- di Marcello Crinò -
Di paesaggi siciliani e di migrazioni si è parlato giovedì 14 all’ex Monte di Pietà nel corso di un incontro con Franco Blandi, organizzato dall’Accademia musicale e artistica e culturale “Nino Pino Balotta” presieduta da Felice Mancuso. Sono stati presentati due interessantissimi libri del fotografo e regista Franco Blandi riguardanti la Sicilia: Interior of Sicily, incentrato sul paesaggio agrario siciliano tra natura e attività umane, proiettato anche nella versione documentario, e Appuntamento a La Goulette, sull’emigrazione nell’Ottocento di centocinquantamila siciliani in Tunisia.
Ha introdotto i lavori Felice Mancuso, rammentando la sua gioventù, quando era operaio dell’Ente Sviluppo Agricolo e lavorava nei Nebrodi, e la Riforma agraria assegnò ai contadini le terre peggiori, difficili da coltivare. L’assessore alla cultura Ilenia Torre ha portato i suoi saluti, anche a nome dell’amministrazione comunale e del sindaco Materia.
Le due relazioni sono state sviluppate dal dottor Nunziante Rosania e dal professore Alberto Genovese. Rosania, psichiatra e direttore dell’Istituto Penitenziario di Barcellona (così si chiama oggi l’ex O.P.G.) ha incentrato il suo intervento offrendo una riflessione sul tema dell’emigrazione sul piano sociologico e storico-antropologico, evidenziando come siano possibili le integrazioni tra culture differenti. Ha messo quindi in relazione la situazione di allora, cioè l’emigrazione di siciliani in Tunisia nell’Ottocento, con la situazione odierna, ricordando che la storia dell’umanità è storia di emigrazione, di spostamenti di popoli, ma che bisogna essere in grado di gestire.
Alberto Genovese ha offerto un taglio più storico su questa vicenda di emigrazione finora pochissimo conosciuta. E’ però partito dall’operazione di Franco Blandi, quella di documentare il paesaggio naturale e rurale dell’interno della Sicilia attraverso l’osservazione video-fotografica nell’arco di due anni lungo alcuni punti della Statale 120, Cesarò a Troina. Paesaggi ed emigrazione rappresentano un percorso che lega l’interno della Sicilia con l’emigrazione in Tunisia, un percorso inverso rispetto a quanto accade oggi. Dal 1835 tonnaroti e corallari trapanesi emigrano in Tunisia, raggiungendo il culmine nel 1870, dopo l’Unità d’Italia, quando le condizioni economiche della Sicilia divennero disastrose, e iniziò l’emigrazione verso le Americhe e l’Europa.
I siciliani si spostarono in Tunisia dove nacque La Goulette, la piccola Sicilia, dove si integrarono perfettamente, fondendo usanze, tradizioni, gastronomia, religione. Oggi quella città non c’è più, gli edifici sono stati quasi tutti demoliti, la comunità si è dissolta e in un ospizio vivono ancora alcuni anziani discendenti dei siciliani.
Subito dopo è stato proiettato il documentario, che mostra il variare della natura e la bellezza di questi luoghi della Sicilia dove nonostante la meccanizzazione, il paesaggio agrario riesce ancora a raccontare in maniera armonica il legame tra l’uomo e le sue attività sul territorio, ben evidenziato da un sapiente montaggio di foto e video, accompagnate da una colonna sonora di musica classica e suoni dal vivo. A nostro avviso si tratta del più bel documentario sul paesaggio siciliano finora realizzato, e non a caso è stato premiato al Festival internazionale di Roma Cinemadoc come migliore documentario italiano. Adesso è anche candidato alla finale del Festival internazionale di Los Angeles.
Infine l’intervento di Franco Blandi, il quale ha spiegato di aver appreso casualmente da uno studente universitario tunisino dell’esistenza di questo insediamento siciliano. Iniziando le ricerche ha scoperto che non esistevano studi in merito, ma solo notizie frammentarie. L’approfondimento della vicenda lo ha portato a raccontare questa storia di emigrazione ed integrazione dal basso che non ha mai creato alcun tipo di problema, anche se all’inizio c’era diffidenza tra le due comunità. Per quando riguarda il documentario, ha sottolineato che il territorio oggetto delle sue immagini è stato preservato da chi non è emigrato, continuando l’antico legame tra uomo e natura.
La lunga serata è stata scandita da due intermezzi musicali con brani di musica popolare eseguiti dal trio Shekelesh con Mario Giuliano alla chitarra e alla voce, Eugenia Bavastrelli al tamburello, Nino Ragusi alla fisarmonica.