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Messina - La città vista dagli studenti

                      - La redazione -

Lo scorso 28 Marzo si è svolto al Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca un interessante convegno organizzato da organizzazioni studentesche sia di scuola che dell’Università supportato dal dipartimento politiche giovanili di Cambiamo Messina dal Basso e dalla Federazione Lavoratori della Comunicazione della C.G.I.L..

Si è discusso, in particolare con testimonianze degli stessi studenti come loro vedono oggi la scuola e come la vorrebbero cambiare. Il gruppo di relatori era di tutto rispetto con la presenza dell’assessore alla Pubblica Istruzione Federico Alagna, della sua collaboratrice con delega alle politiche scolastiche Professoressa Alessandra Minniti, il Professore Alessandro Grussu insegnante delle superiori, Piero Patti della F.L.C. C.G.I.L.. L’introduzione a cura dello studente Damiano Di Giovanni che ha moderato l’incontro rilevando che non sempre gli insegnanti valorizzano chi magari è in difficoltà di apprendimento e avrebbe bisogno di maggiore aiuto, e criticando l’alternanza scuola-lavoro che non sempre valorizza lo studente che si presta per brevi periodi ad una attività lavorativa tra le varie, senza usufruire di assicurazione.

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L’Unione degli Studenti interviene subito dopo con la coordinatrice provinciale la studentessa Stroscio che manifesta la sua approvazione per la presenza di tantigiovani che hanno voglia di partecipare e dire la loro. “L’Unione degli Studenti-            esordisce – è un Sindacato presente in tutta Italia e porta avanti delle battaglie sulla scuola. Ma cosa vorremmo dalla scuola? Questa è nata come luogo dove glistudenti imparano ma non imparano passivamente, ma a vivere, perché la conoscenzaforma l’uomo. Quindi cosa manca? Intanto la Sicilia è una regione con un altissimotasso di dispersione scolastica dovuto soprattutto alla mancanza di una legge regionalesul diritto allo studio che tuteli gli studenti mettendoli in condizioni economiche di poter frequentare normalmente. Purtroppo ci sono scuole di serie A e di serie B.

E certe volte sento che ragazzi che provengono da famiglie non benestanti devono frequentare istituti tecnici più adatti a loro. Questo non dovrebbe esistere perché si sentono costretti a frequentare un percorso di studi che non vogliono. Poi i trasporti: molti ragazzi che provengono dalla periferia e si devono spostare in centro devono pagare determinate somme e con gli abbonamenti pagati dovrebbero essere rimborsati dalla scuola stessa. Poi i libri. Ogni anno pagano in media 500 euro di testi, e non tutti se lo possono permettere. Basterebbe avere gli stessi libri in ogni scuola e studiare dagli stessi testi. Gli studenti, inoltre, hanno bisogno di luoghi dove confrontarsi e parlare e da lì nascerebbero progetti da portare avanti. E’ fondamentale potersi esprimere.

Per non parlare, poi, che durante le lezioni il più delle volte c’è un apprendimento passivo, nel senso che i docenti espongono gli argomenti e i ragazzi passivamente apprendono quelle poche nozioni. E dopo c’è chi prende nove e chi prende quattro.

E ti sentirai sempre come un numero. Questo è il limite più grande della scuola: ridurti ad un numero. E quando prendi un quattro automaticamente pensi di non potercela fare e allora bisogna mettere in condizione lo studente di alzare l’apprendimento.

Bisognerebbe incoraggiare i ragazzi a dare di più. Il confronto tra docente e studente non deve essere passivo. Non ci mettono in condizione di credere in noi stessi. La scuola deve far crescere la persona facendogli capire che quello che in quel momento non capisce lo deve superare. Deve essere uno scambio attivo. Gli studenti insegnano molto ai docenti, fanno capire la parità della persona, i limiti e le capacità.

In conclusione sarebbe meglio non limitarsi solo ad un voto, e tracciare un percorso personale e soprattutto ricordiamoci che la crescita, la formazione, non avviene solo a scuola. Ad esempio in questo momento di confronto, ci stiamo formando molto di più che in un’ora e mezza a scuola”.

 

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                                   L’intervento del sindacalista della C.G.I.L.

Piero Patti del coordinamento provinciale della F.L.C. C.G.I.L. egli stesso docente, esordisce parlando degli insegnanti come “l’ultimo baluardo della democrazia in Italia, perché con le ultime leggi sulla scuola, dalla “Gelmini” dove Berlusconi ha tagliato circa 10 miliardi di euro alla scuola, fino ai governi Renzi e Gentiloni che hanno emanato la legge cosiddetta sulla “Buona scuola”.

