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Per le donne 
Antonella Gargano maestra di danza offrirà  una sua coreografia magica
Gennaro Galdi

medaglia MESSINA 05 novembre 2014: Il Caporal Maggiore Capo Andrea Adorno, ha ricevuto ieri mattina dal Presidente della Repubblica, durante la tradizionale cerimonia all'altare della patria, la Medaglia d'Oro al Valor Militare,  massimo riconoscimento del valore militare, con la seguente motivazione: 

"Caporal Maggiore Scelto, Alpino paracadutista, nel corso dell'operazione "Maashin IV", mirata a disarticolare l'insurrezione afghana, conquistato l'obiettivo, veniva investito con la sua unità da intenso fuoco ostile. Con non comune coraggio e assoluto sprezzo del pericolo, raggiungeva d'iniziativa un appiglio tattico dal quale reagiva con la propria arma all'azione dell'avversario. Avvedutosi che il nemico si apprestava ad investire con il fuoco i militari di un'altra squadra del suo plotone, non esitava a frapporsi tra essi e la minaccia interdicendone l'azione. Seriamente ferito ad una gamba, manteneva stoicamente la posizione garantendo la sicurezza necessaria per la riorganizzazione della sua unità. Fulgido esempio di elette virtù militari".​ Bala Morghab (Afghanistan), 16 luglio 2010."

 

Il C.le Magg. Capo Andrea Adorno, ha prestato servizio per nove anni al 4° Reggi​mento alpini paracadutisti, in questo periodo è stato impiegato sette volte in operazioni al di fuori del territorio nazionale, nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan, dal 2011 è in forza al 62° Reggimento fanteria "Sicilia", è sposato e ha due bambini di sette e quattro anni.

Il C.le Magg. Capo Andrea Adorno è il primo graduato dell'Esercito Italiano, vivente ed in servizio, a ricevere la Medaglia d'Oro al Valor Militare.​

ponte-di-messina1

- di Giovanni ALVARO, Cosimo INFERRERA, Bruno SERGI -

Mai come oggi si è passati dall’euforia per la notizia del rifinanziamento della ‘Stretto di Messina’ che apriva l’iter della ripresa del progetto cassato dal bocconiano professor Mario Monti, alla doccia fredda per il comunicato del Ministero dei Trasporti che dichiarava essere non veritiera la notizia diffusa dal quotidiano ‘la Repubblica’ e ripresa da decine e decine di giornali on-line. Contemporaneamente c’era chi passava dallo scoramento più nero alla gioia indicibile come è avvenuto tra i sostenitori del ‘No al Ponte’.

Non sappiamo se quello di Repubblica sia stato un errore o, al contrario, si è tentato di verificare le reazioni dell’opinione pubblica e degli stessi governanti. Di certo c’è che una notizia pubblicata su una testata giornalistica come quella in questione, abbia tratto in inganno parecchia gente, e non solo al Sud. In realtà è stata considerata normale e sensata la ipotetica ripresa del progetto Ponte perché avrebbe fatto risparmiare una penale salatissima e, soprattutto, avrebbe sanato la ferita sulla credibilità del nostro Paese per la scelta, dei passati governanti, di lacerare una gara d’appalto regolarmente espletata e vinta da una cordata internazionale di imprese attive nel settore.

Ma la notizia del rifinanziamento è penetrata senza intoppo, nell’opinione pubblica, soprattutto, perché la differenza tra i salvatori della patria (sic!) - che hanno aggravato la crisi del Paese - e la voglia anticonformista del fare dei renziani, col sostegno dell’opposizione forzista sulle riforme, è oggi abbastanza marcata. Da una parte i governanti sotto dettatura che godevano a definirsi i ‘più tedeschi d’Italia’, dall’altra una squadra che vuole sembrare – e speriamo anche essere – autonoma dalle interferenze teutoniche. Si è quindi facilmente creduto che finalmente la gallina dalle uova d’oro, qual è il Ponte sullo Stretto, avesse conquistato l’attuale governo, dato anche che l’infrastruttura tanto contrastata, da sola, vale 2 punti di Pil ed è in condizione di contribuire alla fuoruscita dalla crisi economica che attanaglia il Paese.

