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mario Merante1

 

Rosario con Tany, Carmelo con Franca,

Alberto con Chiara, Antonio con Daniela e Lucrezia,

Davide con Gabriella

 costernati e increduli ,

piangono la perdita

DEL CARISSIMO CUGINO  MARIO

E PARTECIPANO  AL DOLORE

DI  ANNAMARIA , STEFANO E DELLA FAMIGLIA


"La perdita di una persona cara è sempre un pezzetto della nostra esistenza che viene a mancare,

ma ciò che conforta è tutto il bene che quella persona ci ha lasciato."

 

Roma 31 marzo 2016

 

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 - di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Convince e conquista  sia la critica che il grande pubblico l' allestimento del Teatro Vittorio Emanuele  che ha visto alla Prima un caloroso e folto pubblico che ha apprezzato con frequenti applausi, le abili e brillanti esecuzioni dei cantanti lirici che hanno espresso brillanti performances,  supportati da un 'attenta e puntuale direzione del direttore e maestro concertatore: il giovane Marco Alibrando. Splendide ed apprezzate le scenografie che hanno ricreato le atmosfere della Parigi bohemienne  e ' bene' del Cafe'Momus del Quartiere Latino, eccellenti i costumi d' epoca di Carla Ricotti.Centinaia di comparse e un gioioso coro allietavano le vie del Quartiere Latino. Sicuramente un'ottima scelta, quella della Boheme nel cartellone del Teatro e sicuramente  un ottimo successo riscontreranno  le  repliche nelle serate che seguiranno. Applauditissimo in prima serata, Danilo Formaggia il tenore ed Elisa Balbo , soprano, nelle vesti di Mimi. Altrettanto valenti Musetta,  interpretata da Paola Cigna e Vittorio Prato, baritono, nella parte di Marcello. Abbiamo ascoltato un brillante Eugenio Di Lieto, basso, Colline e un interessante baritono Salvatore Salvaggio, in Schaunard, altretranto dicasi per  Angelo Nardinocchi, basso, in Benoit. Bruno Tirotta il direttore del Coro del 'Cilea'di Reggio Calabria e Agnese Carrubba direttore del Coro di voci bianche . Un plauso vada alla direzione artistica di Gianni Renzo, a Maurizio Puglisi, ad Antonino  Saija che, unitamente alla riuscita, brillante scelta registica di Giorgio Bongiovanni e della sua assistente Bianca D 'Amato, hanno offerto una produzione eccelsa che non ha fatto sfigurare il Teatro di Messina al confronto con i colleghi altisonanti come ad esempio, il San Carlo di Napoli cui il pubblico esigente di Messina è  abituato.

 

 

LA bella addormentata 10x10 new5

 

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- di Marcello Crinò  -

 

 

Domenica 10 aprile alle ore 21,00 appuntamento prestigioso al Teatro Mandanici di Barcellona con il Ballet of Moscow che presenta La bella addormentata, uno dei capolavori del balletto dell’Ottocento su musiche di Petr Ilic Cajkovskij e coreografie di Marius Petipa. La bella addormentata, un prologo e tre atti dal racconto di Charles Perrault, rappresenta il massimo dell’espressione classica, in un clima di astrazione teatrale con più risalto alla danza pura rispetto alle vicende narrative.

 Un fiore all’occhiello per il Ballet of Moscow con le favolose e incantate scenografie e costumi e le stupende musiche.

La prima rappresentazione andò in scena nel Teatro Marijinskij di Pietroburgo il 1° gennaio del 1890, diretta da Riccardo Drigo.

 La trama:

 Prologo

 Alla corte di re Floristano viene indetta una festa per il battesimo della principessa Aurora: vengono invitati cavalieri, dame e le fate buone del regno, che portano con loro doni per la principessa. Tra gli invitati però manca la strega Carabosse, non presente nella lista; per vendicarsi, nonostante le suppliche della corte, la maga getta una maledizione alla piccola: al sedicesimo anno di età, la principessa morirà pungendosi con un fuso. La fata dei Lillà però, non avendo ancora fatto il suo regalo, decide di modificare la maledizione: questa non morirà infatti alla puntura, ma sprofonderà solamente in un lunghissimo ed eterno sonno, che coinvolgerà tutta la corte e che avrà fine solamente grazie al bacio di un giovane principe.

