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- di Gennaro Galdi -

Catania. La festa più spettacolare e sentita del Mediterraneo da un mese, ha iniziato a dipanare eventi d’arte e cultura  e manifestazioni religiose che rendono il giusto omaggio alla Santa Patrona, martire, dal greco testimone di Fede, una Fede oggi sentita più di ogni altro, in Europa e forse nel mondo, per Sant Agata. Nell’elegante Galleria di Catania, a pochi metri dal Duomo e dal Teatro Massimo Bellini, dove stasera 1 febbraio alle ore 20.30 si svolgerà un concerto Lirico, la direzione artistica di Angela Vasta titolare della Galleria di Via Vittorio Emanuele ha reso possibile un allestimento in onore della Santa, con notevole successo.

Il critico, la nota giornalista, direttrice di una rivista internazionale, la prof Maria Teresa Prestigiacomo che opera in Europa per l’arte, presenterà la mostra. Di seguito, in rigoroso ordine alfabetico, gli artisti con la recensione flash sulle opere in mostra redatte dal critico Maria Teresa Prestigiacomo:    

Angela Alibrandi  Rende omaggio alla Santa con un volto di Cristo  ritratto in modo efficace, perfetto,  occhi   profondamente espressivi, tali da determinare un forte coinvolgimento emotivo, un pathos che conquista ed avvince il pubblico al primo impatto: un Cristo uomo che cresce, matura ed …assorbe i mutamenti del tempo.

Mariella Caruso con Le Sciantose una linea di Coffe che rendono il giusto tributo alla Santa alla donna Agata che immaginiamo con la sua coffa; sono coffe di particolare bellezza realizzate con pizzi merletti,  nappine di seta, bottoni di velluto, decori d’oro e camei, piume di struzzo e fili d’oro.

Presente a Bruxelles attualmente, presentata da me al Grand Bal d’Italie, patrocinato dall’Ambasciata d’Italia a Bruxelles ed in un’elegante Galleria  delle Fiandre, adesso sarà con la mia Accademia Euromediterranea delle Arti a Parigi al Centro Culturale Cinese con pittori francesi, iraniani ed italiani.

Maria Luisa Consoli (vecchia conoscenza del critico Prestigiacomo che la presentò a Parigi, alcuni anni fa)con una speciale tecnica, nella sua opera,  ha colto e declinato, con estrema efficacia, quel chiarore abbacinante di forte impatto emotivo che si coglie tra i ceri, in cui la fratellanza la solidarietà regnano sovrani, in un forte senso di rispetto verso il prossimo, dettato dalla Santa, in un’ atmosfera di calda intimità e raccoglimento.

Maria Conti ( Mago) rappresenta con semplicità  la Santa che sovrasta la città ed illumina di divino i devoti;  efficace, nella sua semplicità, l’opera esprime la speranza che la Santa possa  proteggere dall’alto i suoi fedeli

Emanuele Costante  con un’opera dal titolo Agiografia ( la storia della vita dei santi) in cui, attraverso la rappresentazione figurativa  sintetica della santa  (paragonata ad una donna dei nostri tempi) evidenzia il dolore della condizione femminile, focalizzando la sua attenzione sul seno martoriato, simbolo in questo caso della violenza universale sulla donna.

Maria Di Gloria gia verticalista, poetessa, stilista , creatrice di moda, musicista,  poliedrica nella sua tecnica mista e  collage 50 x 70 “Fuochi d’artificio” che esaltano con una fantasmagoria di colori la festa di sant’Agata, traducono con gioia l’acme del momento più coinvolgente dei festeggiamenti

Anche l’altra opera fotografia “tra un bosco di betulle”, una luce, in un’atmosfera di profonda  spiritualità, allude alla luce che sant’Agata mette nei nostri cuori,

Veronica Di Quattro cm 70x70 tecnica mista su tela dal titolo Magma , di genere astratto, ma in perfetta armonia d’insieme giocata sui toni del rosso e nero eros e tanathon, racconta in tutti i casi, evoca e riconduce alla memoria  storica di  quel fuoco e quelle fiamme con cui si conclude la vita di Sant’Agata; può far scaturire  anche un’interpretazione al di là della confessione religiosa che ci porta a vedere questi segni come segni di profonda religiosità.

Simone Fichera Un tuffo nel ritmo in “Dive in to rhythm”, il titolo dell’opera di uno dei brillanti allievi della valente pittrice catanese Mantegna che esprime il suo omaggio alla Santa con la musica che è  una costante della Festa di Sant’Agata ed è allo stesso tempo il leit motiv che accompagna il percorso artistico del pittore di Catania. La figurazione è avvolta da un alone di memoria, un’atmosfera rarefatta da venticinquesima strada di New York, senza tempo né spazio.

come portatori di energia nuova che si sprigiona dal nostro vulcano- amico: l’Etna.

Antonella Gargano con due opere rende omaggio: ci soffermiamo in particolare su quella che rappresenta tre croci sul Monte Calvario, pertanto una rappresentazione scenico-pittorica che si nutre di una forte allegoria al calvario di Cristo ed alla sua Crocifissione; pertanto, la Gargano dipana il suo discorso sulla Santa in cui l’autrice si proietta e si identifica come donna, nella sua sofferenza esistenziale…universale.

Nuccio Garofalo medico-artista raffigura attraverso un’opera astratta i segni della violenza della martire, allo stesso tempo, la sua opera appare festosa: l’artista coniuga  la sua composizione in quella che è la caratteristica della festa, una commistione tra sacro e profano, un mix che caratterizza questo momento di devozione profonda alla Santa.

Arturo Liccardi:  dalla tradizione iconoclasta della Santa, un ritratto originale anche se traduce la visione tradizionale del simulacro della Santa patrona, la sua rappresentazione è coinvolgente e profondamente partecipata ed esprime una tecnica abile e convincente .

Graziella Maceli: Un ‘opera cm 40x50,  una tecnica particolare, spatola ed acrilico, un tributo alla Santuzza che reca sul capo una corona sospesa : segno che l’artista proietta la figura della Santa nel mondo attuale, pertanto la devozione per una Santa martire ed un doveroso omaggio a tutte le donne martiri degli uomini violenti. Un’altra opera “Amara follia” rimanda alla contemporaneità della CONDIZIONE ESISTENZIALE DELLA DONNA, condizione subalterna ancora in molti Paesi

Francesca Malavigna mostra quanto sia importante il ricongiungersi dello spirito attraverso il rapporto intimo con la natura, per avvicinarsi alla Santa ed al Divino….pertanto, l’artista esprime il suo concetto, attraverso la rappresentazione di due paesaggi idilliaci, di leopardiana memoria.

Sara Nicoletti, allieva della pittrice catanese Mantegna, ci regala un’immagine classicheggiante relativa all’iconografia  della Santa con eleganza e sobria compostezza, anche nelle nuances cromatiche che riconducono alla vita semplice ed onesta della Santa patrona

Maria Nicoletti rappresenta in particolare il mare, l’acqua azzurra come il manto della Madonna, l’acqua come catarsi elemento di purificazione e rigenerazione, l’acqua come liquido amniotico in cui nascere e “rinascere” con una coscienza “nuova”.

Nunzia Pappalardo Con Siamo devoti tutti, un acrilico su tela cm 50x70, l’artista declina la sua pittura in un quadretto che imprigiona un momento saliente della festa della patrona: in cui i “carusi” sorreggono i pesanti ceri, immersi nella moltitudine di una piazza Piazza colma di fedeli che onorano la Santa.

Un’opera celebrativa della devozione globale collettiva che raduna i devoti, a Catania, da tutto il mondo.

Paun ci ha offerto un’opera  che rende omaggio alla Santa, sofferta  come una Madonna; essa viene ritratta con perfezione tecnica dall’artista, traendo spunto e dettato dall’iconografia classica, fonte di ispirazione dell’artista.

Ausilia Patane’: l’artista( che ha conquistato anche un prestigioso Premio dell’Accademia Euromediterranea delle Arti, il Premio Accademia Mare Nostrum) presenta una tecnica originale, unica, un bassorilievo composito e complesso( cm 70x100), in cui la scultrice- pittrice ha inteso esaltare, nel contrasto, l’aspirazione alla perfezione e la speranza di una eterna tutela della memoria storica della devozione della Santa e delle tradizioni etnoantropologiche del territorio; il titolo “Dal Fiore al Frutto” ma contiene una profonda allegoria sul risveglio delle nostre coscienze sopite.