Non sembra così, peccato, anche se qualche voce positiva, come quella del Vice Ministro alle Infrastrutture, on. Riccardo Nencini, si è fatta sentire. Peccato veramente, che si continui a ignorare la ricchezza delle merci che transitano nel Mediterraneo rappresentate da ben 5 milioni di container al mese. Non c’è un solo porto italiano capace di smistare tale volume di merci destinato a raddoppiarsi nel giro di due lustri con la conseguenza dell’utilizzazione di ogni porto del Paese. I ciechi non sono né calabresi, né siciliani. I monoculi stanno ad altra latitudine! Peccato, soprattutto, che il mancato abbattimento dei tempi di percorrenza costringerà i grossi armatori dei cargo container a trovare altre soluzioni. Del resto è stata proprio questa la motivazione dei famosi corridoi TEN per l’Alta Velocità e l’Alta Capacità: escludere, per i tempi lunghi di percorrenza, la vecchia rotta di comunicazione lungo le coste atlantiche dell’Europa. Il FerrMed spagnolo-francese è uno dei percorsi destinati a sostituire i corridoi italiani.  

Si possono capire le cautele su come si muove il Governo per la difficile situazione finanziaria del Paese, ma le penali si dovranno pagare perché l’Impregilo ha dichiarato che vi rinuncia solo se il progetto, vanto per l’Italia, riprende quota. Addirittura crediamo sia un’ipotesi praticabile quella di garantire soltanto, da parte del Governo, una cornice politico amministrativa al progetto senza impegnare alcun finanziamento, ma solo la piena operatività allo stesso con un convinto via libera alla cordata dei finanziatori internazionali. In questo modo si eviterebbero i continui benaltrismi dei no-ponte e di quanti si arrampicano capziosamente sugli specchi per poterlo bloccare. In pratica un project financing che arrivi a finanziare il 100% dell’intero costo del progetto.

Serve solo coraggio e determinazione per realizzare finalmente quella unità d’Italia mai realmente compiuta. Non c’è, infatti, unità vera se i servizi tra Nord e Sud sono totalmente diversi, se le occasioni di lavoro e di sviluppo sono abbastanza disuguali, se dopo 150 anni dal Risorgimento le differenze sono così fortemente marcate. I primi veri tentativi per una unità reale del Paese sono stati la ferrovia Nord-Sud e l’Autosole degli anni ’60 che ha determinato una forte riduzione dei prezzi al consumo per l’abbattimento dei tempi di percorrenza passati dai due giorni precedenti alle successive 8-10 ore. Oggi con l’Alta Velocità il tragitto Roma-Milano è stato ridotto ad alcune ore mentre per il Sud parliamo ancora di 7 ore per il continente e per 10 ore per la Sicilia.

Senza i trafori italiani* - mirabili opere costate enormemente di più di altrettanti Ponti sullo Stretto – che assicurano la perfetta osmosi con i paesi confinanti, non si sarebbe potuto consentire al Paese scambi commerciali, lavoro e sviluppo. Esattamente come capiterà alla Sicilia, alla Calabria, all’intero Meridione, e di rimbalzo alla stessa Italia se a Sud si realizzeranno solo fallimentari porti transhipment e non una filiera di porti gateway a cominciare dal trinomio Augusta.Pozzallo-Gioia Tauro!

Unificare realmente il Paese come fu fatto per le due Germanie (quella ad Est era peggio del nostro Sud) significa consegnarsi alla storia. Certo non bastano gli annunci perché c’è bisogno di scelte e di realizzazioni: il Ponte può essere il grimaldello per questi compiti. Renzi è interessato?

                                          

 

 

 - di Antonio Mazzeo -

drone-usa

Prima gli aerei-spia Global Hawk e una forza di pronto intervento del Corpo dei marines, adesso pure i velivoli senza pilota MQ-1 Predator per bombardare Maghreb, Sahel e Corno d’Africa. Da qualche mese nella grande stazione aeronavale di Sigonella vengono ospitati in gran segreto una flotta dei famigerati droni che US Air Force e CIA utilizzano nei maggiori scacchieri di guerra internazionali: Afghanistan, Pakistan, Yemen, Somalia, regione dei Grandi Laghi, Mali. Niger.

A rivelare la presenza in Sicilia di non meno di sei Predator Usa da ricognizione e attacco è l’Osservatorio di Politica Internazionale, un progetto di collaborazione tra il CeSI (Centro Studi Internazionali), il Senato della Repubblica, la Camera dei Deputati e il Ministero degli Affari Esteri. “La presenza dei droni temporaneamente basati a Sigonella ha fondamentalmente lo scopo di permettere alle autorità americane il dispiegamento di questi determinati dispositivi qualora si presentassero delle situazioni di crisi nell’area nordafricana e del Sahel”, esordisce il rapporto sui velivoli senza pilota Usa in Sicilia, pubblicato nei giorni scorsi dall’Osservatorio. “Ai tumulti della Primavera Araba che hanno portato alla caduta dei regimi di Tunisia, Egitto e Libia ha fatto seguito un deterioramento della situazione di sicurezza culminato nel sanguinoso attacco al consolato di Bengasi e nella recente crisi in Mali, dove nel gennaio scorso la Francia ha lanciato l’Operazione Serval. In considerazione di tale situazione, la Difesa Italiana ha concesso un’autorizzazione temporanea allo schieramento di ulteriori assetti americani a Sigonella”.

