- di Denise Vrenna - A riprova di una sostanziale assenza di fruizione, se non da parte degli addetti ai lavori, la mostra “Angeli di carta” (accessibile al pubblico dal 16 al 22 dicembre 2010 presso il Palacultura “Antonello da Messina”) ha portato alla ribalta il patrimonio bibliografico della città compreso tra il XVI ed il XIX secolo, svelandoci l’eredità di un passato glorioso. Tra le personalità emblematiche, merita un approfondimento Filippo Juvara, famoso architetto nato a Messina nel 1678. Distintosi nel corso della sua carriera come uno dei principali esponenti del Barocco italiano, è nella terra natia che diede inizio alla sua formazione, ultimata sugli esempi di Fontana e Borromini a Roma, ove si trasferì a soli 26 anni. Di lì a poco, Juvara iniziò i primi lavori, proseguendo un intenso studio sui modelli artistici più antichi e rinascimentali. E’ nel 1714 che fu assunto al servizio di Vittorio Amedeo II di Savoia, con la prestigiosa qualifica di “primo architetto civile del re”, mirando ad un’intensa opera di riqualificazione urbana per la città di Torino, capitale del nuovo regno. Furono anni molto fecondi in termini di progettazioni e costruzioni, volte ad architetture di carattere religioso e civile: dalla facciata della chiesa di S. Cristina in piazza S. Carlo, la Basilica di Superga (uno dei suoi capolavori), le chiese di San Filippo Neri e del Carmine, Sant’Andrea a Chieri , al castello di Rivoli (rimasto incompiuto nelle parti più rappresentative) , la Palazzina di caccia di Stupinigi( con pianta a quattro bracci, disposti a croce di Sant’Andrea) e la reggia di Venaria Reale. Risalente al 1718 ed ispirata a Versailles è la Facciata di Palazzo Madama in piazza Castello a Torino, progetto mai concluso e concretizzatosi esclusivamente nei suoi caratteri barocchi e nell’impiego della pietra bianca. Il nome di Filippo Juvara godette di ampia fama presso le corti del tempo, come dimostra la richiesta di progettazione del nuovo palazzo reale da parte del re spagnolo Filippo V nel 1735: anche questa volta, ad ispirare l’architetto messinese fu Versailles, ma i gravosi impieghi economici ne impedirono (com’era già accaduto in passato) la realizzazione. E’ a Madrid che nel 1736 Juvara si spense, concedendoci in eredità quel vasto patrimonio che, tra architetture e scenografie, conserva il gusto per le pregevoli incisioni accolte nelle tavole illustrative degli “Studi Secenteschi” e quelle raggruppate nelle “Raccolte di varie targhe fatte da professori primari di Roma”, ove l’artista si distinse in qualità di disegnatore ed incisore.
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