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Il Santissimo Crocifisso di Monreale, di Giovanni Cammareri

crocifisso di monreale

 

Quella volta correva già il 2000. Chi doveva dirlo… . Comunque sia fu anno giubilare.

Proprio per questo, a Monreale venne organizzata una processione straordinaria del SS. Crocifisso.

Uscito come di consueto il 3 maggio, il miracoloso simulacro dimorò nel magnifico duomo fino al 14, domenica, giorno fissato per l'altra processione.

Quest’anno, anch’esso giubilare, sarà la stessa cosa.

Il SS. Crocifisso uscirà dalla Collegiata nel suo giorno consueto, ritirandosi però al duomo, ed esattamente come allora, vi rimarrà fino al 7 maggio. Quel giorno, un’altra processione straordinaria lo restituirà alla Collegiata. E come nel 2000, sarà un bagno di folla. Possiamo esserne certi. Sarà il solito abbraccio fra la gente del posto e quell' immagine prodigiosa che attraversò la città lungo un percorso un po’ più breve del solito ma con attorno l' identico contesto di tutte le volte in cui a Monreale è la Festa, momento apicale della festa; anzi, un festa speciale perché non ammette deroghe, non consente cambiamenti, rinnovando semmai solo le attese, sviscerando emozioni e devozioni quasi d' altri tempi.

E' un'oasi culturale, etnica, religiosa dove, grazie a Dio, l'esatta ripetizione degli atti e dei gesti, in un rituale sempre uguale a se stesso, rappresenta la grande forza della stessa festa, della incomparabile, puntuale, ineccepibile processione del SS. Crocifisso.

Quando venne fuori, quella ormai lontana domenica 14 maggio, attraversò le cancellate del duomo alle solite grida che l'accompagnano quando è tra le strade della sua gente, con i confrati, nella consueta tenuta bianca con il fiocco rosso a cingergli la vita, a gridare la loro gioia (che era la gioia di tutti) in giaculatorie così possenti da fare tremare perfino le fondamenta del tempio.

L'anno dopo tutto ritornò normale. Nel senso che la processione ebbe luogo soltanto il 3 maggio. Come sempre, del resto. Solo taluni lavori di ristrutturazione della chiesa costrinsero ad effettuare la tradizionale discesa delle scale dalla rampa che finisce sulla via Veneziano, col Crocifisso che uscì di traverso dalla porta laterale; senza lo "zoccolo", la struttura piramidale dove vengono inserite le "aste" corte che necessitano per la discesa delle due, appunto. E poi per la risalita. Quando la notte è alta e l'ombra del simulacro proiettata sulle parete della Collegiata regala fremiti quasi di paura durante quell'ascesa che non è da meno della discesa.

Solo che alle due del pomeriggio tutto è appena incominciato. E l'aria delle cose che incominciano è sempre più calda, più viva, più allegra. E' la felicità di chi rincontra un amico, di chi riabbraccia la gioia scandita dalla straordinarietà del ritorno: l'appuntamento del 3 maggio. Mentre nella luce assoluta, lungo le vie di Monreale i venditori di fiori, per lo più rose, propongono la tradizionale mercanzia legata alla festa, ai prodigi, all' arcivescovo Venero e alla sua guarigione improvvisa e miracolosa in quella lontana mattina del 3 maggio 1625, giorno già dedicato all'Invenzione, al ritrovamento cioè dei frammenti lignei della santa croce, come pretenderebbe un'antichissima tradizione.

Guarito dalla peste durante la messa che l'arcivescovo aveva voluto celebrare ugualmente, egli benedì e donò ai presenti i fiori di cui l'altare era inondato. I fedeli li portarono nelle loro case dove anche i familiari affetti da peste guarirono, segno che i fiori erano diventati miracolosi.

Dall'anno dopo inizia ufficialmente per i monrealesi la festa del SS. Crocifisso, imprescindibilmente legata ai fiori. Alle rose. Le rose che accarezzano Gesù nell'attesa della processione, durante la processione, in certe fermate prestabilite. I fedeli porgono il mazzettino di rose (ma anche bambini da accostare per un momento al Gesù in croce) al confrate posto sulla vara e quello si adopera per un rapido, sacro contatto. Quindi li restituisce, i fiori di Venero... . E del mercante. Quel monrealese che non riuscendo a vendere a Palermo le rose coltivate nel proprio giardino aveva pensato, in un momento di sconforto, di gettarle in mare. Sulla banchina però, un marinaio lo convinse di barattarli con un crocefisso conservato nella sua barca, per lui inutile in quanto privo della testa.

Il venditore acconsentì allo scambio, la cassa contenente la scultura venne poi issata sul solito carro trainato dai buoi, condotta a Monreale e lasciata per tre giorni nei pressi della chiesa della Collegiata.

Quando la cassa venne aperta, come scrive il Pitrè, "venne trovato bello e compiuto con la espressiva testa che ora ha".

Il noto folclorista voleva dire il volto, ovvio. Quel volto imperscrutabile attorno al quale si narra l'altra storia, la storia di un pellegrino venuto da Alessandria d'Egitto il quale ebbe il coraggio e la sfrontatezza di scostare i sette veli che una volta lasciavano coperto il simulacro per tutto l'anno.

"E' desso, è desso!", egli gridò una volta visto. Forse lo aveva cercato a lungo. Sicuramente aveva intrapreso il suo viaggio alla volta della Sicilia volendo constatare personalmente se quanto si diceva in giro corrispondesse a verità, se era vero cioè che il volto del crocefisso conservato a Monreale fosse l'autentico ritratto del viso del Salvatore.

E per il misterioso viandante evidentemente lo fu. Scostate le tendine non ebbe dubbi. Era quello: l'unico Crocifisso al mondo che si dice sia il vero ritratto di Gesù.

" E' desso, è desso!". Non ebbe dubbi davvero. E a noi piace credergli.

Anche se poi, quando arriva il 3 maggio, nessuno pensa più a queste storie, immerso com’è nell’ineguagliabile atmosfera della solita festa monrealese e della più bella processione di Sicilia.

                                                                                                   

Ultima modifica il Domenica, 01 Gennaio 2017 16:39
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