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Rita Botto e la Banda di Avola al Teatro Mandanici di Barcellona Pozzo di Gotto

- di Marcello Crinò -

E’ stato uno spettacolo bello e coinvolgente, che ha incarnato lo spirito e il calore della Sicilia senza il folklore di maniera che spesso serpeggia quando si fa musica siciliana, quello proposto sabato 4 marzo dalla cantante catanese Rita Botto assieme alla Banda di Avola, composta da quindici elementi diretti dal maestro Sebastiano Bell’Arte. “Terra ca nun senti”, il titolo dello spettacolo già vincitore nel  2014 del Premio Nazionale Città di Loano per la musica tradizionale italiana.

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Rita Botto, con al suo attivo quattro album e varie collaborazioni con musicisti del calibro di Tony Esposito, ha eseguito una scelta di canti siciliani, tratti in parte dal repertorio di Rosa Balistreri (1927-1990), alla quale ha dedicato il primo brano, “Cantu e cuntu”, ricordando la vita difficile della cantante e cantastorie siciliana. La scelta dei brani, ha proseguito la Botto, è stata compiuta anche in funzione della formazione bandistica di accompagnamento. Ha ripreso infatti la tradizione siciliana dell’accompagnamento bandistico, ma rivisto in maniera “colta”, come è d’uso da qualche tempo, pensiamo alla loro presenza in alcuni spettacoli di Gibellina, oppure il loro rapporto con musicisti come Luciano Berio.

“Terra can un senti”, che ha dato il titolo allo spettacolo, è un brano nato in relazione al problema dell’emigrazione, in una Sicilia terra piena di contrasti, evocando l’immagine dell’Etna con la lava infuocata sulla neve. Ha voluto rendere un omaggio a Lucio Dalla, in occasione dei quattro anni dalla morte,  con un brano poco conosciuto tratto da un film “E dire che ti amo”; ha reso un omaggio a Battiato con “Stranizza d’amuri”, un omaggio a Domenico Modugno con “Lu pisci spada”,  ha cantato la famosa ninna nanna siciliana “La siminzina”, ed ancora: “Mi votu e mi rivotu”,  “L’amuri mio si tu”, “Accattai na virrinedda”, e ha deliziato il pubblico con una serie di filastrocche e scioglilingua. L’ultimo brano, solo strumentale, è stato eseguito al “friscaletto”, suonato dallo strumentista di flauto traverso, con accompagnamento delle sole percussioni.

In conclusione i saluti anche del direttore della banda, Sebastiano Bell’Arte, il quale ha ricordato il suo legame con Barcellona per aver compiuto proprio qui gli studi di direzione bandistica con il maestro Daniele Carnevali.

Anche questa volta una buona presenza di pubblico, con la sala piena per  oltre due terzi, segno che la scelta della gestione comunale, con la direzione artistica di Sergio Maifredi, sta funzionando abbastanza bene.

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