contestualizzate all’interno dell’opera?

Un elemento che ha ispirato la mia produzione è rappresentato dalle torri e dalle ciminiere; la torre che ho analizzato a fondo, simboleggia un rifugio sicuro per l'uomo che tenta di proteggere la propria libertà; al contempo, però, la torre simboleggia anche l' arroganza: l'episodo biblico di Babele, che ho inserito in un capitolo, nel quale gli uomini tentatono di raggiungere il cielo costruendo un'alta torre, ci insegna che spesso la mente è schiava di effimere sensazioni personali che rasentano la vanagloria; infatti, la torre non arrivò mai ad essere costruita in quanto Dio creò la confusione delle lingue che si insidiò tra gli artefici della struttura e non permise di continuare l'opera; l'intento dell'uomo spinto dalla superbia non fu mai raggiunto poichè il genere umano non era pronto ad ascendere in cielo ma destinato a vivere ancora lunghi anni sulla terra preparando la propria anima all'incontro vero con Dio. Nella nostra lingua italiana il detto “confusione babelica” indica una situazione intricata e caotica in chiaro riferimento a tale espisodio biblico. Le ciminiere rappresentano una vetta conquistata dall'uomo, nella quale arroccarsi; un simbolo di virtù e fortezza che scaturisce dal coraggio di poter tagliare i prorpi traguardi morali; le ciminiere simbolo dell'industrializzazione che ha varcato i secoli aprono alla ragione delle nuove porte: la coscienza impone una riflessione ad ampio raggio che consente di riempire i vuoti esistenziali con una ciminiera, la quale sovrasta la maggior parte della opere di De Chirico.

Quale sensazioni importanti ti ha lasciato la tua opera e cosa può lasciare agli appassionati?

Personalmente mi porto dentro il ricordo di un fiume di collegamenti da sviluppare tra molteplici discipline; il contatto visivo con le opere di De Chirico ha risvegliato in me una creatività artistica finora sepolta ma comunque spontanea. Ai grandi appassionati della corrente metafisica ma anche a chi si affaccia da principiante a questo bellissimo mondo, consiglio di soffermarsi davanti alle opere di De Chirico e cercare di riscoprire un pò di sè stessi in ogni sfumatura e dettaglio della propria personalità.

- Di Giuseppe Messina -

   Il 13 u. s. si è svolta a Barcellona Pozzo di Gotto la prima giornate della XXIII edizione de “I Giorni della Divulgazione della Cultura” indette dal Movimento per la Divulgazione Culturale, un evento molto apprezzato da soci, amici ed estimatori interessati ai valori della grande cultura, che ha avuto luogo nel giardino di stretto II Coccomelli 55.

   Gradita è stata la visita dell’Assessore alla Pubblica Istruzione, Angelita Pino in compagnia dell’esperto alla Cultura Salvatore Scilipoti per fare sentire la vicinanza e l’apprezzamento dell’Amministrazione Comunale, nei confronti dell’operato di questa Associazione che ha già compiuto 38 anni da quando è stata fondata. La stessa serata ha avuto inizio con la presentazione del libro “Il suicidato - Sara Favarò intervista Angela Manca” di Sara Favarò con la prefazione di Salvatore Borsellino. La scrittrice-poetessa-cantautrice-attrice, definita dal sindaco di Palermo “Preziosa tessera del mosaico culturale di Palermo”, in effetti è un elemento importante della cultura e delle tradizioni di una Sicilia spesso dimenticata.

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   La Favarò è una figura straordinaria di donna-artista che manifesta spontaneamente gioia ed allegria e che, come lei stessa ha affermato, è apparsa a sorpresa nella mia vita quaranta anni fa: me l’ha portata in casa quel fenomeno di poeta che era e resterà Ignazio Buttitta, in occasione di un recital a Barcellona Pozzo di Gotto e, da allora ci siamo tenuti in contatto pur non avendo avuto ulteriori incontri, perciò è stata una piacevole emozione incontrarla dopo tanto tempo e poterla presentare all’interessato pubblico.

   Dopo aver raccontato del nostro passato, Sara Favarò ha ricordato i suoni inizi con Ignazio Buttitta, dei tanati “Cenacoli Culturali” con lo stesso Poeta ed anche con Melo Freni, presente in questa occasione, che allora lavorava in Rai a Palermo. Sara Favarò ha definito Buttitta e Freni suoi maestri senza i quali non sarebbe diventata quella che è adesso.

   Per quanto riguarda “Il suicidato”, pubblicato dall’editore Salvatore Insenga, c’è da sottolineare che è un’opera che tratta la strana morte del dottore Attilio Manca, un libro molto diverso dagli altri pubblicati da autori che trattano lo stesso caso: in questa occasione la Favarò ha voluto realizzare una lunga intervista ad Angela Manca, la madre di Attilio, definita “una donna leggera come un fuscello e… forte come una montagna” per il suo carattere coriaceo, possente ed una volontà costante ed inflessibile, decisa a persistere nel pretendere giustizia ad ogni costo, convinta a voler lottare fino alla fine dei suoi giorni se ce ne fosse la necessità.

Le due donne, Sara Favarò ed Angela Manca, suscitando momenti di grande emozione, sono riuscite ad intrattenere il pubblico sviscerando il contenuto della loro fatica letteraria, e cercando di fare notare come e quanto possano essere vergognosamente grossolani i depistaggi di chi dovrebbe fare chiarezza e giustizia.

