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Adrano (CT) 18 Maggio 2016 - I Siculi Storia e lingua Siculi.

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- di Antonio Cattino -
Il convegno di oggi voluto dal prof. Enrico Caltagirone e dal ricercatore Claudio d'Angelo ed organizzato dall'Archeoclub area Paesi dell'Etna, nella persona di Vincenzo Di Primo, pone finalmente un punto fermo nella ricerca della Storia arcaica - pre greca della Sicilia, della storia della lingua siciliana, quindi del suo radicamento prima nella parte orientale della Sicilia e poi in tutto il territorio siciliano, in cui dopo l'arrivo dei Siculi si attestarono i Sicani e quindi gli Elimi. Già Claudio D'angelo nel suo libro la Storia dei Siculi, Edizioni Drepanum 2015, ha tracciato un percorso aggiornato nelle informazioni di queste popolazioni prima che giungessero in Sicilia.Il professore Caltagirone afferma, che il dialetto-Lingua siciliana, nelle sue diverse espressioni locali, conserva fin'ora oltre 200 termini di diretta derivazione sanscrita, fra cui lo stesso antico nome della Sicilia, TRINACRIA, che erroneamente finora è stato fatto passare come un termine di derivaziome greca ( L'Isola delle tre punte) invece dell'Isola Giardino dato dai Siculi. Lostesso toponimo di Zankle sicula dalla forma falcata del porto di Messina, che i greci conservarono ed assimilarono nel loro glossario per intendere <LA FALCE>, sono elementi di un patrimonio linguistico ed identitario di prima grandezza che va salvaguardato e sviluppato con azioni concrete.Per la piena comprensione dei Siculi e della loro lingua sorge però un problema fin'ora insuperato, che limita ogni discussione ed è quello della scrittura. Infatti di questo popolo, che cominciò ad insediarsi in Sicilia, intorno al 1200 avanti Cristo non abbiamo testimonianze scritte fino all'arrivo dei greci, quando intorno al VI^ secolo avanti Cristo i Siculi per motivi di rapporti coi nuovi venuti assunsero l'alfabeto greco, con cui ci hanno tramandato quelle poche iscrizioni, in massima parte dediche su oggetti votivi o di corredo funerario, o brevi scritte di benvenuto sulle architravi di qualche porta cittadina. Queste scritte che sono state al vaglio del prof. Enrico Caltagirone e di altri studiosi come Alfredo Rizza, fra cui il vaso di Grammichele con la massima incisa sul fondo esterno in caratteri greci ma in lingua sanscrito sicula.La stessa epopea del condottiero siculo Ducezio e le sue gesta ci sono state tramandate in lingua greca dagli storici greci Tucidide e Diodoro Siculo che a sua volta fa riferimento ad altri storici greci come Timeo da Taormina ed Eforo ede altri.Quello che ci manca è dunque una significativa testimonianza diretta, un loro raccontarsi, dal loro insediamento in Sicilia fino ed oltre l'affermarsi della dominazione greca.
Ci dobbiamo rassegnare quindi a questa mancanza di testimonianze scritte sicule?
Io credo di no, in quanto nell'epoca del loro primi insediamenti , le civiltà presenti nel Mediterraneo e nel Medio Oriente,avevano una loro forma di scrittura, l' avevano per esempio i Cretesi ed i Cicladici, l'avevano gli Ittiti e poi Fenici ma soprattuttol'avevano gli Egizi con i loro geroglifici.Un indizio per i Siculi c'è ed è quello della tradizione del santuario dei fratelli Palici con i riti che si svolgevanoper la divinazione della verità, sappiamo che i sacerdoti facevano incidere su delle sottili tavolette d'argilla il fatto contestato ad uno dei due contendenti e nel ribollio de dell'acqua dei laghetti di Naftia, si rilevava che se la tavoletta fosse risalita a galla spinta dalle emissioni di anidrite carbonica, il convenuto al tempio avrebbe avuta accertata la verità di ciò che sosteneva.