Nello specifico, il Pentagono ha trasferito in Sicilia “alcuni ulteriori velivoli P-3 Orion AIP da pattugliamento marittimo e velivoli cargo C-130 Hercules con il relativo personale di supporto logistico”, a cui si aggiungono i droni realizzati dalla General Atomics Aeronautical Systems Inc. che in alcune loro versioni “possono eventualmente essere armati”. Lungo appena 8,22 metri, l’MQ-1 Predator è un velivolo di medie altitudini e lunga durata: può raggiungere infatti i 9.000 metri sul livello del mare e volare ininterrottamente per più di 40 ore. Il drone è dotato di sensori ottici e sistemi di video-sorveglianza che possono individuare e fotografare qualsiasi target anche in condizioni di intensa nuvolosità. Ma si tratta soprattutto di un’arma letale da first strike, in grado d’individuare, inseguire ed eliminare gli obiettivi “nemici” grazie ai due missili aria-terra a guida laser AGM-114 “Helfire” di cui è armato. Le sofisticatissime tecnologie a bordo non gli consentono tuttavia di distinguere i “combattenti” nemici dalla popolazione inerme con la conseguenza che oggi il Predator è uno dei sistemi di guerra più attenzionati dalle organizzazioni internazionali umanitarie e dalle stesse Nazioni unite che hanno avviato una commissione d’inchiesta sul suo spregiudicato utilizzo in Africa e Medio oriente.

L’Osservatorio di Politica Internazionale prova comunque a tranquillizzare l’opinione pubblica tenuta all’oscuro dell’installazione a Sigonella dei droni killer. “Concedendo le autorizzazioni, le autorità italiane hanno fissato precisi limiti e vincoli alle missioni di queste specifiche piattaforme”, si legge nel report. “Ogni operazione che abbia origine dal territorio italiano dovrà essere condotta come stabilito dagli accordi bilaterali in vigore e nei termini approvati nelle comunicazioni 135/11/4^ Sez. del 15 settembre 2012 e 135/10063 del 17 gennaio 2013”. Nello specifico potrebbero essere condotte solo le sortite di volo volte all’“evacuazione di personale civile, e più in generale non combattente, da zone di guerra e operazioni di recupero di ostaggi” e quelle di “supporto” al governo del Mali “secondo quanto previsto nella Risoluzione n. 2085 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Sempre per l’Osservatorio, le forze armate Usa dovrebbero informare le autorità italiane prima dell’effettuazione di qualsiasi attività, ma non si spiega tuttavia in che modo potrebbe essere impedito a Washington di utilizzare Sigonella per operazioni contrarie agli interessi strategici nazionali.

“Anche relativamente all’aspetto di regolazione dell’attività dei voli e del supporto logistico, gli assetti in dispiegamento temporaneo sono soggetti a precisi vincoli”, aggiunge il rapporto sui nuovi droni di Sigonella. “L’esecuzione dei voli deve essere preventivamente coordinata con l’Ente di controllo del traffico aereo e l’Ufficio operazioni della base ospitante; in particolare, l’attività che interessa gli spazi aerei di Sigonella deve essere gestita con le medesime modalità vigenti per i reparti stanziali e preventivamente coordinata con il rispettivo Comando di Stormo per quanto concerne numero di sortite, orari di svolgimento e procedure di attuazione”. Ciononostante è lecito credere che le evoluzioni dei Predator produrranno ulteriori limitazioni al traffico aereo civile nei cieli siciliani.

A Catania-Fontanarossa, lo scalo passeggeri ad una manciata di km da Sigonella, piloti e controllori di volo conoscono bene i limiti e i pericoli di dover operare fianco a fianco dei velivoli militari a pilotaggio remoto. “Attualmente le unità statunitensi basate a Sigonella comprendono distaccamenti relativi agli aeromobili di tipo RQ-4B Global Hawk dell’US Air Force, il cui rischiaramento permanente è stato autorizzato nel settembre 2010”, spiega l’Osservatorio di Politica Internazionale. “Il Global Hawk è un velivolo senza pilota da osservazione e sorveglianza, destinato ad operare ad altissima quota e con lunga autonomia, prodotto dalla statunitense Northrop Grumman e in dotazione attualmente all’Aeronautica militare americana in 37 esemplari. A Sigonella si stima che attualmente siano presenti 3 di questi velivoli”.

