Giuseppe Messina, uno dei più anziani artisti che Barcellona Pozzo di Gotto vanta, meritava l’ovazione di approvazione ricevuta la sera dell’11 giugno scorso in quel luogo sacro che è l’auditorium “San Vito” una barocca chiesa sconsacrata. Qui ha avuto luogo la presentazione del suo artistico libro monumentale misurante cm 56 X 76. È stato un evento per una meritata serata d’onore ad un artista a cui sono riconosciuti straordinari meriti avendo dedicato la vita all’arte e alla divulgazione della cultura nel più alto significato del termine e perciò è giusto che raccolga il plauso che gli è manifestato con affetto ed ammirazione di quanti l’anno seguito e continuano a seguirlo.
Ha coordinato l’originale evento la professoressa Maria Torre, biografa dell’artista. La serata è stata ricca di presenze qualificate e qualificanti, con ottimi relatori e rappresentanti di Associazioni culturali che hanno portato il loro saluto, tutti a testimoniare il loro affetto e la loro ammirazione per un artista straordinario. Per prima ha avuto la parola l’Assessore ai Beni culturali e Grandi Eventi Angelita Pino che ha portato il saluto del Sindaco Pinuccio Calabrò e dell’Amministrazione Comunale ed ha avuto parole di elogio per il Maestro Giuseppe Messina, “che rappresenta un grande valore per Barcellona Pozzo di Gotto”, quindi è intervenuta la presidente dei Lions di Barcellona Pozzo di Gotto Santina Maiorana e poi la presidente della FilicusArte Caterina Barresi che ha sottolineato di essere orgogliosa di avere nella sua Associazione uno dei soci fondatori più rappresentative della città. A seguire ha preso la parola la presidente dell’Associazione Palazzo Fazio, Lucia Puleio ed il presidente della Pro Loco “Alessandro Manganaro” Salvatore Scilipoti che hanno avuto parole di grande ammirazione per Giuseppe Messina e per il suo impegno nelle attività culturali della città. Era previsto anche l’intervento del Presidente dei Lions di Castroreale, Beppe Iacono che, purtroppo, si è dovuto allontanare per urgenti motivi di famiglia.
Per realizzare il monumentale libro, esposto nell’auditorium, il Maestro Messina ha lavorato tre anni solo per poter scegliere ed estrarre da diciannove suoi poemi i versi particolari (655) da incastonare gli uni con gli altri e quindi comporre un ulteriore poema, con senso compiuto, che ha intitolato “Imbarcato all’alba” come da desiderio del figlio. Ma dell’artista non è finita qui: per tutto il periodo della pandemia,. l’artista si è imposto non soltanto di adoperarsi nel dipingere 32 tele per l’opera da ultimare, ma anche di realizzare un altorilievo in bronzo.
“Questi elementi – ha dichiarato lo stesso Messina – sono serviti per la realizzazione del libro “Artes meae per unum vestigium” (Le mie arti per un unico progetto), che non è un normale libro come si potrebbe immaginare. No: si tratta di un pesante volume, con le pagine in tela e la copertina in multistrato ligneo ricoperta da pelle di vitello sormontata da un altorilievo in bronzo di cm 40 X 50 dal peso di 25 kg.”
Proprio un libro monumentale, contenitore delle principali arti del Maestro ovvero scultura, pittura e poesia, e, per essere esposto, Giuseppe Messina ha disegnato un particolare leggio smontabile che ha fatto realizzare da un fabbro. Da ricordare che di questo unico esemplare ne ha fatto stampare una edizione in formato normale, però con la stessa, identica impaginazione per poterne agevolare la circolazione, anche se in tiratura limitata.
