- di Giuseppe Messina -
E convinzione di tanti, non soltanto mia, che se non ci fosse stato il poeta cieco Omero che ha tracciato il solco del poema mitologico, non avremmo avuto tutti gli altri poeti e scrittori che ne hanno seguito le tracce indelebili. Con i poemi “Iliade” ed “Odissea”, l’immenso genio letterario del più grande poeta ha aperto l’importante porto da cui altri dopo di lui si sono avviati in viaggi superbamente fantastici. Non avremmo avuto Publio Virgilio Marone il cui poema “Eneide”, continuazione del poema “Iliade”, canta non soltanto la magnificenza dell’eroe protagonista, ma intuisce anche la prima radice della grandezza di Roma e delle sue leggi; non avremmo avuto il sommo Dante Alighieri che sceglie proprio Virgilio come sapiente guida ideale nell’“Inferno” e nel “Purgatorio” della sua meravigliosa “Commedia” e non avremmo avuto tanti altri autori di poemi e di romanzi che, certamente hanno preso l’ispirazione dai predecessori. So, anche con certezza, che mai avrei potuto, io stesso, comporre i miei poemi, ovvero “Odissea ultimo atto” che continua “Odissea” di Omero, “La leggenda di Omero” in cui è reinventato il personaggio Omero del quale ci è stato tramandato pochissimo, ed ancora “Ulisse destino di se stesso”, “Poema”, “Penelope”, “Il testamento di Odisseo”, “Il pentimento di Achille”, “Il lamento di Polifemo”, “Il Pianto di Calliope” ed altre opere come i due monologhi “Il tormento di Penelope” e “La collera di Odisseo” che andranno in scena sul palcoscenico del Liceo Classico “Luigi Valli” a beneficio degli studenti.
A questo punto devo confessare che se non avessi conosciuto la talentuosa attrice Rosemary Calderone non avrei potuto scrivere questi due testi che sembrano essere ben riusciti. È stato un caso: l’estate scorsa mi ha confessato di avere, fin da bambina, il desiderio di interpretare il personaggio Penelope e, senza tanti preamboli, sapendo che avevo già pubblicato il poema “Penelope”, mi ha chiesto se le avessi potuto scrivere un monologo. Ho accettato e, poco tempo dopo, ecco “Il tormento di Penelope”. Avendo letto il testo, la bravissima attrice, ha deciso di fare un omaggio a mia moglie ed a me in occasione della manifestazione per la ricorrenza del quarantesimo anniversario del nostro matrimonio. È stato un successone; si può dire che la maestria di Rosemary ha incantato la vasta platea di intenditori. D’altro canto non poteva andare diversamente avendo avuto per maestro quel mostro sacro di Giancarlo Giannini. Subito dopo mi è venuto spontaneo scrivere quella che potrebbe essere una continuazione che ha per titolo “La collera di Odisseo”.
Poco tempo fa ho avuto l’occasione di proporre i due monologhi alla dirigente del complesso liceale di Barcellona Pozzo di Gotto Dott.ssa Domenica Pipitò la quale, trovando molto interessanti i testi ha pensato di indire una mattinata teatrale per gli studenti.
“Il tormento di Penelope” è quello che si potrebbe definire un lamento, una straziante preghiera rivolta alla dea Atena, in una notte insonne, tramite cui appare evidente sullo sfondo il dramma della guerra di Troia dalla quale, dopo venti anni, l’eroe Odisseo non ha ancora fatto ritorno quando, intanto il suo palazzo è invaso dai principi proci che insidiano Penelope per estorcerle la promessa di matrimonio. Nelle parole della protagonista c’è tutto il dramma di una moglie indifesa in attesa dello sposo, c’è la grave preoccupazione per il figlio Telemaco esposto al pericolo di essere assassinato dai pretendenti proci, ma c’è anche il peso della solitudine di una donna che si crede ormai abbandonata persino dagli dèi, ma che non ha perso la certezza che il marito ritornerà, farà giustizia ed “emetterà terribile sentenza”.
“La collera di Odisseo” è manifestata nel discorso che l’eroe fa ai parenti ed amici dei proci che lui è stato costretto ad uccidere a conclusione del suo sofferto viaggio, a quei forsennati che, guidati da Eupite, il padre di Antinoo, si erano recati presso il palazzo di Odisseo per ottenere vendetta, ma sono stati fermati dall’intervento di Atena che ha messo fine ai tafferugli dopo la morte dello stesso Eupite ucciso dalla lancia di Laerte che era stato provocato. Il discorso di Odisseo è tutto un severo rimprovero: “Voi volevate vendicare i persecutori di mia moglie, di mio figlio, di mio padre, i prepotenti che, per anni, hanno invaso la mia casa!
Ma dov’eravate voi quando costoro avevano fatto della casa del re di Itaca una spelonca per le loro oscene esibizioni contro una regina indifesa?
Con quale coscienza avete pensato di giungere qui dove chiunque, al posto mio, avrebbe agito come io ho agito?
E loro? I colpevoli di oltraggio, di costrizione, di ricatto e di violenza fisica e morale
come si sono comportati quando, a sorpresa, si sono resi conto di trovarsi al cospetto di Odisseo, del re di Itaca?
Hanno semplicemente tentato di sopraffarmi, di uccidermi!
Dove eravate voi quando avreste dovuto frenare i loro volgari istinti di prepotenti arroganti?
Certamente voi conoscevate le loro intenzioni!
Sapevate quali erano le loro malsane pretese!
Sapevate che la donna che andavano ad insidiare era, com’è, la moglie di Odisseo, la moglie del re di Itaca che avrebbe potuto fare ritorno da un momento all’altro!
Voi, come loro stessi, siete responsabili di quanto è accaduto!
La morte dei vostri congiunti, dei vostri amici deve pesare sulle vostre coscienze per il tempo che vi rimane da vivere!”
Così, il 15 p. v. saremo al “Valli” dove siamo certi che gli studenti apprezzeranno ed avranno modo di fare un tuffo nel mito di cui Omero resta il creatore intramontabile.