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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Siracusa.Al suo posto,la famosa tela di Michelangelo Carrisi detto il Caravaggio che Vittorio Sgarbi aveva fatto spostare con tutte le sue forze, per una mostra.

Dicitur che il critico avesse voluto  acquistare la tela, ma senza successo, certamente, considerato il forte attaccamento dei fedeli siciliani tutti nei confronti della Santa e la venerazione particolare di Santa Lucia da parte dei siracusani, oltre alla notevole importanza che la Sicilia attribuisce alle opere dell' * artista maledetto*che trascorse in Sicilia, a Messina, una parte della sua vita. 

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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

E Dante invento' l' Italia è proprio vero: l' argomento sara' oggetto di un interessante convegno, organizzato dall' Universita' eCampus il 18 dicembre,  con personaggi di spicco( vedasi locandina ) e con il rettore dell' Università  stessa:  il brillante Ing. Enzo Siviero, progettista colto, leonardianamente, scrittore e poeta. Da docente di Lettere, presso gli Istituti d' Istruzione Superiore, (contrattista universitaria prima ancora d' essere giornalista), ho sempre nutrito particolare attenzione verso colui che è  considerato il Padre della Lingua Italiana. Pertanto, Dante si intende ricordare, in questo meeting culturale, quale precursore d' Unità  Nazionale, attraverso la Lingua, quel Volgare che elimino' le difficoltà  di Comunicazione tra Nord, Centro e Sud, favorendo gli scambi commerciali, rinvigorendo, attraverso la Cultura unitaria attraverso una  Lingua  Comune, il Volgare, l' Economia nazionale. A questo  punto, occorre riflettere, profondamente, sul rapporto intimo che intercorre tra Cultura ed Economia, spesso considerati per compartimenti stagni; oggi, più che mai, con l' insegnamento di Dante Alighieri, dal Trecento ad oggi,  occorre si applichi sempre piu', il binomio Cultura-Economia, binomio decisamente vincente, una simbiosi mutualistica per lo sviluppo del "Sistema Paese". Vi invitiamo a seguire l' interessante meeting dell' UniCampus il 18 dicembre.

- di Rosario Fodale -

Cara poetessa, come spiegherebbe, in breve, ai giovani di oggi, le motivazioni profonde della sua poesia?

Sono stata sempre innamorata della parola scritta in versi fin dall'età di 18 anni e ho letto molte opere di poeti e poetesse. Da donna adulta, ho poi voluto adoperare questo mio talento, insieme alla mia esperienza come educatrice scolastica nelle scuole materne e quindi come pedagoga, per lasciare qualcosa, che possa spingerci ad amare i nostri bambini, indicando anche come prepararli al futuro, in un momento storico, come questo, in cui frutto di un malvissuto benessere sembra essere una violenza sempre più efferata contro i piccoli della nostra società.

Lei ha già alle spalle una ricca produzione poetica.

Ho pubblicato cinque libri: "Una Maestra racconta”, “L'abc della vita”, “Album di un'anima poeta”, “Il volto dell'anima nella poesia” e, ultimo, “Il tempo della memoria. Canti della Vita”. In verità, con ognuno di essi, mi sembra di essermi aperta al mondo come donna e moglie, come mamma, nonna e bisnonna, ma anche come individuo che, nel corso della sua esistenza, ha dovuto lottare con un problema di salute verificatosi in seguito ad una banale caduta. Ho subito cinque interventi e le protesi ad ambedue le ginocchia, che ho affrontato con la forza dell'amore da e per i miei familiari con la forza del coraggio e della Fede, che mi ha sempre sostenuta.

Un viaggio lungo, invero, il suo. Qual è il suo consuntivo?

Il mio percorso di vita non è stato privo di difficoltà, ma è stato pieno sicuramente di grandi soddisfazioni nonché illuminato da quello che si può considerare il mio motto, nonché il mio lascito a miei nipoti: «Amare. Amare tutti. Amare sempre». Ho affrontato momenti difficili, ma le esperienze personali fortificano la nostra sensibilità arricchendola o la debilitano, in certi casi, impoverendola. Tutto dipende dalla reazione e dalle infinite potenzialità che riusciamo ad esprimere.