I velivoli sono controllati da terra attraverso due stazioni trasportabili, una denominata “MCE” per la gestione dei voli e l’interpretazione delle immagini raccolte e l’altra (LRE) per le fasi di decollo e atterraggio. Entrambi i moduli sono altamente mobili e dispiegabili anche in luoghi geografici separati rispetto a quello di operazione del Global Hawk grazie ai collegamenti su base satellitare.

Questi velivoli possono rimanere in volo per periodi di tempo superiori alle 24 ore e a migliaia di km dalla loro base operativa. “Ciò consente una maggiore capacità di raccolta informativa e osservazione in contesti di scarsa sicurezza”, aggiunge l’Osservatorio. “Così, tale tipologia di velivolo potrebbe favorire anche un incremento della consapevolezza della situazione in alcuni scenari, si pensi alle aree desertiche del Sahel, dove le criticità, a causa di rapimenti, attacchi jihadisti e scontri etnici e tribali, sono in incremento”.

Nel rapporto si ricorda inoltre come Sigonella sia stata prescelta quale sede operativa dei 5 velivoli Global Hawk che saranno acquisiti a breve dalla Nato nell’ambito del nuovo programma “Alliance Ground Surveillance” (AGS). “Le Commissioni difesa della Camera e del Senato hanno espresso parere favorevole relativamente …al contributo italiano all’acquisizione, da parte dell’Alleanza Atlantica, di un sistema ad alta tecnologia basato su una flotta di 8 velivoli a pilotaggio remoto Global Hawk e di un segmento terrestre di guida e controllo nelle sedute del 24 e 16 giugno 2009. In seguito, l’acquisto di 8 Global Hawk (con un contributo finanziario italiano di 177,23 milioni di euro pari al 12,26% dei costi dell’intero programma determinati in 1.335 milioni di euro), è stato ridotto a soli 5 esemplari”.

Con l’AGS, Sigonella si trasformerà in un vero e proprio centro di eccellenza Nato per la sorveglianza terrestre, con apposite infrastrutture dedite alla manutenzione e al supporto logistico dei droni, all’analisi e diffusione dei dati da loro raccolti e all’addestramento del personale dei Paesi dell’Alleanza destinati alla gestione del sistema (circa 800 unità). “Attualmente si prevede che il primo Global Hawk arrivi a Sigonella nel 2014 e che sia raggiunto dagli altri 4 velivoli entro il 2017, anno di completa operatività del sistema AGS”, spiega l’Osservatorio. “Sono comprese anche due stazioni mobili di supporto operativo alla missione (TGGS), sei stazioni mobili per il processamento dei dati (MGGS) e un centro operativo di supporto alla missione fisso (MOS) da installare presso la base di Sigonella”.

 

Secondo il Ministero della difesa, la iperdronizzazione di Sigonella non comporterà comunque problemi all’ambiente. “A livello di emissioni elettromagnetiche, i Global Hawk e i Predator americani operano sulle stesse bande di frequenza utilizzate dai droni italiani con potenze analoghe, omologate, certificate e autorizzate dall’autorità nazionale”, riportano acriticamente i ricercatori dell’Osservatorio. “Per quanto riguarda le emissioni acustiche, questi sistemi non differiscono dagli omologhi velivoli pilotati. In particolare l’MQ-1 Predator, che è propulso da un motore Rotax 912 UL a pistoni, genera un rumore paragonabile a quello di un addestratore dell’Aeronautica militare SIAI SF-260. Le emissioni acustiche di un RQ-4B Global Hawk, invece, sono paragonabili a quelle di un business jet della classe del Cessna Citation X che monta lo stesso motore in versione civile”.

Sempre secondo il Ministero della difesa le emissioni chimiche dei droni saranno “riconducibili esclusivamente agli scarichi dei motori”. Come dire dunque che i droni installati in Sicilia spiano e uccidono a impatto ambientale zero. O quasi.

