Non si tratta di spettri che lavorano presso qualche nota compagnia aerea, ma di spiriti che nel corso della loro esistenza terrena, per motivi a noi sconosciuti "persero la testa". La persero proprio, dato che furono decapitati per aver commesso chissà quale fattaccio.
Criminali, rivoluzionari, truffatori di ogni tempo, oggi ridotti a povere anime sofferenti, rimaste legate al luogo dove vissero la loro personale tragedia e con l'unico svago di apparire occasionalmente a qualche malcapitato, che non sa di essere un sensitivo, per terrorizzarlo o per avere da lui qualche parola di conforto, tipo: "Dai, non prendertela, sapessi quanta gente oggi non tiene la testa sulle spalle!".
Ma vediamo qualche caso.
Una sera di alcuni anni fa ricevetti una telefonata da un amico, Pippo, che fa il poliziotto, il quale mi disse con voce seria: "Sai, nella caserma dove attualmente presto servizio accadono cose strane, in special modo la notte..."
In breve mi mise a conoscenza di ogni particolare...tenebroso.
Lo scopo della sua chiamata era quello di convincermi a "visitare" il luogo in questione nel tentativo di ravvisare eventuali "presenze invisibili", così da svelare l'arcano. Gli spiegai che non ero un sensitivo e quindi non avrei potuto captare vibrazioni provenienti da altre dimensioni. Doveva accontentarsi dell'intervento di uno studioso dell'occulto, quale io sono, e nulla più. Accettò lo stesso, convinto che avrei comunque risolto il suo problema.
Cosa dunque accadeva in quella caserma?
Secondo il racconto di Pippo e dei suoi colleghi, che conobbi quando mi recai sul posto, capitava che a tarda sera, all'improvviso, tutti i vetri delle finestre venissero bombardati da sassate paurose, ma, cosa strana, nonostante la violenza del fenomeno, mai uno di questi andò in frantumi.
Altre volte le pietrate infuriavano addirittura nei corridoi del locale. Però mai si individuò il responsabile di tali azioni, nessun estraneo fu visto aggirarsi nei dintorni della caserma.
Poi, un giorno, qualcuno notò un particolare curioso: i sassi che piombavano dall'invisibile erano di forma e colore diversi da quelli che solitamente si trovavano per strada, erano infatti triangolari e di tinta sulfurea, un genere di pietra mai vista prima dai poliziotti.
Un altro fatto insolito che capitava la sera, quando gli agenti si riunivano per vedere la tivù, era che proprio quest'ultima diventava come pazza e da sola, senza che nessuno dei presenti azionasse il telecomando, cominciava a cambiare ripetutamente canale, tanto che per fermare la sua folle corsa tra le varie reti bisognava spegnerla direttamente dall'interruttore generale.
Di notte, il meritato riposo dei poliziotti veniva disturbato da rumori e fischi che non si capiva bene da dove provenissero. Ormai i poveretti avevano le scatole piene di quest'assurda storia ed erano arrivati al punto di sospettarsi a vicenda. Magari era tutta opera di qualche collega buontempone...
Però, una sera, accadde un episodio che chiarì la natura di quelle inspiegabili manifestazioni. Un agente palermitano, che stava di turno al centralino telefonico, vide con la coda dell'occhio, attraverso uno specchio, uno sconosciuto che scendeva le scale che davano al basso.
Fulmineo, andò per acchiapparlo, quando la scena che gli si presentò davanti lo lasciò di ghiaccio: l'intruso vestiva abiti antichi, procedeva con passo solenne tenendo con disinvoltura la propria testa sanguinante sotto il braccio e per fortuna non degnò neanche di uno sguardo il povero poliziotto, che altrimenti ci sarebbe rimasto secco.
Dopo essersi ripreso, l'uomo raccontò ogni cosa ai colleghi, che, conoscendo la sua provata serietà e considerando i fatti precedenti, non tardarono a credergli.
È a questo punto che entro in scena io.
Recatomi sul posto, per prima cosa notai che la caserma sorgeva nella zona di San Raineri, luogo dove secondo la tradizione popolare venivano giustiziati i criminali tramite decapitazione, particolare questo totalmente sconosciuto agli agenti, pertanto non si può certamente parlar di autosuggestione.
Poi, con ansia, mi fu chiesto cosa fosse necessario fare per porre fine a quei fenomeni. Risposi che sicuramente sarebbe bastato celebrare uan Via Crucis all'interno del locale, senza tralasciare delle particolari invocazioni a San Michele Arcangelo, protettore dell'Arma.
Pippo mi disse che si sarebbe rivolto al loro cappellano affinché si attuasse ogni cosa da me consigliata.
Alla fine salutai i poliziotti e mi congedai da loro.
Seppi in seguito che proprio grazie alle mie raccomandazioni ogni fenomeno ebbe fine, ma di certo non si era spenta l'immane sofferenza di quell'anima in pena, che forse cercava solo di comunicare, nell'unico modo che conosceva, la sua orribile tragedia a chi aveva la fortuna di vivere ancora.
Dal libro "Fatti spiritici e diabolici nel messinese" di Giandomenico Ruta edito da Armando Siciliano Editore
"Si ringrazia Giandomenico Ruta e l’editore per l’autorizzazione"