A poterla vedere dall'alto la Sicilia potrebbe sembrare un immenso caleidoscopio. Sono i colori delle confraternite con le loro tuniche, mantellette e cappucci, dei figuranti dentro le rappresentazioni sacre, delle fiamme dei ceri e dei lucichii di catene, spade e corazze. E' la Settimana Santa. Che ad ascoltarla è invece un vortice di suoni dai canti gravi che in certi posti chiamano lamintanze, in altri ladate. Mentre le bande musicali eseguono praticamente ovunque marce in quattro quarti lenti, musiche aderenti ai giorni di Passione: marce funebri, se per caso non si fosse compreso. Che da queste parti, su quest'isola incantevole e spesso disperata, non hanno mai rattristato nessuno, nunzie come sono di giorni di festa. Cadenze lente, suoni leggeri come farfalle a evocare la rinascita della natura, la luce che vince il buio, la vita che trionfa sulla morte. In una sola parola, la primavera. Perché è solo con la primavera che può giungere Pasqua. Anzi, nel pieno rispetto della tradizione ebraica, nel corso del Concilio di Nicea del 325 d. C., la Chiesa intese esattamente collocarla alla domenica immediatamente dopo il primo plenilunio di primavera, quest’anno precoce. Era già quello il tempo della festa per gli ebrei. Quando il cibo era per loro prestabilito. Pane azzimo, primizie agricole e l'immancabile agnello, il capro espiatorio sacrificato in nome della prolificazione delle greggi, ossia la sopravvivenza per un popolo legato soprattutto alla pastorizia. Fu esattamente in quei giorni che si consumò il dramma della Passione. Sebbene la Chiesa intese conferire a quella festa ebraica, dei connotati propri legati alla rinascita del Dio-Uomo, chiamando quei giorni che vanno dalla Domenica delle Palme al Sabato Santo: Settimana Santa.
Così la Sicilia vive il suo tempo festivo. Dalle pendici dell'Etna fino a Marsala, con la sua rappresentazione vivente del Giovedì Santo. O da Palermo, con le sue quattordici processioni del Venerdì Santo,fino a Ispica, dove l' eterna rivalità tra Cavari e Nunziatari esaltano i giorni di Passione. Il Padre alla Colonna da un lato, il Padre alla Croce dall'atro; Santa Maria Maggiore o l'Annunziata, Giovedì o Venerdì Santo. Senza mezze misure e con la sortita alla Cava negli anni particolari come questo. E’ lì che scenderanno Cavari e Nunziatari coi loro simulacri (familiarmente, Culonna e Cruci) per via dell’anno giubilare.
Poi c’è il centro dell'Isola, tra il festaiolo di Caltanissetta e il misticismo di Enna. Giorni che si susseguono l'uno all'altro fino alla rinascita della domenica di Pasqua, qua e là rappresentata da un rituale uguale a se stesso nel quale la Madonna ancora ammantata a lutto a un certo punto incontra finalmente il figlio risorto.
A Castevetrano e a Mazara del Vallo sarà l' Aurora, scontru a Ferla, giunta a Barrafranca e a Caltagirone dove un gigantesco pupazzo nelle sembianze di san Pietro si muove con una certa speditezza tra Gesù e Maria, annunciando l'avvenuta resurrezione. A Monterosso Almo tale momento diventa ncrinata; u'ncuòntru a Modica, dove è anche Madonna vasa vasa, paci a Giuliana, affruntata in altri posti. Ma sostanzialmente è ovunque la medesima rappresentazione, si diceva, carica di segni, teatralità, coreografie. Le varianti rituali saranno più e meno evidenti, praticamente dettagli.
A Scicli, per esempio, il Cristo risorto è una statua di robuste e belle fattezze, è un uomo nello splendore dei suoi anni. Quel simulacro sembra volere evidenziare davvero la forza fisica dell'Uomo-Dio, tanto da essere popolarmente chiamato Omu vivu. Ma anche Gioia. Entra in scena alla mezzanotte del Sabato Santo, quando in un contesto di grande, incredibile fragore emozionale, nella chiesa di S. Maria La Nova cala il telo dietro al quale spunta l'amato e osannato Omu Vivu. Ecco, questo momento a Scicli è chamato 'a Risuscita. Nella stessa notte in cui a Ferla le sciaccarate accompagnano la corsa d' u Gesummaria dalla chiesa di S. Sebastiano al convento dei Cappuccini. La Resurrezione è dunque avvenuta. E prende il via 'a Madonna 'o scontru. Le sciaccare, ossia i fasci di ampelodesma accesi sono le fiaccole di questa notte, l'inconscia e attesa catarsi dei transiti stagionali nei quali si richiede la magia del fuoco scacciamali mentre 'u Gesummaria corre e lo farà anche a mezzogiorno quando si incontrerà con la Madonna, curiosamente, iconograficamente, una Immacolata.
