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Forte S. Salvatore Zona Falcata Messina Via S. Raineri - Zona Falcata Comando Militare Marittimo Autonomo in Sicilia

FORTE S. SALVATORE Forte S. Salvatore, edificato nel 1546 sulla punta estrema della penisola di S. Raineri che chiude il porto di Messina, fa parte, insieme alle Mura e ai forti Castellaccio e Gonzaga, del sistema difensivo cinquecentesco voluto dall'imperatore Carlo V d'Asburgo e realizzato dall'ingegnere militare Ferramolino da Bergamo. Il forte, ricavato su una striscia di terra stretta e lunga, si adatta in maniera straordinariamente pragmatica allo stato dei luoghi. Era costituito in origine da due bastioni - uno rettangolare non più esistente, l'altro pentagonale - posti a oriente, ai lati dell'ingresso e collegati con lunghe mura rettilinee ad un baluardo a pianta circolare (conosciuto come forte Campana) adibito a polveriera e batteria di tiro, strategicamente rivolto verso il porto, l'abitato e l'ingresso alla città dal mare. Il complesso fortificato prese il nome ed il posto dell'omonimo preesistente monastero basiliano, importante centro religioso e culturale di epoca medievale (eliminato e trasferito poi alla foce della fiumara dell'Annunziata) e probabilmente ingloba all'interno del baluardo circolare il basamento dell'antica torre di S. Anna, già nota al tempo dei Vespri (1282). La chiesa annessa al monastero (di cui non si conosce l'esatta ubicazione), inizialmente mantenuta, bruciò nel 1549. Riadattata e nuovamente aperta alla devozione dei fedeli, fu successivamente trasformata in cappella militare e chiusa alla cittadinanza. Se ne perse traccia tra il Settecento e l'Ottocento. Da alcune vedute rilevate intorno al 1565 si evidenzia inoltre la presenza di ulteriori elementi preesistenti non citati dalle fonti letterarie, sicuramente rimossi però già nel 1614. In quell'anno, infatti, vengono effettuati dei lavori di adeguamento: l'ingresso viene spostato nella sede attuale, ornato da un arco bugnato e sormontato da una iscrizione in spagnolo (che riporta anche la data dei lavori) con lo stemma reale. Forse nella medesima occasione furono introdotti il fossato ed il ponte d'accesso (entrambi in uso fino a tutto l'Ottocento e poi cancellati) e la porta della polveriera, costituita da un sistema ad arco bugnato e colonne ioniche addossate, sormontati da un cornicione. Dovrebbe essere invece appena successivo, e comunque sempre seicentesco, l'inserimento dei due baluardi pentagonali tra i muri di collegamento dei bastioni orientali con il forte Campana. Altre modifiche si riscontrano intorno al 1840 quando, per posizionare nuove e più potenti artiglierie, viene ampliato il camminamento esterno al porto con la costruzione di una nuova cortina parallela alla preesistente. Il disastro del 1908 provoca danni notevoli al muro ed ai baluardi rivolti verso la città, poi demoliti, e lo stesso bastione circolare subisce dei crolli, tuttavia limitati. Nel 1934 il sito del S. Salvatore viene simbolicamente "reinventato" dall'Arcivescovo di Messina mons. Angelo Pajno, che fa costruire una stele votiva dedicata alla Madonna della Lettera, patrona della città. Su progetto dell'ingegnere Francesco Barbaro dell'Ufficio Tecnico Arcivescovile, al centro del bastione circolare viene eretta una colonna alta 35 metri, in cemento armato rivestita in pietra di Trapani, a pianta ottagonale e sezione decrescente, sormontata da un globo di 3 metri su cui è collocata la statua benedicente della Madonna (alta 7 metri), opera dello scultore Tore Calabrò. Sul fronte del baluardo rivolto alla città viene inoltre apposta, a grandi lettere, la frase che secondo tradizione è contenuta nella lettera trasmessa dalla Vergine ai messinesi (Vos et Ipsam Civitatem Benedicimus). A partire dal 1990 circa, da parte della Soprintendenza sono stati effettuati, in più riprese, alcuni lavori di restauro conservativo e consolidamento, in particolare nell'area del forte Campana e della stele. Malgrado le demolizioni e le manomissioni, nel S. Salvatore - di fatto mai aperto al pubblico e di cui è attuale titolare la Marina Militare - possono ancora oggi leggersi (almeno nel bastione pentagonale) le più tipiche caratteristiche delle costruzioni difensive cinquecentesche quali la cornice semicircolare, il muro a scarpa, lo spigolo in conci squadrati di pietra e la guardiola angolare a pianta esagonale con mensole sovrapposte in aggetto, mentre resta tutta da definire una lettura storica più ampia che ricomponga, anche attraverso un'analisi archeologica, la successione dei diversi elementi stratificati nel corso dei secoli. FAI Delegazione di Messina

La Feluca

Dic 09, 2024

 

Le barche e i pescatori dello stretto di Messina

 

Naviga cu bon tempu marinaru

chi la bunazza non dura in eternu

pensa ca a passari di lu faru

unni ci voli cunzígghíu e guvernu,

'dda si prova fu bonu marinaru

unni si vota e gira supra un pernu.

(Naviga con bel tempo marinaio,

perchè la bonaccia non dura in eterno,

pensa che a passare da Punta Faro,

dove occorrono conoscenza e padronanza (del mare),

là si prova il bravo marinaio,

dove si volta e si gira sulla punta di un perno.)

fELUCALa pesca dei pesce spada è stata una delle prime attività marinare praticate nello Stretto di Messina in modo particolare dai pescatori dei paese di Ganzirri. Attraverso varie fonti ho scoperto che esiste da secoli. Io cercherò di raccontare quello che ricordo.