Che cosa significa per lei l’atto della scrittura?

Per me scrivere significa esprimere me stessa cioè le mie emozioni, i miei stati d'animo, le mie angosce, le mie speranze. Il motivo centrale della mia letteratura è l'Amore, che esplico come sentimento per il marito, i figli, le infermiere che mi hanno accudito nel periodo difficile dei vari interventi alle ginocchia.

Come definirebbe, in estrema sintesi, l’amore?

Cos'è per me l'Amore? L'Amore è il sentimento fondante della vita. È sacro e indispensabile. L'amore è una pienezza d'animo, che si traduce in dono e in spirito di servizio verso gli altri.

L'amore esiste se esiste dentro di noi. L'amore non si insegna. L'amore si dà, promana dal più profondo del cuore. Non si può manifestare una ricchezza interiore che non si possiede. Quando si ha la fortuna di provare questo sentimento, è facile realizzarsi in tutti i ruoli della vita, perché l'amore che è in noi alimenta ogni rapporto umano, sociale ed affettivo: è l’arricchimento continuo di ogni esistenza. L'amore quando è vero, sfida il tempo. L'amore non ha età, né epoche, né dimensioni ...

Come si definirebbe per i suoi lettori?

Se dovessi definirmi, in poche parole, mi definirei saggia, umana e altruista, perché attraverso la parola filtro il puro e l’impuro della società di oggi, esaltando la famiglia come cellula fondante della società, che esiste quando in una casa regnano l'amore e il rispetto reciproco: solo allora la famiglia diventa capace di portare a termine il difficile compito di educare i figli e trasmettere la sicurezza e la forza di affrontare le avversità della vita. E quindi migliorare anche la società.

Qual è il suo principale interesse oggi?

Mi propongo per il futuro di continuare a scrivere fino a quando la mia mente aiuterà il mio cuore, con il supporto della mia mano, ad esprimere le emozioni. Sono convinta che le verità profonde si possono manifestare solo in poesia.

Palermo ringrazia il 4° reggimento genio guastatori. Il ringraziamento all’Esercito dalla città palermitana per il coraggio e la professionalità 

Il Sindaco Orlando conferisce al 4° Reggimento Genio Guastatori il riconoscimento di “Preziosa tessera del mosaico Palermo” per il disinnesco di un ordigno da 600 libbre.

Il sindaco di Palermo consegna la Preziosa Tessera al comandante del 4 reggimento Genio Guastatori

Palermo, 10 dicembre 2020. Nei giorni scorsi, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha conferito il riconoscimento di “Preziosa tessera del mosaico Palermo”, massima onorificenza cittadina, al 4° Reggimento Genio Guastatori della Brigata “Aosta”, per l'impegno profuso e la professionalità dimostrata nel corso dell'intervento di disinnesco di un ordigno bellico rinvenuto nel porto di Palermo lo scorso 13 settembre che portò all’evacuazione di migliaia di palermitani. 

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il colonnello Mario Rea 1

Con questo riconoscimento, il sindaco Orlando ha voluto ringraziare i guastatori del 4° reggimento per l’impegno con il quale, da sempre, si prodigano per la sicurezza della città metropolitana, come anche accaduto nel recente nubifragio del 15 luglio scorso, quando i militari dell’Esercito italiano sono intervenuti per liberare le strade da tonnellate di fango che avevano paralizzato l’arteria viaria principale della città. 

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il colonnello Mario Rea 2

"L'assegnazione di questo riconoscimento - ha commentato Leoluca Orlando - è un atto dovuto da parte dell'amministrazione comunale nei confronti di persone che hanno dimostrato amore per la vita, coraggio e altissima professionalità. A loro va anche l'apprezzamento ed il ringraziamento dell'intera comunità palermitana". 

Nell’occasione, è stata consegnata al comune di Palermo la calotta (parte ogivale) della bomba disinnescata nel porto, a memoria di quell’evento di particolare rischio in cui si è trovata la città.

