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Pirografia 50x60

Titolo: La Musa ispiratrice

 

Nel quadro sono rappresentate note musicali, spartiti musicali e un pianoforte con doppia chiave di lettura. I tasti del piano sono anche la scala musicale e sui tasti balla una leggiadra ballerina. A destra, in primo piano, una figura femminile indossa orecchini a forma di chiave di violino. Il suo collo è incorniciato da spartiti musicali che formano un colletto come in uso dalle nobildonne del Rinascimento. Nel cielo gabbiani si librano come le note musicali. 

È musica che supera frontiere nazionalistiche e ideologie politiche. 

La donna da sempre è Musa ispiratrice. 

 

DSC 5659 Rosetta Lo Vano

 

Biografia:http://www.messinaweb.eu/homepage/le-nostre-iniziative/arteincentro/2016/artisti-partecipanti/item/2785-rosetta-lo-vano.html

 

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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Taormina. Cuochi con tanto di cappello a tagliare finemente prosciutti d eccellenza...Ferrari a fiumi, una terrazza incantevole sula Baia di Naxos in cui ci si incontra, al Taorminafilmfest con attori attrici registi produttori, vip e super vip da Miguel Bosè a Oliver Stone, da Richard Gere a Susan Sarandon , Anna Galiena, Monica Guerritore, Ambra Angiolini... e l'inossidabile Tiziana Rocca General Manager che ha segnato la storia del TaorminaFilm Fest dopo Felice Laudadio e Deborah Young che hanno fatto di Taormina  un palcoscenico d'Eccellenza per il Cinema per la qualità delle scelte e per i personaggi, del calibro di Nicole Kidman, di Robert De Niro...

 Si è conclusa il 18 giugno la 62° edizione del Taormina Film Festival che anche quest’anno ha scelto il Belmond Grand Hotel Timeo come location esclusiva per gli eventi più importanti della kermesse cinematografica. Il TaorminaFilmFest non potrebbe avere scenario più spettacolare, classe e compostezza, uno chic francese che affascina e conquista giornalisti, produttori, attori. 20160618 205300 resizedrid

 Riferimento storico del festival internazionale , secondo solo a  Venezia, in Italia,  diventa ogni anno il fulcro della manifestazione, trasformandosi in punto di incontro di tutti gli artisti, attori e registi protagonisti dell’evento.

 Ogni serata è stata infatti scandita e preceduta da un aperitivo glamour nell’esclusiva cornice della splendida terrazza affacciata sul Teatro Greco e su una vista mozzafiato sulla baia di Naxos. Inoltre, il Belmond Grand Hotel Timeo ha avuto il piacere di ospitare la serata di apertura del Taormina Film Festival lo scorso 12 giugno, che ha celebrato il conferimento del prestigioso Taormina Art Award agli stilisti di Dsquared2 Dean e Dan Caten.

 Gli ospiti presenti a questa edizione dell’evento cinematografico, da Richard Gere a Susan Sarandon, sono stati deliziati dalle specialità siciliane dello Chef Roberto Toro, che ha preparato per l’occasione alcuni dei suoi piatti più rinomati, come le Penne con Pesto di Pistacchio e Gambero di Nassa o i Cubi di Tonno rosso con Cipolla all’agro. Inoltre, il Barman Alfio Liotta ha stupito tutti con le sue personali rivisitazioni di alcuni cocktail tradizionali, come i suoi Etna Spritz, Belmondini o Chirichetto. Tutte le serate sono state magistralmente orchestrate dallo staff del Belmond Grand Hotel Timeo sotto la supervisione del Food&Beverage Manager Stefano Lo Giudice.

Stefano Gegnacorsi, General Manager della gemma taorminese di Belmond, ha dichiarato: “Siamo lieti di aver dato anche quest’anno il nostro contributo ad un evento così prestigioso nel panorama cinematografico italiano e così importante per la Sicilia. La struttura ha un legame storico con il Taormina Film Festival e la nostra collaborazione si è consolidata nel corso degli anni, diventando una macchina organizzativa perfettamente collaudata. Con orgoglio ringrazio tutto il mio staff per aver saputo conquistare i protagonisti della kermesse con lo stile di ospitalità tipica di Belmond e della nostra Sicilia. Ringrazio inoltre la direzione artistica, e in particolare Tiziana Rocca, per averci scelto ancora una volta come punto di riferimento e partner del Taormina Film Festival”.