  

Atto I

 

Al giardino del castello si festeggia il sedicesimo anno di età della principessa, dopo che ogni fuso è stato bandito dal regno e il suo uso vietato severamente. Aurora appare e, corteggiata da quattro pretendenti che arrivano dai quattro rispettivi continenti, balla con i quattro principi (il famoso Adagio della Rosa): le varie danze di corte distolgono l'attenzione del pubblico e così la maga Carabosse, travestita da vecchia mendicante, porge un fuso alla principessa.
Incuriosita dall'oggetto mai visto, Aurora tocca la punta del fuso e sviene: la fata dei Lillà interviene e trasforma la morte in sonno, con il suo dono. Gli invitati si addormentano e il castello viene avvolto da rovi e circondato da un fitto bosco.

  

Atto II

 

Scena Prima: trascorrono cento anni e, in una radura nei pressi del castello ancora avvolto dai rovi, una compagnia di nobili è presa in una battuta di caccia, allietandosi nel fitto bosco con pic-nic e danze. Tra questi è presente anche il principe Desirè. A un certo punto, l'atmosfera cambia e appare la fata dei Lillà, che in un sogno conduce il principe da Aurora, avvisandolo dell'accaduto. La visione di questa splendida principessa fa innamorare il giovane principe. Finito il sogno, il principe si dirige al castello incantato.

 

Scena Seconda: il principe riesce ad entrare nel castello e, trovata la principessa, le da un bacio, spezzando l'incantesimo; la corte allora si risveglia e le danze ricominciano; il principe potrà ora sposare la principessa Aurora.

  

Atto III

 

C'è una grande festa al castello e tra gli invitati compaiono il principe azzurro e la principessa Florin; compaiono anche molti dei personaggi delle fiabe di Perrault (Il gatto con gli stivali e la gatta bianca, Cenerentola e il Principe Fortuné, Cappuccetto rosso e il lupo). I due promessi sposi danzano, in un celebre Passo a Due, alla reggia di Floristano, e con loro anche tutti gli invitati in onore del futuro re e della futura regina.

 

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Prevendita Barcellona Pozzo di Gotto: MIANO TOUR Via Tenente Genovese n. 42

 

tel. 090.9703536  - Informazioni: 334.1891173

 

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Prezzi Biglietti:

 

POLTRONISSIMA    e    PLATEA I settore     

 

38,00 euro (compresa prevendita prezzo al pubblico)                        

 

 Ridotto 33,00 euro  (compresa prevendita prezzo al pubblico)  

 

Invalidi 38,00 euro + 1 omaggio                                                                               

 

  * Bambini sotto i 12 anni                                                                                                      

 

  * Gruppi formati da almeno 10 elementi 

 

PLATEA II settore                                                       36,00 euro (compresa prevendita prezzo al pubblico)                   

 

Ridotto  31,00 euro  (compresa prevendita prezzo al pubblico) 

 

 Invalidi 36,00 euro + 1 omaggio                                                                              

 

  * Bambini sotto i 12 anni                                                                        

 

  * Gruppi formati da almeno 10 elementi 

 

GALLERIA  (B e F)

 

25,00 euro (compresa prevendita prezzo al pubblico)     

 

 Ridotto  20,00 euro  (compresa prevendita prezzo al pubblico)  

 

Invalidi 25,00 euro + 1 omaggio                                                                          

 

   * Bambini sotto i 12 anni                                                                                 

 

   * Gruppi formati da almeno 10 elementi 

 

PLATEA  III settore  (A e G)  

 

intero  23,00 euro (compresa prevendita prezzo al pubblico).    

 

 

 

- di Gino Lipari -

Mimetizzata nelle case povere dei vecchi quartieri sopravvive a Trapani la festa dell’Immacolata che si riconnette con quella di Maria Bambina che si celebra l’otto settembre.

  -  di Gino Lipari -

La ciaccula è tra gli strumenti musicali a percussione utilizzata nella processione dei Misteri.

bla-bla

 

Che la situazione sia abbastanza grave ed è necessario intervenire adeguatamente al fine di mettere in condizioni di non nuocere quanti guidano, alimentano e dirigono il terrorismo, sia esso dei tagliagole dello Stato islamico che dei talebani (comunque musulmani), è ormai una esigenza sentita dalla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, non solo di quella cosiddetta ‘occidentale’ (più esposta alla furia terroristica). A nulla servono, ormai, le chiacchiere del giorno dopo, né le stucchevoli panzane boldriniane o quelle altrettanti inutili che ci riserva il Papa col suo ‘politicamente corretto’.

