- di Marcello Crinò -
E’ uscito da poco, per i tipi dell’editore Olschki di Firenze, il libro “All’ombra del vulcano. Il Futurismo in Sicilia e l’Etna di Marinetti”, di Andrea G. G. Parasiliti, 2020.
In primis: l’archivio di Filippo Tommaso Marinetti, fondatore nel 1909 del Futurismo, non si trova in Italia, bensì negli USA, disperso tra Yale e il Getty Research Institute di Santa Monica.
Detto questo, il prezioso testo di Parasiliti aggiunge sapientemente tanti tasselli all’avventura del Futurismo, rimossa inopinatamente nel dopoguerra dalla cultura italiana perché ritenuta vicina al fascismo, con molti fascisti (abbastanza conservatori anche artisticamente) che neanche condividevano le istanze futuriste.
Il Futurismo siciliano svolse un grande ruolo nel contesto generale, ma fu indagato purtroppo tardivamente e anche parzialmente, da vari studiosi, siciliani e non. Il primo fu il piccolo ma prezioso saggio di Claudia Salaris, “Sicilia Futurista”, Sellerio, Palermo, 1986, seguito dallo studio di Giuseppe Miligi, “Prefuturismo e primo futurismo in Sicilia, 1900-1918”, Sicania, Messina, 1989. A seguire il grosso volume di Anna Maria Ruta “Il futurismo in Sicilia: per una storia dell’avanguardia letteraria”, Pungitopo, Patti, 1991. Tre libri che affrontano con taglio diverso le vicende di questa avanguardia artistica di portata europea approdata anche in Sicilia.
L’autore, il ragusano Andrea Parasiliti, è laureato in Filologia Moderna presso l’Università Cattolica di Milano, con dottorato di ricerca all’Università di Catania. Il suo libro è stato pubblicato con il sostegno della Fondazione Zipelli della Banca Agricola Popolare di Ragusa e del Dipartimento di Scienza Umanistiche dell’Università di Catania. Parasiliti analizza, nella prima parte, due riviste futuriste siciliane, “La Balza Futurista” e “Haschisch”.
La “Balza” nasce grazie a Guglielmo Jannelli, nato a Castroreale nel 1895, del quale rimane oggi il villino Mamertino a Terme Vigliatore, arredato con opere di Depero, Boccioni e Balla, e dove sono custoditi documenti futuristi, come le lettere inviate da Marinetti a Jannelli. Questi, dopo vari contatti epistolari con il fondatore del Futurismo, fonda e dirige la rivista assieme a Luciano Nicastro e Vann’Antò, entrambi ragusani.
“La Balza Futurista” discende da “La Balza”, fondata poco tempo prima a Ragusa da Vann’Antò e Luciano Nicastro. Il padre di Luciano Nicastro giunse a Barcellona Pozzo di Gotto con la famiglia per insegnare francese. Luciano, nato nel 1895 e morto a Milano nel 1977, si laureò successivamente in Lettere a Catania con una tesi proprio sul Futurismo; fu poi docente e Messina e a Milano dove divenne anche preside. La presenza a Barcellona di Nicastro diventa un fattore fondamentale nella storia del Futurismo siciliano, perché Nicastro favorisce l’incontro di Vann’Antò con Jannelli, gettando le basi per la nascita della rivista. Ne usciranno solo tre numeri, ma destinati a fare storia: 1 aprile, 27 aprile e 12 maggio 1915, formato in ottavo, 24 pagine ciascun numero, testata e indice nell’ultima pagina, con una scelta molto anticonvenzionale che destò parecchie discussioni. Oltre alla parte prettamente grafica e letteraria (con molte “parolibere”), anche un notiziario, definito “Marciare non marcire”, lo stesso motto che si trova sulla bandiera futurista. La rivista, con redazione a Messina, fu stampata a Ragusa, con grande perizia tipografica, data la complessità delle “parolibere”, nella piccola tipografia Piccitto e Antoci, nata per volontà del Barone Serafino Amabile Guastella (1899-1899), uomo dotto che affascinò Sciascia, Bufalino, Calvino e Melo Freni che lo cita spesso nei suoi articoli.
Nella seconda parte del libro, Parasiliti si sofferma sull’amore di Marinetti per l’Etna. Sulla rivista “Haschisch” e sul rapporto di Marinetti con l’Etna rinvio il lettore ad un prossimo articolo.
14 gennaio 2021