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rfodale

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1865

Nov 29, 2024

 Uniforme Ordinaria Guardia Municipale - Di foggia molto simile alla precedente se ne differenziava solo per il colore: giubba nera con riporto rosso e pantaloni bianchi. Questa diversità di colore fu molto probabilmente adottata per diversificarle dalle guardie urbane preunitarie.

1854

Nov 29, 2024

- Uniforme Ordinaria Guardia Urbana - Completo in panno blu a doppio petto con doppia bottoniera dorata dove nelle grandi occasioni venivano apposte delle cordelline dorate; cinturone nero con daga e pistola; berretto a tubo di panno blu con lo stemma della città, il giglio borbonico e il numero di matricola della guardia. Nella grande uniforme tale berretto veniva sostituito dalla feluca piumata anch'essa in panno blu.

1845

Nov 29, 2024

- Uniforme Invernale Guardia Urbana - La Guardia Urbana indossava un completo di panno blu con cappotto "impenetrabile", bandoliera, giberna di cuoio nero e ghette bianche per i servizi di rappresentanza.  Durante la rivoluzione antiborbonica del 1848, anche a causa della critica situazione economica le Guardie Municipali non indossarono particolari uniformi sfarzose ma si  limitarono, probabilmente,  ad indossare le vecchie uniformi da guardia urbana modificate per l'occasione con l'aggiunta di una coccarda tricolore sul berretto, la sostituzione dei pantaloni con altri dal colore grigio-blu é, infine, con l'aggiunta sulla blusa di mostrine rosse.

1938

Nov 29, 2024

"L'uniforme militare nella concezione moderna nasce alla fine del XVII secolo con la creazione degli eserciti nazionali, costituiti per effetto del consolidamento delle grandi monarchie negli stati europei."

1838 -  Uniforme Ordinaria Capo Urbano - Capi e Sotto-Capi Urbani indossavano un abito blu con collaretto rosso, sulla giacca vi erano due gigli ricamati in oro come distintivo per i Capi, e solo uno per i Sotto Capi e distintivo a forma di coccarda rossa sul cappello a tre punte. Le Guardie Urbane indossavano anch'essi la giacca blu con collaretto rosso e il cappello con coccarda, in servizio erano munite di fucile con baionetta e cangiarro (coltello lungo) alla cintura.

 

 

Mostra Fotografica “Terremoto e dintorni”

Dal 27 dicembre 2008 al 3 gennaio 2009.- - Salone teatro Montalto

Sabato 27 dicembre

  • 17,30 Santa Messa-

  • 18,00 Incontro Culturale: “Messina negli anni del Terremoto.”

  • -Relatore : Alessandro Fumia “1908 gli effetti del terremoto”

  • Comunicazioni: Daniele Espro e Daniele Rizzo “ La lapide di Costanza D’Altavilla”

  • Giuseppe Cavarra: “Messinesità –Terremoto e luoghi comuni”;

  • Duo Gemelle Palazzolo - Sabrina e Simona – (Arpe)

    Prima giornata della "Settimana della memoria"

    Organizzata dall'Associazione Culturale Messinaweb.eu, si è tenuta presso il Santuario della Madonna di Montalto di Messina, la prima giornata della manifestazione "La settimana della memoria", per ricordare il tragico evento del terremoto che ha distrutto le città di Messina e di Reggio, esattamente 100 anni fa.

    I temi della serata sono stati discussi da Alessandro Fumia (1908 gli effetti del terremoto), da Daniele Espro, giunto a Messina direttamente

    da Abano Terme (PD) e Daniele Rizzo sul recupero dei Beni Monumentali (La Lapide di Costanza d'Altavilla), e da Giuseppe Cavarra (Messinesità - Terremoto e luoghi comuni". Non sono mancati momenti di intrattenimento musicale con le bravissime arpiste, le gemelle Sabrina e Simona Palazzolo che hanno proposto alcuni brani di musica classica, e la natalizia "Astro del ciel".

     

Domenica 28 dicembre 2008

  • 11.00 Santa Messa

  • 11.45 Targa Commemorativa in ricordo delle vittime del terremoto del 1908

  • 12.00 Corteo di commemorazione dal Santuario di Montalto al porto per deporre corona d’alloro.

    http://youtu.be/kcHvsieo3Jc

    Venerdi 2 gennaio 2009

  • 17.30 Vendita all’asta presso il Teatro del Santuario dei dipinti (n.20) dell’Estemporanea “arteicentro 2008”.