Si potrebbe ipotizzare che la scrittura fosse qualcosa che riguardasse cerchie ristrette, come le corti dei Capi, o dei sacerdoti; ma queste sono solo delle ipotesi molto vaghe che avrebbero bisogno delle conferme archeologiche. I greci prima ed i romani dopo sicuramete avranno fatto tabula rasa di ogni forma culturale o rituale scritta, nello sforzo di veicolare ed orientare verso le loro culture e la loro religione le credenze e riti dei siculi.
Sta il fatto che attualmente non abbiamo nulla su cui fissare la nostra attenzione, nè gli scavi ed i sondaggi che a Messina hanno portato alla luce materiali e manufatti cicladici, vasi e amuleti risalenti al 2800 a.c. Interi villaggi suburbani del periodo Sicano Siculo, come sulle colline che circondano Messina, Paradisco, Camaro o veri e propri quartieri urbani di quella che dovette essere la Zancle Sicano-Sicula, la mitica città costruita da Orione, come recita il mito Greco.
Ma nulla si è trovato scritto in Siculo seppur in una forma arcaica di scrittura, come potrebbe essere la scrittura lineare o pittografica.L'ultimo strato della città di Zancle sicula, sicuramente coevo all'insediamento dei Calcidesi,
che emerse durante i lavori di ricostruzione della stazione ferroviaria negli anni dal 20 al 30 del secolo scorso, ci parla di una civiltà che per qualche motivo si era fermata, forse per le frequenti scorrerie dei pirati che infestavano le coste della Sicilia e dell'Italia, etruschi, fenici, cumani; i siculi abbandonano la zona portuale, l'antica città di Orione, lasciano poche famiglie alcentro, costruiscono villaggi sulle alture, emergono ceramiche rozze grossolane, siamo nel 750 circa a.c., al limite di questo ultimo agglomerato urbano qualche anno fa è stato portato alla luce il sito della cerimonia di fondazione greca della città di Zancle
col suo altare, un tempietto un tumulo rituale ed una fossa per le offerte, ciò significa anche
che quei siculi accolsero i nuovi venuti in pace, forse rassegnati della prevalenza di una cultura e di una tecnologia in ascesa, mentre anche i Calcidesi s'insediarono in pace, anzi conurbandosi, coservando l'antico nome della città in Zancle.Ritornando al tema della lingua e della scrittura c'è da farsi un augurio, chissà se in un prossimo futuro avremo la fortuna di avere un testo scritto dai siculi in una loro forma di scrittura?Nell'attesa non possiamo assolutamente stare con le mani in mano intato gli scrittori ed i poeti possono dare un contributo nella divulgazione della cultura pre-greca, scavando nell'immenso deposito di storie, miti e leggende lasciateci dai siculi, primo fra tutte il racconto dell'epopea di Ducezio, le sue battaglie, il suo esilio, il ritorno.
Oppure recuperare i miti delle fondazioni delle città sicule, per esempio Messina ha oltre il mito della fondazione di Zancle da parte di Orione, di chiara derivazione greca o almeno grecizzato da una sua origine mediterranea. Poi c'è il Mito più chiaramente Siculo della Ninfa Pelorias la terribile e selvaggia abitatrice dei pantani di Capo Peloro, che sposa Pheramon il guerriero, uno dei figli di Eolo, quindi nipote di Liparo per via della madre Ciane , fonda la città di Zancle e ne diviene re, la sua sposa Peloria si addolcisce tanto da questo matrimonio, da divenire oltre che fondatrice insieme al marito la protettrice della città di Zancle.
Materiale storico mitologico per incrementare la produzione artistica sul periodo pre greco
ne abbiamo tanto a disposizione si tratta di liberare la creatività.Un caro amico Nino Pracanica di Milazzo, artista noltiforme, costruttore di maschere teatrali antiche, attore e mimo, poeta e narratore, appassionato di storia e lingua siciliana, con cui stiamo collaborando a portare avanti il progetto Colapesce,si duole di non poter essere presente oggi, ma che ci aspetta a Messina per un aggiornamento di questa iniziativa, mi comunicava ieri che sta scrivendo in siciliano qualcosa che riguarda la storia sicula ... non rivelo il tema per ovvie ragioni di riservatezza .Scrivere di più in lingua siciliana diventa una necessità per la salvaguardia della stessa lingua,
Infatti l'UNESCO ci avverte che la lingua siciliana, pur essendo considerata lingua madre, è entrata nella fase di vulnerabilità, essendo una lingua che è quasi esclusivamente parlata nei suoi dialetti. Infatti, per gran parte del XX^ secolo si deve alla poesia se la lingua scritta non è morta.Però oggi il bilinguismo del popolo siciliano è un dato di fatto,E' importante che vi sia un ruolo più attivo della cultura, dell'informazione e del sistema scolastico in Sicilia, fino alla stessa Università che recuperi con lo studio, con la diffusione delle iniziative, il collegamento con la lingua dei Siculi, creando i presupposti per una certa riufficializzazione della lingua siciliana.Lingua siciliana che fin'ora è stata conservata e protetta dalla rete dei dialetti locali, e nelle espressioni artistiche come la poesia ed il teatro, ma che può essere anche prosa.
Seguo con con piacere ed interesse l'attività di tanti poeti e scrittori di teatro siciliano contemporanei, faccio solo un nome quello di Alessio Patti, poeta e drammaturgo siciliano di Catania, che tra l'atro recentemente ci ha prodotto una magnifica e suggestiva traslazione in lingua siciliana del "Vangelu sicunnu Matteu" .Il nostro amico e ricercatore messinese Alessandro Fumia oltre a ricercare e studiare testi antichi che riguardano la Sicilia e le sue vicende storiche ed a studiare le pietre egizie ritrovate a Messina ma anche a Palermo, ha fatto un'opera meritoria, cioè quella di ricercare la parlata messinese di prima del terremoto del 1908, il cosiddetto Caccaroto, letteralmente tradotto calcaroto da caldara (Caccara) cioè la fornace dove si cuocevano i mattoni o dove si otteneva la calce. una lingua molto dura con attinenze greche e sicuramente sicule e mediterranee. la parlata per intenderci della grande poetessa Maria Costa che nel 2006 il suo nome è stato iscritto nel registro dei “Tesori Umani Viventi” – Patrimonio UNESCO, e nel Registro Eredità Immateriali della Regione Siciliana.Una litania che i pescatori di pescespada fino agli anni '50 del secolo scorso, sia nella parte siciliana che calabrese dello Stretto di Messina mormoravano quando finita la pesca
vogavano sul loro luntro verso la riva di casa casa ancora non è stata compiutamente tradotta, e quasi nulla sappiamo del suo significato:Pala paledda

