- La redazione -
C’ è una Sicilia associata da secoli ai concetti di mafia, malaffare, violenza, degrado, ignoranza cronica e apatia, che è raccontata con toni scuri e crudi, schiaffata sulle prime pagine dei giornali e fra le righe della letteratura in modo impietoso e fortemente critico.
E c’è, poi, una Sicilia delicata e straripante di profumi e sapori, ricca di bellezza umile e di colori accesi, di tradizioni antiche e di usi peculiari e affascinanti, di umanità, di grande senso dell’ironia e dell’accoglienza.
A questa Sicilia dà voce “E mi ricorderò”, il romanzo di Daniela Cucè Cafeo edito dalla casa editrice milanese bookabook e approdato in questi giorni in libreria, dopo una campagna di crowdfunding di grandissimo successo che ha registrato un numero di preordini di oltre 400 copie già un anno prima di andare in stampa.
Un successo che prosegue in questi giorni, in cui i lettori hanno inondato i social di commenti entusiasti per un libro che, nonostante le sue 300 pagine, “si fa leggere tutto d’un fiato”, incollando alle righe e lasciando, a fine lettura, una scia densa di emozioni, divertimento e commozione.
Al punto che la curiosità ingenerata stimola ogni giorno nuovi lettori: interessati, incuriositi, motivati a sfogliarne le pagine.
Abbiamo intervistato l’autrice al fine di conoscere di più su questo felice esordio letterario.
Come è nata l’idea del romanzo?
Potrei dire che è nata con me, e non sarebbe un’affermazione sbagliata. Da quando ho coscienza di me stessa, la lettura, e soprattutto la scrittura, sono state componenti inscindibili di ciò che sentivo d’essere. Anche se c’è voluto un bel po’ prima che comprendessi che era anche ciò che avrei voluto “diventare”.
E ho cominciato a scrivere prestissimo, ma solo per me stessa. Mi bastava riempire fogli su fogli di emozioni, soprattutto quando mi sentivo triste e avvertivo forte il bisogno di staccarle da me fissandole con l’inchiostro di una bic su pagine che, finita quell’esigenza incontrollabile, rileggevo e poi facevo in mille pezzi.
E’ stato un peccato, col senno di poi. Oggi non so cosa darei per poterle rileggere.
E come è arrivata a “E mi ricorderò”?
Ci sono arrivata per dolore. A guardare i fatti voltandomi indietro, mi è sembrato che la vita, a un certo punto, mi chiedesse conto di cosa ne avessi fatto di quel dono della scrittura che non avevo mai espresso compiutamente. Mi ero sempre dedicata agli altri e avevo messo ingiustamente da parte me stessa. Così credo che le cose abbiano funzionato come quando qualcuno con cui hai confidenza, e che ha su di te una certa autorità, ti strattona perché ti sei distratto, perché non hai capito qualcosa che devi assolutamente capire.
Solo che più che una strattonata è stata una gragnuola di colpi inaspettati da cui non mi sono potuta difendere.
Potevo solo incassare.
Poi mi toccava decidere: lasciarmi andare e azzerarmi oppure accettare la sfida e rilanciare.
Ho scelto la seconda opzione e ho cominciato a mettere semi dappertutto, sfidandomi in cose che mi piacevano da sempre così come in cose che non avevo mai fatto, e una di queste cose che non avevo mai fatto era proprio la scrittura di un libro.
Chiunque mi conoscesse, anche solo per avermi letta qualche volta sui social o in un articolo di giornale, mi rimproverava spesso di non averlo ancora fatto.
Così mi sono lanciata in quest’avventura, ed eccoci qua.
Ci racconta un po’ la trama del libro?
La scelta della trama è strettamente collegata a quanto ho raccontato prima, non ho dovuto faticare a sceglierne l’argomento.
Ho sentito di avere la necessità di ricominciare da me stessa, di ripercorrere le tappe della mia vita, degli anni più importanti della mia formazione personale e umana, così ho istintivamente fissato il punto di partenza del racconto da qualche minuto prima della mia nascita, cominciando a narrare sin dal ventre di mia madre.
Ma ho poi scoperto, man mano che fluivano i ricordi in maniera inarrestabile, che le motivazioni nascoste perfino a me stessa erano veramente molte di più: la necessità di fermare i ricordi nel tempo (non solo i miei, ma quelli di un’intera generazione) perché non si perdessero per sempre; la voglia di consegnare ai giovani un pezzo delle loro radici che non avrebbero avuto modo di conoscere così a fondo; la determinazione (e forse - ammetto e me ne scuso - la pretesa) di lasciare un messaggio chiaro e forte: quello di non smettere mai di credere e lottare, qualunque cosa accada, anche quando sembra ormai tardi e tutto pare irrimediabilmente perduto; la voglia di riscattare in qualche modo una terra bistrattata e umiliata, restituendone in parte l’immagine reale, la fotografia fedele e sincera, la taciuta straordinarietà che si cela dietro l’apparenza dell’ordinario.
La definirebbe una sua biografia?
Assolutamente no, non è questo il mio intento. E’ la storia che ho realmente vissuto viaggiando durante l’infanzia fra Palermo, Santo Stefano di Camastra e Messina, luoghi a cui sono fortemente legata e che ho intensamente amato, tanto da non aver dimenticato niente.
E’ una storia di storie, se così la vogliamo definire: racconta i luoghi, le persone che ho incontrato, le emozioni e i sentimenti che ne ho tratto, le tradizioni che oggi sono andate perdute.
Una storia ricca di umanità, insomma: in cui a volte si ride, a volte ci si commuove, altre ci si ferma a riflettere.
Ma non è niente di più di ciò che i miei occhi hanno visto e la mia anima ha elaborato.
Non c’è costruzione nella struttura, ma puro istinto. Non c’è introduzione di elementi di fantasia o artifici letterari.
Tutto è narrato così com’era, e se il libro piace tanto, forse, è proprio per questo.
Perché le parole pulsano di vita vera, e non c’è racconto più coinvolgente di quello di una vita profondamente vissuta: la mia come quella di tutti coloro che ho incrociato andando su e giù sulle montagne russe dell’esistenza.
Ma senza perdere neanche per un attimo, neanche nella fatica delle salite ripidissime o nella paura delle discese sfrenate, la bellezza e l’unicità del paesaggio, e soprattutto la consapevolezza della fortuna di aver potuto fare quest’emozionante, indimenticabile, esclusivo giro.
E’ già in cantiere una seconda parte di questo romanzo, che in molti chiedono, o un nuovo libro di tutt’altro argomento?
Al momento non lo so, c’è fermento dentro di me, e finché non si calma non capirò cosa è giusto che venga fuori e cosa no.
Ci sarà certamente una seconda esperienza di scrittura, ma non voglio forzare e snaturare niente.
Ho sempre pensato che è la mia anima che scrive. Non la mia mente, non il corpo, non io, benché non possa separare nettamente queste componenti e lasciarla totalmente libera di fare.
E l’anima ha i suoi tempi, che però io non conosco. Al momento opportuno mi terrà a bada e vedrà che verrà fuori lei, insieme a un nuovo libro.