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I NOSTRI FRATELLI IMMIGRATI “ERO FORESTIERO E MI AVETE ACCOLTO”

 

 

- di Antonio Dell'Aversana -

Sotto gli occhi di tutti le drammatiche immagini che i Mass Media nazionali propongono periodicamente in occasione degli sbarchi di “clandestini” sulle coste italiane. “Intrusi”, generalmente definiti extracomunitari, che in gran parte muoiono di stenti, soprattutto donne e bambini, prima di approdare in una terra che ritengono amica e distante anni luce dalle tante problematiche (guerre, fame, miseria, persecuzioni, malattie) che hanno voluto lasciarsi alle spalle per tentare di vivere quella vita dignitosa che il Padre Celeste ha destinato ad ogni uomo.

La breve “commozione”, finta o vera che sia, che pervade ciascuno di noi ogni volta che assistiamo a sciagure televisive, lascia, però, ben presto il posto a ben altri sentimenti svanendo davanti alla prospettiva che potrebbe essere richiesto a qualcuno di noi di interessarsi in modo concreto alla sopravvivenza futura di sconosciuti esseri umani, di pelle diversa pergiunta! Dimentichi non solo di essere i discendenti di coloro che nemmeno un secolo addietro hanno invaso, come gli extracomunitari adesso, a milioni le terre altrui cercando aiuto per vedersi riconosciuta la dignità di uomini, ma di essere il prodotto di plurisecolari incroci di popoli diversi che sin dal medioevo, laceri e disperati, si sono diffusi nel Bel Paese, preferiamo nasconderci dietro tante scuse pur di non perdere la nostra illusione di essere “perbene e civili”.

E ci ergiamo, in pochi attimi, a giudici inesorabili ritenendo questi nostri simili solo fonte di futuri grattacapi. Da buoni cristiani diventiamo lesti a far tacere il cuore, l’unico che capisce il Vangelo, cancellando da esso, in fretta e furia, il linguaggio dei buoni samaritani che ci competerebbe per dovere morale. E neppure le parole “ero forestiero e mi avete accolto” sembrano turbarci minimamente per il peso che esse assumeranno nei nostri riguardi all’atto del Giudizio Finale.

Le responsabilità, però, non risultano essere solo individuali; sono collettive e soprattutto addebitabili agli Organi preposti alla pubblica amministrazione.

Poche Comunità italiane si sottraggono alla regola generale della totale indifferenza verso questi indigenti capitati sul nostro territorio che sopravvivono, alla bene e meglio, in tuguri affittati ad alti costi, ignorati e mal sopportati dalla maggioranza della popolazione e mai realmente integrati nella nostra “civile” ed antica Nazione. Oggetto solo di sporadiche attenzioni di associazioni “pie e di volontariato” dalle quali ricevono stracci dimessi, qualche pacco dono ed un machiavellico pasto caldo in qualche occasione natalizia (festività estranea alla cultura della maggioranza di loro), sfuggono sempre, loro malgrado, ad una concreta sussidiarietà (intesa nel senso più ampio del termine) da parte degli Organi competenti.

Ma è giunta l’ora, ormai, di invertire rotta e di risvegliare in tutti noi, nessuno escluso, quella coscienza che ci impone, non solo quali seguaci del Cristo ma soprattutto quali appartenenti al genere umano, i doveri dell’accoglienza e della fraternità universale!

Ultima modifica il Giovedì, 06 Ottobre 2016 17:10
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