Sono due soli ma non se ne erano mai visti di simili, hanno un'energia che è un miliardo di volte quella delle particelle create in un'esplosione nucleare di grande potenza e, forse, sono addirittura provenienti dal più lontano universo, fuori dalla nostra Galassia, la Via Lattea. Come se non bastasse sono state catturati da quello che è probabilmente il telescopio più strano esistente al mondo. Sono due neutrini molto particolari, saltati fuori dall'osservazione fatta al Polo Sud e la cui scoperta, annunciata nei giorni scorsi a Madison, Wisconsin, Usa sta mettendo a soqquadro il mondo della fisica nucleare e dell'astrofisica. Nessuno sa infatti, o capisce, chi o cosa potrebbe mai aver prodotto particelle con quell'energia, almeno 1.000 volte superiore a quella che il grande acceleratore di Ginevra, LHC, potrà mai raggiungere.

Quanto allo strumento che ha stanato questi due campioni, bisogna dire che anche se gli astrofisici ci hanno abituato a tante stranezze (telescopi in orbita, satelliti che catturano la polvere delle comete e batterie di antenne paraboliche nei deserti e nelle montagne più alte), questo batte tutti. IceCube è infatti un vero e proprio telescopio fatto da un chilometro cubo di ghiaccio, al polo Sud.

 

http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2013-05-26/neutrini-polo-sud-150300.shtml?uuid=AbvGHLzH

Il numero 3000 di Topolino, il fumetto che da oltre 80 anni viene letto in Italia da grandi e piccoli, e' gia' esaurito nelle edicole a 3 giorni dall'uscita.
Un record per il giornalino che e' gia' in vendita su ebay con quotazioni che vanno da 20 a 50 euro. Il settimanale ha festeggiato l'uscita dei 3000 numeri con un'edizione da collezione: un numero doppio con una copertina disegnata da Andrea Freccero e 14 storie dei piu' popolari disegnatori e sceneggiatori Disney.

 

(ansa)

La lingua più antica del mondo risale a 15 mila anni fa e, nella preistoria, contava almeno 23 parole ancora esistenti.
Dall'Europa all'Asia gli scienziati dell'University di Reading, in Inghilterra, hanno viaggiato nel tempo e nello spazio, fino a raggiungere il cuore di un ceppo linguistico comune che si perde nella notte dei millenni.
Inclusa quella indoeuropea, la lunga ricerca ha scandagliato sette famiglie linguistiche del Continente euroasiatico, risalendo a un nucleo di 23 radici comuni: a tutti gli effetti, l'Abc della proto-lingua che, in pieno paleolitico, regolava la comunicazione di base.
L'ABC DELLA PROTOLINGUA. Nel vocabolario degli antenati c'era innanzitutto la parola «madre». Ma anche «maschio», «io», «tu», «noi», «vecchio», «mano» e «non».
Verbi di azioni frequenti come «dare», «sentire», «tirare» e anche «sputare».
Infine i nomi di piante, animali, persino colori e rituali che scandivano lo scorrere della vita quotidiana. «Fuoco», per esempio, è un concetto ricorrente in tutte le famiglie linguistiche. Al pari di «frassino» (stessa radice di «cenere»), «corteccia», «buio» e «verme».
La proto-lingua scoperta dall'informatica
La mappa delle famiglie linguistiche del mondo.

La mappa delle famiglie linguistiche del mondo.

Le radici della proto-lingua sono state ottenute rintracciando le corrispondenze tra i 200 vocaboli più usati nelle sette famiglie linguistiche studiate. Un campione di migliaia di parole, incrociate nel grande database del programma Torre di Babele.
La scoperta di Mark Pagel - biologo evoluzionista a capo del laboratorio di processing informatico che ha generato la nuova superfamiglia linguistica, è significativa non solo perché ha accomunato gli idiomi indoeuropei (tra i quali le lingue romanze e germaniche) a quelli altaici (turco e mongolo), uralici (finlandese e ungherese) e di altre famiglie asiatiche prese in esame.
PRIME SCRITTE 5 MILA ANNI FA. Prima del team di Pagel, nessuna ricerca linguistica era mai riuscita a datare una lingua prima dei 10 mila anni di età.
Le prime tracce di scrittura dell'uomo risalgono invece a circa 5 mila anni fa. «Il latino viene indicato una lingua morta, invece è quasi l'ultimo nato», ha ironizzato lo scienziato inglese.
LA STATISTICA SUPERA LA STORIA. Per ricostruire l'evoluzione del linguaggio nei millenni, il gruppo di Reading non ha usato il metodo comparativo tipico dei glottologi, che prende fonti e documenti storici come cartina di tornasole per verificare le caratteristiche lessicali e grammaticali delle lingue estinte.
Ma, come per altre indagini passate, il laboratorio informatico ha adottato modelli statistici di estrazione dati, privilegiando i sistemi astratti alla ricerca sul campo.
La parole più usate appartengono a più famiglie
La protolingua comune a sette famiglie risale a 15 mila anni fa.

