Nulla di anormale se i moderati hanno votato no alla fiducia al nuovo governo evitando di farsi abbagliare dagli specchietti che normalmente attirano le povere allodole che vengono poi prese a schioppettate da parte di cacciatori appostati nelle immediate vicinanze. La cautela è d’obbligo anche se il simpatico giovane fiorentino non è dello stesso conio dei vecchi, ma anche dei nuovi dirigenti del PD, e a differenza di detti dirigenti (!) non si è fatto guidare dall’odio che ha contraddistinto la lunga stagione del ventennio della Seconda Repubblica.
Si, è vero, Renzi non nasce nelle covate comuniste, e anche se figlio ‘degli ‘utili idioti’, quali erano i cattocomunismi, non acquisisce il bagaglio ‘culturale’ delle generazioni cresciute con la doppia morale della sinistra che, con l’avvento di Berlinguer, è diventato il bagaglio fondamentale. Ed è, anche, vero che il Sindaco toscano ha dimostrato carattere e coraggio, che di sicuro sono state le chiavi per avviare quella ‘rivoluzione interna’ tesa a ‘rottamare’ le idee e le scelte che parlano solo alla pancia di un popolo che sognava il ‘sol dell’avvenire’ e che, come gli ebrei, continua a sognare l’avvento del Messia rivoluzionario.
Scegliere di incontrare il ‘nemico’ Berlusconi al Nazareno è stata la scelta più azzeccata che potesse esserci, vuoi per mettere un punto fine ai condizionamenti dei ‘giapponesi’ interni, ma anche per accreditarsi col nemico dimostrandogli profondo rispetto del suo ruolo.
Ma, aldilà della simpatia, del coraggio, del carattere, e aggiungiamo anche della capacità di farsi capire e ascoltare con la scioltezza e la semplicità della lingua, che farebbe dire agli americani che da un personaggio simile ‘comprerebbero di sicuro una auto usata’, Renzi manca di concretezza nelle proposte. Concretezza che nasce dalla non indicazione di dove, quando e come reperire i fondi necessari per la ripresa reale e veloce del nostro Paese. E non è cosa di poco conto.
E’ facile, infatti, spararle grosse, mentre è molto difficile realizzare quanto si pensa sia necessario. Ma malgrado questo, malgrado la presenza di giovani ministri che, come minimo, hanno ancora molto da imparare, e malgrado la presenza nel governo di personaggi tassatori collaudati, salutati da Bruxelles con un poco sereno “lui sa ciò che deve fare”, va condivisa la cautela di Forza Italia e del Cavaliere, pronti a sostenere il governo (queste sono le parole di Berlusconi) sui provvedimenti condivisi e altrettanto pronti a osteggiarlo su quanto non sia in sintonia con le cose stabilite assieme e continuamente ribadite.
Su quanto potrà essere condiviso bisogna attendere le proposte concrete di Renzi, mentre le scelte concordate vanno fatte a partire dalla legge elettorale che dovrà permettere di sfoltire, quando verrà usata, le presenze di chi, purtroppo, bada di più alla propria visibilità che agli interessi del paese; a snellire il processo legislativo riservando ad una sola Camera l’onere delle approvazioni; a ripristinare la divisione delle competenze, tra Stato e Regioni, cassando le sconcezze del Titolo V della Costituzione che ha bloccato i processi decisionali con le materie ’concorrenti’ e intasato i Tar di ricorsi su ricorsi; e pensare a passi consistenti in avanti sulla riforma delle istituzioni per adeguarle a quelle dei paesi occidentali.
Si potrebbe pensare che quanto ‘condiviso’ nell’incontro del Nazzareno non abbia nulla a che fare con la crisi che ha martirizzato e continua a martirizzare il Paese. Ma è uno sbaglio. C’entra, e come se c’entra. Le riforme sono fondamentali, alla luce dell’esperienza, per avere governi che governino e una macchina burocratica in grado di rispondere alle esigenze del Paese. Se invece ci si trastulla su fiumi di parole, belle ma inutili, sarà Renzi stesso che decreterà la propria fine. Se ciò dovesse accadere sarà portata, purtroppo, altra acqua al mulino dell’antipolitica e alla politica del ‘tanto peggio tanto meglio’ che significa anche sfascio totale.
Giovanni ALVARO