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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Roma. La notissima associazione culturale di notevole livello per target contenuti e personaggi: l'Alba del terzo millennio, a Roma presenta in esclusiva il libro "Ennio, un maestro" di Ennio Morricone e Giuseppe Tornatore lunedì 12 novembre p.v., alle ore 17,30 al teatro Quirino di Roma, via delle Vergini, 7

 INGRESSO GRATUITO su invito

Da non perdere in particolare per un Valente compositore e per il nostro palermitano di Bagheria brillante regista Peppuccio Tornatore.

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Il Gran Camposanto di Messina cimitero monumentale avrebbe bisogno di un restyling e di maggiore manutenzione specie dopo il mal tempo che sta caratterizzando il nostro Autunno siciliano. Tra strutture di sostegno di muri, fango davanti alle confraternite dello Spirito Santo e scale interrotte per lavori da diversi anni, siamo stati in visita alla tomba del        maestro Migneco, nella cappella di famiglia in cui abbiamo notato la frase particolare che l artista ha voluto campeggiasse sulla sua lapide il maestro di Messina, zio del noto e Valente pittore  il maestro Togo. Un saluto al maestro scomparso e un fiore,  quale saluto simbolico per tutti gli artisti messinesi che non sono più con noi e che hanno arricchito il patrimonio culturale artistico del Mediterraneo

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i Giuseppe Messina

   Sembra ieri, eppure sono trascorsi 43 anni da quando è arrivata la sconvolgente notizia. È successo nella notte tra l’uno ed il due di novembre. Nei pressi di un campetto di calcio ad Ostia, zona balneare di Roma, fu ritrovato il corpo martoriato del grande intellettuale Pier Paolo Pasolini, Poeta, scrittore, opinionista, regista ed anche pittore, ma soprattutto era la voce della coscienza culturale del suo tempo. Tra tantissimi giornalisti e fotoreporters che si erano interessati di lui, quel giorno , il primo ad arrivare sul posto fu un mio carissimo amico, il barcellonese Melo Freni che conduceva un programma culturale su Rai uno.

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   Per me la notizia fu come un tremendo pugno nello stomaco che mi lasciò molto scosso, anche se, in verità,avendo seguito le sue attività, attraverso la lettura dei testi ed i suoi interventi sul “Corriere della Sera” e sul “Mondo”, spesso al vetriolo contro il potere politico economico e televisivo, avevo capito quanto stava rischiando nell’affermare ciò di cui era convinto.

   Con i suoi scritti, pubblicati poi in “Lettere luterane” aveva processato pubblicamente gli uomini più potenti della Democrazia Cristiana che avevano occupato posti di importanti ministeri nei vari governi italiani.

   A chiare lettere aveva accusato i governanti del tempo di essere, “se non complici, indifferenti alla proliferazione mafiosa, quindi comunque responsabili del grave male sociale”. Ancora, forse, avrebbe potuto salvarsi, ma poi, quando affermò che la mafia si era ben radicata anche a Roma, aveva firmato la sua condanna a morte e, certamente se ne rese conto altrimenti, l’uno di agosto del 1975, proprio tre mesi prima di essere assassinato, non avrebbe scritto e pubblicato sul Corriere della Sera: “Io sono qui, inerme, fettato in mezzo a questa folla (…) Niente mi ripara, niente mi difende. Io stesso ho scelto questa situazione esistenziale tanti anni fa (…) ed ora mi ci trovo per inerzia perché le passioni sono senza soluzioni e senza alternative. D’altra parte dove fisicamente vivere?”