Magg. Giuseppe Genovesi

Brigata Aosta - Capo Sezione Pubblica Informazione

- di Giuseppe RANDO -

È, senza meno, un evento eccezionale. Non solo perché stimola, con la sua sola presenza, un auspicabile ritorno di Salvatore Quasimodo sul mercato librario, ma anche perché appare decisamente innovativo rispetto ai modelli codificati dell’edizione dei testi.

Parliamo, ovviamente, del ricco volume che contiene Tutte le poesie di Salvatore Quasimodo, uscito recentemente, nella collana Oscar Baobab di Mondadori, a cura di Carlangelo Mauro.

Già la collana, con le sue copertine policrome, postmoderne, realistiche e/o iperrealistiche, volutamente distanti dal timbro austero e dalla foggia aristocratica dei Meridiani, invoglia al contatto. Per non dire della recuperata misura ampia della pagina, nella quale lo spazio bianco meglio incastona i versi delle poesie brevi o lunghe del grande siciliano.

A Messina (e a Modica) l’evento vedrà sicuramente moltiplicati i consensi: dopo tanta penuria di soddisfazioni, c’è la possibilità di tornare a specchiarsi nell’opera monumentale di un grande concittadino che, con la sua arte, ha riportato la Sicilia ai suoi antichi fastigi, facendo peraltro giustizia di tanti luoghi comuni e di tante false acquisizioni, persistenti nell’immaginario collettivo, nei confronti dell’isola e dei suoi abitanti.

Ma soprattutto la ristampa delle poesie sembra voler preannunciare un ritorno effettivo (secondo l’auspicio di Carlo Bo, in primis) del poeta messinese nell’Olimpo dei grandi poeti del Novecento, che gli spetta di diritto e che gli è stato a lungo sottratto, per motivazioni che poco o nulla hanno da spartire con il riconoscimento degli altissimi traguardi stilistici, da lui oggettivamente conseguiti.

La nuova edizione possiede, infatti, tutti i presupposti perché si ritorni serenamente sui testi e se ne segua la linea di sviluppo, grazie soprattutto alla «ricca appendice» che, come nota il curatore, «presenta le poesie disperse e quelle non ripubblicate dall’autore», nonché «testi e testimonianze inedite della produzione giovanile»: quanto occorre, insomma, per uscire dalle gabbie ideologiche di un Quasimodo assolutamente ermetico o di un Quasimodo estraneo alla complessità del mondo moderno.

Ma il libro rivoluziona i criteri vigenti nell’ambito della editoria specialistica, perché appare straordinariamente esaustivo sotto tutti i profili, e articolato quanto altri mai. Difatti, accanto all’Introduzione (oramai classica) di Gilberto Finzi, alla canonica pubblicazione di tutte le poesie (con i Lirici greci, inseriti organicamente nel loro giusto contesto cronologico), alla suddetta Appendice, alle dettagliate Notizie biografiche e alla esaustiva Bibliografia a cura di Carlangelo Mauro, figura, nella nutrita sezione degli Apparati, un ampio, acuto saggio critico dello stesso Mauro che squaderna, con rigore, tutta la produzione quasimodiana, evidenziandone la pluralità dei temi (da quello religioso, a quello amoroso, a quello esistenziale, a quello sociale, a quello politico) nonché la vasta e varia modellizzazione stilistica e i nessi – recentemente emersi, in sede critica – con l’opera in prosa e l’attività giornalistica del poeta.

Quanto dire, in altri termini, che l’edizione di Tutte le poesie di Salvatore Quasimodo a cura di Carlangelo Mauro associa mirabilmente la più illuminante filologia e la critica più aggiornata, a vantaggio del lettore e della intelligenza dei testi.

Tutto Quasimodo, in altri termini, e tutto (o quasi) su Quasimodo, in un solo volume: un primato innegabile.

Caro Professore, da qualche tempo noi di Messinaweb vorremmo intervistarla a trecentosessanta gradi, perché intuiamo che lei abbia mille cose da dire sulla città di Messina, sulla Sicilia, sull’Italia, sull’Europa, sul Mondo insomma, ma anche sul mondo interiore di quel mistero che è l’essere umano. Vorremmo, in parole povere, oltrepassare, insieme con lei, il velo della discrezione signorile che lei, forse per amore del prossimo o forse per autodifesa, mostra di avere sollevato tra sé e gli altri.