L’ultimo attentato, quello eseguito in Pakistan, avviene contro la minoranza cattolica (4% della popolazione), reso più odioso con la carneficina, in un parco giochi per bambini, di decine di innocenti. Un attentato che è un chiaro messaggio a Papa Francesco che intenderebbe andare in visita proprio in quel Paese su invito di quel primo ministro. Forse il Capo dello Stato Vaticano ha creduto bastasse blaterare sui trafficanti d’armi per poter catturare la ‘benevolentia’ dei musulmani del posto atta ad interrompere il genocidio perpetrato ai danni dei cattolici come, egregiamente, dimostrato da Magdi Cristiano Allam, formidabile giornalista divenuto da poco cattolico. Lungi da noi, però, pensare che l’obiettivo unico dei terroristi islamici siano i cattolici. Sembra infatti che si stia preparando un’altra carneficina a danno, stavolta, dei figli degli ebrei.

E’ chiaro, quindi, che si sta tentando di distruggere la nostra convivenza pacifica, la nostra quotidianità, il nostro stile di vita, la fede degli ebrei e la fede di quanti in Italia ed Europa hanno creduto opportuno abbracciare la religione cattolica che, dopo il lungo periodo dell’Inquisizione che ha realizzato un milione di donne torturare ed uccise dai Tribunali Ecclesiatici, è tornata alle origini ridiventando una religione non violenta ma basata sul perdono e l’offerta dell’altra guancia. Se qualcuno, comunque, vuole offrire l’altra guancia, faccia pure noi non ci stiamo e, quindi, questo film, di cui conosciamo armai la trama, pensiamo debba essere interrotto. Non c’è, però, più tempo da perdere ed ognuno deve fare la sua parte senza alibi e scuse varie come sa fare il premier Renzi che pensa che bastino contro il terrore i ‘maestri elementari’ considerati uomini di cultura con... l’abbecedario.

Ma allora, si chiederebbe Lenin, ‘Che fare?’ Sono urgenti due necessità. La prima è mettere in piedi quella coalizione unitaria che da tempo bisognava realizzare e la cui non realizzazione aveva spinto la Russia a rispondere positivamente alla richiesta di aiuto del governo di Damasco. I frutti si sono visti se è vero, come è vero, che il 40% del territorio occupato da Al Baghdadi è ritornato ai legittimi proprietari ed alcune città simbolo, come Palmira, sono state riprese dall’esercito lealista di Assad. In questa coalizione, da realizzare e mettere subito in azione, devono far parte, come minimo, gli USA, l’Europa, la Russia ed l’Arabia Saudita, senza paura delle bandierine arcobaleno che sicuramente sventoleranno su molti balconi.

La seconda esigenza deve portare l’Europa alla costruzione di un proprio ed unico esercito e prevedere, da subito, lo scambio di notizie dei rispettivi servizi di intelligence che le recenti azioni terroristiche in Belgio hanno dimostrato che lavorano senza continuo scambio di informazioni realizzando terribili buchi immediatamente usati dai terroristi.

Senza questi due capisaldi si ripresenta la solita ‘delega’ a chi non vuole essere delegato (Obama è un campione in questa direzione), e mai si potrà costruire quello che ogni cittadino del vecchio continente vuole fortissimamente e cioè gli USE ovvero gli Stati Uniti d’Europa.

                                                                                  - di  Giovanni ALVARO -

- a cura di Gino Lipari -


Teodoro, innamorato della Violante figliuola di messere Amerigo suo signore, la 'ngravida ed è alle forche condannato; alle quali frustandosi essendo menato, dal padre riconosciuto e prosciolto, prende per moglie la Violante.


Le donne, le quali tutte temendo stavan sospese ad udire se i due amanti fossero arsi, udendogli scampati, lodando Iddio, tutte si rallegrarono; e la reina, udita la fine, alla Lauretta lo 'ncarico impose della seguente, la quale lietamente prese a dire.

