- di Roberto Lo Presti -
Una bellissima ricorrenza, un pensiero profondo,raccolto tra mille e mille testimonianze di un grande poeta della nostra Letteratura italiana , parliamo del prof. Giovanni Pascoli già docente presso l’Ateneo di Messina di Letteratura latina. A cavallo di due secoli,fine ‘800 ed inizio 900, egli fu graditissimo ed eccellente nostro docente, allo stesso dedichiamo molteplici riflessioni non solo sulle sue liriche, che attualmente viviamo con affanno e commozione. La ricerca dei temi comuni che ci legano oltre alle crisi economiche e sociali ( perduta la fede nella forza liberatrice della scienza, Pascoli fa oggetto della sua mediazione proprio ciò che il positivismo aveva rifiutato di indagare, il mondo che sta al di là della realtà fenomenica, il mondo dell'ignoto e dell'infinito, il problema dell'angoscia dell'uomo, del significato e del fine della vita), sono determinanti per discutere delle notevoli difficoltà di crescita e sviluppo di un fanciullino, di un giovane che legatissimo alla sua famiglia, vide le morti del padre,della madre un anno dopo, dei due suoi fratelli e di una sorella…- Visse dunque aggrappandosi alle due sorelle rimaste : Maria e Lidia. La sua famiglia dunque si ridusse a poche unità,il conforto ed il calore ‘sposò’ le belle ,poche presenze d’amore. ''A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l' uno e l' altra. Egli, anzi, quando li trasmette, pur essendo in cospetto d'un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello.Getta la sua parola, la quale tutti gli altri, appena esso l'ha pronunziata, sentono che è quella che avrebbero pronunziata loro. Si trova ancora tra la folla: vede buttare in istrada le masserizie di una famiglia povera. Ed esso dice la parola, che si trova subito piena delle lagrime di tutti. Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detta. Ma non è lui che sale su una sedia o su un tavolo, ad arringare. Egli non trascina, ma é trascinato; non persuade, ma è persuaso.'' Quando fioriva la vera poesia; non si fa, si scopre, non s'inventa; si badava alla poesia e non si guardava al poeta; se era vecchio o giovane, bello o brutto, calvo o capelluto, grasso o magro: dove nato, come cresciuto, quando morto. Seguire e studiare ancora una volta, soprattutto noi messinesi, quel quinquennio trascorso nella nostra città, significa ,respirare, sentire i passi di un uomo semplice,diretto, libero da pregiudizi, per certo versi apolitico, sincero e ben reale, studioso delle piccole cose, della realtà attorno,che fotografa con gli occhi aperti come obiettivo che spazia in lungo e largo e che ne determina poi il, quel giudizio meraviglioso, affascinato ed affascinante per chi legge nella più intima suggestione ed affinità, è certo già lirica toccante, profonda, colorata…soavemente toccata con mano di ‘bimbo’. Quel fanciullo onnipresente in ogni pensiero aperto e sovente chiuso dentro il suo bellissimo studio, alla penombra ma ricchissimo di vera Luce. Egli dopo tanti affanni, riacquista, osservando dal balcone della sua seconda casa in affitto a Messina (presso piazza don Fano), quella ispirazione gentile, naturale, ‘rubando’ al sole del nostro Sud, quei colori dentro i piccolissimi fiori, quelle tinte bluissime del mare dello Stretto, quel cielo azzurrissimo che gli consente di mettere mano a : ‘c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico ,io vivo altrove e sento che..’ ( sì ,qui è nata ,forse la sua più bella poesia :’L’acquilone’ ) – Una nostalgia che richiama gli anni più vissuti da ragazzino e nel cuore sempre il vuoto della memoria di chi lo ha lasciato ancor giovinetto…- Vivrà sempre con il peso di chi non è riuscito a trovare ,chi uccise suo padre ed ancora si portò pesante,ovviamente, l’assenza della madre e dei fratelli.