Una legge calata dall’alto contro la libertà di insegnamento e contro una idea di scuola che va contro i principi della costituzione. Cambiando la scuola e dando un criterio verticistico con il dirigente che comanda, cambia la società. E qual è il modello di società che vogliamo? Il ruolo dell’insegnante non è fondamentale solo per la formazione del ragazzo ma anche del futuro cittadino. La valutazione ci sta ma per migliorare non per falsificare. Se uno studente ha difficoltà di apprendimento bisogna metterlo in condizione di raggiungere livelli minimi di apprendimento sanciti dalla nostra costituzione che recita così agli articoli 33 e 34: “la scuola è aperta a tutti, gli incapaci e i meritevoli anche privi di mezzi hanno diritto di raggiungere il livello più alto degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto allo studio con borse di studio, assegna alle famiglie provvidenze che devono essere attribuite per concorso”. Per quanto riguarda la legge regionale sul diritto allo studio, già nel 2012 assieme alla Rete degli Studenti Medi raccogliemmo delle firme affinchè il governo siciliano approvasse una legge regionale. Sono passati sei anni ma nulla di fatto. Ma perché chiediamo questa legge? Per tutelare i trasporti, i costi dei libri, le tasse.

In realtà la scuola pubblica non è gratuita. Alternanza scuola-lavoro. Siamo stati gli unici a chiedere la sua abrogazione, per non mandare i ragazzi allo sbaraglio. Non hanno assicurazione. L’unica assicurazione è quella da scuola al posto di lavoro. Ma se voi partite da casa con il motorino, ad esempio, o con la macchina con i genitori, e vi fate male, non siete assicurati. Naturalmente quando lo studente va in alternanza scuola-lavoro viene paragonato ad un lavoratore. Sbagliando. E poi sono ore tolte alla didattica, non sono ore in più. E poi la dispersione. In Sicilia in dieci anni abbiamo perso 80.000 alunni a partire dalla materna fino alle superiori. Questo vuol dire che si spopolano le scuole, si svuotano le università, i finanziamenti si danno solo alle università prestigiose del nord. Questo significa diritto allo studio. Uno studente che si iscrive in Sicilia costa di più rispetto ad una università a Bologna o a Pisa, perché lì ci sono le agevolazioni. A Palermo si paga ben 1.300 euro di tasse universitarie. Una legge regionale sul diritto allo studio, quindi, è prioritaria per evitare che le nostre università si spopolano a favore delle università del nord”.

 

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                               L’intervento finale dell’assessore Alagna

Il suo intervento focalizza l’importanza di questo incontro, ritrovandosi nei presenti , ricordando il suo passato di rappresentante d’istituto. I problemi nelle scuole sono tante, “e la questione reale è il diritto allo studio. L’istruzione deve essere pubblica, ed è fondamentale un investimento reale. C’è un questione meridionale in questo campo, il sud rimane penalizzato a favore del nord. Il modo in cui si è impostato negli ultimi anni il mondo della scuola dal punto di vista legislativo fa schifo. Tutto questo poi ha delle ricadute a livello locale, come quando ad esempio mi trovo ad affrontare il problema di plessi che cadono a pezzi, o garantire la mensa, o costruire nuovi edifici perché quelli che ci sono non vanno più bene, allora mi pongo la questione che dobbiamo andare oltre. Perché bisogna investire. Sull’alternanza scuola-lavoro vi racconto un episodio che riguarda l’arena “Cicciò” sul tetto del Palacultura. Non avendo risorse, mi viene incontro una scuola della città dove gli studenti si prestavano a sistemarla con lavori di muratura. A questa proposta ho detto no convintamente e profondamente. Una operazione che aveva un costo, ma non economico ma che devo quantificare in sociale, politico ed etico. Sugli spazi aggregativi, l’amministrazione comunale sta lanciando il progetto “scuole aperte”, al territorio, con piccole biblioteche di quartiere, in modo che si realizzi una reale sinergia tra scuole e esterno. Il mio modo di condurre l’assessorato si basa sul criterio dell’antisistema nel sistema, e nel mio ufficio al Palacultura ho scritto una frase che mi ha detto una ragazza di Barcellona di Spagna con la quale abbiamo avviato una interlocuzione anche come movimento politico, che recita così: “siamo entrati qua dentro per cambiare le istituzioni e non ci possiamo permettere che le istituzioni cambiano noi”. Ho voluto mettere questa frase perché credo sia il senso del mio impegno e di tutte quelle persone che si vogliono impegnare in questa nuova avventura elettorale. Questo deve essere l’approccio per portare avanti il nostro lavoro come persone delle istituzioni”.

Ultima modifica il Venerdì, 30 Marzo 2018 13:49
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