- di Marco Giuffrida -
Si, ho assistito ad un Miracolo!
Non ricordo come e perché, ma circolò la notizia che presso la chiesa di Montalto sarebbe arrivata da un paesetto della Provincia una giovanissima Veggente.
Il giorno annunciato, già al mattino presto, la mia famiglia si unì alla marea di gente che dalla periferia si dirigeva al Santuario. Una processione lenta ed affollatissima da cui ad un tratto ci staccammo e, per non so quali vie o scorciatoie, arrivammo proprio vicinissimi all’ingresso della Chiesa. Una posizione, malgrado la folla, di vero privilegio.
E la vidi arrivare, la Veggente!
Una giovanissima.
Una bambina, con una tunichetta azzurra, accompagnata dalla madre e dal padre e da un numero incredibile di persone che uscirono da una macchina arrivata lì vicino chi sa come, vista la confusione che regnava. La polizia stentava a trattenere i molti che volevano toccare quell’essere piccolo dai grandi occhi neri e dai capelli lunghi e corvini.
Stendevano la mano verso “a Santuzza” mano che, rapidamente, tiravano indietro e baciavano a ripetizione.
Il drappello, accolto da alcuni preti con i paramenti, entrò nella chiesa affollata.
Poco dopo, quasi un gigantesco e sconnesso eco, le preghiere recitate all’interno del Santuario venivano ripetute anche all’esterno.
In un latino che, via via si approssimava, le orazioni fuoriuscivano dalla chiesa e, come un’onda, di spandevano verso le file più esterne e lontane della folla.
Il coro di Ave, di Pater e delle Litanie durò fino a poco prima del mezzogiorno.
Poi, improvviso, scese un profondo silenzio che durò un tempo che, a tutti, parve interminabile.
Ad un tratto, sulla soglia della chiesa, apparve la Veggente accompagnata dai sacerdoti e, dietro, dai genitori.
La bambina confabulò con il gruppetto di prelati e laici, infine tese la sua piccola mano ed indicò il Cielo. Il Sole......
Le “retrovie” tendevano a spingere e la folla, in un silenzio incredibile, ondeggiava.
I volti e gli occhi di tutti, man mano, incautamente, si protesero verso il sole e le mani si alzarono a riparare e proteggere, per come possibile, dai raggi cocenti e penetranti.
Nulla!
Nulla!
Nulla!
Poi, chi sa da chi, chi sa da dove, un’invocazione, un urlo:
“Madunnuzza!.......”
“U suli! U suli.... U suli casca!”
E tutti vedemmo il disco infuocato ruotare, abbassarsi, e poi tornare al suo posto.
Una volta.
Due volte.
Tre volte.
La bambina, nella sua tunichetta azzurra, le mani giunte, sembrava totalmente assente, come in un altro luogo.
Poi un altro grido. Una donna, lì, vicino a noi, che urlò, malgrado il tentativo di un poliziotto di zittirla:
“U suli! U suli cancia culuri!!”
E, tutti, vedemmo il sole diventare dapprima giallo intenso, poi verde, poi bianco e poi blu.
Sempre ruotando e sempre abbassandosi per ritornare, per fortuna, sempre al suo posto.
“U suli! U suli!” il grido ricorrente.
Tutti per un pezzetto a testa in alto ma senza altre segnalazioni di mutamenti della nostra Stella.
Il silenzio per qualche istante la fece da padrone poi, pian piano si trasformò in mormorio...
“U Miraculu..... u Miraculu..... a Maddunnuzza fici u Miraculu”
E, ad un tratto, il mormorio si trasformò in preghiera...... e da preghiera in brontolio e poi in vociare.
La bambina fu riportata dapprima in chiesa e, poco dopo, caricata con la famiglia, all’interno della vettura che, con l’aiuto dei tanti poliziotti presenti, riuscì ad aprirsi un varco per scendere verso la città e dirigersi, si disse, verso il paesetto d’origine, lì, nell’entroterra, oltre Ganzirri, Capofaro e Mortelle.
Al passaggio dell’auto, sempre quelle braccia tese, la mano, dapprima alla bocca, lanciavano un bacio per poi, rapidamente, tornare alla bocca.......
Tornammo verso casa tenendoci vicini per non essere separati dal flusso della marea di gente.
Molti avevano gli occhi rossi: per la commozione o, forse, per aver guardato troppo il sole ....