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U CAMIDDU DI CASALVECCHIO SICULO

 

La maschera del cammello si vuole sia una scena coreografica popolare con la quale Casalvecchio celebra la sua autonomia civile ottenuta nel 1793 in seguito ai ripetuti tentativi riusciti sempre vani per le ingerenze di Messina.

L'allegra maschera si svolge per le vie del paese nella festa patronale, prima della processione del Santo, pur non avendo nulla a che vedere con la ricorrenza religiosa ne con la vita del Protettore.

La genesi del cammello casalvetino — afferma il Puzzolo Sigillo — va ricercata «nelle vecchie antinomie demografiche, storiche e tradizionali con la vicinissima Savoca». Infatti, durante le incessanti contese con l'assorbente nuovissima terra latina, improvvisata dai Normanni per motivi strategici e militari sul bivertice colle antistante, colle a sella (onde il nome Savoca, dal latino barbaro sambuca, cioè, specie di sella che all'occhio casalvetino si presenta come la duplice gobba di un cammello) Casalvecchio introdusse nella sua festa patro nale l'allegra maschera di un gibboso cammello.

Il campanilistico, vendicativo intendimento diventava palese: «il gibboso cammello, raffigurante Savoca, veniva domato da un abile cammelliere, raffigurante Casalvecchio, che, preceduto e fatto rilevare da uno speciale rullar di tamburo, guida la sua bestia (rapace, ladresca ed insidiosa, dai doppi opportunistici infingimenti ed adattamenti, coraggiosa e prepotente coi deboli, ma untuosamente inginocchiantesi al cospetto dei forti e dei potenti) attraverso i berteggiamenti e le irrisioni schiamazzose del popolo briaco e festante. La allu-sione — continua il Puzzolo Sigillo — non poteva essere pia ingiuriosa e la ingiuria pia sanguinolenta: ma non si sarebbe potuto evitare, perche si presentava sotto le religiose parvenze di una tradizione intimamente legata con la sacra leggenda del Santo, di cui ricorreva la festa, e, almeno apparentemente, figurava presa in prestito dalla festa dell'Assunta in Messina, dove e stata riconosciuta, anche dal Pietre, tradizione di patriottismo religioso. Tanto meno, poi, avrebbe potuto impedirmela Savoca, che, nella festa patronale, aveva introdotto niente meno che il diavolo (ù virzeriu) tentatore della Lucia, la Santa protettrice del paese.

Sorse, soltanto, legittima — e ancora vi rimane — la tradizionale antipatia dei «savocoti» verso il cammello casalvetino che tuttavia ingiuriano «u camiddazzu».

Tratto da:Feste, Fiere Mercati  ed. Provincia Regionale di Messina -Ass.to alla Pubblica Istruzione

Ultima modifica il Mercoledì, 05 Ottobre 2016 16:14
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