Fantina (ME), un giorno qualunque dell'era Covid.
Pierangelo Giambra, attaccatissimo al suo piccolo borgo di vallata, tira le somme dei suoi primi quarantotto anni. Snocciola i suoi ricordi, parla della sua gente, descrive, con dovizia di particolari e grande consapevolezza, il borgo avito e il territorio circostante, ne racconta le vicende, la toponomastica, le tradizioni popolari, le arti e i mestieri.
Giambra il tipografo e l'editore è diventato “Pierangelino” il cantastorie, e narra le sue storie andando avanti e indietro nel tempo, saltando da un borgo all'altro del circondario, disegnando personaggi, illustri e meno illustri, che si danno il cambio nel racconto di quella che non è più solo la storia di Pierangelo Giambra, ma è la storia di molti, una biografia corale.
Fatti, luoghi, persone – dunque. Ma anche odori e sapori: non esiste una Sicilia senza naso e bocca.
I ricordi, per noi siciliani, sono quasi sempre alla stregua di madeleines proustiane.
E i ricordi di Pierangelo sono patrimonio comune della sicilianità: la residenza di campagna – spartana, sì, ma comunque un piccolo paradiso – u luci, u pedi i ficu, la briscola, le ingiurie, la vendemmia, le bottiglie della salsa, la ricotta fresca, il vino nelle botti, le masserizie fresche e genuine (oggi diremmo “bio”) in grande quantità, i cani da caccia, la selvaggina cucinata dalla nonna, la bottega dove ci trovavi di tutto – ma proprio tutto!
L'aèdo Pierangelino canta nella koiné siciliana, i suoi ricordi sono quelli di tutti i siciliani, a prescindere dal paese di provenienza. La Sicilia dei Siculi e dei Sicani, dei Greci e dei Romani, degli Svevi e dei Normanni: il libro di Pierangelo è come un cesto, intrecciato non di vimini ma di fatti-luoghi-persone e di passato-presente-futuro.
Un po' Pirandello, un po' Verga e un po' Camilleri, Pierangelo si esprime in uno stile di scrittura piano e semplice, senza grandi velleità letterarie, ma capace di catturare anche il forestiero, inevitabilmente incuriosito dalla miriade di regionalismi e termini dialettali veraci, autentici, particolari.
Da quel che si legge in queste pagine, a Fantina il tempo sembra essersi fermato: i mestieri tradizionali tramandati di generazione in generazione, il dialetto gallo-italico vitale e vivace, il circolo ricreativo, le notizie che viaggiano di bocca in bocca (e non di smartphone in smartphone), le porte sempre aperte, le botteghe che fanno credito, la solidarietà tra compaesani.
Storie di vita quotidiana, di un borgo che resiste nonostante tutto.
Ed è questo il più grande desiderio di Pierangelo: resistere all'imposizione di uno stile di vita “moderno”, metropolitano, tecnologizzato, conformato; salvare le tradizioni, le piccole realtà, le peculiarità, le unicità.
Alessandra Iacono