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   La serata è continuata con l’attribuzione di due targhe alla stessa Favarò ed alla poetessa Maria Morganti Privitera che come ricercatrici e divulgatrici tengono alto il vessillo della cultura siciliana. Quindi il pubblico è stato intrattenuto, prima dall’interessante ed apprezzato recital di poesie che ha visto protagonisti Pippo Giunta, Graziella Lo Vano, Maria Morganti Privitera, Giulia Maria Sidoti e Teresa Vario e poi dalle note del quartetto di chitarre, composto da Juliano Parisi, Alessando previti, Daniele Ruta e dal M° coordinatore Alesssandro Monteleone, che ha eseguito due molto gradite composizioni di musica barocca.

   In conclusione, come sempre, non è mancato il banchetto di tante cose buone preparate da alcune socie e dalla stessa padrona di casa.

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- di Marcello Crinò -

Nel giardino di pietra e di verde del Museo Epicentro di Gala l’artista fondatore Nino Abbate ha disegnato a terra un cerchio con le sagome di impronte di piedi e i nomi di poeti e amici. Al centro un blocco di nera ossidiana con la scritta “Gala” a lettere metalliche, attorno sparse pietre pomice bianche e colorate di rosa. Questa la scenografia/installazione, intitolata “Tracce”, della nona edizione del Premio internazionale di “Poesia Circolare” che ogni anno in estate Nino Abbate offre alla città.

Domenica 14 verso il tramonto, come gli spettacoli degli antichi greci, la cerimonia di premiazione presentata dalla giornalista Cristina Saja, con la presenza della compagna d’arte e di vita di Abbate, Salva Mostaccio, e i saluti dell’Assessore alla Cultura Angelita Pina, la quale ha ricordato che l’Epicentro rappresenta uno dei siti più belli della città, dove tutto è arte e magia.

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Un pubblico attento ha ascoltato le poesie lette da tutti i partecipanti presenti, e Nino Abbate non ha mancato di far notare la presenza di poeti provenienti da tutta Italia, la mancanza di una parte di poeti locali, e le assenze di alcuni che dovevano ricevere la menzione d’onore (presenti due su sette). La giuria, presieduta da Nino Genovese con Laura Mauro, Tanina Caliri, Carmelo Maimone, e Salva Mostaccio, ha assegnato il primo premio a Teresa Vario, il secondo ad Anna Cappella, il terzo a Cinzia Pitingaro; il premio Milena Milani è andato a Rita Cottone mentre il premio della critica è stato assegnato ad Anna Bartiromo.

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Menzioni speciali a Daniela Ferraro e Girolamo Squatrito. Gli altri cinque poeti assenti, Nino Abbate non li ha nominati volutamente. Tutti i poeti presenti e i collaboratori della stampa locale hanno ricevuto la mattonellina in terracotta "La donna alata", realizzata appositamente da Abbate" per questo evento poetico circolare.

Il tutto è stato sottolineato dalla colonna sonora di una lontana pecora belante che ha rimandato alla plurimillenaria storia di Gala.

15 luglio 2019

TAORMINA – “Design Evolution”: un titolo che offre diversi spunti di riflessione culturale e professionale, per gli “addetti ai lavori” ma non solo. La Fondazione dell’Ordine Architetti PPC di Catania lo ha scelto per questa ragione, per poter distinguere e caratterizzare l’annuale seminario sul tema che da sei edizioni organizza nell’ambito di Taomoda, la rassegna in programma a Taormina dal 13 al 20 luglio.

Quest’anno il tradizionale appuntamento si svolgerà domani, martedì 16 luglio alle 16.00, al Palazzo Ciampoli, vantando come ospite d’onore un protagonista di punta del design “made in Italy”: Francesco Librizzi, architetto di calibro internazionale, nato a Palermo, e direttore artistico di FontanaArte.

«La carriera di Librizzi dimostra come in Sicilia nascono talenti di alto spessore, apprezzati dentro e fuori i confini nazionali – afferma la presidente della Fondazione etnea degli Architetti Veronica Leone – La nostra Isola vive da sempre un fermento creativo che contribuisce, in modo incisivo, a rendere unico il design italiano nel mondo. Vogliamo dimostrarlo al grande pubblico, anche lasciando un segno per il futuro. Quest’anno infatti abbiamo dedicato il concorso “Tao Award Talent Design 2019” alla realizzazione del nuovo Premio e al suo design rinnovato, che verrà consegnato nelle prossime edizioni della kermesse taorminese. La Commissione giudicatrice, presieduta proprio da Francesco Librizzi, ha già selezionato i cinque finalisti, il cui vincitore sarà proclamato durante il Gala di Taomoda che si terrà al Teatro Antico il prossimo sabato».

Insieme alla presidente Leone, introdurranno l’incontro di domani: l’ideatrice e direttore artistico di Taomoda Agata Patrizia Saccone, il presidente della Consulta regionale degli Architetti e dell’Ordine di Catania Alessandro Amaro, il presidente dell’Ordine di Messina Pino Falzea. Seguiranno le relazioni di Andrea Branciforti, che guida la sezione siciliana dell’Adi (Associazione Disegno Industriale) e di Marika Aakesson, coordinatrice del corso di Product Design allo IED Roma. Modererà Vincenzo Castellana, docente di Abadir - Accademia Belle Arti Design e coordinatore scientifico Adi Sicilia.

«L’universo architettonico del design e gli aspetti operativi del disegno industriale non sono argomenti “di nicchia” per la nostra categoria – conclude il presidente regionale degli Architetti Alessandro Amaro – Al contrario, sono una priorità da coltivare in ambito formativo, perché il design può e deve essere anche in Sicilia motore di imprenditorialità».

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