Tale straordinaria realizzazione artistica era stata pensata da Salvatore, il figlio del Maestro, in prospettiva di una manifestazione per i 55 anni di attività artistica e culturale dello stesso. Purtroppo la pandemia ha impedito il verificarsi dell’evento. Finalmente il librone, come lo ha definito il giornalista e scrittore Melo Freni, è potuto uscire dall’“Oikos Museion”, la “Casa Museo” dell’artista, soltanto adesso. I relatori sono stati lo stesso Melo Freni, la scrittrice Graziella Lo Vano e il critico d’arte Andrea Italiano, tutti concorde nel constatare la valenza di un artista impegnato socialmente che fa onore alla sua città dove, a metà negli anni ’70 ha fatto ritorno dopo una lunga assenza, con la voglia di farsi divulgatore di cultura.
Il grande Melo Freni, che segue l’artista da oltre 50 anni, per quanto riguarda le opere dipinte contenute nel libro, in sintesi, così si è pronunciato:
“Un breve ritratto d’artista: Giuseppe Messina, per essere il creativo che è, è una persona singolare; nulla di particolare che non si nutra della sua fantasia, ma del tutto particolare è che essa affondi in un mondo che, a prima vista, potrebbe sembrare arbitrario mentre invece è alla ricerca delle sue radici, da cui i ricorrenti simbolismi che derivano da fughe in una natura antropomorfa che esalta il mistero della vita, quella fantasia che non si può scegliere.
La mia impressione è che Giuseppe Messina non cerchi grandi platee, ma l’adesione di quanti sono in condizione di capirlo; una ricerca che affonda le sue radici nella visibilità di un mondo diviso fra ricerca e dimostrazione. Una pittura dove evidente è la spontaneità dell’atto creativo. I riferimenti sono diversi, ma tutti sostanzialmente innervati nel desiderio di una ricerca divisa fra naturalismo e antropomorfismo.
Lo so che queste mie sono in parte risposte radicali a proposte che queste opere espongono: le espongono, e non so fino a che punto l’intelligenza dell’autore se ne renda perfettamente conto; perché la sua pittura arriva e si esprime come un flusso dove tutto è concesso tranne il calcolo della finalità del risultato: ecco la spontaneità dell’atto creativo. Lo diciamo per Pippo Messina e lo diremmo per quanti altri che, come lui, fanno della propria vocazione un preciso richiamo alle sollecitazioni che lo agitano; che sono vitali, sincere, capaci di esprimere quei risultati che l’artista esibisce nella sequela di forme e di colori, opere figurative di un pittore agitato dai suoi demoni. E detto questo è detto tutto almeno per quanto riguarda le mie reazioni, felicemente chiamato a rendermi partecipe di un evento per il quale dobbiamo solo dei consensi: mille e mille di questi colori, caro Pippo Messina; colori e passioni che svuotano la tristezza di tante nostre realtà e recuperano il senso della passione civile.
E allora? Allora ci viene incontro Pedro Calderon de la Barca.
La vita è sogno; l’arte getta un segnale, noi lo raccogliamo e la vita continua”
Graziella Lo Vano, si è soffermata sui versi componenti il poema, dei quali ha saputo fare una chiara analisi, infatti ella cosi si è espressa in maniera appassionata:
“Dopo poco tempo dall’ultimo incontro avvenuto il I° di aprile, in occasione della presentazione del suo libro “Seguendo Cristo”, Giuseppe Messina, , oggi, ci riunisce ancora una volta, per presentarci un altro lavoro: corposo, possente, nel quale ha amalgamato sapientemente: alla tela, poesia, olio, cuoio, legno, bronzo.
Ed è con vivo piacere che ho accettato il suo invito.
Quindi, immergendoci nella lettura del libro “Imbarcato all’alba”, ritroviamo i temi tanto cari a Giuseppe Messina, e che egli – sempre indomito – non smetterà di trattare e… denunciare. D’altra parte, Messina stesso si “svela” immediatamente, già nel sottotitolo di copertina: “Artes Meae per un unum vestigium”, Le mie arti in un unico progetto.
