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Intervista al Santo Padre in Tv

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Roma. Intervista in Tv per il Santo Padre nella nota trasmissione, condotta da Fazio che non ha potuto trattenere le sue lacrime di commozione, ieri sera, alle 20.30 quando, finito di ascoltare Papa Francesco,  avrebbe dovuto riprendere la trasmissione. Un' intervista straordinaria che mi ha fatto molto riflettere sulla semplicità  di questo Papa, completamente all' opposto di quello che sarebbe stato il suo "predecessore"( per cosi dire). Sul web, il dibattito divide: qualcuno criticava la presenza del Santo Padre in Tv pur in streeming, al contrario, la maggioranza ha dichiarato di avere ricevuto un messaggio di maggiore vicinanza di Papa Francesco alla gente. Ha coinvolto emotivamente  tutti, il suo discorso, le sue risposte. In particolare, mi hanno fatto riflettere le sue parole sull' accoglienza e il fatto di avere esorcizzato la solitudine, rifiutando di vivere nel Palazzo Pontificio. Inoltre, mi ha colpito la sua ultima dichiarazione:"Ho amici, certo, SONO POCHI!" Del resto come tutti noi:i veri amici sono sempre pochi, tanto che siamo soliti affermare che i veri amici si contano sulle dita della mano!

 Ed è  sul web che abbiamo scelto la riflessione piu interessante, espressa da un medico  specialista che, con devota attenzione, ne ha registrato, come un valente giornalista, i più significativi passaggi, regalandoci profonde considerazioni che i social, solo a volte, possono veicolare. Da Domenico Sinagra, questo il nome del medico di cui parliamo, su facebook: "Gesù Cristo si sottoponeva spesso a interviste. Le concedeva a tutti, ai notabili dell’epoca, religiosi e non. Agli eretici dell’epoca, i sadducei, a persone comuni. Di giorno, alla luce del sole, ad inviati speciali, come i discepoli di Giovanni Battista, e anche di notte, come a Nicodemo. Soltanto durante il processo, religioso presso il Sinedrio, laico presso la Procura di Pilato, furono più i silenzi che le parole. Ma quelle più che interviste erano accuse foriere di morte.

L’intervista di Papa Francesco di ieri sera a Fabio Fazio non  è la prima che un Pontefice concede a un giornalista televisivo (Benedetto XVI ne concesse una alla televisione polacca), e pertanto non è la prima intervista in assoluto di un Pontefice. Anche Giovanni Paolo II ne concesse a giornalisti, e inaugurò la consuetudine delle interviste in aereo, di ritorno dai suoi pellegrinaggi per il mondo.

Anche in questo, Papa Francesco, in linea con i precedenti Pontefici, come per il Magistero e per la prassi. 

Andando ai contenuti, essi hanno assunto la forma della comunicazione più schietta, quella dell’Evangelo. Una comunicazione che parte dalla vita, che “tocca” l’interlocutore come Dio ha “toccato”, anzi si è reso partecipe in pieno, della natura umana. Chi si preoccupa dell’ ortodossia più che del “cuore” della Parola, non capisce che ortodossia cristiana è la misericordia più che il rigore, la condivisione più che il clericalismo, la spoliazione più che il rivestirsi di orpelli superflui, Francesco di Assisi più che l’Inquisizione. I “difensori della fede” devono arrendersi all’evidenza che la Chiesa marcia irreversibilmente sulle orme del Concilio, più che sulle logore pagine del devozionismo o del legalismo. E ciò in perfetta continuità (e Papa Francesco si è autoaccusato di plagio nei confronti di Paolo VI) con il Magistero dei Pontefici che lo hanno preceduto. Con un piglio nuovo, forse diverso nella sensibilità verso un mondo che si evolve precipitosamente e che richiede in fretta risposte, che non facciano ripiegare la Chiesa su se stessa come vorrebbero certi “profeti di sventura” o “nostalgici di roghi”.

Il tutto detto da un “uomo” che conosce innanzitutto i suoi limiti, che è consapevole (e questo è inusuale in un membro della gerarchia, laica o cattolica che sia) di non essere gravato da pesi diversi da quelli di altri uomini, anch’essi provati e sofferenti. Che ascolta musica, che fa quattro chiacchiere con gli amici, che parla con tutti. Che non ha il “vizio”, radicato spesso nel clero,  di elevarsi sugli altri, di circondarsi di ruffiani e cortigiani, di conoscere la realtà per sentito dire, adeguatamente camuffata, come diceva don Milani, “da un muro di carta e di incenso”".

Ultima modifica il Lunedì, 07 Febbraio 2022 16:01
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