  • Il ricavato sarà devoluto al Santuario di Montalto.

    Sabato 3 gennaio

  • 17.30 Santa Messa

  • 18.00 “Montalto e la sua leggenda – Intervento di Pippo Pagano

  1. Le donne di Messina

  2. )Il sogno dell’eremita

  3. La Colomba Bianca

  • Concerto per :

  • Flauto (Giuseppina Giocondo)

  • Chitarra (Luciano Allegra)

  • Cantante (Serena Allegra )

  • Arpe (Duo Gemelle Palazzolo - Sabrina e Simona)

 

“Sono molto orgoglioso dei messinesi, che vivono e lavorano fuori con grande successo”, così scrive, assai bene, il valente Collega endocrinologo Giuseppe Turiano in un lucido articolo, che ha indotto “Tempostretto” ad organizzare una rubrica su “I migranti delle Feste”. E aggiunge, sommuovendo lo spirito di appartenenza: “Messina divenga un polo di attrazione culturale e lavorativa per giovani provenienti da altri paesi; principalmente la sua Università si faccia protagonista di un rinnovamento generale per la nostra realtà cittadina”. In linea con la necessità di spezzare la casta e le raccomandazioni, dopo anni di segno opposto, l’Ateneo messinese ha ripreso la via maestra della crescita, riconosciuta palesemente dai media.

Però un punto, rimasto in sordina nella sua tesi non è facile digerire. Proprio quel tropismo obbligato Sud – Nord, che si perpetua nei decenni, da un secolo all’altro: ieri partivano con valigie imbracate da laccioli e agrumi odorosi, oggi come gracili libellule vanno zigzagando con appresso PC e neuroni fosforescenti, non del tutti scevri del bisogno di odori, sapori, colori, trama umana promananti dalla terra d’origine. Fenomeno assai ingiusto che dissocia intere generazioni !

Le responsabilità sono varie, molte delle quali endogene, questo è vero. Ma lo Stato unitario dov’è ? La solidarietà e la sussidiarietà dove stanno di casa ? Ogni giorno quei principi ispiratori sembrano viepiù dileguarsi … Insomma il manto compassionevole, troppo facilmente dispiegato sulle ali della modernità interculturale e della via globale all’innovazione a mo di copertura di scelte sbagliate, antistoriche, avverse alla realtà geopolitica e geostrategica della Sicilia e della parte mediterranea della Penisola mi trova perplesso, riluttante. Alla fine conta il risultato di dare propulsione sempre, e in ogni modo, alle stesse macroaree nordiche del Paese. Milioni e milioni di migranti, più o meno obbligati, quanti miliardi di mancato reddito hanno sottratto al Sud ? Non mi dichiaro fortemente ostile all’idea di cercare il posto migliore dove vivere e lavorare per evitare di cadere nella visione manichea opposta, cioè di ghettizzare – sbagliando - la parte continentale della Penisola.

Il numero delle famiglie italiane a rischio povertà è diminuito sotto il Governo Renzi, ma il debito pubblico è aumentato: il che significa che il PIL – espressione di produzione di ricchezza – non è cresciuto o non cresce in maniera significativa da indurre benessere più diffuso … Infatti per l’anno corrente si prevede altra scrematura di 700-1000 Euro a famiglia. Il ragionamento da pater familias mi porta alla conclusione che dividere le famiglie in realtà depotenzia il Sud e, quindi, non migliora affatto la situazione dell’Italia nel suo complesso. Chi deve capire capirà ? Finora non sembra, danno ingiusto e malefico !

Cosimo Inferrera

Già direttore del Dipartimento di “Patologia Umana”

A. O .U. Policlinico Universitario “G. Martino” - Messina

 

-di Maria Teresa Prestigiacomo -

Intervistiamo il prof Giuseppe Rando dell’Università degli Studi di Messina, scrittore raffinato, in occasione della presentazione del suo libro, da parte della giornalista Patrizia Danze’, al Museo Etnoantropologico di Castanea, diretto dal dr Gerbasi.