Rosario Platania gia verticalista  nella sua opera (cm 40x130 tec. Mista) si presenta con una composizione scenografica d’impatto, originale, un po’ alla Dali’, per fantasia ed originalità. I segni sono simboli riconducibili alla religiosità; la composizione moderna, vivace, d’impatto.

Claudio Quattrocchi “La Candelora” fantasmagoricamente rappresentata attraverso quel fascino barocco, quella voglia di stupire tutta siciliana… “ Il martirio e la festa” ( cm 70x100,  tecnica mista) : è il titolo che rimanda all’intrigante  commistione tra il sacro ed il profano, tipica delle feste religiose, in Sicilia, in particolare in tutto il Sud d’Italia

Silvano Raiti affronta il tema del femminicidio, nella sua opera in cui rappresenta Sant’Agata ( abito bianco, simbolo di verginità) come una donna qualsiasi , sulla Terra, una donna condannata alla violenza, nel riscatto della sua libertà; un’opera, tecnicamente perfetta,  coinvolgente emotivamente, una composizione che induce a profonde riflessioni. 

Santina Rapisarda ha scelto il fuoco dell’Etna e l’acqua del Mare Nostrum Mediterraneo, elemento rigeneratore, rendendo omaggio, pertanto, alla Santa attraverso una allegoria di due momenti della vita della Santa: la prima fase in cui Sant’Agata purifica la sua vita offrendo la sua anima al Signore e la seconda fase della sua vita in cui brucia tra le fiamme. Le sue opere sono Scogli sul mare e Cuore di Lava

Giovanni Seminara rende omaggio alla Santa con i fiori, in un rapporto intimo con la natura in cui  una luce rimanda alla illuminazione della vita di Sant Agata; i fiori adottati per la sua rappresentazione scenica dall’autore non sono  dei fiori comuni ma delle sterlizie, le sterlizie regine, o uccelli del Paradiso, tra i fiori più belli per eleganza e fascino.

Rosanna Signorello rappresenta con una fantasmagoria di colori una donna che viene fuori dalle fiamme del vulcano Etna “La vera fede in Dio è tutto”( è questo , il titolo) una tempera cm 50x 40: una metafora della storia di Sant’Agata che oltre le ceneri ritorna a noi, per illuminare le nostre coscienze

Salvatore Spina ci onora della sua presenza il maestro Spina con” Gli archi della marina” olio su tela cm 40x50 e “Via Crociferi” acquerello cm 50x70 in cui l’artista in uno struggente amarcord felliniano intende evocare quei luoghi che conservano la memoria dei festeggiamenti della Santa

Antonella Tornello  una pittura semplice come il suo cuore che si accende di gioia nella sua opera nell’offerta sublime di un mazzo di fiori rappresentati in modo etereo, semplice, puro, come l’anima della Santuzza.

Angela Vasta acquerello con il vino tecnica speciale adottata in quest’opera da Angela Vasta che con Nero d’Avola E Nerello Mascalese ha creato (con  il supporto di tubetti speciali “aqua brash” un’opera dal fascino particolare e particolarmente ecologica. Nell’altra sua opera, Vasta esalta il raccoglimento, la meditazione della Santa, colta nel suo percorso di acquisizione di consapevolezza, attraverso un’opera di rara bellezza, di memoria antonelliana, un olio su tela di una tale perfezione tecnica da renderla capace di qualsiasi confronto museale. 

Angela Vicari” Fede e Tradizioni” Viva sant’Agata: un acrilico cm 60x 50 che declina la devozione attraverso  la rappresentazione di personaggi di diverse generazioni, dall’anziano che a spalla sorregge i grandi ceri ai ragazzini ed ai più piccoli, un bozzetto documentario che scandisce uno dei momenti di attesa più coinvolgenti della festa della Santuzza. Vicari adotta una funzionale tecnica che scolpisce le posture dei corpi dei devoti.

Mariella Caruso con Le Sciantose una linea di Coffe che rendono il giusto tributo alla Santa alla donna Agata che immaginiamo con la sua coffa; sono coffe di particolare bellezza  realizzate con pizzi merletti,  nappine di seta, bottoni di velluto, decori d’oro e camei, piume di struzzo e fili d’oro.

Presente a Bruxelles attualmente, presentata da me al Grand Bal d’Italie, patrocinato dall’Ambasciata d’Italia a Bruxelles ed in un’elegante Galleria  delle Fiandre, adesso sarà con la mia Accademia Euromediterranea delle Arti a Parigi al Centro Culturale Cinese con pittori francesi, iraniani ed italiani.

 E per finire Paun che  ha rappresentato una splendida Madonna  declinata sul canoni dell’iconografia bizantina

L’opera attrae immediatamente il pubblico, per la coloristica e per la tecnica sapiente e calibrata, compostamente declinata su un narrato pittorico di genere classico di sicuro gradimento

Di altri artisti parleremo alla prossima puntata di resoconto del vernissage cui era presente il direttivo dell’Accademia Euromediterranea delle arti con il critico Maria Teresa Prestigiacomo che ha proposto le mostre di Parigi, Bruxelles, Roma, in particolare Roma in Aprile 2020.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mostra a Catania in omaggio a Sant’Agata

Oggi 1 febbraio 2020 ore 17.30

Presenta il critico prof Maria Teresa Prestigiacomo, giornalista

Gennaro Galdi

Catania. La festa più spettacolare e sentita del Mediterraneo

da un mese, ha iniziato a dipanare eventi d’arte e cultura  e manifestazioni religiose che rendono il giusto omaggio alla Santa Patrona, martire, dal greco testimone di Fede, una Fede oggi sentita più di ogni altro, in Europa e forse nel mondo, per Sant Agata. Nell’elegante Galleria di Catania, a pochi metri dal Duomo e dal Teatro Massimo Bellini, dove stasera 1 febbraio alle ore 20.30 si svolgerà un concerto Lirico, la direzione artistica di Angela Vasta titolare della Galleria di Via Vittorio Emanuele ha reso possibile un allestimento in onore della Santa, con notevole successo.

Il critico, la nota giornalista, direttrice di una rivista internazionale, la prof Maria Teresa Prestigiacomo che opera in Europa per l’arte, presenterà la mostra. Di seguito, in rigoroso ordine alfabetico, gli artisti con la recensione flash sulle opere in mostra redatte dal critico Maria Teresa Prestigiacomo:    

Angela Alibrandi Rende omaggio alla Santa con un volto di Cristo ritratto in modo efficace, perfetto, occhi   profondamente espressivi, tali da determinare un forte coinvolgimento emotivo, un pathos che conquista ed avvince il pubblico al primo impatto: un Cristo uomo che cresce, matura ed …assorbe i mutamenti del tempo.

Mariella Caruso con Le Sciantose una linea di Coffe che rendono il giusto tributo alla Santa alla donna Agata che immaginiamo con la sua coffa; sono coffe di particolare bellezza realizzate con pizzi merletti,  nappine di seta, bottoni di velluto, decori d’oro e camei, piume di struzzo e fili d’oro.

Presente a Bruxelles attualmente, presentata da me al Grand Bal d’Italie, patrocinato dall’Ambasciata d’Italia a Bruxelles ed in un’elegante Galleria  delle Fiandre, adesso sarà con la mia Accademia Euromediterranea delle Arti a Parigi al Centro Culturale Cinese con pittori francesi, iraniani ed italiani.

Maria Luisa Consoli (vecchia conoscenza del critico Prestigiacomo che la presentò a Parigi, alcuni anni fa)con una speciale tecnica, nella sua opera,  ha colto e declinato, con estrema efficacia, quel chiarore abbacinante di forte impatto emotivo che si coglie tra i ceri, in cui la fratellanza la solidarietà regnano sovrani, in un forte senso di rispetto verso il prossimo, dettato dalla Santa, in un’ atmosfera di calda intimità e raccoglimento.