--- Ricordiamo che la prof.ssa Lia Fava Guzzetta nella qualità di Assessore alla Cultura del Comune di Messina,in occasione dell’importante mostra organizzata dal Ministero dei Beni Culturali (25 sett.-17 nov. 1995) , scriveva sulla nostra città, sentiva l’esigenza per onorare in modo speciale e ‘’personale’’ il suo Poeta. Ella raccolse in un breve catalogo ,momenti intimi di vita vissuta dal Pascoli in presenza delle sorelle vicine e talvolta allor quando lontane,vergava tante lettere di conforto e d’amore. Egli visse a Messina con gioia e libertà, associandosi ai messinesi semplici , dialogando con i colleghi (T.Cannizzaro, Boner, Fleres…) e con gli studenti ,che ne percepivano il totale ,semplice, spontaneo, fraterno calore. Lo stesso modestissimo ,’gracile’ ed umilissimo Professore dichiarò apertamente, che qui a Messina : ‘’Io ci ho passato i 5 anni migliori,più operosi,più lieti,più raccolti,più raggianti di visioni,più sonanti d’armonie della mia vita’’. Tanti ,dicevamo, gli incontri a casa ed in piazza con amici , da Ludovico Fulci, a Tommaso Cannizzaro, da Boner a M.Valgimigli, con quest’ultimo uscivano insieme nei pomeriggi, si recavano fino al porto, alla Palazzata, alla Pescheria, e più spesso fino a ‘Mare grosso’.
Il Valgimiglia ne fece rapidamente un suo profilo dicendo : ‘Aveva nel suo parlare a scatti,di impressioni, di notazioni immediate tutto cose,res, niente razionalità…, tutto vedeva e notava e tutto faceva vedere e notare : il volto di un bimbo,il grido di un venditore, i fiori ad una finestra,il colore ed il rumore del mare (azzurrissimo dello Stretto). Gaetano Salvemini di lui scrisse: ‘…è un simpaticissimo uomo,grosso,mal vestito,sempre in movimento…, appare sincero in tutto che vede prima l’immagine e poi l’idea ed è pronto a perdonare tutto al contenuto purchè sia introdotto da una forma originale e bella’. Il prof. Giuseppe Rando nel suo bel testo di oltre 400 pagine di riflessioni e tante poesie di Pascoli,( presentato ieri sera al ‘Gabinetto di Lettura’), affermava che lo stesso poeta è da considerarsi universale, la sua poesia cresce,oggi viene studiata dai più. Tra l’altro sottolineava le enormi difficoltà di crescita del ‘fanciullino’ (rimasto tale sempre), che dopo i lutti di famiglia, viveva a stento. Era un giovane povero,triste ,solitario ed introverso,per sfamarsi sovente chiedeva l’elemosina. Con l’andare degli anni , immensa fu la conquista della cattedra, felicissimo di aver raggiunto ‘ da solo e famelico' ( La piccozza),la docenza ed ancor più di essere approdato nella città dello Stretto in quello spazio indefinito tra cielo e mare,libero e sereno vicinissimo ad una Natura incontaminata. Qui nel ‘900 si accinge a scrivere oltre 150 componimenti, tra essi cita la città di Messina in : ‘Una poesia a Maria’, ‘La mia malattia’,’L’acquilone’ , la sua visione và oltre le ‘Ciaramelle’. G.Rando ancora fa notare la dolcezza del ritmo del verso che genera musicalità, bastano pochi righi, v’è rara armonia,sinfonìa profonda, potremmo noi dire ‘angelica’. Nel corposo commento si evidenzia che la nostra terra gli ha dato respiro, calore, la ‘mollezza’ del suolo gli prese l’anima, il sorriso del mare, il profumo degli aranceti che saliva fino alle sue finestre lo addolcì e non ultima l’ospitalità a braccia aperte dei messinesi gli diedero quella ‘vis vitalis’ che meritava . Nui missinisi ti semu grati, ranni Pueta tuscanu…, per la tua naturali schiettezza e bontà, pi chistu sempi ti ricuddamu , giù a coppula e baciamu li manu. Roberto da Messina – febb. 2017-