La protolingua comune a sette famiglie risale a 15 mila anni fa.

La convinzione che le leggi matematiche possano individuare - come anche in campo medico e biologico - la genesi e i percorsi delle lingue umane si basano sulla scoperta, nel 2007, che alcune leggi biologiche sull'evoluzione valgono anche nella linguistica.
Quanto più, per esempio, una parola è usata nel linguaggio comune, tanto più raramente è destinata a cambiare nel corso degli anni. Lo stesso avviene per i geni più forti, portatori di informazioni ereditarie più caratterizzanti. Non è un caso che i verbi di base, necessari per comunicare, siano anche quelli conservano le declinazioni più irregolari, di struttura simile alle lingue antiche.
LA FORZA DELLE PAROLE COMUNI. Prima di selezionare il campione da incrociare al computer, Pagel e colleghi erano arrivati a concludere che le parole pronunciate più di una volta ogni 1.000 parole (in media, circa 16 volte al giorno) mutano così lentamente, da poter essere rintracciate in almeno due famiglie linguistiche diverse.
Come i corpi vivi, le lingue cambiano e si adattano all'ambiente. Ma la loro radice resiste e, come una matrice primordiale, custodisce i concetti essenziali del pensiero. Questa semplice legge della vita è la chiave, sembra, per la Babele delle lingue e della storia.

 

(lettera43.it)

Una città sepolta nella sabbia marina per oltre 1200 anni, le cui rovine sono state scoperte nel 2000 a 30 metri sotto il livello del mare ad Abukir, vicino ad Alessandria. A distanza di 13 anni dal ritrovamento è stato confermato il suo nome: si tratta della città di Heracleion, per i greci, conosciuta anche come Thonis dagli antichi egizi.

Fu scoperta come si è detto nel 2000, durante un viaggio di studi del dottor Franck Goddio ed il suo team dello IEASM ( European Institute for Underwater Archheology ). Dopo oltre 4 anni di ricerche geofisiche e 13 di scavi, i misteri della città scomparsa si stanno svelando a poco a poco.

Il professor Barry Cunliffe, un archeologo dell’Università di Oxford che ha partecipato agli scavi, ha asserito in un comunicato stampa: “È una scoperta archeologica travolgente! Reperti distesi sul fondo del mare, ricoperti e protetti dalla sabbia, sono stati stupendamente conservati per secoli”.

Sorprendentemente quindi, ci troviamo davanti a reperti ben conservati che raccontano di un vivace porto antico, centro nevralgico del commercio internazionale, ma anche di un attivo centro religioso. Un documentario racconta dettagliatamente i momenti del ritrovamento.

Quello che ne emerge, di conseguenza, è che Thonis-Heracleion sarebbe stato un punto di riferimento commerciale importante per gli scambi di merci e beni tra il Mediterraneo ed il Nilo.

Sono state ritrovati tantissimi ancoraggi, più di 700, monete d’oro, alcune appartenenti ad Atene, che non si sono mai trovate in un sito egiziano, ed altre invece con simboli egizi.

Finora sono stati dissotterrati 64 antichi relitti di navi, stele di grandi dimensioni con scritte egiziane e greco antico, manufatti religiosi.

È stata rinvenuta una grande statua di granito rosso di carattere religioso, una scultura di pietra alta più di 5 metri e mezzo, la stele richiesta dal faraone Nectanebo I (378 – 362 a.c.) che rievoca nell’aspetto la stele di Naucrati conservata presso il Museo Egizio del Cairo, e tanto altro ancora.

Nonostante l’entusiasmo generale, una domanda salta alla mente: perché è affondata Heracleion?
Questo rimane un mistero in gran parte ancora irrisolto, e circa il quale gli esperti non si esprimono con assoluta certezza.

La squadra di Goddio ipotizza che la causa debba essere ricercata nelle caratteristiche argillose del suo fondale che, in caso di terremoto, possono aver potuto provocare una distruzione di tale portata.

In sostanza, potrebbe esserci stato un terremoto, e la particolare conformazione argillosa del terreno, non avrebbe retto il peso dei grandi edifici della città, che sarebbe stata quindi inghiottita dal mare.

Tuttavia le ipotesi sono ancora tante e la verità tutta da sviscerare.

Il ritrovamento dei reperti archeologici di Heracleion coadiuverà gli storici nella ricostruzione dei fatti, un compito appassionante per tutti gli archeologi subacquei che stanno cercando di dare nuovamente luce a questa città.