Maria Conti ( Mago) rappresenta con semplicità  la Santa che sovrasta la città ed illumina di divino i devoti;  efficace, nella sua semplicità, l’opera esprime la speranza che la Santa possa  proteggere dall’alto i suoi fedeli

Emanuele Costante con un’opera dal titolo Agiografia ( la storia della vita dei santi) in cui, attraverso la rappresentazione figurativa  sintetica della santa  (paragonata ad una donna dei nostri tempi) evidenzia il dolore della condizione femminile, focalizzando la sua attenzione sul seno martoriato, simbolo in questo caso della violenza universale sulla donna.

Maria Di Gloria gia verticalista, poetessa, stilista , creatrice di moda, musicista,  poliedrica nella sua tecnica mista e  collage 50 x 70 “Fuochi d’artificio” che esaltano con una fantasmagoria di colori la festa di sant’Agata, traducono con gioia l’acme del momento più coinvolgente dei festeggiamenti

Anche l’altra opera fotografia “tra un bosco di betulle”, una luce, in un’atmosfera di profonda  spiritualità, allude alla luce che sant’Agata mette nei nostri cuori,

Veronica Di Quattro cm 70x70 tecnica mista su tela dal titolo Magma , di genere astratto, ma in perfetta armonia d’insieme giocata sui toni del rosso e nero eros e tanathon, racconta in tutti i casi, evoca e riconduce alla memoria  storica di  quel fuoco e quelle fiamme con cui si conclude la vita di Sant’Agata; può far scaturire  anche un’interpretazione al di là della confessione religiosa che ci porta a vedere questi segni come segni di profonda religiosità.

Simone Fichera Un tuffo nel ritmo in “Dive in to rhythm”, il titolo dell’opera di uno dei brillanti allievi della valente pittrice catanese Mantegna che esprime il suo omaggio alla Santa con la musica che è  una costante della Festa di Sant’Agata ed è allo stesso tempo il leit motiv che accompagna il percorso artistico del pittore di Catania. La figurazione è avvolta da un alone di memoria, un’atmosfera rarefatta da venticinquesima strada di New York, senza tempo né spazio.

come portatori di energia nuova che si sprigiona dal nostro vulcano- amico: l’Etna.

Antonella Gargano con due opere rende omaggio: ci soffermiamo in particolare su quella che rappresenta tre croci sul Monte Calvario, pertanto una rappresentazione scenico-pittorica che si nutre di una forte allegoria al calvario di Cristo ed alla sua Crocifissione; pertanto, la Gargano dipana il suo discorso sulla Santa in cui l’autrice si proietta e si identifica come donna, nella sua sofferenza esistenziale…universale.

Nuccio Garofalo medico-artista raffigura attraverso un’opera astratta i segni della violenza della martire, allo stesso tempo, la sua opera appare festosa: l’artista coniuga  la sua composizione in quella che è la caratteristica della festa, una commistione tra sacro e profano, un mix che caratterizza questo momento di devozione profonda alla Santa.

Arturo Liccardi: dalla tradizione iconoclasta della Santa, un ritratto originale anche se traduce la visione tradizionale del simulacro della Santa patrona, la sua rappresentazione è coinvolgente e profondamente partecipata ed esprime una tecnica abile e convincente .

Graziella Maceli: Un ‘opera cm 40x50,  una tecnica particolare, spatola ed acrilico, un tributo alla Santuzza che reca sul capo una corona sospesa : segno che l’artista proietta la figura della Santa nel mondo attuale, pertanto la devozione per una Santa martire ed un doveroso omaggio a tutte le donne martiri degli uomini violenti. Un’altra opera “Amara follia” rimanda alla contemporaneità della CONDIZIONE ESISTENZIALE DELLA DONNA, condizione subalterna ancora in molti Paesi

Francesca Malavigna mostra quanto sia importante il ricongiungersi dello spirito attraverso il rapporto intimo con la natura, per avvicinarsi alla Santa ed al Divino….pertanto, l’artista esprime il suo concetto, attraverso la rappresentazione di due paesaggi idilliaci, di leopardiana memoria.

Sara Nicoletti, allieva della pittrice catanese Mantegna, ci regala un’immagine classicheggiante relativa all’iconografia  della Santa con eleganza e sobria compostezza, anche nelle nuances cromatiche che riconducono alla vita semplice ed onesta della Santa patrona

Maria Nicoletti rappresenta in particolare il mare, l’acqua azzurra come il manto della Madonna, l’acqua come catarsi elemento di purificazione e rigenerazione, l’acqua come liquido amniotico in cui nascere e “rinascere” con una coscienza “nuova”.

Nunzia Pappalardo Con Siamo devoti tutti, un acrilico su tela cm 50x70, l’artista declina la sua pittura in un quadretto che imprigiona un momento saliente della festa della patrona: in cui i “carusi” sorreggono i pesanti ceri, immersi nella moltitudine di una piazza Piazza colma di fedeli che onorano la Santa.

Un’opera celebrativa della devozione globale collettiva che raduna i devoti, a Catania, da tutto il mondo.

Paun ci ha offerto un’opera  che rende omaggio alla Santa, sofferta  come una Madonna; essa viene ritratta con perfezione tecnica dall’artista, traendo spunto e dettato dall’iconografia classica, fonte di ispirazione dell’artista.

Ausilia Patane’: l’artista( che ha conquistato anche un prestigioso Premio dell’Accademia Euromediterranea delle Arti, il Premio Accademia Mare Nostrum) presenta una tecnica originale, unica, un bassorilievo composito e complesso( cm 70x100), in cui la scultrice- pittrice ha inteso esaltare, nel contrasto, l’aspirazione alla perfezione e la speranza di una eterna tutela della memoria storica della devozione della Santa e delle tradizioni etnoantropologiche del territorio; il titolo “Dal Fiore al Frutto” ma contiene una profonda allegoria sul risveglio delle nostre coscienze sopite.

Rosario Platania gia verticalista nella sua opera (cm 40x130 tec. Mista) si presenta con una composizione scenografica d’impatto, originale, un po’ alla Dali’, per fantasia ed originalità. I segni sono simboli riconducibili alla religiosità; la composizione moderna, vivace, d’impatto.

Claudio Quattrocchi “La Candelora” fantasmagoricamente rappresentata attraverso quel fascino barocco, quella voglia di stupire tutta siciliana… “ Il martirio e la festa” ( cm 70x100,  tecnica mista) : è il titolo che rimanda all’intrigante  commistione tra il sacro ed il profano, tipica delle feste religiose, in Sicilia, in particolare in tutto il Sud d’Italia

Silvano Raiti affronta il tema del femminicidio, nella sua opera in cui rappresenta Sant’Agata ( abito bianco, simbolo di verginità) come una donna qualsiasi , sulla Terra, una donna condannata alla violenza, nel riscatto della sua libertà; un’opera, tecnicamente perfetta,  coinvolgente emotivamente, una composizione che induce a profonde riflessioni. 

Santina Rapisarda ha scelto il fuoco dell’Etna e l’acqua del Mare Nostrum Mediterraneo, elemento rigeneratore, rendendo omaggio, pertanto, alla Santa attraverso una allegoria di due momenti della vita della Santa: la prima fase in cui Sant’Agata purifica la sua vita offrendo la sua anima al Signore e la seconda fase della sua vita in cui brucia tra le fiamme. Le sue opere sono Scogli sul mare e Cuore di Lava

Giovanni Seminara rende omaggio alla Santa con i fiori, in un rapporto intimo con la natura in cui  una luce rimanda alla illuminazione della vita di Sant Agata; i fiori adottati per la sua rappresentazione scenica dall’autore non sono  dei fiori comuni ma delle sterlizie, le sterlizie regine, o uccelli del Paradiso, tra i fiori più belli per eleganza e fascino.

Rosanna Signorello rappresenta con una fantasmagoria di colori una donna che viene fuori dalle fiamme del vulcano Etna “La vera fede in Dio è tutto”( è questo , il titolo) una tempera cm 50x 40: una metafora della storia di Sant’Agata che oltre le ceneri ritorna a noi, per illuminare le nostre coscienze

Salvatore Spina ci onora della sua presenza il maestro Spina con” Gli archi della marina” olio su tela cm 40x50 e “Via Crociferi” acquerello cm 50x70 in cui l’artista in uno struggente amarcord felliniano intende evocare quei luoghi che conservano la memoria dei festeggiamenti della Santa

Antonella Tornello una pittura semplice come il suo cuore che si accende di gioia nella sua opera nell’offerta sublime di un mazzo di fiori rappresentati in modo etereo, semplice, puro, come l’anima della Santuzza.

