- di Marcello Crinò -
Venerdì 19 aprile 2019 si è rinnovata a Barcellona Pozzo di Gotto la doppia processione delle “Varette” del Venerdì Santo, che per le sue peculiarità è stata iscritta nel Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia (approvazione del 20 ottobre 2008; Gazzetta Ufficiale della Sicilia del 9 maggio 2014, pp. 38-44). I modi di formazione della città (due nuclei originariamente separati dal torrente Longano) hanno fatto sì che a Barcellona, caso unico, si sviluppassero due processioni con ben ventisei “varette”, costituite da sculture ispirate a opere d’arte rinascimentali, manieriste e barocche.
La processione di Pozzo di Gotto, risalente al 1621, seppur in forma ridottissima rispetto all’attuale, forse con il solo Ecce Homo, si è formata nella via Risorgimento, di fronte la chiesa di Gesù e Maria, dove sono custodite le varette dell’Ecce Homo e dell’Urna col Cristo morto ed è proseguita fino al Duomo di Santa Maria Assunta, disponendosi in due file nelle strade che circondano il Duomo. Da qui si è snodata lungo la via Garibaldi, raccogliendo durante il percorso altre due “varette” custodite nella chiesa delle Anime del Purgatorio. Le origini di questa manifestazione hanno chiari riferimenti alla tradizione spagnola; addobbate con fiori e luci, spesso solo con candele, hanno mantenuto nel tempo le caratteristiche iniziali.
I gruppi statuari sono sfilati secondo questo ordine: Ultima cena (rifatta nel 1863 da Carmelo Vanni; il Cristo è stato rifatto nel Novecento), Cristo nell’orto (1864, opera di Carmelo Vanni), Cristo alla colonna (restaurato nel 1864 da Carmelo Vanni), Ecce Homo (1621; rifatto nella seconda metà dell’Ottocento), Cristo porta la croce (1864), Incontro con le pie donne (1950), Cristo caduto sotto la croce (1911, autore Giuseppe Fiorello; l’opera fu premiata a Roma), Cristo spogliato dalle vesti (1980), Crocefisso (XVII secolo; sostituito nel 1865 con l’opera di Giuseppe Rossitto), Pietà (1921), I simboli della Passione (1981), Urna col Cristo morto (XVII secolo; rifatta nel 1895), Addolorata (1658 circa; sostituita nel 1875 con un’opera di Michele Grangeri). L’Urna col Cristo morto è accompagnata dai “Giudei”, in realtà soldati romani caratterizzati da un elmo sormontato da penne di pavone, che sin dal periodo paleocristiano era il simbolo della consacrazione della Chiesa, e le cui carni erano ritenute incorruttibili e pertanto simbolo della Resurrezione. Un simbolismo ormai dimenticato ma ben chiaro a chi per primo li fece realizzare. La processione si è conclusa con il baldacchino e padre Santo Colosi recante la reliquia della Croce, custodita in un ostensorio, e la Banda musicale Placido Mandanici.
Le “varette” di Barcellona sono partite dalla chiesa di San Giovanni dove si erano radunate anche quelle provenienti da altre chiese e magazzini. L’origine di questa seconda processione, che presenta caratteri di maggiore sfarzo rispetto all’altra, con addobbi floreali più ricchi, risale probabilmente alla metà del Settecento (con il Crocefisso e l’Addolorata, del 1754), cioè quando la chiesa di San Giovanni fu ingrandita acquisendo l’assetto architettonico attuale, ma si è consolidata nel 1871, tanto che alcuni studiosi ritengono che questa sia la vera data di origine.
I gruppi scultorei si sono mossi in quest’ordine: Ultima cena (Ottocento; rifacimenti di Matteo Trovato, scultore barcellonese vissuto dal 1870 al 1949), Cristo nell'orto (Ottocento; restaurata nel 1976), Cristo alla colonna (Ottocento; rifatta da Matteo Trovato), Ecce Homo (Ottocento; rifatta da Matteo Trovato), Cristo porta la croce (Ottocento; rifatta da Matteo Trovato), Caduta di Cristo (Ottocento; Cristo è stato rifatto da Matteo Trovato), Crocefisso (1754; rifatto nel secondo Ottocento; figure aggiunte nel 1977 dallo scultore Giuseppe Emma), Discesa dalla croce (1948, opera di Pietro Indino da Lecce), Pietà (1948, opera della Ditta Longo), Cristo portato al sepolcro (1948, opera del leccese Manzo), Urna col Cristo morto (secondo Ottocento, rifacimento dell’Urna nel 1929 ad opera di Salvatore Crinò; il Cristo è di Matteo Trovato), Addolorata (1754), ed infine la Banda Musicale.
Quest’anno, e per la terza volta, nella processione è mancata la “varetta” del Pretorio di Pilato (1981, opera dello studio d’arte di Pietro Indino). Tre anni fa, durante la ricognizione attuata per tempo nel magazzino dov’è custodita, era stata trovata rosicchiata dai topi. Si rimane in attesa del restauro. La richiesta avanzata ogni anno dai patrocinatori delle “varette” di un maggiore interessamento da parte delle Istituzioni competenti per la valorizzazione e il restauro dei gruppi statuari non ha mai avuto esito positivo.
