Una moneta che diede adito a speculazione con il passare dei secoli fu lo Skifato, cercato e utilizzato dai Messinesi nel mercanteggiare sulle mercanzie introdotte dagli stranieri nel suo porto falcato. Fin dal tempo in cui Ruggero II - re Normanno di Sicilia - ebbe trasformato il porto di Messina come l’emporio principale dei traffici commerciali del suo regno, gli operatori di cambio recuperarono l’uso di questa moneta, conosciuta al tempo degli Arabi.
Successivamente tutti i Re Normanni e gli Svevi, dopo di loro, concentrarono in questo porto le maggiori transizioni commerciali, oggi dette estero su estero, utilizzando lo Skifato come moneta internazionale per giungere a un buon fine negli affari.
Il talentum skifatum, secondo una memoria di Johan Goffrid Ulrich, era una moneta arabo-sicula che ebbe corso legale in Sicilia; in Puglia ed Amalfi ebbe corso legale dal secolo IX° al secolo XI°. E’ stato tollerato a Venezia nei secoli X° e XI°: nonchè a Pisa dal IX° al XII° secolo e pure a Siena e a Genova nel secolo X° con valore diverso.
Presso il Medio Oriente e gli stati dell’Africa mediterranea si valutava per 4 tarì.
L’Ulrich da una nota manoscritta Genovese, segnalava che era possibile specificarne il relativo cambio in oro puro, pari a grammi 2,800: calcolati con il computo del suo tempo 1850 e pari a fiorini 9,6444. Però lo Skifato in corso in Italia e in Francia dal XIII° al XIV° secolo aveva valore diverso, giacchè oggi per lo scrivente ( XIX secolo) uno Skifato equivarrebbe a 8 tarì, pari a lire 16,24
Alessandro Fumia