Bellissime donne, al tempo che il buon re Guiglielmo la Cicilia reggeva, era nella isola un gentile uomo chiamato messere Amerigo Abbate da Trapani, il quale, tra gli altri ben temporali, era di figliuoli assai ben fornito. Per che, avendo di servidori bisogno e venendo galee di corsari genovesi di Levante, li quali costeggiando l'Erminia molti fanciulli avevan presi, di quegli, credendogli turchi, alcun comperò; tra' quali, quantunque tutti gli altri paressero pastori, n'era uno il quale gentilesco e di migliore aspetto che alcun altro pareva, ed era chiamato Teodoro.

Il quale crescendo, come che egli a guisa di servo trattato fosse, nella casa pur co'figliuoli di messer Amerigo si crebbe; e traendo più alla natura di lui che all'accidente, cominciò ad esser costumato e di bella maniera, intanto che egli piaceva sì a messere Amerigo, che egli il fece franco; e credendo che turchio fosse, il fè battezzare e chiamar Pietro, e sopra i suoi fatti il fece il maggiore, molto di lui confidandosi.

Come gli altri figliuoli di messer Amerigo, così similmente crebbe una sua figliuola chiamata Violante, bella e dilicata giovane; la quale, soprattenendola il padre a maritare, s'innamorò per avventura di Pietro; e amandolo e faccendo de'suoi costumi e delle sue opere grande stima, pur si vergognava di discovrirgliele. Ma Amore questa fatica le tolse, per ciò che, avendo Pietro più volte cautamente guatatala, sì s'era di lei innamorato, che bene alcun non sentiva se non quanto la vedea; ma forte temea non di questo alcun s'accorgesse, parendogli far men che bene. Di che la giovane, che volentier lui vedeva, s'avvide; e, per dargli più sicurtà, contentissima, sì come era, se ne mostrava. E in questo dimorarono assai, non attentandosi di dire l'uno all'altro alcuna cosa, quantunque molto ciascuno il disiderasse.

Ma, mentre che essi così parimente nell'amorose fiamme accesi ardevano, la fortuna, come se diliberato avesse questo voler che fosse, loro trovò via da cacciare la temorosa paura che gl'impediva.

Aveva messer Amerigo, fuor di Trapani forse un miglio, un suo molto bel luogo, al quale la donna sua con la figliuola e con altre femine e donne era usata sovente d'andare per via di diporto: dove essendo, un giorno che era il caldo grande, andate, e avendo seco menato Pietro e quivi dimorando, avvenne, sì come noi veggiamo talvolta di state avvenire, che subitamente il cielo si chiuse d'oscuri nuvoli; per la qual cosa la donna con la sua compagnia, acciò che il malvagio tempo non le cogliesse quivi, si misero in via per tornare in Trapani, e andavanne ratti quanto potevano. Ma Pietro che giovane era, e la fanciulla similmente, avanzavano nello andare la madre di lei e l'altre compagne assai, forse non meno da amor sospinti che da paura di tempo; ed essendo già tanto entrati innanzi alla donna e agli altri che appena si vedevano, avvenne che dopo molti tuoni subitamente una gragnuola grossissima e spessa cominciò a venire, la quale la donna con la sua compagnia fuggì in casa d'un lavoratore.

Pietro e la giovane, non avendo più presto rifugio, se n'entrarono in una casetta antica e quasi tutta caduta, nella quale persona non dimorava, e in quella sotto un poco di tetto, che ancora rimaso v'era, si ristrinsono amenduni, e costrinseli la necessità del poco coperto a toccarsi insieme. Il qual toccamento fu cagione di rassicurare un poco gli animi ad aprire gli amorosi disii. E prima cominciò Pietro a dire:

- Or volesse Iddio che mai, dovendo io stare come io sto, questa grandine non ristesse.

E la giovane disse:

- Ben mi sarebbe caro.

E da queste parole vennero a pigliarsi per mano e strignersi, e da questo ad abbracciarsi e poi a baciarsi, grandinando tuttavia.

E acciò che io ogni particella non racconti, il tempo non si racconciò prima che essi, l'ultime dilettazioni d'amor conosciute, a dover segretamente l'un dell'altro aver piacere ebbero ordine dato.

Il tempo malvagio cessò, e all'entrar della città, che vicina era, aspettata la donna, con lei a casa se ne tornarono. Quivi alcuna volta, con assai discreto ordine e segreto, con gran consolazione insieme si ritrovarono; e sì andò la bisogna che la giovane ingravidò, il che molto fu e all'uno e all'altro discaro; per che ella molte arti usò per dovere, contro al corso della natura, disgravidare, né mai le poté venir fatto.