Angela Vasta acquerello con il vino tecnica speciale adottata in quest’opera da Angela Vasta che con Nero d’Avola E Nerello Mascalese ha creato (con il supporto di tubetti speciali “aqua brash” un’opera dal fascino particolare e particolarmente ecologica. Nell’altra sua opera, Vasta esalta il raccoglimento, la meditazione della Santa, colta nel suo percorso di acquisizione di consapevolezza, attraverso un’opera di rara bellezza, di memoria antonelliana, un olio su tela di una tale perfezione tecnica da renderla capace di qualsiasi confronto museale. 

Angela Vicari” Fede e Tradizioni” Viva sant’Agata: un acrilico cm 60x 50 che declina la devozione attraverso  la rappresentazione di personaggi di diverse generazioni, dall’anziano che a spalla sorregge i grandi ceri ai ragazzini ed ai più piccoli, un bozzetto documentario che scandisce uno dei momenti di attesa più coinvolgenti della festa della Santuzza. Vicari adotta una funzionale tecnica che scolpisce le posture dei corpi dei devoti.

Mariella Caruso con Le Sciantose una linea di Coffe che rendono il giusto tributo alla Santa alla donna Agata che immaginiamo con la sua coffa; sono coffe di particolare bellezza  realizzate con pizzi merletti,  nappine di seta, bottoni di velluto, decori d’oro e camei, piume di struzzo e fili d’oro.

Presente a Bruxelles attualmente, presentata da me al Grand Bal d’Italie, patrocinato dall’Ambasciata d’Italia a Bruxelles ed in un’elegante Galleria  delle Fiandre, adesso sarà con la mia Accademia Euromediterranea delle Arti a Parigi al Centro Culturale Cinese con pittori francesi, iraniani ed italiani.

E per finire Paun che  ha rappresentato una splendida Madonna  declinata sul canoni dell’iconografia bizantina

L’opera attrae immediatamente il pubblico, per la coloristica e per la tecnica sapiente e calibrata, compostamente declinata su un narrato pittorico di genere classico di sicuro gradimento

Di altri artisti parleremo alla prossima puntata di resoconto del vernissage cui era presente il direttivo dell’Accademia Euromediterranea delle arti con il critico Maria Teresa Prestigiacomo che ha proposto le mostre di Parigi, Bruxelles, Roma, in particolare Roma in Aprile 2020.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- di Marcello Crinò -

Don Tullio Rizzo, sacerdote salesiano, nacque a Giarratana (RG) il 19 agosto 1907. Visse in gioventù a Barcellona Pozzo di Gotto, città  dove fu trasferito il padre, appartenente alla Guardia di Finanza. La madre era la nonna materna del giornalista Melo Freni. Frequentò l’Oratorio Salesiano di Barcellona, fu ordinato sacerdote a Messina nel 1934, e operò in diversi Oratori della Sicilia. Dopo i bombardamenti della Sicilia del 1942 fu inviato nel Veneto, e a Pordenone si trovò a compiere il salvataggio di un gruppo di prigionieri italiani che stavano per essere deportati in Germania. Per questo gesto ricevette la Medaglia d’oro al valor civile dal Presidente della Repubblica. Dopo la guerra Don Rizzo tornò a Messina, dove insegnò latino e greco all’Istituto Salesiano San Luigi, e ogni fine settimana raggiungeva Barcellona per trovare la sorella e gli amici. Uno degli amici, avendo saputo della vicenda, di cui lui non parlava facilmente, lo invitò a mettere per iscritto questa operazione di salvataggio, cosa che lui fece utilizzando la forma della terza persona, anche se talvolta passa alla prima persona. Gli consegnò quindi la copia del dattiloscritto, composto da sette pagine, datato 6-III-1983 e firmato di suo pugno con una penna rossa.

Il testo che pubblichiamo è la trascrizione fedele e integrale del dattiloscritto di Don Tullio Rizzo, morto  a Messina il 25 ottobre 1990 e seppellito per sua volontà  nel cimitero di Barcellona.

(La foto di Don Tullio Rizzo è tratta da: Santo Russo, L’opera Salesiana a Barcellona, La Grafica Editoriale-Edizioni Di Nicolò, Messina, 2010).

“Una saggia voce fu – Che mel disse”

Otto giorni di vera passione furono per il povero Prete, D. Tullio Rizzo, Salesiano della Sicilia, otto giorni di immane sofferenza fisica e morale dal 10 al 18 settembre del 1943 a Pordenone. Proprio, nel pomeriggio del 10, egli se ne tornava al collegio “D. Bosco” abbastanza trampolante nelle gambe dalla Stazione Ferroviaria.  Dopo la drammatica impresa, che egli aveva osato affrontare, per dare a trenta soldati italiani, prigionieri dei tedeschi e chiusi  come bestie in vagone-merci di una lunghissima tradotta, possibilità di scappare e porsi in salvo, aveva rifiutato ogni “comfort”, gentilmente offertogli dal Comitato, proposto per la liberazione dei nostri prigionieri dalle varie tradotte. E rifiutava, altresì, ogni invito a riposarsi, rivoltogli dalle molte persone, che, a conoscenza della rischiosa impresa, si erano accorte del suo passo traballante e del suo volto emaciato e pallido del pallore della morte. “E … chi gliel’ha fatto fare, Reverendo?... I Tedeschi son diavoli in carne e ossa!... Non guardan nessuno in faccia!... Non la perdonano neppure al loro padre!... E… chi gliel’ha fatto fare?”

“Già!” – diceva tra di sé il nostro Reverendo – “Chi me l’ha fatto fare?!... “E subito ripeteva a sé stesso sommessamente, mentre gli risuonava ancora all’orecchio scultoria, la frase, che era uscita dal cuore e dalle labbra di un suo Caro Confratello Salesiano, D. Luigi Pasa, Cappellano Militare dell’Aeroporto di Aviano presso Pordenone, poco prima che una tradotta militare, caricatasi nella stessa Stazione di Pordenone di nostri soldati avieri, fanti, artiglieri, alpini, fatti prigionieri dai tedeschi, se ne partisse alla volta della Germania. “Quand’anche fosse un solo mio soldato a partire prigioniero, io partirò con lui!” Così rispondeva prontamente il tanto bravo D. Pasa – Sento tutto il sacro-santo dovere di stare coi miei soldati, viver con loro, assisterli, aiutarli!... Costi quel che costi!”

Infatti, mentre così diceva, nella commozione generale  della folla, che gremiva la Stazione, andava, correva su e giù, lungo la tradotta, a scoparne i vagoni, a riassettarvi pagliericci a portare ai vari reparti viveri, bibite ed ogni altro “comfort”, offerto dal generoso popolo di Pordenone, perché i prigionieri viaggiassero in quegli abitacoli ferroviari il men peggio che fosse possibile. Orbene, tanta squisita carità di D. Pasa, particolarmente, quelle sue commoventi espressioni al nostro Reverendo D. Tullio Rizzo, che era presente, risuonavano fortemente nelle orecchie e lo spingevano ad imitarne in qualche maniera l’esempio. Ed, ecco, proprio, presentarglisi una buona occasione subito dopo, quando, partita questa tradotta alla volta della Germania fra la commozione generale della grande folla di popolo e gli “Evviva!” osannanti e gli applausi calorosi per D. Pasa ed i suoi soldati, viene subito annunziato ufficialmente l’arrivo di una tradotta carica di centinaia di soldati italiani prigionieri dei tedeschi, proveniente da Verona.  

Poco dopo, circa le ore 17,30, l’arrivo della tradotta annunziata è accolto nel silenzio e nella commozione della folla. Poco dopo, vi serpeggia un parlare sommesso e confuso sull’azione da svolgere secondo i piani, stabiliti dal Comitato “Liberazione Prigionieri”, i sistemi di prudenza da adottare, sul tempo opportuno, in cui prudentemente intervenire per l’assalto ai singoli vagoni, onde aprirne alla svolta i carrelli e dar il “Via” di fuga ai prigionieri. Il problema, certo!... si presentava difficile per la rigida sorveglianza delle numerose scolte, piantate lungo la tradotta.