   Come ho scritto nella “Nota dell’autore” del mio libro “Apologia di un profeta”, dedicato a Pier Paolo Pasolini, pubblicato nel 2015e presentato al pubblico il 31 di ottobre dello stesso anno, credo che “Molti tra i giovani non sanno neppure chi sia Pier Paolo Pasolini, quando la scuola fa poco o, addirittura, nulla per farlo conoscere. Eppure sono in tanti, le straniere scuole di pensiero, che ce lo invidiano. Cosciente di ciò, nel settembre del 2004, nell’approssimarsi del trentesimo anniversario dell’assassinio di quello che mi piace definire l’unico autentico profeta del XX secolo, ho cominciato a scrivere un poemetto dedicato proprio a lui (…)

Certamente, se si va a rileggere l’operato di Pasolini e si fa una riflessione, ci si renderà conto che la società civile ha proseguito tra una sconfitta e l’altra, ma uno dei più grandi fallimenti, da parte delle forze progressiste, è stato il non aver avuto la capacità di capire il senso del fenomeno del “68”. Eppure era chiaro: “Studenti e operai uniti nella lotta”. A questo proposito gli scontri tra intellettuali hanno permesso alle frange più estremiste e reazionarie di organizzare quella che poi si è rivelata essere la tremenda piaga del terrorismo che ha tenuto l’Italia in scacco per lunghi anni.

   Pasolini, da attento osservatore, aveva compreso quanto i governi, fino ad allora avessero operato soltanto a favore non delle classi meno abbienti, ma del potere economico-finanziario ed in quale direzione stavano spingendo le forze conservatrici e reazionarie e, queste, a loro volta, comprendevano l’impegno dell’intellettuale, tant’é che fecero di tutto per isolarlo e, in ciò, furono, tra altri, complici involontari e ingenui i conservatori, che pur c’erano, nel P. C. I.

   Una cosa è certa: oggi è facile per tutti indicare Pier Paolo Pasolini come profeta mentre allora era diverso e solo in pochi si riusciva a capire dalle sue parole, dette e scritte, il senso vero del suo intendere, forse perché era troppo esplicito, specialmente quando parlava del nuovo mezzo di comunicazione di massa che già s’insinuava in ogni abitazione.

Aveva ragione il profeta:

“Il fascismo poteva essere contrastato

poiché non gli era facile entrare in tutte le case;

a differenza delle teletrasmissioni

che s’insinuano nelle coscienze

e impongono atteggiamenti, costumi e consumi”.

La lotta è impari!

Non è facile battere i detentori di tali poteri!

Del tele-potere…

Da qui la sua lotta ideologica contro gli’ingannatori i quali, complice la televisione, avrebbero permesso il dilagare del consumismo che, come aveva previsto, sarebbe diventato sfrenato, tanto da condizionare le coscienze più indifese.

Mezzi di convinzione e corruzione,

creati per carpire l’intelletto,

continuamente sono in azione

perché il forte imponga il suo concetto.

Dunque, il mezzo di comunicazione,

ovvero il detentore, scientemente,

convince e realizza le intenzioni

di fare credere ai più, tra la gente,

che è ciascuno a scegliere il da fare,

quando, in realtà, viene inculcato

come parlare e la spesa da fare

compreso ogni atto intimo, privato.

   Credo che avesse previsto tutto, anche la sua fine. Ciò significa che il poeta era cosciente del proprio operato e di essere indifeso, era cosciente del suo essere estremamente scomodo e del pericolo in cui andava incontro con la complicità dell’indifferenza dei più”.

Prima che si chiuda l’anno pirandelliano (il 150° dalla nascita del genio agrigentino), desidero festeggiarlo a modo mio (my way!), da siciliano che vive in una città siciliana distratta, riproponendovi le copertine del mio recente libro "Verga Pirandello e altri siciliani", pubblicato da FrancoAngeli a Milano nel 2015. Vi troverete notizie di prima mano su Pirandello (con incursioni nuovissime nelle “novelle siciliane” poco o punto conosciute, nonché sui modi in cui egli vide e rappresentò la condizione femminile protonovecentesca nelle novelle e in due drammi: "Il giuoco delle parti "e "L’amica delle mogli"); su Verga (sull’anti-romanticismo di certi suoi romanzi minori gabellati come romantici, sull’elaborazione di una malintesa "Fantasticheria", sull’equilibrato dosaggio di lingua e dialetto nei "Malavoglia" e in "Mastro don Gesualdo", sulla versione operistica della "Lupa"); sulla genialità di un giovane siciliano,