Per la qual cosa Pietro, della vita di sé medesimo temendo, diliberato di fuggirsi, gliele disse; la quale udendolo disse:

- Se tu ti parti, senza alcun fallo io m'ucciderò.

A cui Pietro, che molto l'amava, disse:

- Come vuoi tu, donna mia, che io qui dimori? La tua gravidezza scoprirà il fallo nostro; a te fia perdonato leggiermente, ma io misero sarò colui a cui del tuo peccato e del mio converrà portare la pena.

Al quale la giovane disse:

- Pietro, il mio peccato si saprà bene; ma sii certo che il tuo, se tu nol dirai, non si saprà mai.

Pietro allora disse:

- Poi che tu così mi prometti, io starò, ma pensa d'osservarlomi.

La giovane, che, quanto più potuto avea, la sua pregnezza tenuta aveva nascosa, veggendo, per lo crescer che '1 corpo facea, più non poterla nascondere, con grandissimo pianto un dì il manifestò alla madre, lei per la sua salute pregando.

La donna, dolente senza misura, le disse una gran villania, e da lei volle sapere come andata fosse la cosa. La giovane, acciò che a Pietro non fosse fatto male, compose una sua favola, in altre forme la verità rivolgendo. La donna la si credette, e per celare il difetto della figliuola, ad una lor possessione la ne mandò. Quivi, sopravvenuto il tempo del partorire, gridando la giovane come le donne fanno, non avvisandosi la madre di lei che quivi messer Amerigo, che quasi mai usato non era, dovesse venire, avvenne che, tornando egli da uccellare e passando lunghesso la camera dove la figliuola gridava, maravigliandosi, subitamente entrò dentro e domandò che questo fosse.

La donna, veggendo il marito sopravenuto, dolente levatasi, ciò che alla figliuola era intervenuto gli raccontò. Ma egli, men presto a creder che la donna non era stata, disse ciò non dovere esser vero che ella non sapesse di cui gravida fosse, e per ciò del tutto il voleva sapere; e dicendolo, essa potrebbe la sua grazia racquistare; se non, pensasse senza alcuna misericordia di morire.

La donna s'ingegnò, in quanto poteva, di dovere fare star contento il marito a quello che ella aveva creduto; ma ciò era niente. Egli, salito in furore, con la spada ignuda in mano sopra la figliuola corse, la quale, mentre la madre di lei il padre teneva in parole, aveva un figliuol maschio partorito, e disse:

- O tu manifesta di cui questo parto si generasse, o tu morrai senza indugio.

La giovane, la morte temendo, rotta la promessa fatta a Pietro, ciò che tra lui e lei stato era tutto aperse. Il che udendo il cavaliere e fieramente divenuto fellone, appena d'ucciderla si ritenne; ma, poi che quello che l'ira gli apparecchiava detto l'ebbe, rimontato a cavallo, a Trapani se ne venne, e ad uno messer Currado, che per lo re v'era capitano, la ingiuria fattagli da Pietro contatagli, subitamente, non guardandosene egli, il fè pigliare; e messolo al martorio, ogni cosa fatta confessò.

Ed essendo dopo alcun dì dal capitano condannato che per la terra frustato fosse e poi appiccato per la gola; acciò che una medesima ora togliesse di terra i due amanti e il lor figliuolo, messere Amerigo, al quale per avere a morte con dotto Pietro non era l'ira uscita, mise veleno in un nappo con vino, e quello diede ad un suo famigliare e un coltello ignudo con esso, e disse:

- Va con queste due cose alla Violante, e sì le dì da mia parte che prestamente prenda qual vuole l'una di queste due morti, o del veleno o del ferro, e ciò faccia senza indugio; se non, che io nel cospetto di quanti cittadini ci ha la farò ardere, sì come ella ha meritato; e fatto questo, piglierai il figliuolo pochi dì fa da lei partorito, e percossogli il capo al muro, il gitta a mangiare a'cani.

Data dal fiero padre questa crudel sentenzia contro alla figliuola e al nepote, il famigliare, più a male che a ben disposto, andò via.