Mamassu di pajanu,

Palettu di patanu,

Maiassu Stignela!

Paiettu di poenu palè!

Mancusa stagnela

Pro nastu vardu pressu de visu, et de terra !In essa c'è un'antica lingua con elementi greci e latini, che s'innestano in una parlata più antica, forse il siculo, è una sequela di ordini marinareschi, che i marinai recitavano senza capirne il significato.
Lo stresso Goethe, nel suo viaggio in Sicilia la rilevò e la trasmise a Schiller, il poeta e commediografo tedesco suo amico per tradurla ma lo stesso Schiller, non riusci a tradurla.
Ritornando al tema della riufficializzazione della Lingua Siciliana, non bisogna sottovalutare il ruolo della Regione Siciliana che su questo terreno può fare molto ma che dev'essere stimolata a compiere quegli atti che servano ad un sensibile passo in avanti nella direzione di un rilancio della lingua siciliana raggiungendo quel regime di pari dignità con la lingua italiana. Come dicevo la Sicilia è bilingue nei fatti, occorre però coinvolgere gli esperti, i maggiori scrittori e poeti siciliani, in un organismo che sistemi finalmente una lingua siciliana valida per tutti, una lingua letteraria che nei primi tempi non potrà per forza di cose non essere una lingua formale. Per l'appunto, una lingua scritta.Per ragguingere quest'obiettivo occorre dotarsi di strumenti più avanzati degli attuali strumenti legislativi della Regione in fatto di studio e di divulgazione della lingua siciliana