Pertanto, ecco mettersi in funzione, “lento pede” per la rischiosa avventura, un sistema fortemente preventivo, prima di arrivare al prefisso tanto ansiosamente atteso scopo della salvezza delle varie centinaia di nostri fratelli. Infatti, avreste visto numerosissimi giovanotti alti e robusti muoversi con tutta calma alla volta delle varie scolte tedesche e con serenità e gentilezza offrir loro tra un saluto e l’altro ed uno  scrosciante “Heil Hitler!” in bicchieroni da taverna liquori d’alto calibro, che pur in piccola quantità spapolare, direi, quasi, il cervello, fanno calare le tenebre negli occhi e nel cervello stesso, per far vedere molto presto lucciole per lanterne. Inoltre, a quei bicchieri di brigantesco liquore, così come per dargli una mano d’aiuto e lo “sprint” per un’assolata pace acquiescente dello spirito dei bravi Tedeschi, si aggiungevano in altrettanti capaci bicchieri vini, anch’essi, di nobile rango del gran dio “Bacco”.

“Ah, vino ‘taliano molto belo!... Ah!... Ja!... Ja!... Molto belo!”… andavano gridando i Tedeschi con già negli occhi un vivo rosso luccicore e con nelle gambe un andamento d’equilibrio instabile, e tanto instabile, che si buttavano a terra sì da non potersi rialzare sulle loro gambe!... Pertanto, poco dopo, il meraviglioso affetto di liquori e vini, dalla parte opposta della folla, solleticò e piedi e gambe e mani di uomini, donne, giovani, Preti per spingerli a correre ad assaltare ogni carro ferroviario, onde aprirne, in men che si dica, i carrelli di chiusura esterna e dar il “via” di fuga precipitosa ai prigionieri e di “fuggi-fuggi” e “scappa-scappa” precipitoso fuori dalla stazione.

Qui i fuggitivi erano attesi da un encomiabile Comitato di Giovani d’Azione Cattolica per un loro rapido travestimento in borghese con vestiti di tutte le fogge e di tutti i tagli e per un rifornimento di viveri e denaro, affinché in velocissimo viaggio si potessero avviare alla volta della montagna, dove alloggiarsi, lavorare e vivere tranquillamente lungi dalla sbirraglia tedesca.

Davanti a tanto ammirevole sacrificio di squisita carità veramente cristiana, anche il Reverendo D. Tullio Rizzo, presente alla drammatica e commovente scena, si sentì spinto a porgere qualche aiuto in favore dei prigionieri. Nello stesso tempo, a questi sembrò di vedere davanti a sé la cara figura di D. Luigi Pasa e di sentirne ancora le parole commoventi: “Quand’anche dovesse partire per la Germania un solo mio soldato, senz’altro, io partirei con lui”… Eh!… guarda, caso!... Due dei prigionieri, chiusi nel vagone, non avvicinato da nessuno e fermo davanti al Reverendo, se ne stavano, povera gente!... aggrappati l’uno a destra, l’altro a sinistra, colle mani abbrancato alle alte feritoie di aerazione del vagone, poverini!... guardavano il Reverendo in un muto ed eloquente silenzio. E … fu, proprio anche questo sguardo a spingere il Reverendo verso il vagone, non avvicinato da alcuno, ad aprirlo, pur in un estremo sforzo di braccia. E tutto questi fece tranquillo, sicurissimo dell’assenza della scolta tedesca. Infatti, aveva pur sentito gridare dalla gente che, in realtà, la scolta si era lasciata infagottare perbene dai fumi e dai profumi degli allucinanti liquori, generosamente offertile all’arrivo della tradotta.

Ma, l’opera generosa del nostro Reverendo sembrava votata al fallimento, perché i soldati, persuasi che fossero stati i Tedeschi a tirar di fianco il carrello di chiusura esterna, non cercavano neppur affacciarsi. Però, alla fine, assicurati dell’assenza assoluta della scolta dalle grida insistenti del Reverendo, se ne calarono giù in volata d’uccello un primo, un secondo, un terzo…. tutti … e … trenta, svuotando il vagone, per mettersi al sicuro al di là del muro di cinta della Stazione. Ed, in verità, di Tedeschi non se ne erano visti affatto!.... Ma, diavolaccio infame!... Ecco che, poco dopo, da un vagone di coda si parte una virata di mitra sui soldati in fuga, stendendone uno a terra, un povero bersagliere!...

Si capisce: l’aria fu incrociata di urla, grida, pianto da parte della popolazione, che cercava di correre in salvo negli uffici ferroviari, nelle sale d’aspetto, nei magazzini, fuori per la città. Il Reverendo D. Tullio Rizzo, sapendosi responsabile della fuga dei trenta militari, anche lui, fa per svignarsela velocissimo, sebbene si sentisse raggelare il sangue nelle vene. Ma, viene, d’improvviso, trattenuto da un soldatino del vagone dei trenta. Povero giovane!... Tutto infagottato in un paio di pantaloni grigio-verdi alla “zuava”, con un piede in una scarpa sgangherata, l’altro in una pantofola, indosso una flanellina leggiera leggiera e costellata di strappi!... Piccolo di statura, magro, asciutto in volto, era la fame … ambulante!... Il suo parlare tanto difficile ad intendersi: alla fine il Reverendo poté capire che era di Bari, e chiedeva dove andare, per nascondersi e sfuggire preso ai Tedeschi, giacché non era riuscito, come i suoi commilitoni, a saltare il muro di cinta  della Stazione, perché piccolo di statura. Se non altro voleva andarsene col Reverendo. Un momento, anche questo, molto più drammatico!... Quindi non c’era tempo da perdere, chè i Tedeschi degli ultimi vagoni, ai quali, chissà perché!... non erano arrivati gli allucinanti liquori, sollecitati da una spia, come poi si venne a sapere, correvano di qua e di là per la Stazione ad acciuffare, a sparare sui prigionieri in fuga. Pertanto, nel terrificante momento il Reverendo riprende la corsa sempre nell’ambito della Stazione, dando ali alle sue gambe, sebbene non ne volessero sapere, seguito dal soldatino di Bari e da una lunga teoria di persone, vecchi, uomini, donne, ragazzi, bambini, che piangevano, gridavano, terrorizzati dalla brutale ferocia dei Tedeschi. Sempre nell’ambito della Stazione, dopo una certa corsa da levar il respiro, come rifugio ai presenti all’angosciosa ansia di tutti un deposito di materiale ferroviario, diviso in due ambienti, l’uno all’ingresso, di quei due metri, l’altro, piuttosto grande, a cui si accede per una porta interna. Il Reverendo tutti si trascina dentro presto, pregando di occupare, alla bell’e meglio, tutta la stanza, pur a sistema di acciughe in barile. Quella piccola, d’ingresso a tutto il deposito, la occupa il Reverendo col soldatino di Bari e due altri uomini anziani. Questi si chiudono dentro, serrando per bene la porta esterna in una vaga speranza di farla franca alle malaugurate eventuali perlustrazioni dei Tedeschi. Ma, in verità, il Reverendo D. Tullio non ne la sentiva affatto al sicuro: il cuore gli batteva forte e tanto forte, che gli sembrava di venir meno da un momento all’altro. La preghiera di aiuto al Signore Gesù, alla Vergine Ausiliatrice, a S. Giovanni Bosco, che incessantemente da cuore gli sgorgava così piena di fede, aveva l’impressione che incontrasse qualche intoppo in gola, per non sentirsela arrivare alle labbra. E le altre forze fisiche sentiva che gli stavano tanto meno, che nel suo spirito subodorava come una certezza di avviarsi alla morte. Infatti, presentiva che da un momento all’altro bussasse a quella porta qualche soldato tedesco a snidare fuori del deposito, specialmente, due topi di particolare interesse, quale lui, il Reverendo D. Tullio, autore della fuga dei trenta soldati, e quell’altro, il soldatino di Bari, a ciascun dei quali i Tedeschi l’avrebbero fatta pagare ben cara sul momento.