Leggendo i lavori precedenti e questo ultimo, sorgono d’acchito alcune
considerazioni, riflessioni e alcuni aspetti particolari. Iniziamo con il primo: il viaggio.
Tanti sono gli autori che si ispirano al viaggio in forma diversificata e metaforica: D’Annunzio, Joyce, Foscolo, Pascoli, Marco Polo e primo fra tutti, Dante e, ancor prima, Omero. Interpretandolo ciascuno come sogno, voglia di ricerca della conoscenza, nostalgia, gioia o ritorno dall’esilio.
Anche Messina è spinto dall’ansia di viaggiare e interviene nelle contraddizioni del suo tempo che vuole combattere, ma non può rincorrere il tempo, perché egli ci fa chiaramente capire che da lui sta per essere raggiunto.
E’ indubbio che Giuseppe Messina nel suo viaggio, si interpreta come un moderno Omero/Odisseo.
Ma cosa prevale in lui?
L’uomo affascinato dalla classicità antica, greca, della nostra terra, e che, quindi, si interpreta come Omero/Odisseo, oppure l’artista Messina, che vive il suo tempo e viaggiando nel suo tempo / guardando la realtà che lo circonda, ne denuncia le criticità?
Altra considerazione:
A pag. 29 leggiamo infatti, ad esempio, “Imbarcato all’alba verso il tramonto”: E’ questo quindi, un ossimoro/contraddizione, o voglia di scompaginare così, quest’ultima opera destinata a un lontano futuro?
Il nostro, a pag. 31, paragona il tempo, come “…immenso buco nero”. nella quartina successiva, si legge però che se l’essere umano è evanescente (come egli stesso afferma), e viene sprofondato in questo immenso buco nero metaforico, egli stesso si aggrappa alla sua opera, alla sua poesia, che lo rende e renderà sempre presente.
Infatti, nell’ultima quartina afferma (rivolgendosi a sé stesso, in terza persona) “…millenni ha attraversato e non s’è perso”.
Leggendo le sue opere, noto ancora quanto il nostro, senta imprescindibili i legami con gli affetti familiari e che secondo la mia interpretazione, costituiscono la sua forza.
Il padre. Descritto con sottile maestria… a pag. 33. E’ necessario leggere queste due quartine che rappresentano più di tante parole:
“…E cosa dire di quell’uomo forte / che ha lasciato in me malinconia / quando, a sorpresa, lo carpì la morte / lasciandomi la sua filosofia? / Mio padre, che parlava con Demetra, / e sussurrava a me come fa il vento, nel costruire senza malta e pietra / mi trasmetteva quel che ancora sento…”.
E la madre, che Messina – sostiene nella sua opera – “egli non capiva”. Non capiva che in lei c’era tanta poesia, mentre egli procedeva veloce per le vie del mondo.
Ma se i genitori costituiscono la nostalgia, ci sono gli affetti presenti: il figlio, che Messina svela già nella nota dell’opera, e col quale si confronta. Altro tassello che si aggiunge nel risultato finale del suo lavoro/ Ripeto le sue stesse parole: …e con la spinta di mio figlio, …quando ne abbiamo parlato. (Sottolineo, come ancora una volta Messina si confronti con i giovani).
E aggiungo, ma non per ultima: Nerina. Guerriera e ancella nello stesso tempo, compagna caparbia e presente e soprattutto paziente che accoglie il navigante alla fine di ogni suo viaggio.
Giuseppe Messina, si rivolge anche agli indifferenti, agli egoisti nei riguardi dei mali sociali; dei disastri economici; ambientali; verso gli umili.
Si rivolge verso chi non costruisce ponti. I ponti che congiungono ieri con oggi; giovani e vecchi; l’oggi con il domani; ma soprattutto l’uomo… con gli uomini.
