- di Mirella Formica -
La realizzazione della Fontana di Orione è in stretta connessione con la costruzione del primo acquedotto messinese poiché, vista la necessità nel XVI secolo di un maggiore approvvigionamento idrico, fu indi-pensabile canalizzare le acque del Camaro. Il progetto ideato dall'architetto Francesco La Cameola venne iniziato intorno al 1530 e l'impresa risultò alquanto ardua a causa del perforamento di gallerie attraverso i colli Peloritani. L'inaugurazione fu celebrata nel giorno della solenne festività del Corpus Domini del 1547, dinnanzi al Magistrato ed alla cittadinanza riunita nella piazza della Cattedrale, allora Piano di Santa Maria la Nuova. Tra i molteplici festeggiamenti, le acque allacciate alla nuova conduttura ed introdotte per la porta dei Gentili furono viste scorrere da una piccola fontana provvisoria fino a quando al suo posto venne
L'arrivo del Montorsoli a Messina determinò un rinnovamento in tutta la cultura siciliana del Cinquecento. L'artista nel settembre del 1547 era già a Messina insieme all'allievo Martino Montanini. Assunta la carica di capo mastro scultore di fontane con lo stipendio di onze 110 e provvisto di alloggio a spese della città, provvide subito all'acquisto di marmi di Carrara e di altri blocchi che poté trovare a Messina. Questi vennero depositati nei magazzini della Munizione ed egli cominciò insieme ai lavoranti a preparare i vari pezzi della fontana, la quale doveva rappresentare il trionfo di Orione mitico fondatore della città, l'antica Zancle. Attesta il Vasari che l'opera venne "con molta prestezza ultimata" ma, nonostante ciò, trascorsero sei anni prima che la fontana potesse essere collocata nella piazza, come si ricava da una epigrafe datata 1553 scoperta nella galleria sotterranea del medesimo fonte. L'iscrizione conferma la data riportata dal Maurolico, contraria-mente a quella dell'anno 1551 sostenuta dal Buonfiglio. .
Lo schema compositivo della fontana, a forma di piramide, con le coppe sovrapposte versanti acqua su di uno stelo variamente decorato, e con in cima un gruppo statuario, era allora un elemento acquisito alla decorazione rinascimentale, e non mancavano esempi illustri donatelliani e verrocchieschi nei cortili dei palazzi fiorentini. Preziosi antecedenti dell'Orione potrebbero anche riconoscersi in quelli della fontana del Giardino dei Boboli e delle due fonti della Villa del Castello a Firenze, create da Nicolò Pericoli detto il Tribolo. Ma nella fontana del Montorsoli, se lo schema compositivo non è difforme da questi precedenti, assai maggiore è l'armonia degli elementi volumetrici e strutturali e la grazia delle decorazioni, che adeguandosi alla concezione letteraria che sta al. sottofondo del l'opera, si risolvono in ritmi e modulazioni assai eleganti.
La fontana è dedicata al mitico gigante Orione al quale una favolosa tradizione attribuisce la fondazione della città. Su di un basamento poligonale di dodici lati sono quattro vasche dentro le quali versano acqua dalle anfore quattro statue maschili, adagiate sul fianco. Esse rappresentano quattro fiumi: il Nilo, il Tevere, l'Ebro ed il Camaro. Il bordo della vasca è ornato di formelle rettangolari ed ovali raccordate da cornici ed elementi decorativi. Sotto ogni simulacro fluviale sono apposti distici latini che illustrano i simboli ed i bassorilievi scolpiti; ai lati di ognuno di essi sono due targhe ovali anch'esse istoriate.