nelle scuole la legge regionale n.85 del 1981 e la legge regionale n.9 del 2011.La Regione Siciliana dunque deve dispiegare quanto di più potrà offrire lo Statuto Autonomistico in questa opera di salvaguardiadella nostra lingua. La Sardegna per esempio si è da tempo dotata di uno strumento molto avanzato, in una situazione più complessa linguisticamente per cui a differenza della Sicilia, in quell'isola ci sono differenze linguistice più marcate tra zona e zona. Invito quindi a leggere la legge Sarda : l.R. 15 ottobre 1997 - n. 26- che va sotto il titolo <Promozione e valorizzazione della Cultura e della lingua della Sardegna> per avere una pietra di paragone per la nostra Regione.Non va infine trascurato il ruolo di un organismo che dal lontano 1951 sta operando con grande impegno e competenza nello studio e nella divulgazione della lingua siciliana che è il Centro di studi filologici e linguistici siciliani di Palermo , che ha fra i patrinatori finora le tre più grandi Università Siciliane quelle di Palermo-Catania e Messina e la stessa Regione Siciliana, che ha pubblicato tra l'altro l'aggiornatissimo <Vocabolario storico-etimologico del siciliano> fatica quarantennale del compianto filologo Alberto Varvaro.Certo non sta a me indicare testi o autori su cui fare riferimento per un organismo regionale
che oggi manca nella nostra legislazione che abbia il compito di sistemare i caratteri portanti della lingua siciliana, grammaticali, ortografici e sintattici di una lingua che riassuma pari dignità rispetto all'italiano.Credo che oggi allo stato dei fatti bisogna puntare ad un'opera di divulgazione nelle scuole unitamente ad un'azione di formazione degli insegnanti che vada oltre la riproposizione dei localismi linguistici i cui caratteri spesso cambiano da paese a paese della stessa provincia;
localismi, inflessioni e modi di dire particolari che hanno senz'altro senso nella parlata di ogni giorno ma che nella lingua scritta dovranno essere portati ad unità, in questo fortunatamente non partiamo da zero, tanti sono stati gli studiosi e gli appassionati che si sono cimentati.Personalmente ho trovato interessante e di ottimo valore divulgativo un piccolo testo degli amici poeti Nino Barone e Giuseppe Gerbino di Trapani <Cenni di ortografia siciliana> edito nel 2011 che rappresenta un veloce compendio di buona scrittura siciliana, potrebbe servire sia alla formazione degli insegnanti che alla divulgazione fra gli studenti e che secondo me si presta anche ad una seconda ristampa ed ad un suo arricchimento di carattere didattico.In conclusione, oggi grazie all'opera di studio e ricerca di Enrico Caltagirone e di Claudio D'Angelo, e di quanti hanno collaborato alla riuscita di questo Evento, abbiamo gettato un ponte temporale di 3200 anni circa fra i nostri tempi e le nostre origini, è questa un'occasione che non si può perdere per riaffermare la peculiarità della nostra lingua e della nostra cultura che va ripresa e valorizzata in pari dignità con quella ufficiale italiana, nel più grande ambito della Cultura Europea e Mediterranea. In quest'opera vi è un un fatto di grande eroismo che supera i tempi. I Siculi che però non siamo più noi, almeno per intero, per l'innesto durante i secoli di altre caratteristiche etniche e culturali, che hanno interessato la storia della Sicilia, sono stati quel popolo che per primi hanno considerato la Sicilia come la loro patria, essi ci hanno tramandato il loro lessico, tanti siciliani che nei decenni scorsi non ebbero la fortuna di incontrare la cultura, fra gli strati più umili della popolazione, contadini, pescatori operai giornalieri, fornaciai ecc in gran parte parlavano una lingua di diretta derivazione sicula. termini come AMMUCCIARI-ALASTRA- CALANCUNI - TALIARI- TIMPA ed altri sono il testimone che ci hanno lasciato e che noi abbiamo il dovere di portare ancora avanti per contrastare l'appiattimento culturale al ribasso che stiamo attraversando.Alla giornata di oggi dovrebbe seguire la creazione di uno strumento, un coordinamento o
un gruppo di lavoro, la cui sede potrebbe essere idealmente Adrano per tutto ciò che questa città rappresenta nella Storia dei Siculi e della Sicilia ma operativamente potrebbe avere sede nel Web come fatto di immediata funzionalità.

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