- di Nadia Trovatello -
Numerosi sono i miti e le leggende che hanno per protagonista le acque dello Stretto di Messina e che ne testimoniano, con i loro racconti, l'importanza geografico-strategica nel bacino del Mar Mediterraneo, sin dall'antichità.
Sede, infatti, per Omero di due terribili mostri, Scilla e Cariddi, che scuotevano furiosamente le malcapitate imbarcazioni facendole ruotare vorticosamente tra gorghi e tempeste marine per, poi, stritolarle, fracassandole contro gli scogli e portandole ad una fine davvero funesta.
Lo Stretto è di nuovo luogo di fascinazione, ma ancora con tragici epiloghi, quando tra i suoi anfratti, nascoste tra gli scogli, parte della geografia omerica tradizionale vi colloca le famigerate Sirene, che con il loro canto sublime ammaliavano i marinai, attirandoli sulla terraferma per poi cibarsene ferocemente.
Sono storie legate alla Mitologia greca che, comunque, già ci mostrano quale rilevanza avesse lo Stretto nelle rotte commerciali e di esplorazione (alla luce dell'imminente colonizzazione), per il mondo ellenistico delle prime Pòlis. Importanza che persiste anche in epoca romana e medioevale, quando nasce la leggenda di un intervento incantatorio della "celtica" Fata Morgana, compagna di Mago Merlino, proprio in queste acque. Incantesimo che denomina ancora oggi, riportandolo ad un contesto fiabesco, un chiaro, ma sempre straordinario, fenomeno ottico-atmosferico di grande risonanza turistico-paesaggistica.
Tornando alla fruizione nelle rotte di navigazione che interessavano l'attraversamento del Mediterraneo e il passaggio dai lidi orientali a quelli occidentali, lo Stretto, per la sua centralità in questo "trafficatissimo movimento", ha da sempre rappresentato una mèta appetibile per conquistatori e dominatori che volevano estendere la loro egemonia nella vasta area dell'antico Mare Nostrum.
Divenuto, poi, nel tardo Medioevo tappa obbligatoria per le flotte dei re Europei che dovevano raggiungere la Terra Santa durante le prime Crociate, lo Stretto, proprio in questo periodo vede pullulare le sue acque di navi e imbarcazioni provenienti da tutto 1'ècumene allora conosciuto e che qui si fermavano, trascorrendovi periodi più o meno lunghi (soprattutto inverni), prima di riprendere il viaggio per la Palestina.
Quì, qualche secolo dopo, nel 1571 esattamente, si riuniranno le navi di quasi tutti i regni cattolici Europei che, per difendere la Cristianità dall'imminente invasione ottomana, daranno vita alla prima grande e imponente alleanza marinara tra paesi di cultura occidentale contro il dilagare incontrollato e funesto delle armate turche.
Da qui, infatti, si muoveranno, tutte insieme, e guidate da un giovanissimo Don Giovanni d'Austria, verso Lèpanto, sede di una campale battaglia per la sopravvivenza del mondo cristiano, e che, grazie alla vittoria di quest'ultimo, vedrà legato per sempre lo Stretto di Messina a questo evento storico straordinario per l'Occidente intero.
Il controllo di un territorio così strategico diventa, allora, obiettivo di fondamentale importanza, da perseguire con acutezza e lungimiranza.
A questo mirano le numerosissime Torri di avvistamento di cui tutto il territorio che costeggia le Stretto è disseminato.
Torri che avevano lo scopo, oltre che di segnalare la rotta ai naviganti con i fuochi sempre accesi sulla loro sommità, quello, ancora più delicato, di difendere le spiagge dalle incursioni dei corsari barbareschi provenienti dalle coste africane e che, inoltrandosi poi nell'entroterra, tanto sterminio hanno recato, in epoche diverse, con le loro razzìe e i loro saccheggi.
Per difendere dunque la popolazione dei paesi che si affacciavano sulle acque del mare Messinese, tanto battuto da bande di pirati e di avventurieri senza scrupoli e che qui, talvolta riuscivano anche a trovare riparo, tra le cale nascoste dello stesso litorale (lo dimostrano alcune denominazioni topografiche come il torrente dei Corsari e il villaggio di AcquaLadroni), la realizzazione di tali torri avviene secondo uno schema ben studiato e molto diffuso nell`"edilizia militare" dell'epoca.
Le Torri avevano una larga base circolare che, attraverso una stretta scala che correva lungo tutto il loro perimetro, era collegata ai piani superiori, dove il "torraro" aveva dimora insieme al suo mortaio, prima e strenue difesa contro l'incursione dei predoni, subito segnalata agli abitanti dei vicini villaggi costieri con fuochi e segnali acustici. Oltre ad essere avamposto per la difesa e la protezione militare del territorio, le torri costituivano, anche, luogo di ritrovo e punto di incontro per le attività di scambio commerciale che interessavano tutta la zona, e, a seconda della loro diversa fruizione da parte della popolazione e la loro stessa collocazione ambientale, si possono suddividere in tre diverse tipologie: di costa, di prime pendici, di entroterra.
Le torri di costa venivano costruite a poche decine di metri dalla spiaggia e rappresentavano la prima barriera contro l'avanzata dei nemici provenienti dal mare. Oggi, queste, sono state trasformate in lanterne di segnalazione e le più note sono quelle di Mazzone 6, Cariddi 8, Saracena 9, Raineri 10.
Le torri delle prime pendici, invece, sono ubicate in prossimità di nuclei religiosi o di piccoli centri abitati, quali il Mulino fortificato lungo il Torrente dei Corsari vicino il villaggio di Massa San Giorgio o quelle di Ortoliuzzo 1 e Marmora 3.
Le torri, infine di entroterra, grazie all'altitudine della loro collocazione, riuscivano a dominare su una vastissima porzione di mare e di terraferma e costituivano i più importanti centri di difesa e di guardia per la popolazione. Tra queste ricordiamo la Torre Benini presso il villaggio di Salice e il Torrione di Contesse che sovrasta tutta la vallata del san Filippo.