Il bravo Reverendo, tentando di usare un certo mezzo di salvataggio “in extremis” dispose che il Barese per la sua piccola statura, standosene accovacciato nell’angoletto d’ingresso al deposito, si stringesse in sé al massimo, ché egli, il Reverendo, l’avrebbe coperto colla sua persona e la veste talare, fatta distendere per intero da destra a sinistra colle sue stesse mani, avendo ancora come barriera di copertura i due uomini anziani. Pertanto, raccomandavo vivamente al Barese che cercasse di non muoversi e … possibilmente non fiatasse, ché in realtà, al Reverendo sembrava di essere tra la vita e la morte imminente. 

Raccomandava, inoltre, alle persone, rincantucciate nell’altro reparto, che non parlassero, non gridassero, chè le loro voci avrebbero attirato il fiuto del “gattone tedesco”.

Ma … sì!... che c’era un bel dire … e un bel fare, ché tra il dire e il fare c’era in mezzo il mare … E c’era, infatti, in mezzo … il mare in tempesta anche per quella gente, che piangeva terrorizzata di paura … e c’era il soldatino, che, stretto in quell’angoletto, necessariamente doveva muoversi, per sgranchirsi un po’ e prendere aria; e … c’era il cuore del Rev. D. Tullio, che palpitava, chissà! Quanto al minuto e così forte, che aveva l’impressione facesse sentire i suoi battiti!... Ed ecco, infatti, ad un certo momento, un soprassalto al cuore, che il Reverendo sente un forte battere alla porta d’ingresso!... Ma…  non apre!... “Oh, Dio mio!... Ci siamo ora!”... – disse tra di sé – “E’ finita!... Signore… Maria Ausiliatrice… S. Giovanni Bosco… tutti i Santi del Paradiso, aiutatemi!”. Al soldatino stretto e costretto come un topo in quella garitta “Non ti muovere!”… diceva sommessamente. E a quell’altra povera gente del reparto attiguo, che piangeva di terrore, non trovava né sentiva la capacità in gola di gridare silenzio e coraggio anche perché si susseguivano alla porta d’ingresso altri colpi più forti, seguiti da una voce dura, imperiosa: “Aprire!” Sì!... altro che aprire!... Non me ne sentivo affatto la forza: per sé ed il Barese vedeva già davanti la morte, se non pure una strage di quell’altra brava gente di là!... Però, insistendo sempre più tempestosi contro la porta i calci, fatti scatenare non più coi piedi né colle mani ma con mitra, D. Tullio chiede alla persone dell’altro reparto con un fil di voce che cosa debba fare: “Apra, Padre, apra!”. “Apro, si!... Ma, tu, soldatino, non ti muovere minimamente!” dice il Reverendo con voce sommessa a quell’altro poverello, raggomitolato dietro di lui. Ma, in verità, appena aperta la porta, se non fu una raffica di mitra né un colpo di pistola ad accoppare il Reverendo, furono per lui le sembianze della morte, stagliate sul volto duro ed arcigno di un soldato tedesco, armato di mitra e di pistola, a penetrare nello spirito di D. Tullio come siringa di morte. Piantandosi, poi, davanti a lui, quegli l’afferra per il colletto della veste talare, mentre D. Tullio cerca di tenere colle mani  sempre più distesa la veste sulla persona del Barese, e punta a lungo i suoi occhi in quelli  del Reverendo, quasi, a volervi scandagliare “il colpo del delitto”. Questi, inoltre, temeva che da un momento all’altro lo lanciasse fuori colla conseguente scoperta del “topo”: ne sarebbe venuta certamente una doppia carneficina!... Ma, buon per lui che non si macchiò le mani di sangue, e molto meglio per il Reverendo ed il Barese, che ne furono risparmiati!... Ma!... Chissà perché?!... O perché liquori e vini bevuti anche da lui, avevano scalfito il suo cervello a metà strada si da fargli vedere un po’ di lucciole ed un po’ di lanterne; od era un buon Cristiano od un Sacerdote od un bravo soldato austriaco, che,  come tutti gli Austriaci, la cui nazione era stata accoppata, anch’essa, dai Tedeschi hitleriani ed obbligata a combattere accanto ai loro aggressori “nulla voluntate” non la sentiva per nulla a favore della bestiale ferocia di Hitler.

Pertanto, il Reverendo emise un sospirone di sollievo, quando il soldato, abbassate le mani dalle sue spalle, dà uno sguardo superficiale nell’altro reparto e, senza dir parola, “vota bordo… e se ne va!”

… Oh, veramente!... Su tutti si apre il cielo…; in tutti ritorna la vita!...” Signore, Vi ringrazio!”… grida a gran voce il Reverendo”. E veramente sia benedetto e ringraziato il Signore Dio!... Ed, in verità, qualora il Tedesco  con uno spintone lo avesse lanciato fuori, ecco… il colpo del delitto!... Accucciato nell’angoletto e reso invisibile dalla mia veste talare, tirato fuori il soldatino, che cosa sarebbe accaduto? Per tutt’e due o un colpo di pistola all’istante o… Campo di Concentramento a Dachau o ad Auschwtz od altrove… in qualche forno crematorio!... Ma la bontà di Dio non permise tanto per l’intercessione della Vergine Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco, tanto angosciosamente da lui pregati nel momento drammatico e, credo pure, dalla Mamma e dal Papà e degli altri Suoi (chè i cuori, che si amano pur a distanza, si comunicano i sentimenti di angoscia pur a distanza per misteriosi fili elettrici) che dalla lontana Barcellona affannosamente lo seguivano col pensiero e col cuore e colla preghiera, tanto più da moltissimi mesi (come poi al suo rientro in Sicilia dopo la guerra essi gli riferirono) non ne avevano più notizie per le drammatiche congiunture belliche.

Or, dunque, per la grande bontà di Dio, sani e salvi tutti “topi” e non “topi” se ne uscirono dal loro rifugio con profondi sospiri di sollievo e di contentezza, dopo circa un’ora, quando la tradotta, veloce perché abbastanza disappesantita, si avviava verso Tervisio per l’Austria. Alla Stazione in un determinato ufficio D. Tullio affidò al Comitato, preposto per il tutto “da fare” a favore dei prigionieri liberati il soldatino di Bari per quanto necessario alla sua ecclissazione.    

Da quei giovani del Comitato, alle cui orecchie era già pervenuta notizia della drammatica vicenda, si vede circondato con tanti segni di ammirazione ed affabilità.

Sommo, però, lo sdegno di tutti contro una spia, che, proprio, essa, quando i vagoni della tradotta rapidamente si erano cominciati a svuotare, corse subito a darne avviso alla scolta tedesca degli ultimi vagoni, a cui non erano arrivati per tempo o nella necessaria quantità gli allucinanti liquori-vini.

Da tutti si affermava la presenza di una spia in mezzo alla numerosa folla di popolo nell’attesa della tradotta da Verona. Infatti, passeggiava su e giù per la Stazione un ometto, piccolo di statura, con inforcati tra orecchie e naso grossi occhiali da sole, ed in testa un cappello estivo a larghe falde, calate sulle orecchie.

“La spia… la spia fascista…” anche D. Tullio, in mezzo alla folla, aveva sentito sommessamente passar di bocca in bocca; e la gente con prontezza gliene faceva largo. Orbene, era stato, proprio, ‘stu brav’uomo, che, quando la popolazione potè dare l’assalto alla tradotta per la fuga dei Militari, corse subito a darne avviso a quei pochi Tedeschi degli ultimi vagoni, che non erano stati stuzzicati dai famosi farmachi di Bacco.

Proprio, da qui ebbe origine, come poi si poté accertare da testimoni oculari, il drammatico marasma, che poi colle mitriche sfuriate si mutò in tragedia.

Però, quel povero uomo, “la spia fascista” dopo qualche settimana pagò caro il suo gesto di pessimo ed innominabile patriottismo con una sferragliata di mitra alle spalle.