Perché non bastano mai occhi, perché “manca la luce che qualcuno ha spento; manca la luce che nessuno accende”. Perché:
Il pianto di Calliope (a pag. 47 da “Il pianto di Calliope, e da “Il ponte la luce – l’antica parola”, come egli stesso riporta), non sente chi non sa dei disagi dell’inverno, del sonno / che, all’addiaccio / non arriva, / ma giunge / quello definito / eterno.
Al lettore sorge spontanea la domanda se Messina possa svelarci quali siano “…I desideri che ha “circumnavigato” e cosa lo ha rapito costringendolo a tornare”.
E poi continua con un atto d’amore e d’accusa per la sua Sicilia che vorrebbe risvegliata come i ciclopi… ma che – avverte minaccioso – saranno gravi le loro intenzioni.
Per concludere infine:
Ormai si avvicina la partenza,
forse è davvero l’ultima partita,
forse è davvero l’ultima sequenza
della mia intensa, travagliata vita.
Per Messina, dunque, quest’opera, rappresenta tempo di Consuntivi? Infatti, egli stesso non ci crede, premettendo quel… “forse”.
E neppure noi gli crediamo assolutamente.
Messina è l’artista che opera, tenace, vulcanico, che mai si ferma e scoraggia, anche quando rimbrotta e polemizza.
Per cui, in queste sue affermazioni – concludo - noi tutti – conoscendolo – siamo pronti a smentirlo e ci fa piacere pensare di ritrovarci qua ancora, tra breve tempo.
Chiudo, complimentandomi con Giuseppe Messina per la sua meritoria opera”.
Andrea Italiano, con parole di stima, si è complimentato con il Maestro Giuseppe Messina per il gran lavoro che questo ha affrontato per realizzare il grande libro e, sintetizzando il suo intervento, ha detto:
“Con questa sua opera ci presenta la sua attività multiforme. La sua opera, la sua casa museo dice granché di un artista che ha fatto della sua vita un’opera d’arte che tende a rappresentarsi attraverso l’arte stessa in ogni sua forma di comunicazione: pittura, scultura, poesia, teatro, teatralità e tant’altro, e ciò lo pone in una dimensione un po’ diversa rispetto ad altri artisti. Praticamente si cimenta in un’opera titanica; egli è quasi un Michelangelo di Barcellona Pozzo di Gotto che vuole sfidare il destino, il fato e la materia. Le sue opere parlano di una forma mentis classica e spesso rimandano al mondo antico della Grecia, con i suoi elementi templari, con i suoi elementi di colonne, elementi di natura che ci riportano ad una realtà mitica. Però sono forme parlanti, anche surreali che aggiungono qualcosa alla realtà stessa.
Complimenti a Giuseppe Messina per questo libro d’arte e complimenti per il frontone (l’altorilievo in bronzo sulla prima di copertina) che sembra essere stato rubato dal Partenone e portato qui”.
La serata si è conclusa gioiosamente con l’esemplare esibizione de l’Ensemble “Macramè”, i cui componenti sono: Tiziana Filiti (voce solista), Silvana Urso (arpa), Raimondo broccio (Flauto), Alessandro Monteleone (chitarra,) Juliano Parisi (chitarra), Mauro Salamone (chitarra) e Anna Maria Vaccarino (Autrice dei testi e voce recitante), che eseguendo un estratto dello spettacolo “Corde di passione” ha entusiasmato la platea tanto che ha gratificato con ripetuti compiacenti applausi di consenso.
Nelle foto:
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Giuseppe Messina con il suo monumentale libro;
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Raimondo Broccio, Juliano Parisi, Giuseppe Messina, Anna Maria Vaccarino e Tiziana Filiti;
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Locandina dell’evento;
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Nella prima fila si riconoscono: Felice Mancuso, Melo Freni, quindi Graziella Lo Vano e Maria Torre, dietro cui Giuseppe Messina e Lucia Puleio;
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Due dei tre relatori: Graziella Lo Vano e Melo Freni.