- di Marcello Crinò -
Venerdì 20 è stato festeggiato San Sebastiano, santo patrono della città di Barcellona da quando fu costruito l’antico Duomo inaugurato nel 1606, poi demolito nel 1936 e sostituito dal nuovo Duomo, oggi Basilica Minore. Il culto del Santo però a quanto pare giunse nei nostri territori nel XIV secolo, tanto che a Milazzo nel 1348 l’attuale chiesa di Santa Caterina D’Alessandria era intitolata proprio a San Sebastiano.
Come è avvenuto lo scorso anno, da quando la festa laica è “rinata” dopo due anni di sospensione, si sono intrecciate le manifestazioni religiose e civili. E’ stata allestita un’edizione speciale della Fiera dell’antiquariato e del collezionismo nei giardini dell’Oasi, proseguita fino a domenica 22. Le bancarelle con i dolciumi e i giocattoli sono state disposte ordinatamente lungo la via Roma e in Piazza Duomo, dove c’è ancora il grande albero di Natale, perché da sempre a Barcellona il Natale è più lungo, finendo proprio con questa festa.
Nella mattinata il nuovo Arcivescovo di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela e Archimandrita del SS. Salvatore, Mons. Giovanni Accolla, è stato accolto dal parroco Tindaro Iannello, dal sindaco Roberto Materia, dai comandanti delle varie Armi, da tantissimi fedeli e dalla musica della banda Orchestra Sinfonica del Longano. L’Arcivescovo ha presieduto la Celebrazione Eucaristica alla presenza delle Autorità civili e militari. Sull’altare è stato esposto il reliquario contenente un frammento di osso, secondo la tradizione appartenente al braccio di San Sebastiano, e il cui arrivo a Barcellona è avvolto nel mistero.
Nel primo pomeriggio il simulacro settecentesco è stato portato in processione nel centro della città, accompagnato dalla banda musicale Eduardo Russo, con un percorso che ha toccato le chiese dell’Immacolata, del Crocifisso e di San Giovanni.
La parte del leone della festa laica come sempre l’ha fatta la Giaurrina (o Ciaurrina), il tradizionale dolce preparato sotto gli occhi delle persone, e il cui segreto di lavorazione si tramanda di padre in figlio. A base di zucchero e miele riscaldati e sciolti assieme in un pentolino di rame, il denso impasto viene posto su un piano in marmo e lavorato “al chiodo”, un chiodo di acciaio inossidabile infisso su un palo rivestito anch’esso d’acciaio. Man mano che si addensa e si raffredda, il colore schiarisce, divenendo di un giallo chiaro dorato, per essere tagliato in pezzi dritti o avvolti su se stessi, oppure a cerchio. Secondo gli studiosi esprime il simbolismo delle frecce del martirio di San Sebastiano, sia nella forma che nel chiodo, ma anche nella tensione cui è sottoposto l’impasto durante la lavorazione. Altre bancarelle hanno preparato la Calia (ceci abbrustoliti) e il torrone.
Per l’occasione il titolare della libreria Gutenberg, Giovanni Mazzeo, ha organizzato una mostra di fotografie di Domenico Genovese relative alla festa del Santo a Tortorici, Novara di Sicilia (dove si festeggia assieme all’Assunta), Catania e Barcellona. Inoltre ha esposto delle immaginette sacre su San Sebastiano del collezionista milazzese Giovanni Maisano, e il calendario con i Santi “cancellati” di Emilio Isgrò.