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San Francesco All'Immacolata

Nel 1222, o forse anche prima, inviati dal Serafico Padre Francesco d'Assisi, giunsero a Messina i primi Frati Minori, che presero stanza nel quartiere S. Leo, nel lato Nord della città, fuori le mura. Successivamente fu loro offerto un terreno lungo il torrente Boccetta, dove si costruirono un piccolo convento con annesso Oratorio. Qui approdò qualche anno dopo Fra' Antonio da Lisbona;, divenuto poi S. Antonio di Padova, la cui nave in rotta verso il Marocco, fu risospinta dai venti nel porto di Messina; e qui il santo, frate dimorò per qualche tempo lasciando di sé largo ricordo nella cittadinanza per la predicazione, per gli esempi di virtù e per i miracoli operati.

Furono questi frati che nel 1254, sostenuti da nobili e ricchi messinesi, iniziarono la costruzione del grandioso tempio, che doveva essere il maggiore della città, dopo il Duomo, e la cui prima pietra fecero benedire dal Papa Alessandro IV. Esso fu dedilcato a S. Francesco e fu il primo eretto in suo onore in terra di Sicilia, appena 28 anni dopo la sua morte.

Antonello doveva essere orgoglioso di questo tempio della sua città se ne ritrasse le grandiose absidi nel quadro della Pietà che si conserva nel museo Carrer di Venezia.

Al titolo di S. Francesco si sarebbe aggiunto in seguito quello dell'Immacolata, e ciò in considerazione del culto particolare che nel tempio si svolgeva in onore della Santa Vergine (il Samperi elenca una dozzina di immagini della Madonna sotto vari titoli) e soprattutto in grazie di una cappella fatta erigere dal Provinciale dei Minori Conventuali nel 1'581 in onore dell'Immacolata Concezione, sotto il cui titolo sorse pure una Confraternita che ne curava la celebrazione della festa I'8 Dicembre. A questo proposito, il Gallo, nell'«APPARATO AGLI ANNALI», mette in evidenza come il popolo messinese nutriva particolare devozione verso la Santa Vergine sotto il titolo di «Immacolata Conceziane». Parla di «tante chiese e cappelle erette in onore della Beatissima Vergine sotto questo titolo» e informa che vi era anche una porta della città a Lei dedicata. Ricorda persino come il Senato e l'Università avevano assunto l'impegno di difender questo privilegio della Madonna, che solo nel 1854 fu definito come domma di fede dal Papa Pio IX.   

Sul primitivo impianto della Chiesa, dalle nitide linee siculo-gotico-normanne, sì sbizzarrì in seguito la fantasia dei secentisti, che la deturparono con esagerata dovizia di stucchi e di colori, ma veniva anche arricchita di pregevoli opere di rinomati pittori, quali Antonello Riccio, Stefano Giordano, Andrea Subba, Catalano l'Antico, Mario Mennifi, Mariano Rizzo, Alfonso Rodriquez, Vincenzo Romano, Francesco Paladino e altri: sono appunto gli autori delle immagini ricordate dal Samperi.

Un furioso incendio, però, nel 1884, distrusse le sovrastrutture barocche, ma con esse anche ciò che di valido l'arte dei pittori messinesi e il mecenatismo nobili famiglie aveva racchiuso tra quelle mura: distrutte anche le tombe di del Re Federico III d'Aragòna e di Elisabetta, sua madre, che al tempio avevano conferito il titolo di Cappella Reale, così come le tombe dell' Ammiraglio; Angelo Balsamo e di altri illustri personaggi, benemeriti della costruzione e dell'arricchìmento del grande tempio.II restauro dopo l'incendio ripristinava le linee originali.

Frattanto le leggi eversive del 1866 avevano confiscato il grandioso convento, opera dell'Architetto Giacomo Minutoli e lo avevano destinato a uffici dell'Intendenza di Finanza.

Una più grave distruzione subiva nel terremoto del 1908. La ricostruzione fu eseguita su progetto dell'ing. Antonino Marino, approvato il 27 luglio 1925, e sotto la sorveglianza della Soprintendenza ai Monumenti, per garantire all'edificio, il più possibile, l'aderenza alla precedente costruzione, non solo nelle linee architettoniche, ma anche nella utilizzazione degli elementi recuperati dalle macerie. Furono, infatti, utilizzati, nelle absidi, nei portali e nel grande rosone della facciata i conci originali, appositamente recuperati. La ricostruzione fu fatta dalla ditta Fratelli Cardillo dal febbraio 1926 al novembre 1928, e costò circa sette milioni.

Oggi il tempio si presenta grandioso e semplice.

All'esterno la caratteristica principale è offerta dalle imponenti absidi medioevali, cui slancio maggiore conferiscono le finestre incassate. All'interno la grande unificata navata (m. 44 di lunghezza) è segnata ai lati dal susseguirsi degli archi ogivali delle numerose cappelle; il grandioso arco trionfale, slanciatissimo e anch'esso a sesto acuto, si apre sul transetto can la visione delle tre absidi snelle e di grande eleganza, contrassegnate, anche all'interno, dalle nervature ricostruite, pietra su pietra con i conci originali.

II soffitto è ligneo. Nel sacro tempio non ci sono più opere d'arte. A ricordare l'antico splendore c'è solo la cappella prospiciente l'ingresso secondario , con la statua argentea dell'Immacolata, opera di argentieri messinesi del secolo XVII.

Una statua marmorea di S. Antonio di Padova, recuperata dopo il terremoto nel chiostro del convento annesso al tempio, giace negletta, tra le erbe nella spianata del Museo Nazionale.

Nella piazza antistante il prospetto principale, nel 1965 è stata eretta una statua bronzea di S. Francesco d'Assisi, opera dello scultore messinese Antonio Bonfíglio.

Dal libro "Chiese di Messina-Storia, Arte e Tradizione" di Giuseppe Foti

Ultima modifica il Domenica, 16 Ottobre 2016 13:49
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