La ringrazio. Ma forse lei mi gratifica di virtù che non ho. Le cose che avevo da dire le ho dette e le vado dicendo in libri e articoli giornalistici, o attraverso i cosiddetti social. Certo, a Messina non ci sono tutte le opportunità editoriali o giornalistiche esistenti a Milano, ma siamo qua e non possiamo essere contemporaneamente altrove: come diceva realisticamente mio nonno, pescatore dello Stretto, «Ccà semu e ccà calamu (le reti, ovviamente)». È vero tuttavia che, per discrezione e senso innato – credo – della misura, non ho mai spinto troppo il piede sull’acceleratore della rabbia, dell’invettiva e, men che mai, dell’insulto, che è oggi tipico della comunicazione giornalistica e non solo.

Ecco. Noi vorremmo, appunto, che lei andasse, una tantum, oltre. Potremmo incominciare dal suo parere sulla recente pubblicazione delle Poesie e prose siciliane di Maria Costa, per i tipi di Pungitopo di Gioiosa Marea.

Plaudo, certamente, all’iniziativa che io stesso, da cultore della poesia di Maria Costa, andavo caldeggiando da qualche anno, prima e dopo la scomparsa della poetessa. È una lodevolissima iniziativa personale dell’editore di Pungitopo, Lucio Falcone, opportunamente avallata dal Comitato Direttivo del Centro Studi Maria Costa, di cui è presidente il dott. Lillo Alessandro. Ora, sono finalmente contenute in un unico, degno volume, limpidamente stampato a cura dello stesso Falcone, con una introduzione di Sergio Todesco e una piccola prefazione mia, tutte le poesie e i racconti («cunti») siciliani pubblicati, in svariate raccolte, dalla poetessa di Case basse, e praticamente introvabili nelle librerie. Sicché il lettore messinese (e non solo messinese) ha oggi la possibilità di accostarsi, senza difficoltà, alla poesia di Maria Costa, che è – occorre ribadirlo – un vero, imperituro monumento della lingua e dei valori dei pescatori dello Stretto, alternativi al degrado della cultura postmoderna e risolti in forme stilistiche di inusitata bellezza.

Quasi un miracolo, dunque.

Si, un miracolo, ove si pensi, per un attimo, alla tendenza abituale degli intellettuali messinesi a dividersi in gruppi «l’un contro l’altro armato», magari per futili motivi, seguendo, perlopiù, le ubbie di un capo improvvisato o di una altezzosa primadonna.

Da dove nasce, secondo lei, professore, questa tendenza dispersiva, separatistica?

Ci sono cause e concause storiche su cui altri hanno già detto egregiamente. Di conseguenza, ci sono comportamenti umani, conformi al degrado storico, politico, sociale cui la città soggiace da molti lustri. Ogni cosa va sempre contestualizzata e storicizzata: «Il fico non fa pesche».

Professore, noi giornalisti on line o della carta stampata abbiamo spesso l’impressione che l’Università di Messina sia un poco distante dai fenomeni culturali della città. La nostra impressione è vera o fallace?

Vera, in gran parte. Ma vorrei rinviare lei e i suoi lettori a consultare, nel merito, il mio recente libro Resistere a Messina. Reportage, lettere, racconti e saggi critici (Pellegrini Editore, Cosenza 2020). Uno dei percorsi di lettura, tra i tanti possibili, che vi si delineano, riguarda proprio l’indagine sull’Università italiana (e quindi anche messinese) tra la prima e la seconda repubblica fino a i nostri giorni: c’è tutto il mio amore per l’Università dei veri Maestri, della seria ricerca scientifica, della meritocrazia e della trasparenza, ma c’è anche il mio sguardo vigile, rigoroso, e tuttavia costruttivo, su certe manchevolezze del sistema. In breve, se la città di Messina dorme, l’Università di Messina non veglia: accanto a sintomi di risveglio, di rinnovamento, di impegno reale e proficuo nella dirigenza e nel corpo docente, permangono purtroppo sacche di albagia sterile, nonché casi d’incompetenza e di arretratezza politica e culturale (spesso legate a fenomeni di familismo deteriore). Pensi: si trascura spesso ciò che è vicino (la realtà storica, letteraria, politica, sociale del territorio) e si adora il lontano, l’esotico, secondo un’arcaica concezione dell’Università. Laddove, la moderna epistemologia, in tutti i rami del sapere, si muove – non da oggi - in senso inverso: dal vicino al lontano.