Attraverso cocci di storia essi daranno vita ad un altro puzzle affascinante di quelle terre faraoniche d’Egitto che da secoli seducono il mondo, permettendo così di scrivere nuove pagine nei libri di storia.

 

(oubliettemagazine.com)

SAN GIOVANNI ROTONDO (FOGGIA) - Dal prossimo primo giugno sarà permanente l'ostensione del corpo di san Pio da Pietralcina nella chiesa inferiore a lui intitolata a San Giovanni Rotondo. Sarà il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, card.Angelo Amato, a presiedere la celebrazione eucaristica per l'inizio dell'esposizione.

La notizia é stata annunciata dall'Ufficio stampa dei Frati minori cappuccini della provincia religiosa 'Sant'Angelo e padre Piò. L'unica ostensione delle reliquie del frate delle stimmate si é tenuta dal 24 aprile 2008 al 24 settembre 2009.

 

Insieme con il card. Amato - è detto in una nota - "giungeranno in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, per venerare le spoglie del Santo, tutti i collaboratori che prestano il loro servizio presso il Dicastero". Concelebreranno la funzione dell'ostensione l'arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, mons. Michele Castoro; l'arcivescovo segretario della medesima Congregazione, mons. Marcello Bartolucci e numerosi sacerdoti, cappuccini e diocesani. Il corpo di san Pio da Pietrelcina resterà nello stesso luogo, cioé nell'intercapedine del plinto centrale della chiesa inferiore, custodito in un'urna di vetro.

(Ansa)

Il "timelapse" realizzato da Google nel 2012, consente  come una macchina del tempo,  di osservare i cambiamenti del mondo fino al 1984.

Grazie ai satelliti Landsat e in collaborazione con U.S. Geological Survey, Nasa e il Time, ha confezionato lo "storico" delle immagini satellitari scattate dal 1984 ad oggi, permettendo di tornare indietro nel tempo ed osservare i cambiamenti del nostro pianeta.

Ghiacciai che si sciolgono e laghi che si prosciugano a causa del riscaldamento globale. Espansione di città come Las Vegas o Dubai.

Deforestazione della Foresta Amazzonica e crescita a dismisura della città di Shanghai: in soli 28 anni di mutamenti.

E tra 50?

 

http://world.time.com/timelapse/


È dottore in Lingue. Onorificenza conferitagli dalla facoltà di Studi umanistici dell'Università di Cagliari

PALERMO – Laurea honoris causa per Andrea Camilleri. Tutti in piedi e un lungo applauso lo ha accolto questa mattina nell'Aula Magna del Rettorato di Cagliari. La Facoltà di Studi Umanistici dell'Università gli ha conferito la laurea magistrale in Lingue e letterature moderne europee e americane. Il padre del commissario Montalbano da oggi è perciò dottore.

LECTIO MAGISTRALIS - Il legame che unisce Camilleri alla Sardegna ha origini antiche. “Mio padre è stato ufficiale della Brigata Sassari anche agli ordini di Emilio Lussu, per il quale nutriva una autentica venerazione. Aveva da sempre il desiderio di tornare in quest'isola”, ha raccontato lo scrittore nella sua lectio magistralis, “Riflessioni su un capitolo di Svevo”, dove in un excursus che ha toccato Verga, Deledda, Pirandello e Svevo sul contrasto generazionale vecchi e giovani ha commosso la platea con i ricordi legati al padre e al lontano ritrovato legame.

CON LA SUA LINGUA PARLA AL MONDO - “Grande linguista, con il suo alto valore letterario ha la capacità di parlare ai lettori sparsi in Italia e nel mondo”. E' una sintesi della motivazione del conferimento della laurea. “Scrittore italiano nato in Sicilia”, così si definisce l'autore di numerosi romanzi di successo e “creatore di una scrittura ad alta intensità civile e di architetture narrative che aiutano a capire come la diversità sia un valore piuttosto che un ostacolo”. Nella laudatio del preside Giuseppe Marci, che ha ripercorso la carriera umana e artistica di Camilleri, c'è in parte il senso dell'universalità del grande romanziere per il quale “i dialetti sono lingue vere del paese”, baluardi contro il colonialismo linguistico.

 

Corriere del Mezzogiorno (Foto Ansa)

 

Il primo Papa giunto dalle Americhe è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, arcivescovo di Buenos Aires dal 1998. È una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus.