Pietro condennato, essendo dà famigliari menato alle forche frustando, passò, sì come a coloro che la brigata guida vano piacque, davanti ad uno albergo dove tre nobili uomini d'Erminia erano, li quali dal re d'Erminia a Roma ambasciadori eran mandati a trattar col papa di grandissime cose per un passaggio che far si dovea, e quivi smontati per rinfrescarsi e riposarsi alcun dì, e molto stati onorati dà nobili uomini di Trapani, e spezialmente da messere Amerigo. Costoro, sentendo passare coloro che Pietro menavano, vennero ad una finestra a vedere.

Era Pietro dalla cintura in su tutto ignudo e con le mani legate di dietro, il quale riguardando l'uno de'tre ambasciadori, che uomo antico era e di grande autorità, nominato Fineo, gli vide nel petto una gran macchia di vermiglio, non tinta, ma naturalmente nella pelle infissa, a guisa che quelle sono che le donne qua chiamano rose. La qual veduta, subitamente nella memoria gli corse un suo figliuolo, il quale, già eran quindici anni passati, dà corsali gli era stato sopra la marina di Laiazzo tolto, né mai n'avea potuto saper novella; e considerando l'età del cattivello che frustato era, avvisò, se vivo fosse il suo figliuolo, dovere di cotale età essere di quale colui pareva; e cominciò a sospicar per quel segno non costui desso fosse; e pensossi, se desso fosse, lui ancora doversi del nome suo e di quel del padre e della lingua erminia ricordare.

Per che, come gli fu vicino, chiamò:

- O Teodoro.

La qual voce Pietro udendo, subitamente levò il capo. Al quale Fineo in erminio parlando disse:

- Onde fosti? E cui figliuolo?

Li sergenti che il menavano, per reverenza del valente uomo, il fermarono, sì che Pietro rispose:

- Io fui d'Erminia, figliuolo d'uno che ebbe nome Fineo, qua picciol fanciullo trasportato da non so che gente.

Il che Fineo udendo, certissimamente conobbe lui essere il figliuolo che perduto avea; per che, piagnendo co'suoi compagni discese giuso, e lui tra tutti i sergenti corse ad abbracciare; e gittatogli addosso un mantello d'un ricchissimo drappo che in dosso avea, pregò colui che a guastare il menava, che gli piacesse d'attendere tanto quivi, che di doverlo rimenare gli venisse il comandamento. Colui rispose che l'attenderebbe volentieri.

Aveva già Fineo saputa la cagione per che costui era menato a morire, sì come la fama l'aveva portata per tutto; per che prestamente co'suoi compagni e con la lor famiglia n'andò a messer Currado, e sì gli disse:

- Messere, colui il quale voi mandate a morire come servo, è libero uomo e mio figliuolo, ed è presto di torre per moglie colei la qual si dice che della sua virginità ha privata; e però piacciavi di tanto indugiare la esecuzione che saper si possa se ella lui vuol per marito, acciò che contro alla legge, dove ella il voglia, non vi troviate aver fatto.

Messer Currado, udendo colui esser figliuolo di Fineo, si maravigliò; e vergognatosi alquanto del peccato della Fortuna, confessato quello esser vero che diceva Fineo, prestamente il fè ritornare a casa, e per messere Amerigo mandò, e queste cose gli disse.

Messer Amerigo, che già credeva la figliuola e '1 nepote esser morti, fu il più dolente uom del mondo di ciò che fatto avea, conoscendo, dove morta non fosse, si potea molto bene ogni cosa stata emendare; ma nondimeno mandò correndo là dove la figliuola era, acciò che, se fatto non fosse il suo comandamento, non si facesse.

Colui che andò, trovò il famigliare stato da messere Amerigo mandato, che, avendole il coltello e '1 veleno posto innanzi, perché ella così tosto non eleggeva, le dicea villania e volevala costrignere di pigliare l'uno. Ma, udito il comandamento del suo signore, lasciata star lei, a lui se ne ritornò e gli disse come stava l'opera. Di che messer Amerigo contento, andatosene là dove Fineo era, quasi piagnendo, come seppe il meglio, di ciò che intervenuto era si scusò e domandonne perdono, affermando sé, dove Teodoro la sua figliuola per moglie volesse, esser molto contento di dargliele.

Fineo ricevette le scuse volentieri e rispose:

- Io intendo che mio figliuolo la vostra figliuola prenda; e dove egli non volesse, vada innanzi la sentenzia data di lui.

Essendo adunque e Fineo e messer Amerigo in concordia, là ove Teodoro era ancora tutto pauroso della morte e lieto di avere il padre ritrovato, il domandarono intorno a questa cosa del suo volere.