Ma, a proposito degli spropositi, noi giornalisti abbiamo la sensazione che l’Università di Messina non sempre valorizzi adeguatamente i suoi campioni – lei è tra questi – e che invece salgono, spesso, alla ribalta della cronaca professori amorfi, senza particolari meriti. Come si spiega?

Potrei dire che io vengo dal mare, ma sarebbe troppo lunga. Spero di cavarmela con una battuta, desunta dall’immaginario religioso: «O si canta o si porta la croce». C’è, in effetti, chi nell’Università studia, fa ricerca e produce libri innovativi (io, col suo permesso, sono tra questi); e c’è chi studia per avere potere e cattedre da distribuire a parenti ed amanti. È questo il prototipo più diffuso, in tutta Italia, di dirigente universitario. Qualcuno l’ho conosciuto anch’io. Ci sono, fortunatamente eccezioni: io ricordo, in particolare, Antonio Mazzarino e Giuseppe Petronio, due studiosi eccellenti (di diverso orientamento politico) ma anche due eccellenti presidi.

Illuminante. E come è cambiata, secondo lei, la realtà politica, sociale, religiosa di Messina in questi ultimi anni?

Ci vorrebbe un trattato, anzi tre o quattro trattati per rispondere adeguatamente alle domande che mi pone. Ma, da estroverso naturale (forse di origine normanna), non mi sottraggo al dialogo. D’altra parte, sono – forse per natura (normanna) – ottimista nonostante tutto (partito dalle barche del Faro, «passai u mari chi zocculi» per realizzarmi) e vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, perciò piango (con un occhio) sullo scempio della nostra città a tutti i livelli, ma intravedo anche fenomeni positivi che fanno sperare in una crescita non chimerica. Però, badi bene, io non ho, né presumo di avere, la verità in tasca. In altri termini, quel poco che so sulla realtà messinese dipende dalle mia esperienza diretta (che è sempre limitata), dalle mie parziali conoscenze, dal mio temperamento umano (forse, troppo umano) e dalla mia ideologia di intellettuale democratico di sinistra: consideri lei quanto sia condizionato il mio parere. E ciò dico, per evitare che qualcuno mi prenda troppo sul serio: ogni parere è un punto di vista, inevitabilmente condizionato dalla posizione ideologica e/o dal temperamento dell’emittenza.

D’accordo, La ringrazio per questa dichiarazione di umiltà che dovrebbero fare tutti quelli che riempiono i programmi televisivi e le pagine dei giornaloni. Ma ci dica, dunque, per favore, qual è il suo punto di vista in merito alle cose messinesi.

Da sociologo improvvisato, dividerò i miei concittadini per fasce di età. Credo , dunque, di capire che la parte più fragile e friabile della società messinese sia quella costituita dai quaranta-cinquantenni (la parte maggioritaria dell’elettorato), cresciuti nell’ultima bambagia democristiana (da padri e madri che invece hanno lottato coi denti per vincere la loro battaglia per la vita): mostrano talora tratti psicologici infantili e comportamenti perlopiù egotistici; si rivelano spesso immaturi sul terreno complesso della politica e sono pronti a “innamorarsi” dell’imbonitore di turno che promette cieli in terra. Certo, la maggior parte dei quaranta-cinquantenni che conosco, per esperienza diretta o mediata da film, romanzi, giornali, televisione, Facebook ecc., “tifa” per i Cinquestelle o per Salvini-Meloni.

E dei loro padri e madri, dei settantenni insomma, che gliene pare?

