Il C.I.S della Calabria, in collaborazione con il “Fondo Antonio Piromalli” e con la
“Fondazione Italo Falcomatà”, commemora oggi, con il patrocinio della “Fondazione
Fortunato Seminara”, del Comune e della città Metropolitana di Reggio Calabria, il
ventennale della scomparsa di Antonio Piromalli (2003-2023), che fu uno dei più
rinomati critici marxisti e un accreditato storico della letteratura, oltreché valente poeta
postermetico e intellettuale «impegnato».
La sua attività di storico e critico della letteratura appare, invero, stabilmente incardinata
su due pilastri fondamentali (che furono suoi e della sua generazione): la interazione
marxiana di testo e contesto, da una parte, e la polemica anticrociana e antiformalistica,
dall’altro.
Operando, con indubbia sagacia, all’interno di tale visione del mondo e della letteratura,
Piromalli seppe infatti liberare autori come Fogazzaro, Carducci e Corazzini da ogni
vaghezza sentimentale e impressionistica (che ne inibiva una corretta fruizione) e
dimostrare inconfutabilmente come Ariosto non sia il poeta dell’Armonia idealistica
vagheggiata da Croce, ma il poeta innovativo che seppe dare degna risoluzione stilistica
alle esigenze più vive della società e della cultura rinascimentale. Tali saggi occupano,
senza meno, un posto di rilievo nei vasti terreni della critica letteraria.
Entro questi parametri s’inscrive anche la Storia della letteratura calabrese in due
volumi, in cui Piromalli, scavalcando Croce e i crociani e recuperando la via maestra,
storicistica, di Francesco De Santis, ha mirabilmente costruito un grande affresco della
varia e vasta attività letteraria dei calabresi maggiori e minori, perennemente innervata
dagli apporti delle culture subalterne. Altrettanto organica è la Storia della Letteratura
Italiana, cui il critico di Maropati attese dalla fine degli anni Ottanta, riconoscendo che
la «caduta del muro di Berlino, la dissoluzione del mondo sovietico […] hanno avuto
profonde conseguenze culturali» e tenendo conto della crisi culturale «che ha visto
mutare le categorie interpretative, il contesto esplicativo».
Certo, negli anni Ottanta, era – ancora una volta – cambiato il mondo e con esso la
letteratura e i modi di interpretarla: il marxismo mal reggeva l’urto con la nuova realtà.
E difatti la critica semiologica (preceduta dallo Strutturalismo), la critica psicoanalitica
e la critica globale si affermavano decisamente, in all over the world, mentre nuove
forme d’arte s’imponevano all’attenzione del pubblico. Ci furono critici marxisti che si
aprirono alla semiologia (si pensi a Luperini) e critici come Petronio che lottarono
contro gli eccessi e il presunto scientismo dei nuovi critici, senza riproporre tuttavia, tali
e quali, i (presunti) dogmi marxiani. A Piromalli, che non venne mai meno al suo credo,
mancò, forse, il guizzo del suo amico e maestro Giuseppe Petronio, il quale non rimase
mai ingabbiato dentro i canoni scolastici della critica marxista (basti pensare ai suoi
ultimi, ancora attualissimi, libri e alla sua presa di distanza dalle posizioni estreme di
certi critici marxisti su Verga).
E a un intellettuale democratico di sinistra, che non viene dalle anticamere dei partiti né
dai salotti familistici della borghesia accademica, può dispiacere che Piromalli, uomo e
intellettuale di specchiata onestà, abbia mostrato, negli ultimi anni della sua vita, di
accostarsi – forse per malinteso consociativismo – alle logiche restiane di gestione
dell’Italianistica.
Ma, tenuto conto della complessità delle vicende umane, non si può non riconoscere che
Antonio Piromalli rimane, per tutti, un eccellente professore universitario, un grande
intellettuale e un perfetto critico marxista d’antan.