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Enrico Onufrio, benvoluto da Verga e scomparso troppo presto, autore tra l’altro di un saggio su "La mafia in Sicilia" del 1878, che dovrebbe interessare gli storici di quella effettiva cancrena; sul nostro Stefano D’Arrigo (con una rilettura in chiave nichilistica e antipasoliniana di "Horcynus Orca"); su Andrea Camilleri, sulla sua «trilogia delle metamorfosi» e sul commissario Montalbano come personaggio antipirandelliano. Ma avrete modo di misurarvi in ispecie, con un metodo storico-critico aggiornatissimo, antideologico, antidealistico, antimpressionistico, epperò “globale”, pronto cioè a usare tutte le possibili chiavi di lettura per aprire, almeno in parte, quello scrigno speciale che è il testo letterario.
Rischiando l’accusa (e la condanna morale) per autopromozione sfrontata, ritengo francamente che un libro come questo – nell’attuale dormitorio cui si è ridotta la critica letteraria – non dovrebbe mancare sul tavolo di tutti i cultori di letteratura (siciliana quantomeno) né sulla scrivania di un professore delle scuole di ogni ordine e grado (Università compresa) né tampoco nella borsa di uno studente universitario o di terza liceo, che voglia crescere.

 - di  Marcello Crinò -

La testata giornalistica barcellonese Sicilia Occidente, fondata e diretta da Mario Alizzi, ha promosso la prima edizione del Premio Civitas Europa, conferito a numerose personalità della cultura e dell’imprenditoria che si sono distinte nel territorio locale. La cerimonia di consegna dei premi si è svolta domenica 28 ottobre 2018 nell’Auditorium del Parco Maggiore La Rosa. A presentare e coordinare la serata Mario Alizzi coadiuvato da Saverio Donato e Attilio Andriolo. Presenti il sindaco Roberto Materia e l’assessore alla cultura Ilenia Torre.

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La lunga serata che ha visto la lettura dei curriculum dei premiati e le motivazioni della loro scelta, è stata arricchita dalla musiche eseguite dal duo chitarra e violoncello composto da Giuseppe De Pasquale e Hanna Chasnouskaya e dalla flautista Dominique Cicero.

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Questi i nomi di tutti i premiati: il pittore Francesco De Francesco, lo scultore Vittorio Basile, l’artista Benedetto Norcia, l’artista Nino Abbate fondatore del Museo Epicentro, Sicilia Antica sezione di Milazzo, Centro Cultura Italo-Argentina “Chivilcoy e Giuseppe Giunta, I lupi del Patrì, Associazione Culturale Genius Loci, l’artigiano Franco Trio, Angela Salmeri, Pierangelo Giambra, la testata 24 Live.it con Giuseppe Puliafito, Flaviana Gullì e la redazione, Tiger Den Barcellona P.G., Polisportiva Pama, Felice Borghese, il musicista Antonio Vasta, Melo Freni (assente, ha ritirato il premio Andrea Italiano), Michele Stilo, alla memoria, ha ritirato il premio il figlio Luigi. Il trofeo consegnato ai premiati è stato realizzato dalla scultore Benedetto Norcia, ed è composto da una base cubica di colore blu, dove poggia la sagoma della Sicilia dalla quale si diparte un elemento verticale con strisce di lamierino dipinto libere di muoversi in aria, ad imitazione del fumo dell’Etna.

- La redazione -

Andrea Camilleri, ospite da Fazio Fabio nella trasmissione della domenica sera su Rai1 Che Tempo Che Fa, ha espresso il suo pensiero sul periodo che stiamo vivendo, ricco di odio e rifiuto verso lo straniero, verso il “diverso”.

"In questo momento è una fortuna essere ciechi. Non vedere certe facce ributtanti che seminano odio, che seminano vento e raccoglieranno tempesta. Le parole della senatrice Liliana Segre sono parole sofferte e tutte da sottoscrivere. Stiamo perdendo la misura, il peso, il valore della parola. Le parole sono pietre, possono essere pallottole. Bisogna saper pesare il peso delle parole e soprattutto far cessare il vento dell’odio che è veramente atroce. Lo si sente palpabile attorno a noi. Ma perché l’altro è diverso da me? L’altro non è altro che me allo specchio. È di oggi la notizia di quel pazzo che entra in una sinagoga e uccide 11 persone urlando: “Gli ebrei tutti a morte!”. Ma ci si rende conto a che livelli ci abbassiamo quando non solo lo diciamo, ma siamo capaci di pensare questo. Peggio degli animali che hanno la fortuna di non parlare. Le parole della senatrice Liliana Segre dovrebbero essere dette e scritte all’ingresso di ogni scuola perché il terribile è che stiamo educando una gioventù all’odio. Il motivo? Perché abbiamo perso il senso dei valori. I veri valori della vita li abbiamo persi."