L'imbarcazione principale con la quale veniva effettuata la pesca era la feluca. Questa era un tipo di barca con caratteristiche particolari :

• metri fuori tutto 11,44

• larghezza metri 4

• altezza metri 1,54.

Era dotata di una antenna di abete di 22 metri, in cima alla quale saliva u 'ntínnerí  (era il marinaio che saliva in cima all'antenna per avvistare il pesce spada)

Ad ogni imbarcazione con relativo equipaggio toccava una posta, ovvero un tratto di mare dove poter pescare.

La feluca veniva ancorata a circa ottocento metri dalla costa siciliana e quando u 'ntinneri avvistava il pesce spada, l'imbarcazione più piccola, luntru, con il suo equipaggio a remi, con il farirotu (era un marinaio appostato su un piccolo albero collocato in mezzo all' untru con il compito di guidare, seguendo i movimenti del pesce spada, fa piccola imbarcazione all'inseguimento del pesce), e u lanzaturi  (era il fiocinatore - quasi sempre il padrone - situato sulla poppa del luntru con il compito di arpíonare il pesce spada)  andava all'inseguimento del pesce spada per arpionarlo.

Scritto da Giacomo Costa, maestro d'ascia iscritto nel Registro del personale tecnico delle costruzioni navali, compartimento di Palermo, al n° 27. Il titolo di maestro d'ascia è registrato al n°9, Palermo addì 12 Gennaio 1962 "

Il porto è fisicamente formato, in gran parte, dalla penisoletta di San Raineri che descrive la caratteristica falce da cui il nome primitivo della città, derivato dal significato dalla parola greca allogena zancle, appunto falce.

Sulla sua punta estrema è il forte Campana, ordinato da Carlo V e realizzato nel 1546. Esso serviva a chiudere l'insieme di efficienti batterie difensive installate lungo l'intero arco del porto al fine di respingere le ricorrenti incursioni -delle armate turche.

Per far luogo allora. alla sua costruzione venne distrutto uno dei primi conventi cristiani che accoglieva i monaci basiliani e che si intitolava al SS. Salvatore. Questo nome è poi rimasto per indicare la parte estrema della penisola ove nel secolo XVII, ingrandendosi il forte Campana, furono create nuove opere fortificate. Sulla porta spagnola del forte SS. Salvatore, sotto un grande stemma di re Filippo M di Spagna, si trova una lapide del 1614 che ricorda i nuovi apporti difensivi. Sull'antico mastio ora adibito, come tutta la parte estrema della penisola, ai servizi della Marina militare, si innalza una colonna sulla quale è posta la statua in bronzo dorato della Madonna benedicente. Quest'opera fu voluta dall'arcivescovo di Messina mons. Angelo Paino che, nell'ambito della ricostruzione post terremoto, intese porre dinanzi alla più volte martoriata città l'effige della sua materna protettrice, in atteggiamento benedicente, eletta a Regina del Mare. Fu modellata da Tore Calabrò che si rifece alla statuina d'argento dello scultore Lio Gangeri che ogni anno, il 3 giugno, in occasione della festa della Madonna della Lettera, viene portata in processione per la città inserita in una artistica e antica Varetta d’argento.

Eretto il basamento su disegno dell'ing. Francesco Barbato, dell'Ufficio Tecnico Arcivescovile, l'arcivescovo Angelo Paino ne commise la realizzazione in bronzo dorato alla ditta Cerri di Milano e la consacrò ufficialmente il 13 agosto del 1934. Alle ore 17 dello stesso giorno, dinanzi ad una strari pante folla di fedeli, la statua della Madonnina Benedicente fu illuminata da Roma da papa Pio XI mediante un'apparecchiatura radioelettrica realizzata da Guglielmo Marconi. Una copia fedele della statua della Madonnina, in lumiere di cristallo, realizzata dalla ditta Fontana di Milano, fu regalata a Pio XI da mons. Paino subito dopo la sua inaugurazione. Alla morte del Pontefice, il suo successore Pio XII la restituì alla diocesi di Messina che tutt'ora la conserva nella Biblioteca Painiana. La frase "Vos et ipsam civitarem benedicimus" è stata tratta dalla famosa Lettera che, secondo la tradizione della Chiesa messinese, Maria di Nazareth donò ad una delegazione di fedeli che andò a trovarla in Palestina.

Nel corso della II Guerra Mondiale la statua subì dei danni che furono accuratamente riparati. Il 14 agosto 1947 il papa Pio XII riaccese di nuovo le sue luci inviando un impulso radio da Castelgandolfo. Alle 18 del 16 settembre 1954, ricorrendo il 383° anniversario della partenza dal porto di Messina della flotta cristiana comandata da don Giovanni d'Austria, che si recava nelle acque di Lepanto dove vinse e debellò la flotta -ottomana di Ali Bassà, fu posta una corona dorata sul capo della Madonnina a cura dell'arcivescovo di Palermo card. Ernesto Ruffini. Nella primavera del 1988, in previsione della visita a Messina di papa Giovanni Paolo II per la santificazione della beata Eustochia, il basamento portante della stele fu adeguatamente consolidato e furono rifatte le lettere della frase benedicente e la facciatina del tamburo il cui intonaco, ottenuto con malta impastata con granulato di marmo aluntino, a volte inclina al beige o al rosa o ad entrambi i colori, a seconda del variare dell'angolo di incidenza dei raggi solari.

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