Anche a Barcellona l’Urna del Cristo morto è accompagnata dai “Giudei”, senza le penne di pavone ma con un semplice elmo con pennacchio. A conclusione della processione si colloca il baldacchino con padre Giuseppe Turrisi recante la reliquia della Croce e la banda musicale Orchestra Sinfonica del Longano. Dal 2016 viene portata in processione anche una copia della Sacra Sindone, appartenente alla parrocchia di San Giovanni.
Le due processioni, accompagnate dalla “Visilla”, un canto polivocale basato sul testo della Vexilla Regis del poeta latino Venanzio Fortunato, nella serata si sono incontrate sulla copertura del torrente Longano, percorrendola da nord verso sud quelle di Barcellona, e in senso inverso quelle di Pozzo di Gotto. Durante l’incontro le due processioni si sono fermate e i gruppi statuari ruotati di novanta gradi, secondo un’usanza iniziata nel 2010. L’incontro delle due processioni del Venerdì Santo sulla copertura del torrente Longano risale al 1968, artefice Don Rodolfo Di Mauro, direttore dell’Oratorio Salesiano di Barcellona dal 1961 al 1968. Alle due processioni hanno partecipato gli assessori comunali e il sindaco.
Per realizzare l’evento, molto sentito dai Barcellonesi e dai Pozzogottesi, è necessario un grande lavoro organizzativo. Ogni “varetta” è patrocinata da una famiglia, spesso sono i discendenti di quelli che l’hanno fatta realizzare, oppure da una confraternita o da un gruppo di artigiani o commercianti, che provvedono a tutto, dalla custodia all’addobbo floreale, al trasporto, al restauro, all’illuminazione ed alla cena finale. A conclusione della serata a tutti coloro che partecipano al trasporto della “vara” ed al canto della “visilla” viene offerta una cena a base di pescestocco “a gghiotta” innaffiato da buon vino.
Come ogni anno si ripropone il problema della custodia dei gruppi statuari in un luogo adatto con la creazione di un “Museo delle varette”. Alcune sono custodite nelle chiese, ma altre, soprattutto le più grandi, sono custodite in magazzini, in condizioni non ottimali per la loro conservazione. A Pozzo di Gotto stanno in un piccolo magazzino, dove filtra acqua dal tetto, collocate una dopo l’altra, senza possibilità di poterle ben controllare durante l’anno. A Barcellona alcune si trovano in un grande magazzino degli inizi del Novecento, adibito a garage, in via La Marmora.
Non sembra trovare molto consenso tra i “patrocinatori” delle “varette” la proposta avanzata lo scorso anno dall’Amministrazione Comunale di realizzare il Museo nei locali opportunamente trasformati dell’ex mercato ortofrutticolo di Nasari. Invece si sta facendo strada anche la possibilità di sistemare tutte le varette attualmente custodite nei magazzini nelle varie chiese cittadine, alcune fornite di ampi spazi.
Nel corso di un convegno organizzato il 15 aprile scorso dalla Pro Loco Manganaro e dall’associazione Sport e Salute, col patrocinio del Comune, due esperti, Andrea Italiano (storico dell’arte) e Marianna Saporito (restauratrice) hanno evidenziato la necessità di custodire in luoghi adeguati i gruppi statuari, soprattutto quelli più antichi realizzati con tela, colla e gesso, materiali molto sensibili e soggetti all’attacco di insetti vari.
Il Giovedì Santo nelle chiese vengono allestiti i cosiddetti “Sepolcri”, definiti dalla Chiesa “Altari della Reposizione”, dove sono presenti vasi con germogli di grano o cereali coltivati al buio per perpetuare, secondo una lettura “laica”, il culto greco arcaico dei Giardini di Adone, legati al mito della rinascita primaverile. A tal proposito in un passo nel Ramo d’oro di James G. Frazer (Glasgow 1854 – Cambridge 1941), uno dei fondatori della moderna antropologia, si può leggere: «I giardini di Adone vengono ancora seminati a primavera e in estate, in Sicilia; possiamo quindi dedurne che forse la Sicilia, come la Siria, celebrasse anticamente una festa del dio morto e risorto. All’approssimarsi della Pasqua, le donne siciliane seminano frumento, lenticchie e miglio dentro vassoi che conservano al buio, annaffiandoli ogni due giorni. Ben presto spuntano le piantine, che vengono legate con nastri rossi. I vassoi sono poi collocati sui sepolcri, allestiti nelle chiese greche e cattoliche il Venerdì Santo; proprio come i giardini di Adone erano collocati sulla tomba del dio defunto. L’usanza non si limita alla Sicilia ma è seguita anche a Cosenza, in Calabria, e forse in altre località. L’intera tradizione – i sepolcri e i vassoi con le piantine germogliate – potrebbe non essere altro che una sopravvivenza del culto di Adone, sotto diverso nome.»
Bibliografia:
A. Saya Barresi, Un caso di “Pietas” collettiva, Quaderni de “lo studente”, Palermo, 1985;
C. Biondo, Chiese di Barcellona Pozzo di Gotto, Grafiche Scuderi, Messina, 1986;
James G. Frazer, Il ramo d’oro, Newton Compton Editori, 2014 (cfr. pp. 392-393);
G. Trapani, A. Italiano, A. Il Grande, Le varette di Barcellona Pozzo di Gotto, Giambra Editori, Terme Vigliatore, 2015;
Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto-Sicilia, pagina facebook;
Vexilla regis, pagina facebook.
19 aprile 2019