- di  M. C. -

Si inaugura domenica 4 novembre 2018 alle ore 16.30, il “Giardino di Salva” ideato e realizzato da Nino Abbate su un terreno confinate con il Museo Epicentro a Gala, frazione storica del comune di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina.

Dopo oltre un anno di lavoro su un terreno che non è più quello di prima Nino Abbate è riuscito a realizzare con profondo sentimento e omaggio verso sua compagna di vita e di arte Salva Mostaccio.

Si tratta di un’opera d’arte ricca di poesie, sculture e percorsi d’acqua, utilizzando pietre, fiori, acqua, alberi e parole. Elementi essenziali di ogni cultura, divenendo cosi un luogo spirituale e di riflessione unico nel panorama nazionale culturale sia per la caratteristica dei muretti a secco sia per la disposizione degli elementi materiali artisti e poetici disposti lungo i sentieri che creano una circolarità di comunicazione e di percorso.

Presenta Cristina Saja, interveranno: Nino Genovese, Marcello Crinò, Carmelo Eduardo Maimone, e Salva Mostaccio reciterà alcune poesie.

La redazione -

Continua a Barcellona il progetto “Adotta un vicolo”, promosso dal Network delle Associazioni culturali, che prevede la collocazione di una mattonella di argilla modellata dallo scultore Maurizio Calabrò riportante il nome popolare del vicolo. Sabato 27 ottobre è stata la volta di via Teatro vecchio, il cui nome popolare è “A strata di quaranta”, adottato dall’editore Pierangelo Giambra, poiché la sua famiglia affonda le origini proprio in questa zona. La serata è stata aperta alla presenza del coordinatore del Network Bernardo Dell’Aglio, dei presidenti delle associazioni aderenti al Network e degli assessori alla cultura Ilenia Torre e alla toponomastica Antonio Raimondo. Interventi di saluto del coordinatore Dell’Aglio, dei due assessori, dell’editore Giambra, di Felice Mancuso (Accademia Nino Pino Balotta), di Ilaria Cammaroto (Fi.da.pa.), Flaviana Gullì (Pro Loco Manganaro), Beppe Iacono (Lions).

 Foto Presidenti

Subito dopo sono iniziate le visite guidate a cura degli esperti della Genius Loci, Mimmarosa Barresi, Luigi Lo Giudice e Marcello Crinò, che hanno illustrato ai numerosi cittadini le caratteristiche del vicolo, attenzionando anche il contiguo vicolo Pozzo dei Goti. La zona è una delle più antiche della città, e proprio da queste parti nel 1463 il messinese Nicolò Goto impiantò un pozzo per necessità agricole, costituendo così l’atto di fondazione di Pozzo di Gotto, anticamente chiamata Pozzo di Goto. Per quanto riguarda il nome ufficiale, via Teatro vecchio, non esistono documenti ufficiali o resti architettonici che attestino la presenza di un teatro nel vicolo, ma sembra che ci sia un documento inedito dove si parla della presenza di un teatro quando la vicina via Garibaldi si chiamava via del Corso, quindi in epoca pre-garibaldina. Per quanto riguarda il nome popolare esistono varie versioni, tutte poco attendibili: l’esistenza di quaranta osterie (in realtà esistevano, e alcuni ci sono ancora) dei palmenti per la produzione del vino, oppure il numero legato alle quaranta carte da gioco, il cui gioco si svolgeva proprio nelle osterie, oppure la presenza di una famiglia numerosissima con quaranta persone! La serata è stata arricchita da esposizione lungo i vicoli di oggetti della cultura contadina, botti con il vino, preparazione di pane caldo con l’olio in un antico forno a legna.

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