Dei settantenni che conosco, solo pochi stravedono per i Cinquestelle esibendo un radicale, forse illusorio, entusiasmo antipolitico, magari come estrema reazione a frustrazioni subite dalla politica (anche di sinistra) nel corso della loro lunga vita e mal digerite. Nessuno di loro mostra di simpatizzare per le posizioni salviniano-meloniane. Molti messinesi di questa fascia d’età si dichiarano berlusconiani. Mi pare che resistono pochi, ma buoni, democratici di sinistra.

Dei nostri giovani, in particolare, cosa pensa lei, che ha dedicato una vita alla trasmissione di saperi e valori ai giovani, e che è amato – ne riceviamo attestati ogni giorno presso il nostro giornale – dai suoi allievi, molti dei quali sono oggi affermati professionisti?

I trentenni sono simili ai loro fratelli maggiori (quaranta-cinquantenni). I ventenni mi sembrano, paradossalmente, migliori dei loro fratelli maggiori e dei loro padri (forse, è l’eterno gioco dei figli che uccidono freudianamente i padri, per diventare padri a loro volta). Certo, pare che vadano riscoprendo il valore assoluto della democrazia e dell’impegno concreto, fattivo sul terreno politico, rifuggendo da ogni sirena populistica o superomistica, anche se la propaganda neofascista e addirittura neoborbonica giunge, a Messina, perfino nelle aule della scuola media. Su di loro incombe tuttavia il peso di un’economia in dissesto, che li spinge a emigrare alla ricerca di un posto di lavoro o a vivacchiare nelle case paterne, come tardivi «bambocci», senza arte né parte. Spetta all’amministrazione comunale e ai rappresentanti della politica locale e nazionale il difficile compito di sanare questo oggettivo disastro generazionale, che sta privando la città (una delle più spopolate del meridione, in effetti) delle sue forze migliori.

Va anche detto che i nostri giovani sono insidiati dal dilagante nichilismo (passivo) e dall’edonismo facile del «carpe diem»: a Messina pare sia attecchita, da qualche tempo, la mala pianta della droga con tutti i fenomeni delittuosi che ne conseguono, mentre aumentano purtroppo i casi di violenza contro i deboli e le donne, che sono tragiche spie di una società gravemente malata.

Lei ha fatto interventi molto illuminanti sulla «rivoluzione cristiana» di Papa Francesco. Come vede la presenza dei cristiani nella società messinese?

Mi faccia dire che le principali agenzie educative – casa, scuola, associazioni sportive, associazioni religiose, enti culturali – devono farsi carico di nuove forme di educazione culturale, civile, democratica che aiutino i giovani nel loro difficile percorso di crescita: non si supera mai, da soli, il più alto gradino dello sviluppo, quello cioè che ritarda o impedisce il passaggio dalle vaghezze dell’adolescenza all’incipiente (mai esaurita) maturità. Paradossalmente, l’ideologia dominante esalta, al contrario, il modello, fortemente regressivo, di Peter Pan e il mito dell’eterna adolescenza come un valore assoluto.

In questo ambito, una funzione specifica esercita – o dovrebbe esercitare – sicuramente la Chiesa. Ma devo dire, sempre sulla base della mia parziale esperienza, che a Messina, mentre cresce il numero dei fedeli (maschi e femmine) che affollano le chiese – quando io ero ragazzo, le chiese erano zeppe di vecchie, di signore, e di ragazze (fortunatamente), mentre gli uomini, per un malinteso orgoglio maschilista, evitavano persino di entrare in una chiesa –, sembra crescere altresì il numero dei cattolici che contestano, da destra, la svolta pauperistica, cristiana di Papa Francesco, restando chiaramente legati ai modi curiali, aristocratici della chiesa pregiovannea, propagandati da certi porporati con attico sul Colosseo, che sono tra i principali responsabili della scristianizzazione in atto nella società.

Fortunatamente, a Messina c’è una nuova fioritura di preti «da strada e non da salotto», per dirla con Papa Francesco, che rinnovano il messaggio fondamentale dell’amore cristiano per gli umili, i poveri, gli emarginati, i malati, i carcerati (vedi Matteo 25, 31-46), recuperando alle vie della fede operosa molti giovani. E mi fermo qui, sennò mi fanno papa.

