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Mirto

Altitudine : m. 428 s.l.m.

Etimologia: Il nome Myrtus o Myrti è probabilmente da collegare alla presenza delle tante piante di mirto, un arbusto dai bei fiori solitari che impreziosisce il sottobosco del piano di vegetazione mediterraneo, di cui un tempo era caratterizzato il territorio.

Abitanti:    mirtesi  (1060 unità nel 2008)

Densità:   112  per  Km/q

Patrono:     Santa Tecla     ( festa il 23 e 24 settembre)

Ambiente e risorse: Mirto fu in passato un centro fiorente per la coltivazione del baco da seta e per la produzione di vino. Le risorse attuali sono basate quasi esclusivamente dall'agricoltura (uliveti, vigneti, agrumeti e nocciole di cui si registra una intensa e qualificata coltivazione). Diffuso è l’allevamento del bestiame tanto che a maggio si organizza una apposita fiera.
Fino a tutto il secolo XVIII vi fu un attivo artigianato del legno come dimostrano alcune pregevoli opere ancora esistenti (cori scolpiti in legno, cornici in legno dorato del '600 e del '700). Molto attiva è una piccola industria per la lavorazione del marmo e una fabbrica di abbigliamento. Anche se di rado, è ancora possibile trovare qualche artigiano che realizza ceste e panieri lavorando artigianalmente la canna.

Personaggi: Mirto ha dato i natali al celebre botanico Francesco Cupani uno dei più illustri botanici siciliani del 17° secolo. Studiò medicina e divenne francescano, quindi si dedicò completamente alla botanica, in particolare allo studio della flora siciliana. Fu allievo del palermitano Silvio Boccone, pioniere della botanica in Sicilia. Molto noto tra i contemporanei, grazie ai contatti e scambi epistolari con naturalisti e botanici di tutta Europa, con il supporto morale ed economico di Giuseppe del Bosco, principe della Cattolica, creò nel 1692 a Misilmeri un vero e proprio Orto botanico nel quale introdusse e coltivò sia piante esotiche che specie spontanee della flora siciliana.
Tra le sue opere, l'Hortus Catholicus, pubblicato nel 1696, in cui descrive e illustra le piante dell'Orto di Misilmeri e il Pamphyton siculum, pubblicato postumo nel 1713. Morì a Palermo nel 1710.

 


 

Storia

 

Le origini del posto come latifondo appartenente ad un nobile romano di nome Laurico possono farsi risalire al V secolo d. C. Tuttavia molto del periodo che va dalla dominazione bizantina a quella dei Normanni è ancora avvolto nel mistero. In età normanna il centro inizia il suo sviluppo urbanistico che però viene bruscamente interrotto nel 1305 quando durante la guerra del vespro quello che era definito “casale di Mirto”, luogo comunque privo di alcuna fortificazione difensiva, viene distrutto.

Durante il regno di Federico II  che lo concesse in feudo a Vitale di Aloisio,  Mirto sembra assurgere ad un ruolo di supremazia rispetto ai casali vicini. Tuttavia nel 1392,  subisce un ulteriore decadimento a causa della ribellione contro Re Martino il quale in seguito decretò la sua sottoposizione come contea alla Famiglia Larcan che la dominerà fino al 1423. Nei secoli successivi Mirto passerà in feudo a varie famiglie nobiliari  finchè nel 1643 non venne acquistato dai Filangeri, conti di S. Marco, che ne divennero principi.

 

 


 

Beni Culturali

 

La Chiesa Madre è ubicata nel nucleo più antico del paese. Costruita nel ‘500 ha subiti modifiche nel secolo successivo. Presenta tre portali in pietra arenaria, uno per ogni navata, arricchiti da sculture e decorazioni varie risalenti al 1653. Molto bello è il portale laterale della navata sinistra anch’esso finemente scolpito con eleganti decori e con un arco a sesto acuto. Le navate laterali presentano tre altari ciascuna e due cappelle di fondo.

Il soffitto è in legno con intarsio ad elementi stellari con al centro la statua in legno raffigurante la Madonna.  Arredano la chiesa la bellissima statua della Madonna della Catena nel suo elegante altare barocco ed un ciborio pure in marmo entrambi della scuola del Gagini. Sull’altare maggiore si trova invece la maestosa custodia lignea della statua di Santa Tecla da Iconio, Patrona di Mirto. L'altare maggiore è opera d'ottima fattura, dovuta allo scalpello di Filadelfio Allò, valente, e abile, intagliatore mirtese; esso fu completato poco dopo il 1742, anno in cui la protettrice S. Tecla fu trasferita definitivamente dalla chiesetta a Lei dedicata, ormai inagibile, nella matrice. Di particolare interesse sono poi la tela del pittore Thomasio Pingebat (1659) raffigurante l’Ultima Cena (1654) e la statua del Santo Crocifisso che presenta elementi tipici che richiamano lo stile di Fra Umile da Petraia (sangue a rilievo, disegno del perizoma e la particolare espressione sofferente del Cristo). Da ammirare infine, un’ altro antico Crocifisso ligneo proveniente dalla Chiesa di San Nicola, altre due tele che raffigurano la “Deposizione”(1652) e “Le Anime Sante del Purgatorio” (1654) entrambe di G. Tomasi.

La Chiesa del Rosario, è una delle più antiche del paese, dedicata un tempo a S. Sebastiano Martire. Si presenta ad una sola navata con sei altari laterali e ricalca esternamente lo stile romanico. L’origine è anteriore al ‘500 legata appunto alla Congregazione di San Sebastiano che poi la cedette ai Padri Domenicani che abitarono l’annesso convento.Fu ristrutturata nel 1772 e nel 1774. Il campanile fu fatto costruire nel 1825 a spese di un privato devoto. All’interno è possibile ammirare una tela di Joseph dee Thomasio Pingebat ritraente il martirio di San Sebastiano.