Nella formella sotto la statua che simboleggia il Nilo è scolpito il fiume come gigante disteso tra palme e canne, con sette puttini (le sette bocche del delta) variamente posti, forse ispirato dall'ellenistico Nilo dei Musei Vaticani; nelle targhe ovali è rappresentato il pastorello Aci (l'amante di Galatea) lapidato da Polifemo, da una parte, e dall'altra l'idillio di Pomona e Vertumnio. Sotto la statua del Tevere è incisa la lupa con i gemelli e nelle targhe contigue Narciso trasformato in fonte e Atteone trasformato in cervo di fronte a Diana, candidamente nuda al bagno. Poi, sotto il fiume Ebro sono scolpite l'Aquila spagnola e le Colonne d'Ercole (emblema di Carlo V), Atlante da una parte e dall'altra Ercole e le Ninfe nel Giardino delle Esperidi; nelle targhe Pegaso che sale in Elicona per farvi sgorgare 1'Ippocrene, ed Europa rapita dal toro. Sotto la quarta statua, raffigurante il Camaro, assai modesto torrente messinese di fronte ai grandi fiumi, è scolpita una porta della città con una immagine femminile rappresentante Messina in atto di invitare il fiume ad immettersi; nelle formelle è narrata la storia di Frisso ed Elle sull'Ariete d'Oro mentre sprofondano nelle acque marine che poi dai lei presero il nome di Ellesponto. Le figure che sono rappresentate nelle formelle si ispirano, per lo più, a soggetti tratti dalle Metamorfosi di Ovidio.
Otto mostri marini in pietra scura completano e ravvivano con la diversa tonalità di colore la conca marmorea. Al centro della vasca quattro sirene alate decorano gli angoli della base quadrata, i cui lati sono ricoperti dalle ali dispiegate e dalle code ricurve delle quattro figurazioni acquatiche. Su di essa poggiano altrettanti tritoni-cariatidi, con le braccia converse sopra la testa e le code intrecciate, che sostengono una prima coppa ornata con motivi rinascimentali, e quattro Meduse, le cui chiome si intrecciano sull'orlo circolare della coppa. Dalla coppa emergono tre Najadi, che con aggraziato movimento di danza reggono la seconda tazza, anche questa decorata con motivi rinascimentali. Nella parte superiore quattro puttini a cavallo ai delfini reggono un globo sul quale si eleva Orione, col cane Sirio, la mano destra aperta in segno di saluto e la sinistra appoggiata allo scudo, nel quale campeggia lo stemma di Messina.
Mano a mano che la struttura della colonna si sviluppa verso l'alto, le sculture diminuiscono in dimensione ed aumentano in tensione e movimento. Da una posizione statica delle sirene, si passa all'intreccio delle code dei tritoni che impediscono qualsiasi movimento e gradualmente la corposità perde ogni pesantezza per assumere leggerezza di ritmo nelle figure sottili ed aggraziate delle Najadi sino ad arrivare al culmine dell'azione con la sfrenata cavalcata sui delfini dei piccoli putti che con grande vivacità tengono aperte le loro bocche permettendo all'acqua di zampillare.
II movimento e la posizione delle braccia innalzate delle varie figure per sostenere le coppe, guidano l'occhio dell'osservatore direttamente all'apice della fonte per enfatizzare maggiormente il trionfo di Orione.
La fontana attraverso la scenografica utilizzazione del marmo e dell'acqua, diviene depositaria di svariati messaggi in un medesimo contesto. Così la fontana di Orione, per la sua teatrale monumentalità, si rifà alla tradizione romana dei monumenti trionfali intesi come celebrazione permanente, e le figurazioni acquatiche che la compongono assumono i connotati di sculture parlanti, comunicando messaggi mitologici, storici e politici celati nella rappresentazione allegorica. Inoltre essa si inserisce perfettamente nella politica autocelebrativa del senato messinese dedito alla creazione di una fastosa immagine della città, che coinvolge il pubblico nel meccanicismo psicologico dello stupore, inducendolo alla riverenza.
La scelta dei fiumi e delle sculture raffigurate nella fontana esplicita un preciso contesto storico e geografico: l'Ebro, principale fiume dell'Aragona viene inserito in omaggio alla corona spagnola; il Nilo, emblema della civiltà egiziana; il Tevere, simbolo dell'antico impero romano ed infine il Camaro, fiume di Messina, quale anima della fontana.