Si è visto come la presenza araba in Sicilia ha influenzato notevolmente la cultura, gli usi e i costumi della popolazione siciliana. I riscontri storiografici pervenuti, sono però trascrizioni postume al periodo arabo o della tardiva presenza moresca e riportate da storici arabi anch’essi o da Emiri come il generale Al Nuwayri, (IX sec) che menziona il passaggio dalla costa ionica alla tirrenica attraversando i colli del montalbanse. Nel testo in lingua araba e tradotto anche in latino, (1154) di Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibnIdrīs al-Sabti detto anche Edrisi nel suo famosissimo Kitabnuzhat al-mushtaqfi'khtiraq al-'afaq; descrive la Sicilia e riferendosi a Montalbano annota: “La rocca di Montalbano, posta in mezzo ad alte montagne, è aspra assai a salirvi e a scendere. Non ha pari per l’abbondanza del bestiame, del miele e d’ogni altro prodotto agrario”, e registra tra Randazzo e Montalbano una distanza di circa 20 miglia dove similari annotazioni vengono riportate nel 1061 da Goffredo Malaterra,( De rebus gestis …).
Segni importanti del periodo arabo si ritrovano anche nel lessico tipico montalbanese oltre che siciliano. La produzione di miele come la coltivazione della canna da zucchero e dei gelsi la troviamo documentata da Edrisi e in altre fonti storiche arabe, come anche la captazione delle acque per irrigazione e la lavorazione della seta. Con l’espandersi delle colture intensive e quindi del benessere economico, si avvera un incremento demografico notevole, tanto che Palermo è la città più popolata della penisola italica, con 50.000 abitanti censiti, contro i 40.000 abitanti della degradata Roma di qual tempo, e i 20.000 di Milano ( EL Edrisi 1150).
Fine VII parte.