Qual è l'obiettivo che intende perseguire questo suo libro?

In questo volume, tento un primo sondaggio di due fondamentali percorsi della letteratura meridionale tra Sicilia e Calabria: quello propriamente realistico (più conosciuto) e quello fantastico, che variamente si allineano, si alternano, s’intrecciano in opere significative di alcuni grandi scrittori delle due regioni, da sempre affratellate, ma qui, per la prima volta, accomunate nel solco della tradizione verghiana.

Quale capitolo desidera segnalare ai suoi lettori?

Nella prima parte (In Sicilia), ritengo sia particolarmente interessante il denso capitolo su Edoardo Giacomo Boner, un novelliere messinese, morto prematuramente nel terremoto del 1908, che ha onorato la città con la sua attività letteraria, tentando una difficile conciliazione tra il Verismo-Positivismo di Verga e le insorgenze dello Spiritualismo rinascente di fine secolo.

Cosa rileva, in particolare, nelle Novelle di Boner?

Esamino, una ad una, le novelle delle due raccolte (Racconti Peloritani e Sul Bosforo d’Italia) di Boner, sottolineandone il vigore stilistico ed evidenziando, del pari, la notevole perizia demo-antropologica dello scrittore, che recupera, nelle sue novelle, testi significativi della cultura popolare messinese (preghiere, proverbi, poesie, filastrocche).

“Oltre la barriera del naturalismo” ci incuriosisce: ce ne può parlare?

Costituisce la prima, approfondita analisi tematica, strutturale e stilistica delle due raccolte di novelle, decisamente antiveriste ed elettivamente dannunziane, di un altro grande messinese dell’Otto-Novecento, Giovanni Alfredo Cesareo: le libertine Avventure eroiche e galanti e le affascinanti Leggende e fantasie, che rappresentano il primo, vasto repertorio di leggende messinesi (da quella di Colapesce a quella della perduta città di Risa), redatto da uno scrittore messinese.

Non poteva mancare, certamente Camilleri che, ancora più attira il grande pubblico?

Si, infatti: il capitolo successivo è dedicato alla «trilogia fantastica» di Camilleri (Maruzza Musumeci, Il casellante e Il sonaglio), che illustra, nei modi seducenti della fiaba popolare, episodi salienti della storia e della cultura contemporanea: dalle nefandezze del fascismo al recupero della democrazia (grazie all’intervento in guerra dell’America e alla resistenza degli uomini liberi), alla rinascita della vita, insieme con la democrazia, nelle contrade siciliane, alla liberazione sessuale.

Riscontriamo, nel suo libro, anche un’ esaustiva indagine critica del bel romanzo verghiano-sciasciano di Bongiovanni?

Certamente, segue, quindi, nel mio libro, la prima, esaustiva, credo, indagine critica (con una interpretazione psicologica e storica di grande fascino) del bel romanzo verghiano-sciasciano del giovane scrittore messinese Giorgio Bongiovanni, Acqua tinta, imbastito attorno alla storia settecentesca della palermitana “vecchia dell’aceto”, che tiene alta la bandiera della letteratura nella disattenta città dello Stretto, affrontando, con le armi della mimesi linguistica e del discorso indiretto libero, temi di portata universale, come il rapporto tra bene e male, tra responsabilità personale e condizionamento ambientale, tra rivoluzione e tradizione.

Lei ha anche trattato la tematica della poetessa delle Case Basse ?

Si, è vero. La prima parte del volume si chiude con un denso saggio sulla produzione dialettale, in prosa e in versi, di Maria Costa, cuntastorie e puetadu mari, nata e vissuta nelle “Case Basse” di Paradiso, che ha esaltato con la sua poesia i valori eterni dell’onesta gente di mare messinese.