Teodoro, udendo che la Violante, dove egli volesse, sua moglie sarebbe, tanta fu la sua letizia, che d'inferno gli parve saltare in paradiso, e disse che questo gli sarebbe grandissima grazia, dove a ciascun di lor piacesse.

Mandossi adunque alla giovane a sentire del suo volere; la quale, udendo ciò che di Teodoro era avvenuto ed era per avvenire, dove più dolorosa che altra femina la morte aspettava, dopo molto, alquanta fede prestando alle parole, un poco si rallegrò e rispose che, se ella il suo disidero di ciò seguisse, niuna cosa più lieta le poteva avvenire che d'essere moglie di Teodoro; ma tuttavia farebbe quello che il padre le comandasse.

Così adunque in concordia fatta sposare la giovane, festa si fece grandissima con sommo piacere di tutti i cittadini. La giovane, confortandosi e faccendo nudrire il suo piccol figliuolo, dopo non molto tempo ritornò più bella che mai; e levata del parto, e davanti a Fineo, la cui tornata da Roma s'aspettò, venuta, quella reverenza gli fece che a padre; ed egli, forte contento di sì bella nuora, con grandissima festa e allegrezza fatte fare le lor nozze, in luogo di figliuola la ricevette e poi sempre la tenne. E dopo alquanti dì il suo figliuolo e lei e il suo picciol nepote, montati in galea, seco ne menò a Laiazzo, dove con riposo e con piacere de'due amanti, quanto la vita lor durò dimorarono.

 TIPOLOGIA                        visita guidata alla Torre degli Inglesi

TARGET                              scuole medie e superiori

TEMPI                                  2 ore

STAGIONALITA’               tutto l’anno

CONTENUTI FORMATIVI:

Storia del sito

Il forte ottocentesco deve il nome all’occupazione britannica del sito avvenuta nei primi anni del XIX secolo data l’importanza delle opere edilizie e di bonifica del territorio compiute dagli inglesi (prosciugamento e bonifica del terzo pantano, il Margi, apertura dei due canali che collegano il pantano grande ed il piccolo al mare per il ricambio dell’acqua), a cui segue la costruzione della struttura che affaccia sulla strada e della torre a tronco di cono attualmente visibile. “Nascosto” dietro la torre degli inglesi vi è il corpo cinquecentesco di un secondo forte con relativa torre, della cui storia però poco si conosce.

Struttura

La struttura del forte ottocentesco, costituita da possenti mura perimetrali dello spessore di circa tre metri e da un sistema di sale contigue disposte ad “U” intorno alla torre , era destinata ad uso militare, come testimoniano le stazioni di punta per l’artiglieria ancora visibili sulla terrazza. Sul fronte nord-ovest la torre cilindrica cambia forma, con una struttura rettangolare connotata da contrafforti ad ala che segnano il passaggio dal corpo ottocentesco a quello cinquecentesco, poco riconoscibile dall’esterno. Il forte cinquecentesco, immortalato dal Camilliani alla metà del XVI secolo, corre anch’esso ad “U” intorno ad una torre di probabile fattura medievale con successive modifiche, ed è composto da sale contigue con volte a crociera e a botte. Dalla corte interna, rimaneggiata in epoche successive, si accede alla terrazza dell’affaccio a mare attraverso una pedana che serviva alla risalita dei pezzi di artiglieria. La sommità della torre cinquecentesca permette poi di ammirare lo Stretto ed i suoi “mostri”: Scilla, la rupe che si affaccia sul mare nella costa calabra, e Cariddi, i vortici che si formano dallo scontro di correnti e visibili ad occhio nudo grazie allo schiumare del mare.

Alfabeti del duemari

Il percorso “Alfabeti del Duemari”, sui saperi del mare dello Stretto, è ospitato permanentemente presso il complesso monumentale di Capo Peloro sede del Parco Horcynus Orca.

Attraverso tale progetto si è voluto creare un percorso permanente a metà fra la divulgazione e le arti contemporanee, finalizzato all’attivazione di un centro di specializzazione di divulgazione e di educazione ambientale.

Le sale del complesso monumentale di Capo Peloro, che accolgono tale percorso, sono le prime tre dell’area su-est dell’edifico storico.

