Alla sagrestia si accede attraverso la porta lato nord. Sembra che facesse parte dei fabbricati voluti dall'arcivescovo De Tabiatis nel XIV secolo e che più tardi ebbe ampliamenti e rifacimenti nei XVII secolo per volere dell'arcivescovo Alvarez ed opera dell'architetto di corte Raffaele Margariti. Distrutta in ogni parte dal terremoto è stata completamente rifatta; ha subito pochi danni per i bombardamenti. La decorazione e l'addobbo del grande vano centrale fu decisa dall'arcivescovo Angelo Paino, il quale ne affidò la progettazione al pittore prof. Adolfo Romano. Egli si avvalse nell'esecuzione di fra' Gregorio da Mascalucia, cappuccino ebanista che fu coadiuvato dall'altro giovane artigiano Giuseppe Mangano e dagli intagliatori fratelli Danzé. L'opera fu inaugurata nel 1934 dopo quatto anni di continuo lavoro.
Il problema della conservazione degli arredi sacri è stato affrontato dal progettista con criteri originali creando una decorazione parietale lignea continua di carattere più pittorico che architettonico, che nella sua unità quasi nascondesse, senza compromettere la funzionalità, lo scopo per cui era stata creata.
La composizione, di legni pregiati, si articola su tre piani paralleli: la predella, il bancone per la vestizione dei sacerdoti e gli armadi per la conservazione dei paramentí ed arredi, elementi tutti che trovano la loro unità compositiva nella comune tonalità rosso-bruno del palissandro e nel gammatico contributo di altri legni: il rosa, l'acero grigio e il bianco, il noce seta, a cui il sommesso luccichio delle tarsie in argento, a motivi geometrici, dà vivacità e splendore sottolineandone il disegno architettonico.
La parte maggiore della decorazione che interessa la parete più lunga, 14 metri, si compone della predella su cui si innestano il bancone, fornito di lunghi e profondi cassetti, e la parete ad armadi, fortemente arretrati, scanditi da pilastrini abbinati a rocchetti intagliati, e collegati da una armoniosa trabeazione. Sugli sportelli sono tarsie policrome a forma di tempietto contenenti i simboli delle litanie lauretane.
Sulla parete lato finestre, fanno riscontro due grandi armadi di eguale composizione, con gli sportelli ornati da tarsie policrome a forma di tempietto, con i simboli degli Evangelisti.
Nelle due pareti più brevi, utilizzando le cornici secentesche delle porte, sono stati ricavati un tavolo di legno ed un prezioso guardaroba di legno rosa con rilievi in palissandro.
Alla grande e pacata avvedutezza architettonica di non turbare con grandi oggetti o con movimenti di masse l'unità della composizione, fa riscontro l'accorgimento tecnico, del pari mirabile, del lavoro dell'ebanista nel costruire razionalmente e con geniali trovate tutto il molteplice apparato di cassetti, di scomparti, di armadi grandi e piccoli, impensatamente scorrevoli e che si aprono, per la conservazione degli arredi e dei paramenti, come ripostigli segreti, nelle riquadrature e nei motivi decorativi della composizione. Nella cappella dei canonici è notevole un bassorilievo marmoreo del 1593 attribuito a G. Battista Mazzolo.