Ci parli della seconda parte del libro, professore

La seconda parte del libro (In Calabria) è un variopinto diorama della letteratura calabrese dell’Otto-Novecento: individuo, dapprima, la giusta posizione storico-letteraria dei Racconti calabresi di Nicola Misasi (tra Romanticismo e Verismo)

Nota della scrivente: il professore Rando offre, quindi, compiute analisi stilistiche delle opere del primo Alvaro (documentando soprattutto la genesi giornalistica e l’elaborazione di Gente in Aspromonte); indaga, poi, in termini nuovi, sul rapporto tra mafia e letteratura in Calabria da Padula ad Alvaro; coglie, di seguito, elementi di continuità tra le opere del primo e le opere dell’ultimo Saverio Strati; evidenzia, infine, per primo, dati comuni e differenze specifiche tra Horcynus Orca del siciliano D’Arrigo e L’ultima erranza del calabrese Occhiato, due grandi scrittori del Novecento, che hanno colto e rappresentato, nei loro romanzi, l’anima - realistica e fantastica - dello Stretto. Un libro da non perdere per chi ama le radici dello Stretto e intenda cogliere l’anima del luogo attraverso questi scrittori che non hanno conseguito oro ed allori come tanti altri ma non per questo siano meno pregnanti di contenuti e messaggi e metafore le loro opere-

Dove nasce Giuseppe Rando per scrivere, con tanto amore, degli scrittori dello Stretto?

Mi si lasci dire che vengo dalle barche del Faro, dal mondo dei valori concreti della gente di mare, dalla vita semplice e sudata dei pescatori, che forse il senso del dovere l’hanno acquisito– per secolare frequentazione - nel patrimonio genetico, e a me, insieme con altri … difetti, l’hanno geneticamente trasmesso. Sia come sia, non mi è mai pesato il lavoro – cioè lo studio, la ricerca, la scrittura, la pubblicazione di articoli, saggi, libri – come se la voglia di fare fosse, appunto, cosa naturale, genetica.

Non ho nominato la pratica dell’insegnamento tra le attività lavorative, perché, di fatto, non ho mai considerato un lavoro – men che mai un lavoro pesante – la (pure intensissima) attività didattica che ho svolto per un quarantennio, senza concedermi mai un giorno di riposo, di licenza, di congedo che sia: sconosco peraltro, del tutto, le delizie del cosiddetto anno sabatico. È che trasmettere le mie conoscenze agli studenti, coinvolgerli nella ricerca, portarli almeno alle soglie del mondo meraviglioso della letteratura, evidenziando parimenti la dimensione formativa dei testi letterari e l’incanto insostituibile del bello poetico, è stato sempre per me un piacere.

Come ritiene sia stata la sua vita?

Certo, non ho «attraversato la vita in carrozza», ma non mi stanco di ricordare ai giovani che, in una democrazia, sia pure «incompiuta» come la nostra, si può vincere (o non perdere), senza sgomitare e senza servire.

Cosa rappresenta per lei la didattica e la ricerca scientifica?

Voglio sottolineare che la didattica e la ricerca scientifica hanno sempre costituito, per me, un binomio inscindibile: il dialogo che intesso con i testi letterari, evitando ogni forma di impressionismo e curando, col supporto della storia e della filologia, di non violarne la personalità, prosegue, con identici intendimenti, nel corso delle lezioni frontali con gli alunni, che non ho mai considerato sacchi vuoti da riempire o clienti da imbonire, ma persone da rispettare ed aiutare, casomai, a crescere.

Certo, pur seguendo la lezione di molti maestricartacei, ho avuto la fortuna – o l’ardimento – di sottrarmi al “tutorato” di chicchessia, godendo sempre della più ampia libertà di ricerca, senza la quale non si ottengono, com’è noto, risultati duraturi a livello scientifico. Quanto dire che ho sempre contestato, e contesto, di fatto, con la mia vita, oltre che con il mio modo di intendere e praticare l’attività didattica e scientifica, una visione rozza e mistificatoria dell’Università come potere, privilegio, apparenza, rifiutandone decisamente tutte le lusinghe e pagandone, talora, di persona, l’inevitabile scotto.

Ci congediamo arricchiti, sicuramente, attraverso questa conversazione con il prof Giuseppe Rando…e per chi volesse acquistare una copia del libro?

Potrà farlo, telefonando al direttore del Museo etnoantropologico di Castanea dr Gerbasi tel 3927650307: su ogni copia venduta, sarà devoluta buona parte per opere di charity.

La scheda del libro? Autore G. RANDO, Vero e immaginario tra Sicilia e Calabria (da Verga a Occhiato), Pellegrini, Cosenza 2014.

 

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