Si tratta di un percorso di grande suggestione, ciclico, articolato in tre sale.

La prima (la sala a luce bianca) destinata alla terracqua propone spunti creativi sugli ambienti naturali di superficie. In una prospettiva ecologica si sono cercati nessi fra le scienze della terra, il moto caotico delle correnti, i rapporti preda-predatore dello zoo-plancton e del fito-plancton, le rotte migratorie dei grandi cetacei, delle “fere” e delle orche, che hanno nello Stretto di Messina il principale nodo geografico del Mediterraneo, i processi culturali e di antropizzazione connessi a questi fenomeni naturali, ecc. L’allestimento costituisce un labirinto essenziale una porta dentro cui viaggiare per scoprire le ricchezze e la irriducibile complessità di questo spazio millenario.

Il primo setto, come in un libro, permetterà di sfogliare una raccolta di alghe dello Stretto, delle loro rappresentazioni acquerellate e delle loro rappresentazioni fotografiche. Ruotando attorno all’acquario del fito-plancton e dello zoo-plancton ci si immerge nel secondo setto del labirinto che propone una video istallazione sulle correnti vorticose dello Stretto e sulle particolarissime dinamiche di popolazione del fito-plancton e dello zoo-plancton, che in esse si producono. Nel setto esterno vicino alla finestra una video istallazione sui grandi cetacei e sulla millenaria pesca del pesce spada, nonché un reperto di scheletro di delfino. Nel setto esterno, infine, del labirinto che accompagna alla sala delle medie profondità e degli abissi ci sarà una video istallazione sulla infinita varietà delle specie di fauna marina che popolano lo Stretto di Messina, che ospita praticamente tutti i micro climi e gli habitat dell’intero Mediterraneo, di molte aree atlantiche e tropicali.

La seconda sala (la sala a luce blu e degli abissi) propone suggestioni sugli ambienti di media profondità e degli abissi. La parte destinata alle grandi profondità è localizzata in uno spazio privo di luce, progettato al centro della sala per suscitare grande impatto emotivo.

L’allestimento di questa sala è incentrato su una scultura acquatica che simboleggia il vortice. Dentro tale scultura trova posto:

-                                una istallazione-collezione completa dei pesci abissali dello Stretto con illuminazioni a fibre ottiche;

-                                un grande schermo al plasma per le dirette da sottacqua;

-                                video dei pesci abissali; proiezioni ingrandite dei mostri marini dello Stretto; crostacei di profondità dentro colonne di luce

La risalita da questo viaggio negli ecosistemi dello Stretto fino agli abissi avverrà nella terza sala (in allestimento). Spazio concettuale, tutta circondata di parole. Essa è la sala intermedia fra il percorso immersivo e l’itinerario archeologico del Parco e rappresenta un grande libro d’artista dove i più importanti scrittori d’Europa, ed i viaggiatori del Parco, lasceranno il proprio segno. Il primo scritto sarà di Vincenzo Consolo, scrittore di fama mondiale e membro del Comitato Scientifico del Parco Horcynus Orca.

Come risulta evidente dalla descrizione appena fornita, effetti luminosi, acquari, proiezioni immersive, raccolte sistematiche di specie, video istallazioni artistiche, che utilizzano anche immagini catturate in diretta, grazie alla rete di telecomunicazioni del Parco, caratterizzeranno il percorso.

Percorso archeologico

Gli scavi condotti dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Messina hanno portato alla luce la struttura del basamento del faro di epoca romana che qui aveva sede, oltre ai resti di alcune cisterne di raccolta di acqua piovana. Il percorso è quindi l’inizio di un “viaggio” alla scoperta dei diversi insediamenti che si sono susseguiti in questa zona, creando una particolare sovrapposizione di stili e diversità di impiego delle strutture.

Le sale del percorso (attualmente visitabile solo in parte) sono tre:

  1. La prima, contigua alla sala delle parole, corre intorno e accompagna la curva della torre degli Inglesi ed ospita al suo interno un pozzetto di scavo ed una decina di teche che formano un piccolo antiquarium con i reperti rinvenuti nel sito.
  2. La seconda consente, attraversando una passerella posta al di sopra degli scavi, la visione lato sud-est del basamento del faro romano.
  3. La terza, collocata nel lato opposto rispetto alle prime due, consente di visionare il lato nord-ovest del basamento e la parte esterna degli scavi con le cisterne romane.

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