Bellissimo. E della politica …

No, basta, scusi. Organizzi piuttosto un convegno o alcuni convegni e parleremo, insieme con altri intellettuali messinesi (che non mancano), di politica, di arte, di poesia, di pittura, di scrittura, di economia a Messina. E intanto – mi consenta – legga e faccia leggere il mio libro Resistere a Messina. Garantisco: non sono soldi né tempo persi.

Ringrazio il prof. Giuseppe Rando per l’intervista che ha voluto generosamente concedere alla nostra testata: ne siamo orgogliosi e speriamo che possa contribuire alla crescita umana, politica e culturale dei nostri concittadini e dei giovani soprattutto.

Rosario FODALE

Fondatore e Direttore di messinaweb.eu

- di Maria Teresa Prestigiacomo - 

Per i credenti il mistero del concepimento di Maria Vergine è  il mistero piu' grande ma la fede è ... fede. La scrittrice Sandra Guddo di Palermo ci ricorda  l' origine della festa. "Ogni giorno con Maria 8 dicembre. Immacolata Concezione". Fu questa espressione che fece finalmente credere alle parole di Bernadette, sulle apparizioni di Lourdes (11 febbraio). C'è da notare il fatto che la Vergine non disse " Io sono colei che fu concepita in modo immacolato ", bensì:" Io sono l'Immacolata Concezione ". Singolare modo di esprimersi che fece drizzare le orecchie al parroco di Lourdes quando la sentì ripetere 

all'ignorante  figlia del mugnaio fallito Soubirous. BERNADETTE  per non dimenticarla, se l'era ripassata mentalmente lungo tutto il percorso che  dalla Grotta di Massabielle conduceva alla casa dell'abate Peyramale. Il dogma dell'Immacolata era stato proclamato solo quattro anni prima da papa Pio X . E Bernadette non poteva saperlo."

Su iniziativa dell'Associazione Nazionale del Fante di Messina collaborata dai CO.B-GE inspired ONU UNESCO OMS ricordava il 5 Dicembre “la Giornata internazionale del per lo sviluppo E. Sociale del volontariato”istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Le suddette ASSOCIAZIONI TENEVANO A PORRE in evidenza il rilevante apporto dato dai volontari e dalle Forze armate con i Fanti, nel corso del grave periodo del Coronavirus nel nostro territorio nazionale e mondiale.

I grandi valori del sacrificio umano per il bene sociale, venivano  INDICATI su iniziativa del Consigliere Nazionale con Competenza per la regione Sicilia e Presidente dall'ASSOFANTE di Messina prof. Domenico Venuti collaborato dalla Presidente delle Patronesse dott.ssa Argentina Sangiovanni, criminologa,dalla Vice Presidente prof.ssa MariaTeresa Prestigiacomo giornalista di chiara fama, dalla dott.ssa Ombretta Guerrera,Dirig Amm.r. dalla Poetessa Rosita Orifici Rabe, dal Cav.Domenico Gerbasi, Presidente dell'Associazione Culturale Peloritana1989 Castanea e del Museo Etnoantropologico “I Ferri du Misteri”,,dal Ten.dei CO.B-GE Salvatore Gazzara, dal Capitano Medico dott. Marano.

Il giorno seguente 6 Dicembre aderiva l'ASSOFANTE di Palermo ed aveva luogo in suffragio dei Caduti una importante Celebrazione Eucaristica che veniva officiata dal Salesiano S.E. Don Biagio Amata Emerito Preside Decanus della Pontificia Università Salesiana di Roma, Membro Onorario dei CO.B-GE che nell'introduzione e nell'Omelia metidando sul messaggio di Consolazione del profeta Isaia proclamato nella prima lettura della liturgia d'Avvento esaltava il valore consolatorio che i Caduti lasciano non solo ai superstiti parenti ed amici e ne affermava il ”valore cosmico per l'intera umanità.” Venivano onorati così gli eroici Caduti per amor di Patria dì ieri e i medici, gli operatori sanitari e volontari eroi Caduti di oggi. La Celebrazione che aveva luogo nelle Chiesa San Giovanni Bosco di villa Ranchibile a Palermo.veniva seguita con ficebook da migliaia di fedeli della Sicilia e da altre parti d'Italia..

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