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UN ECCELLENTE SAGGIO STORICO

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- di Giuseppe RANDO -

Il libro di Antonino Micale, San Pier Niceto. Avvenimenti e personaggi, Seconda edizione riveduta ed ampliata, Messina 2016, si segnala, tra tutti gli altri di storia locale ch’io conosca, per tre validi motivi: per l’estrema leggibilità del testo; per la vastità e la varietà del quadro storico, politico, economico, sociale che vi si disegna; per lo sguardo adulto, sereno, saggio, equanime, immune da sentimentalismi, con cui l’autore guarda ai luoghi, ai fatti e alle persone di questo piccolo, splendido comune dei Peloritani, che guarda al porto di Milazzo e alle isole Eolie.

Per sincerarsi della pregnanza del primo punto, basta leggere il capitoletto, intitolato Il fascismo (pp. 72-84) che si presenta come la più attendibile, documentata, imparziale microstoria del regime, dei suoi miti, del suo “successo” e dei suoi limiti intrinseci: San Pier Niceto diventa, invero, in queste brevi, succose, ma limpide pagine, l’ombelico del mondo e la storia locale trascende i limiti del campanile per incontrarsi con la macro storia del fascismo in Italia, nel funesto ventennio 1922-1943.

Il nesso micro-macro è peraltro operativo in tutto il libro, attraversando la storia di San Pier Niceto, sinteticamente ricostruita da Antonino Micale, dall’arrivo dei Sicani, dei Siculi e quindi dei Calcidesi, dei Greci, dei Messeni, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi, dei Normanni, degli Svevi, degli Angioini, degli Spagnoli, fino ai moti del 1848, l’impresa dei Mille di Garibaldi, l’unificazione d’Italia, la nascita della Società Operaia, il fascismo, la seconda guerra mondiale, la nascita della democrazia e la legge regionale 30 giugno 1956 n. 39, con cui ebbe fine la «colonìa perpetua».

Il metodo storico pare inappuntabile, basato com’è sulla signoria fondamentale delle fonti: quelle scritte, opportunamente citate (degli storici greci, latini e arabi, degli storici di Messina come La Corte Cailler e Principato, degli storici della Sicilia come Michele Amari, degli storici locali come Guglielmo Scoglio, dei memorialisti locali come Salvatore Polito, il fabbro Francesco Basile, Salvatore Certo, Francesco Borgese): quelle epigrafiche (rinvenute nelle iscrizioni delle chiese antiche); quelle documentali (raccolte nell’Appendice) e quelle orali, cui si dà lo spazio che meritano. Di tutte le fonti suddette Antonino Micale risulta non solo gestore abilissimo, ma anche sagace epitomatore, capace cioè di darne un’informazione esaustiva ancorché sintetica, per esigenze di spazio e – diresti - per rispetto del lettore (che potrebbe essere infastidito o depistato da certi cavilli).

La ricchezza e la varietà del quadro complessivo sono testimoniate dal fatto che, accanto alle ricerche sull’origine del nome, sulla nascita del Comune, sui principali avvenimenti storici di cui la popolazione di San Pier Niceto fu testimone (e talora protagonista), giusto spazio viene offerto all’arrivo nel paese, nel 1926, dell’illuminazione elettrica e alla costruzione, negli anni Trenta, dell’acquedotto comunale, nonché all’economia del paese stesso, ricostruita, in mancanza di studi storici specifici, su documenti minuti, quali contratti di compravendita, affitti, colonie e altro.

Non manca, però, nel libro la quotidianità nei suoi aspetti più comuni e coloriti, quasi che l’autore, da autoctono cultore del metodo delle “Annales”, abbia voluto ricostruire la storia del paese anche dal basso. E così, accanto alla presentazione di alcuni personaggi di San Pier Niceto che si sono segnalati nel campo della politica, dell’amministrazione, degli studi, delle arti, dei mestieri (l’intero cap. VII è loro dedicato), c’è un originale capitoletto, intitolato Quadretti di vita paesana, dove fatti minori della vita del paese (una sfida epica a colpi di … testa, una partita di briscola, ‘u carruzzinu, i bamparizzi) danno il sapore delle cose vissute o esperite direttamente dall’autore, concorrendo peraltro alla conoscenza immediata del luogo e dei personaggi.

L’atteggiamento equanime, che è dei grandi storici, ma anche di Antonino Micale, che non è storico di professione, è comprovato dal fatto che San Pier Niceto non viene idealizzato, nel libro, come mitico Eldorado né rimpianto come un perduto eden, ma presentato così com’è, anche nei suoi aspetti meno encomiabili. Lo si evince dal secondo capitolo VII, intitolato Un secolo di delitti, che costituisce la prima e unica – credo di poter dire – storia della delinquenza moderna di un paese della Sicilia, che mi sia capitato di leggere. Onore all’autore, il quale mostra di esserne consapevole, là dove dichiara che i fatti di cronaca nera «fanno parte della storia di un paese e vanno raccontati». A dispetto degli idealisti, degli ignoranti e dei bigotti.

Ma Antonino Micale, che mostra di avere una spiccata vocazione pedagogica (nel volere comunicare ai giovani soprattutto il frutto delle sue conoscenze di padre), non ignora, da vero storico, la forza documentaria della lingua e del dialetto in ispecie. E però il capitolo IX diventa un ricco glossario di voci dialettali (ognuna con la sua etimologia e con la corrispondente traduzione in lingua) di inestimabile valore e di grande utilità per tutti.

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