Quest’altro fatto di sangue, tuttavia, provocò nel Reverendo tanto dispiacere, sebbene la “spia fascista” fosse stata causa di mortali incubi anche al suo spirito non solo nel momento del furibondo momento dei Tedeschi, ma anche in seguito, per tutta la susseguente settimana. Infatti, dalla sua stanza del quarto piano del collegio “D. Bosco” attraverso la finestra, ogni giorno, il Reverendo osservava la presenza di quel signore “la spia fascista”. Il suo andar lento e circospetto lungo la “Via Napoleonica”, su cui si erge il collegio “D. Bosco”; il solito cappello a larghe falde, calato sulle orecchie; il suo sguardo alquanto attento e prolungato sul nostro collegio, ed, in particolare, verso la finestra del Reverendo D. Tullio, ogni giorno, e mattino e pomeriggio, poco per volta, lo confermarono nella certezza che quell’uomo dal giorno del suo gesto ardimentoso in favore dei trenta prigionieri si fosse accertato del suo nome e cognome, della sua qualifica e della sua resedenza, per poi andarlo ad acciuffare a colpo sicuro coi suoi sgherri fascisti.

Questo il convincimento del povero Reverendo, per cui si sentiva di nuovo sparire la vita… la, ecco che, una domenica, intorno alle ore 16, il portinaio del “D. Bosco” comunica a D. Tullio la visita di due suoi amici. Ma, quest’annunzio gli fu come “doccia gelata”, alla quale tentò di sottrarsi più e più volte. Ma poi, alle insistenze reiterate e rassicuranti del portinaio, che gentilmente gli dimostrava con prove e con sempre più chiare affermazioni che nulla c’era da temere da parte di quei signori, beh!... alla fine, per quanto ancora sgangherato nel corpo e nello spirito, D. Tullio se ne scese in porteria. Dal cortile gli si avvicinarono con passo lento ed in atteggiamento garbato e dal volto sorridente due bei giovinotti: egli osserva bene in volto e l’uno e l’altro. Tanto gli vale, per assicurarsi che non c’era “la spia fascista” che aveva immaginato. Questo, perciò gli fece allargare il cuore. Ma li osserva ancora, li squadra bene in volto: erano due giovinotti dal volto illuminato da un bel sorriso. E, quasiche avessero letto il tutto il portamento del Reverendo D. Tullio, specialmente, nel suo viso chiuso e sbiancato l’interna sua paura ed una certa aria di sospetto nei loro confronti: “Oh!... Reverendo!”… dicono sollecitamente. “Non abbia paura!”… ripetono in tono alquanto carezzevole ed affettuoso. Ma, tuttavia, essi s’accorgono che egli avesse accolto quelle loro affermazioni come sarcasmo di pessimo gusto, che velava un inganno; perciò, essi con parola molto più carezzevole ed affettuosa soggiungono subito: “Siamo, Reverendo, due dei trenta militari italiani, prigionieri dei Tedeschi, ai quali, domenica scorsa, lei ebbe il fegataccio veramente coraggioso ed ammirevole di aprire, pur in barba ai Tedeschi, il vagone della loro prigione, dandone piena possibilità di fuga!... Siam venuti, dopo aver appreso da sicure informazioni il suo riverito nome e la sua residenza, per ringraziarla dell’alto gesto di umanità e carità cristiana a nome nostro e degli altri nostri commilitoni!”… “Oh, si!”… soggiunse D. Tullio “Ringraziate, piuttosto, assai il Signore… Da Lui ogni bene… ogni beneficio!... E siatene sempre degni e riconoscenti nella vostra vita!...”

Nella serata di quello stesso giorno i due giovinotti, l’uno, Tenente di Fanteria, l’altro, Tenente dei Bersaglieri, riforniti dal tanto benemerito Comitato di vestiario borghese, denaro, valigia, vettovaglie e biglietto ferroviario gratuito, se ne partirono alla volta dei loro Paesi, il primo per Marina di Pisa, l’altro per una cittadina del Milanese. Pertanto, poco per volta, ben rinfrancato nello spirito e nelle forze fisiche, cominciai a vederci veramente bene e resi infinite “Grazie” al Signore per il riuscito salvataggio di nostri numerosi fratelli, che probabilmente sarebbero stati carne da macello nelle mani dei feroci hitleriani e per la scialuppa di salvataggio, concessa pare al coraggioso Reverendo D. Tullio Rizzo. Messina, 6-III-1983.

30 gennaio 2020

***

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Abbiamo preferito pubblicare Il report esaustivo, fornitoci dall ufficio stampa e Comunicazione del Museo del Novecento.

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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

 Lo spettacolo è stato dedicato alla memoria di Giuseppe Sorrenti, il giovane ingegnere messinese deceduto a Lucca durante una partita di calcetto a causa di un malore. 

Messina. Con una brillante regia, con una ottima scenografia del medico pittore Pietro Bitto, da poco vincitore di un Premio Mare Nostrum Mediterraneo per l'Accademia Euromediterranea delle Arti,per l'arte,  con le cover straordinarie degli anni d'oro, con delle voci come quella della dott.ssa Bevacqua o della dott.ssa Elvira Marsico, con la voce da Fred Bongusto del dott Renato Caldarera, con una dott.ssa La Paglia in look sfavillante di rosso compresa la parrucca....insomma con tutti questi brillanti  ingredienti, compresa la presentatrice Lety Grubber, Letizia Lucca, non poteva riuscire di meglio lo spettacolo graditissimo dal pubblico; uno spettacolo corposo che ha avuto termine a mezzanotte circa.Musica, recitazione, comicità e danza, sono  stati questi gli ingredienti del varietà “I nostri anni ‘80” che ha visto ancora una volta, sul palco del Vittorio Emanuele “I Fikissimi” i medici-artisti messinesi, ormai conosciuti e amati dal pubblico messinese per le loro performances canore e teatrali  che realizzano con lo scopo di aiutare le realtà del territorio che si occupano di volontariato. In questo caso sono state  ben 2 le associazioni cui verrà destinato l’incasso della serata: “Cambiamenti APS, che si occupa di dare assistenza e supporto alle persone affette da malattie neuromuscolari e alle relative famiglie e al Centro socio pedagogico E-Duco. Solidarietà e spettacolo, un connubio che “I Fikissimi” portano avanti con impegno e passione, riuscendo nel tempo a guadagnarsi l’affetto dei messinesi che ad ogni loro evento rispondono numerosi. Originalissimo spettacolo di varietà, che ha registrato il sold out, ennesimo successo del gruppo messinese. I medici-artisti Fikissimi sono: Massimo Pulitanò, Cosimo Milone, Francesco D’Arrigo, Rita La Paglia, Luisa Barbaro, Giovanna Genitori, Katia Bevacqua, Elvira Marsico, Carmelo Peditto, Francesco Calogero, Salvatore Signorino, Fabio Catalano, Renato Caldarera, Massimo Calapaj, Pietro Bitto e Sara Doddis. Con loro ci saranno anche Marcello Fatato, Oscar Cartagenova, Letizia Lucca, Santina Restuccia e i giovani Fikissimi: Giulia Accetta, Emanuele D’Arrigo, Marco Leonardi, Chiara Milone, Marco Milone, Gabriele Pulitanò, Gianmaria Pulitanò, Giovanni Pulitanò e Giuliano Pulitanò. Ad arricchire il varietà le coreografie di “Accademia Arts” di Rosaria Doddis. Lo spettacolo si è concluso con uno spettacolare bus rigorosamente sulle nuances del verde, anni '80, realizzato dal dr Pietro Bitto, sul quale sono "saliti" si fa per dire....gli attori....sullo sfondo una splendida facciata anni Ottanta, con tanto di Bici, senza catene, davanti alle scale, memoria storica di, e, un amarcord felliniano del  tempo che fu, come banalmente dicevano le nostre mamme, negli anni Ottanta. 

Autore dei testi Cosimo Milone, i registi Marcello Fatato e Santina Restuccia e il direttore artistico Massimo Pulitano'.

- di Maria Teresa  Prestigiacomo -

Messina.Riceviamo su Facebook  un messaggio dell' ex Sindaco Giuseppe Buzzanca oggi assolto."Dopo 7 anni, la Corte di Cassazione cassa senza rinvio e mi ASSOLVE perché il fatto non sussiste. 

Il Tribunale di Messina nel 2016 mi aveva condannato alla pena di anni 1 e mesi 8 senza sospensione condizionale della pena (il PM aveva chiesto 4 anni). 