La Chiesa di S. Maria di Gesù risale al sec. XVI e si presenta semplice nella struttura ad eccezione del portale in pietra arenaria elegantemente scolpita. In essa è custodita la statua marmorea della Madonna col Bambino di Giuseppe Gagini (1578) con alla base, in bassorilievo, scene del Vangelo (Natività, Fuga in Egitto, Annunciazione e Visitazione). Sono pure da ammirare, due vare lignee di inestimabile valore e rara bellezza, opera dello scultore locale Filadelfio Allò.  Una di esse reca la bella e nota statua lignea della "Madonna del Cardellino" (sec.XVII).

La Chiesa cinquecentesca di S.Alfio e Fratelli si presenta con un bel portale in pietra da intaglio su cui sono scolpite le figure dei tre Santi, Alfio, Filadelfio e Cirino. La chiesa è stata ristrutturata nel 1607. Ad unica navata presenta profonde cappelle laterali ed un presbiterio a pianta rettangolare. Il campanile, realizzato nel 1742,  è molto originale per la sua cupola rivestita di piccole maioliche colorate.
La devozione dei mirtesi per i Tre Santi Fratelli risale al 1387 quando a Mirto furono ritrovate le loro reliquie che erano state traslate da Lentini ove erano stati martirizzati. In seguito le stesse furono definitivamente trasferite a San Fratello. 

Il Convento dei Cappuccini, infine, sorse nel 1844 in risposta ad un fervore religioso che allora era particolarmente legato al desiderio di una vita monastica. Esso acquistò particolare importanza grazie all’elevato grado culturale posseduto dai frati i quali fondarono vi una biblioteca con testi rari e preziosi oggi purtroppo dispersi. All’interno della chiesetta sono custodite alcune tele di atisti locali come quella di San Vito, San Francesco di Paola e del Sacro Cuore di Gesù ed un antico ed espressivo Crocifisso. Affiancata alla chiesa vi è la cripta con i “colatoi” utilizzati per la mummificazione dei cadaveri dei frati e sul pavimento le botole degli ossari.

Della Chiesa dell’ Immacolata, risalente al ‘500 ma ristrutturata nel 1796, restano solo dei ruderi.
La coeva Chiesetta della Madonna di Loreto invece che sorge ancora, in posizione periferica panoramica, conserva  una statua della Madonna e un dipinto della Madonna Odigitria.

Due sono i palazzi storici di Mirto da ammirare in particolar modo il palazzo Costanzo di San Leone e Palazzo Cupane.
L’antico palazzo Costanzo di San Leone fu costruito nel Settecento presenta al piano interrato magazzini e depositi; al piano superiore al quale si accede attraverso un portale di marmo si trovano 23 stanze tra sale di rappresentanza, camere da letto e servizi. All’interno, privo di arredi, restano solo tele raffiguranti personaggi di famiglia.

Il Palazzo Cupane. E’il più interessante del paese. Costruito nel Seicento ha subito molte ristrutturazioni di cui la più recente nell’800. Dal prospetto neoclassico conserva ancora in gran parte all’interno i pavimenti originali in ceramica  e alcuni arredi. Esso è sede del Museo del Costume e della Moda Siciliana che raccoglie preziose e rare collezioni private di abiti ed accessori dal Settecento in avanti, donati da nobili famiglie e collezionisti, che rispecchiano gli stili più diffusi e caratterizzanti la moda siciliana dei secoli scorsi.

 

 


 

Tradizioni

 

Il 23 e 24 settembre si celebra la festa della Patrona di Mirto Santa Tecla da Iconio con una solenne processione. E’ la santa, fra le molte che portano questo nome, di cui si posseggono i documenti più antichi e il cui culto ha avuto una diffusione straordinaria sia in Oriente che in Occidente.

L’eccessiva leggendarietà del racconto della sua vita a causa del presbitero dell’Asia Minore che, secondo Tertulliano aveva composto per affetto verso s. Paolo, un romanzo fantastico sui suoi viaggi e sulla conversione della vergine non mette comunque in dubbio sua esistenza confermata dai martirologi antichi e dai monumenti esistenti in ogni epoca.

L’Apostolo, predicando a Iconio (Asia Minore), convertì Tecla, che era una nobile vergine, la quale per questo lasciò subito il fidanzato pagano e diventò un po’ la madonna, la Maria di S. Paolo, la sua discepola e collaboratrice fedelissima nell’annuncio della Parola di Dio. Ricevette vari titoli onorifici, come “ancella di Cristo”, “apostola e vergine di Dio”. Innumerevoli menzioni vi sono nei libri liturgici greci e latini come pure nelle opere dei Padri sia orientali che occidentali.

Santuari in suo onore sorsero in tutto il mondo antico perfino in Puglia e Milano, dipinti, statue, ipogei, lapidi, affreschi sono sparsi in tutto il mondo allora conosciuto specie in Spagna e Germania, tutti raffiguranti momenti e simboli del suo leggendario martirio. La si vede quasi sempre con un leone a fianco per la tortura subita con le belve e una colonna con il fuoco alla base, simbolo del suo martirio. Una statua di Santa Tecla si trova nel Duomo di Milano In Italia abbiamo una statua nel Duomo di Milano, e un grande quadro del Tiepolo (sec. XVIII) a Santa Tecla d'Este nella chiesa a lei intitolata quale patrona contro i virus, in ricordo dello scampato pericolo di una pestilenza. In Sicilia è venerata anche ad Acireale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ultima modifica il Domenica, 09 Ottobre 2016 09:34
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