Come a Comiso sarà un'Annunciazione (un gruppo scultoreo con la Madonna e l'angelo) a incontrarsi con il Risorto. Ma anche questo ha poca importanza innanzi al cosiddetto tempo "rappresentato", che si svolge cioè in quel momento e che non è commemorato ma vissuto nel tempo rigenerato. Che rispetto alle altre feste nella Pasqua ha un valore diverso, assoluto. Nel suo ciclo lungo otto giorni. Dall'ingresso trionfale a Gerusalemme alla Resurrezione attraverso il transito dalla Morte.
A Sortino 'u nummu ru Gesu aveva rischiarato la notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo con le farate a lui dedicate. Nel giorno del gran lutto la rigenerazione della vita avanza a partire dalle quattro del mattino dalla chiesa di S. Sofia. Si tratta di un Cristo alla Colonna profondamente amato dalla gente del posto. La processione dura tre ore ed è semplicissima. Ma di grande fascino e di una suggestione amplificata forse dal fuoco di quei falò che chiamano, appunto, farate.
Durante il suo tragitto il simulacro sosta in diverse chiese tra le quali quella di Montevergine dove le suore benedettine di clausura, da dietro le grate intonano il canto struggente del Miserere.
Quando poco oltre le sette del mattino la processione rientra nella chiesa di S. Sofia, ovunque si avverte l'atmosfera unica e inconfondibile del Venerdì Santo.
A Niscemi, per esempio, elementi delle rappresentazioni figurate convivono con i simulacri delle processioni. Un Cristo portante la croce viene avviato verso il Calvario nell'ufficialità di una processione solenne. Si tratta di un Cristo realizzato in pelle di antilope che poi viene spogliato dalle vesti e crocefisso.
In simili mescolanze di teatralità e mute rappresentazioni, a Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, la processione del Venerdì Santo prevede tre distinti momenti: l'incontro tra Gesù e san Giovanni, tra Gesù e la Veronica che gli asciuga il volto e infine tra Gesù e la Madonna.
Un'ora prima della processione viene nominato il "Maestro incappucciato"destinato a guidare il corteo alla volta del Calvario. L'identità dell'uomo viene resa nota soltanto alle Forze dell'Ordine.
Il cataletto con il Cristo Morto uscirà a sera. Ma di simulacri del Cristo Morto, quasi sempre seguiti da Maria Addolorata, in questo giorno la Sicilia è piena.
Tra il centro e la periferia la sola Palermo ne propone addirittura quattordici, si diceva. Tra le più rilevanti quelle degli antichi Quattro Mandamenti della città: la processione dei Cassari e quella dei Cocchieri che una volta si facevano al mattino, che esce dalla chiesa di S.Nicola da Tolentino nella centralissima via Maqueda.
Degna di menzione, per l'incomparabile bellezza della Vergine Addolorata e la corale partecipazione cittadina, la processione che frattanto si svolge a Marsala; sebbene di maggior richiamo risulti quella figurata del Giovedì Santo. Tale processione, detta dei Misteri (sebbene le abbiano inspiegabilmente cambiato “insegna” chiamandola “Sacra rappresentazione della Passione e Morte”), risale addirittura al 1580 , sebbene con varianti assorbite dai secoli, viene organizzata dalla Confraternita di S. Anna. Un elevatissimo numero di comparse rappresentanti quadri della Passione e Morte, sfilano tra le strade di Lilibeo a partire dalle ore 13,00 fino al tramonto. Il corteo è chiuso dal simulacro del Cristo Morto e da un'Addolorata realizzata su copia della più pregevole, venerata (e trasformata dopo un irriguardoso recente restauro) statua che va in processione il giorno dopo.
Siamo qui nell'estremo lembo della Sicilia Occidentale, dove i giorni della Settimana Santa conservano ed evidenziano una meravigliosa mistura tra il luttuoso e la festa. Come a Trapani, durante le sue processioni, dal Martedì al Sabato Santo, da quella della Madonna dei Massari fino al rientro dell’Addolorata che chiude la ultrasecolare processione dei Misteri: diciotto gruppi statuari seguiti dai simulacri dei Gesù Morto e di Maria.
Il modo di vivere e di celebrare la Settimana Santa in Sicilia insomma, non è esattamente uguale da un posto all'altro. Non sempre, inoltre, i valori rituali risultano pienamente conservati. O forse nuovi significati sono stati mutuati nelle pur secolari cerimonie puntualmente proposte ogni anno. Ma gli intimi significati dei riti della Settimana Santa rimangono più o meno inconsapevolmente avvertiti tra i partecipanti a vario titolo delle varie manifestazioni che agitano città e paesi, centri grossi e piccoli.