La Corte d’Appello nel 2018, pur riducendo la pena ad un anno, aveva confermato la sentenza di condanna per il reato di abuso d’ufficio. 

Anche in questo caso (é la quarta assoluzione), nutrendo da sempre rispetto e fiducia nella Giustizia, ho aspettato in silenzio, difendendomi nei processi.

Dopo aver attraversato il tunnel infernale dei processi sono ancora vivo! 

Restano l’amarezza ed il dolore che ho dovuto sopportare per tanti anni.

Ringrazio la mia famiglia, che mi é stata vicina, e chi mi ha difeso (Marcello Scurria, Tommaso Autru Riolo e Giorgio Perroni che ieri ha discusso in Cassazione).

Spero che anche alla sentenza di assoluzione venga riservato lo stesso rilievo e la stessa collocazione."

Come è  giusto che sia...noi pubblichiamo l'assoluzione.

 

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Nella giornata dedicata a San Francesco di  Sales oggi 28 gennaio, l 'Ucsi

Si è  riunito (con il Direttico e i soci, unitamente ad una classe dell Ist Tecnico Maria Jaci ed ad altre scolaresche)  nella chiesa di Santa Caterina, per una Santa Messa, presente il presidente Laura Simoncini e i soci e l' Assostampa, con la presidente Graziella Lombardo e i soci.Le due presidenti hanno sottolineato, nel loro brillante intervento, la responsabilità sulla verità  che i giornalisti debbono possedere. In particolare, Simoncini ha ricordato il decano dei giornalisti Carmelo Garofalo cui è  dedicata la sezione Ucsi Messina. S.E. il prefetto si è  rivolta ai giovani  ed ai giornalisti presenti, affinché responsabilità e verità  possano avere sempre il sopravvento. 

Domenico Interdonato ha invece esposto l' excursus  storico dei 60 anni dell' Ucsi, esplicitando  le attività culturali Ucsi e le articolazioni ed i programmi dei gruppi che tendono a coinvolgere i giovani e non solo.Interdonato ha anche manifestato compiacimento del rapporto di collaborazione con l' Assostampa che ha aperto,maggiormente a tutti, le iniziative Ucsi. Erano presenti rappresentanti della Croce Rossa  e autorità civili e militari.

Presente anche  il  vice presidente accademia euromediterranea delle arti a.c Gennaro Galdi . A seguire la Santa Messa e la brillante  toccante omelia di padre TAVILLA.

 

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

LEGITTIMA DIFESA al TEATRO SAVIO per ARIA NUOVA IN ME
Parte dal Teatro Savio, domenica 9 febbraio alle ore 18,

la tournée dello spettacolo scritto da Laura Giacobbe per la regia di Roberto Zorn Bonaventura.
Interpreti: Giuseppe Capodicasa, Francesco Natoli, Michelangelo Maria Zanghì


Un cast tutto messinese per LEGITTIMA DIFESA, lo spettacolo scritto da Laura Giacobbe e firmato alla regia da Roberto Zorn Bonaventura che andrà in scena domenica 9 febbraio alle ore 18 per la stagione teatrale Aria Nuova In Me organizzata da Davide Liotta e Dinah Caminiti (Ass. Culturale ARB). La pièce teatrale, che è prodotta da Maurizio Puglisi per Nutrimenti Terrestri, ha ottenuto due importanti riconoscimenti in quanto vincitrice del bando NUOVE OPERE Sillumina 2017 del MiBAC-SIAE, che ne ha sostenuto il debutto avvenuto a novembre 2018, e del bando LIVE Per Chi Crea 2018 del MiBACT-SIAE, in riferimento alla sua circuitazione.
Dal palcoscenico del Teatro Savio-Piccolo Teatro ARB, Giuseppe Capodicasa, Francesco Natoli e Michelangelo Maria Zanghì (con la partecipazione di Cristiana Nicolò) inaugureranno l'importante ed attesa tournée che toccherà successivamente le città di Milano in collaborazione con Latitudini (Teatro Libero 14-15-16 febbraio), Calascibetta (En) in collaborazione con Latitudini (17 aprile), Catania (Piccolo Teatro della Città, 18-19 aprile) Palermo (Spazio Franco, 9-10 maggio) Roma (Spazio Diamante, dal 22 al 25 maggio) con ulteriori date e destinazioni in aggiornamento.

LEGITTIMA DIFESA di Laura Giacobbe affronta un tema tanto attuale quanto delicato che continua a spaccare l'opinione pubblica e che, come spiega l'autrice, al tempo della sua stesura, non si trovava ancora quando al centro di cocenti dibattiti e proposte di legge. "La scrittura di Legittima Difesa - afferma - riguarda un’idea maturata molto tempo fa, quando le opinioni attorno a questo argomento apparivano come sintomi e sentori e non erano ancora il fiume in piena che sono oggi. Allora la circostanza di un rapinatore in casa appariva come un valido pretesto teatrale, uno zoom potente sull’umore nero che bolliva nel ventre del Paese. Era la situazione perfetta in cui vedere un principio giusto, quale è la necessità di difendersi dalla violenza ingiusta, deformato dalla nascente propaganda che solleticava abilmente insoddisfazione, appetiti violenti e irrazionali. Ingrandire a dismisura, o meglio forse, comprimere, mettere alla prova dei fatti gli slogan e i deboli argomenti di cui è infarcita la rivendicazione del diritto alla legittima difesa, ha rivelato tutta la solitudine del cittadino digitale e insieme il contesto ingenuamente tragico in cui ci siamo abituati a vivere, fatto di nuove e sempre più inquietanti forme di entusiasmo negativo, golose di insulti, di frizioni, di disvalori, di miserabili ripicche sociali che funzionano come il pronto soccorso di un’autostima che in altri ambiti dell’esistenza continua ad essere mortificata. Quando tutto diventa troppo complicato, è bene diffidare da chi ci dice che tutto è semplice. Quando sentiamo di non appartenere più a niente, è bene diffidare da chi ci dice che apparteniamo al popolo del buonsenso".

Nelle note di regia di Roberto Bonaventura leggiamo: "Incredibile signori: le rapine e gli omicidi sono nettamente in calo, mentre la paura aumenta. Come mai? Cosa o chi si nasconde dietro questo paradosso? È questo il nascosto nel testo “Legittima difesa”, è nascosto perché non lo dice, te lo porge gentilmente, per farti rendere conto di. cosa sia, adesso il nostro paese. L'Italia impaurita, depressa e cosparsa di odio. L'Italia che cerca di reagire ma viene fermata da un muro invisibile. Che muro? L'ignoranza, il facile schierarsi con il più forte, il difendersi con le armi, con l'insulto, con la negazione dei diritti dell'uomo, con il perdere tutto ciò che di bellezza c'è nell'animo umano. Fermiamoci su una panchina di una piazza, incontriamoci, non facciamoci fregare, forse le soluzioni le possiamo trovare, guardandoci negli occhi. “Siamo uguali capo, a me non mi spetta l'orologio tuo e a te non ti spetta la vita mia".

LEGITTIMA DIFESA
di Laura Giacobbe
con Giuseppe Capodicasa, Francesco Natoli, Michelangelo Maria Zanghì
Regia Roberto Zorn Bonaventura
Allestimento di Mariella Bellantone
Disegno luci di Stefano Barbagallo
Costumi di Cinzia Preitano
Collaborazione artistica Monia Alfieri
Collaborazione tecnica Marilisa Busà
Aiuto regia Martina Morabito
Foto di scena Giuseppe Contarini - FotoInScena
Grafica Riccardo Bonaventura
Ufficio Stampa e Comunicazione Marta Cutugno
Produzione Maurizio Puglisi per Nutrimenti Terrestri
con il sostegno del MiBACT e di SIAE.

Teatro Savio, spettacolo unico 9 febbraio ore 18
biglietto intero € 15
ridotto € 13 (over 60 e under 35)
tariffa gruppi da e oltre 5 spettatori € 11
socio ARB e CRAL convenzionati € 10

biglietteria Teatro Savio:
martedì e Giovedì dalle 10 alle 12
lunedì e venerdì dalle 17 alle 19

biglietteria on line:
https://www.clappit.com/biglietti-arb-associazione-culturale/showProductList.html

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