-di Giovanni ALVARO-
Quando gli storici si interesseranno del nostro tempo forse lo indicheranno come il tempo de “Il brutto, il bello e il cattivo”, e di certo non si riferiranno al famoso film di Sergio Leone, con colonna sonora di Ennio Morricone, ma si riferiranno ai tre personaggi, messi in piedi da re Giorgio primo e ultimo, che hanno causato veri e propri sconquassi nel nostro Paese. Ma forse, per rendere più chiaro di cosa si sta parlando, preferiranno chiamarli “l’esecutore, l’insignificante e il parolaio” che poi sarebbero Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi. Tutti tre osannati dalla stampa cosiddetta ‘indipendente’ incapace di vedere aldilà del proprio naso ma felici di liberarsi del Cavaliere.
Il primo, “l’esecutore”, che apre la parata fu osannato come il ‘sobrio bocconiano in loden’, il tecnico presentato come il demiurgo capace di rimettere in sesto un Paese presentato quasi alla rovina per uno spread usato strumentalmente contro Berlusconi, e mantenuto alto, anche per molti mesi dopo la caduta del Cavaliere, per far capire al Rettore cosa si voleva da lui dato che aveva imbarcato nella compagine governativa due banchieri come Passera e Ciaccia, della BIIS (Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo della Intesa San Paolo) e che questo andava contro gli obiettivi della teutonica Merkel. E “l’esecutore” capita l’antifona, essendo il “più tedesco degli italiani”, si regolò di conseguenza eseguendo alla lettera “i compiti a casa”, bloccando l’unica grande opera localizzata al Sud e determinando così l’isolamento di ben tre regioni.
Il secondo, “l’insignificante”, voleva dare l’impressione rassicurante del giovane senza grilli per la testa ma impegnato in politica, sul terreno della riflessione e della ricerca,con la sua, fino ad allora, sconosciuta ‘VeDrò’, ha teso ad accreditarsi nei circoli europei forte del suo essere membro del Bilderberg (il ristretto e segretissimo sodalizio internazionale) ma con un debole ‘quid’ (parolina resa famosa dal Cav che però era riferita ad altro personaggio) che lo ha portato ad auto osannare se stesso con la famosa frase “In Europa dicono che ho le palle d’acciaio”. Così d’acciaio che il terzo membro della trimurti lo ha fatto secco con un semplice #staiserenoenrico.
Il terzo, “il parolaio”, si è distinto dagli altri per la partenza col botto con gli 80 euro che gli hanno permesso di vincere le elezioni europee, di vivere di rendita (per un buon tratto di strada), di nascondere la propria debolezza politica e di mettere a tacere le opposizioni interne anche col patto del Nazzareno che sembrava teso a costruire, assieme all’opposizione, le regole del gioco e la riforma dello Stato, ma che strumentalmente è stato usato (vedi scelta autonoma di Mattarella) per accreditare l’idea dell’”uomo solo al comando” e del ducetto invincibile. La stessa composizione del suo Gabinetto andava in questa direzione. Non ha voluto gente che gli potesse fare ombra, ma ha scelto soprattutto una sfilza di liceali, senza un minimo di esperienza, che son sembrati avatar o semplici yesman.
I tre, comunque, son passati alle glorie del potere, senza subire il vaglio elettorale, ed hanno fatto perdere ben 3 anni e mezzo all’Italia mantenendo e accentuando la tradizionale propensione della sinistra a massacrare i contribuenti e senza scelte reali contro la crisi e atte a stimolare lo sviluppo e la crescita. Si è avuta,però, la sensazione che ognuno stesse aspettando che fosse il tempo a risolvere i problemi che angustiavano il Paese. Tutti a utilizzare slogan accattivanti per nascondere la loro pochezza come ‘sveglia, riparti e risparmia Italia’ come se bastassero le parole ad aggredire una crisi dalla quale altri sono riusciti, nel frattempo, a tirarsi fuori.
Il parolaio ha imbellettato la sua presenza con un diluvio di parole sfruttando ogni piccola vicenda con ‘la volta buona’, ‘avanti con le riforme’, ‘nessuno ci fermerà’, e parlando soprattutto alla ‘pancia’ del Paese. Sembrava inarrestabile e imbattibile con una marcia trionfale impossibile da fermare. E invece… il Paese, non gli intrighi di palazzo, lo ha fermato. Aveva tirato troppo la corda, promesso mari e monti senza risultati apprezzabili e mostrato una voglia autoritaria condita da atteggiamenti forcaioli. E mentre lui ‘giocava’ il Paese faceva i conti con altre emergenze quali sono stati la questione morale che ha investito la sinistra, l’immigrazione di massa che sta creando grossi problemi al Paese, e l’abbandono totale del profondo Sud dove comincia a serpeggiare una voglia ribellistica.
A conti fatti, forse è più giusto ricordarli come ‘il tedesco’, ‘il pavido’ e ‘l’incapace’, ma sempre a conti fatti forse la storia non li ricorderà per nulla.