La vita predomina sempre su tutto. Questo almeno è certo o di questo magari ci si illude.
Anche a Pietraperzia, vicino a Enna, e di Venerdì Santo. Al tramonto, dalla chiesa del Carmine, esce 'u Signori di li fasci.
Il grande albero della vita è una lunga trave di legno alla cui sommità svetta il Crocefisso posto sopra un globo policromo sotto al quale, da un cerchio di ferro, si diramano le fasce. Si tratta di oltre duecento strisce di lino bianche, spesso ricamate, larghe circa quaranta centimetri e lunghe trentasei. Ciascun fedele, per ragioni di voto, ne regge il lembo. L'effetto è stupefacente, perché le fasce creano una sorta di cono destinato ad allargarsi e a restringersi in base all'ampiezza delle strade percorse. Pietà e Misericordia, Signuri ! è l'invocazione destinata ad accompagnarne il cammino fino a notte fonda, assieme ai vocalizzi dispensati dai ladatura. Sviscerare significati e simboli di questa processione richiederebbe non poco spazio, tuttavia l'albero rappresenta la forza universale che rigenera il tempo. E le feste di Pasqua insomma, rimangono prepotentemente legate al concetto rigenerativo dove fondamentale è il passaggio dal disordine, dallo scontro tra le forze del bene e del male.
Significativo lo scorrazzare dei Giudei di San Fratello, nel Messinese.
Strombazzano, sgambettano, producono rumori. Vestiti di una singolare giubba rossa e gialla, coprono il volto con un cappuccio rosso sopra il quale un buffo elmetto, dichiarandosi gli uccisori di Cristo. Trionfano nei giorni di Giovedì e Venerdì, quando il Cristo, infatti, è momentaneamente morto, assente dal mondo.
E' lo stesso principio che ci riconduce alla domenica di Resurrezione, poco prima dei numerosissimi incontri sparsi in tutta l'Isola, tra Gesù e Maria.
Ad Adrano, per esempio - come del resto a Prizzi dove la pantomima prevede due diavoli e la figura della morte - i diavoli tentano di imporre il male ostacolando il momento topico della simbologia pasquale.
I diavulazzi di Pasqua, che sono cinque ed escono da una botola,intenderebbero ammaliare gli uomini nel corso di una rappresentazione inscenata su un palcoscenico allestito nella piazza principale del paese, indicando, mostrando agli spettatori la tomba vuota.
Il finale? Scontato quanto vogliamo, comunque il deus ex Machina è san Michele il quale, ovviamente, sconfiggerà le forze del male mentre, intorno alla rappresentazione di Adrano, non mancano i classici simulacri caratterizzanti la giornata. Il Risorto e l'Angelo (l'Arcangelo Gabriele) escono dalla chiesa del SS. Salvatore per recarsi alla Chiesa Madre dov'è il simulacro di Maria. Finita la "Diavolata" andranno in processione tutti e tre.
La rappresentazione di Adrano è tratta da un dramma datato 1752, scritto da Don Anselmo Laudari; l' "Angelicata"ossia la seconda parte, è stata introdotta nel 1980 e non è chiaro se tale aggiunta rientrasse negli intendimenti dell'autore.
Ma innovazioni più o meno necessarie, aggiustaggi e correttivi, non sono cosa rara nel panorama festivo siciliano. A Prizzi, l'incontro (ostacolato dai diavoli) una volta unico, viene oggi proposto cinque volte, non più di mattina ma nel pomeriggio.
Niente male per chi dovesse trovare nei paraggi. Singolari e maestosi sono infatti gli archi di Pasqua a San Biagio Platani, frutto della creatività e del certosino lavoro dei Signurara e dei Marunnara. Un ennesimo dualismo. Ancora. Gli archi sono costruiti con le canne, i pani, i datteri; rosmarino e agrumi per le decorazioni. Strutture monumentali sopra le quali svettano, ancora più in alto, cupole e campanili finti; sotto pendono lampadari realizzati con ceci, fagioli, gusci di lumache, per l'intera lunghezza della strada. Il corso principale è diviso simbolicamente (e materialmente) in due dalla chiesa Madre. Lo si capisce dalle bandiere poste fra gli archi, in cima ai campanili. Rosse per i sostenitori del Signore, azzurre per i devoti della Madonna. Verso mezzogiorno la Madre spunta sotto gli archi costruiti per lei, il Figlio sbuca esattamente dal lato opposto. All'altezza della chiesa madre l'incontro conclusivo, tra colombi e battimani.
La chiara mattina della Domenica della Domenica delle Palme sembra un ricordo lontano, quasi sbiadito. Ma è una constatazione che rammarica i siciliani. Perché esattamente fra le palme e gli ulivi da benedire che avevano dato inizio alle Feste di Pasqua.
(Le foto dei Misteri di Trapani sono di Rosario Fodale)