 

«La mia gente è povera e io sono uno di loro», ha detto una volta per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa, ha spiegato in alcune circostanze, «è quella che de Lubac chiama mondanità spirituale», che significa «mettere al centro se stessi». E quando cita la giustizia sociale, invita a riprendere in mano il catechismo, i dieci comandamenti e le beatitudini. Nonostante il carattere schivo è divenuto un punto di riferimento per le sue prese di posizione durante la crisi economica che ha sconvolto il Paese nel 2001.

 

Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli.

 

Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe.

 

Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio.

Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore.

 

È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica.

 

Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.

 

Come arcivescovo di Buenos Aires — tre milioni di abitanti — pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lancia a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutre forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina».

Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013.


L'Osservatore Romano, Anno LXIII, numero 12

La scoperta di un sepolcreto medievale insieme a resti archeologici di epoca romana. E' il risultato di quasi due mesi di lavori nella piccola chiesetta dei santi Filippo e Giacomo di Nosedo, quartiere della periferia sud di Milano. I reperti consistono in cocci, alcuni dei quali smaltati, pietre e una moneta risalente al periodo tra il 340 e il 343 dC, che raccontano di come questo territorio abbia avuto una sua parte nella Storia gia' almeno dai tempi dell'Editto di Costantino.

 

I lavori, diretti dall'Architetto Alberico Barbiano di Belgiojoso, sono stati realizzati grazie alla collaborazione tra Nocetum, la Soprintendenza per i beni archeologici, universita' Cattolica e con il contributo di Fondazione Telecom Italia.

 

Per il vicesindaco Lucia De Cesaris, quella di Nocetum, e del progetto Valle dei Monaci, e' "un'esperienza straordinaria sotto vari profili: artistico, architettonico, ma anche sociale, di recupero di una parte di Milano che non e' affatto periferica, bensi' pulsante. Nella sua opera di raccordo tra citta' urbana e agricola, nel suo contribuire a una Milano accogliente, capace di professare uguaglianza in modo profondo, nel rispetto di diritti ma anche dei doveri di ogni individuo, Nocetum - ha concluso - ha e avra' sempre il sostegno di questa Amministrazione".

 

(adnkronos)

 

 

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Gli scienziati della NASA sono riusciti a filmare un'onda sulla superficie del Sole, una regione attiva sul lembo orientale scoppiata ed esplosa, liberando plasma nello spazio. Gli esperti del Solar Dynamics Observatory della NASA dicono che il fenomeno è chiamato "espulsione di massa coronale" (CME per il suo acronimo in inglese), e non è diretto verso la Terra.

 

Video: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ocqLj1P2aCw

 

La fossa delle Marianne

La fossa delle Marianne, la depressione oceanica più profonda al mondo e uno dei luoghi più inaccessibili del pianeta, è un ambiente ricco di vita che pullula di microrganismi. E' quanto ha scoperto un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal danese Ronnie Glud, della Southern Danish University, e pubblicato sulla rivista Nature Geoscience.

Nonostante l'ambiente nel punto di massima profondità, a 11 chilometri sotto il livello del mare, sia sottoposto a una pressione estrema, quasi 1.100 volte superiore rispetto al livello del mare, ospita nei suoi sedimenti 10 volte più batteri rispetto alle aree circostanti, profonde 5-6 chilometri.
All'apparenza ostili alla vita, le fosse oceaniche, sono in realtà punti caldi per l'attività microbica perché ricevono un flusso insolitamente elevato di materia organica, fatta di animali morti, alghe e altri microrganismi, provenienti dall'ambiente circostante meno profondo.

Per studiare la Fossa delle Marianne i ricercatori hanno utilizzato un robot sottomarino che ha studiato l'ambiente direttamente sul posto. Se si raccolgono campioni dal fondo marino per indagini da fare in laboratorio, infatti, molti dei microrganismi adattati alla vita in queste condizioni estreme moriranno, a causa delle variazioni di temperatura e pressione.

Il robot ha utilizzato sensori che misurano la distribuzione di ossigeno sul fondale marino e che permettono di vedere se questo gas è correlato all'attività dei microrganismi presenti nei sedimenti. "Sappiamo molto poco di quello che accade nelle fosse oceaniche e l'impatto - osserva Glud - che queste depressioni hanno sul ciclo globale del carbonio e sul clima. Inoltre siamo molto interessati a descrivere e comprendere le comunità batteriche uniche che prosperano in questi ambienti eccezionali". Le informazioni provenienti da questa e altre fosse oceaniche, sottolinea l'esperto, "ci permetteranno di comprendere meglio quali sono le condizioni generali a queste profondità e ciò contribuirà a conoscere meglio la Terra".

 

ansa.it

 

 

 

 

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