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- di Marcello Crinò -

Le seconda parte delle manifestazioni organizzate dall’Amministrazione Comunale per il centottantesimo anniversario dell’Unione di Pozzo di Gotto e Barcellona si è svolta domenica 19 e lunedì 20, in ricordo del giorno in cui è entrato in esecuzione il Decreto dell’Unione dei due centri.

Il 19 nell’Auditorium Maggiore la Rosa la Pro Loco Manganaro ha promosso un incontro dibattito incentrato sull’ultimo libro di Gino Trapani, Ritorno di Garibaldi in Sicilia – Piazza Roosevelt, pubblicato da Giambra Editori. L’incontro, che ha visto la presenza del sindaco Materia e dell’assessore Torre, è stato introdotto da Andrea Italiano presidente dell’associazione. La relazione introduttiva è stata svolta da Raffaella Campo, con lettura di brani a cura di Giuseppe Pollicina. Il dibattito ha visto protagonisti due esponenti storici della destra e della sinistra: il senatore Domenico Nania e il sindacalista ed ex consigliere comunale Orazio Calamuneri, oltre all’autore Gino Trapani. Il libro, già presentato a Barcellona, propone due testi collegati tra di loro, aventi come tema centrale la delusione post-Risorgimentale e la delusione post-Unitaria. In forma romanzesca e diacronica Trapani immagina il ritorno di Garibaldi nell’isola e ricostruisce la vicenda avvenuta nell’immediato dopoguerra, della denominazione della piazza San Sebastiano in Piazza Roosevelt, operazione portata avanti per ottenere un maggiore contributo in alimenti per i cittadini da parte degli alleati.

Il 20, quasi in simultanea, le ultime due manifestazioni.

Nell’auditorium San Vito è stato presentato il libro di Fabio Balotta, pubblicato da Giambra Editori, Il Carnet De Croquis di un Liutaio, con la partecipazione di Carmelo Maimone, presidente della Pro Loco Nomos di Manno, dell’architetto Mimmarosa Barresi, del dott. Franco Cassata e di Fabio Balotta.

Nella sala conferenze dell’ex Monte di Pietà Giovanni Spagnolo è stata ricollocata la collezione di serigrafie di autori contemporanei, Dall’Uno alla Serie, donata alla città proprio in occasione del 150° anniversario dell’Unione dei due centri, dall’artista Fausta Squatriti, allora Commissario della Biennale di Venezia, grazie alla mediazione di Emilio Isgrò. La collezione, dopo appena un anno, fu smontata per fare spazio a mostre di pittura e scultura e delle opere si persero le tracce. Le opere, che molti ritenevano ormai perdute, sono state ritrovate dalla Pro Loco Manganaro in un ripostiglio dell’ex Monte di Pietà, e dopo un inventario e un intervento di ripulitura resosi necessario perché aggredite dall’umidità, sono state appese alle pareti della sala conferenze, dove rimarranno in esposizione permanente. Ad illustrare la collezione costituita da quarantacinque opere (multipli firmati e numerati) di grandi artisti italiani e stranieri, sono stati l’architetto Andrea Cristelli, la restauratrice Barbara Fazzari, il sottoscritto autore di queste note, il critico Andrea Italiano. Il sindaco Roberto Materia ha spiegato il senso di questa operazione di recupero, alla quale ha creduto fermamente sin da quando fu informato del ritrovamento assieme all’assessore Ilenia Torre. Nel corso della serata è stato altresì conferito un riconoscimento a Nino Abbate, per il suo impegno verso l’arte contemporanea, messo in atto con il Museo delle mattonelle Epicentro, con sede nella frazione di Gala. Gli autori in mostra sono: Anni Albers, Getulio Alviani, Richard Anuszkiewicz, Mario Ballocco, Max Bill, Gianni Colombo, Carlos Cruz-Diez, André Heurtaux, Emilio Isgrò, Pavel Mansouroff, Leon Polk Smith, César Pomela, Luigi Veronesi, Michel Seuphor, Fausta Squatriti, Jeffry Steele, Franco Vaccari, Victor Vasarely.

 

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- La redazione -

Nell’incantevole sito storico della chiesa s. Maria della Valle, nota come Badiazza, domenica 19 giugno si è svolta la manifestazione “M come musica e come montagna”, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni culturali, l’assessorato al turismo e alla cultura di Messina, il Club alpino italiano (sezioni di Taormina e Messina), l’associazione il Centauro onlus nella persona del dott. Matteo Allone che con generosità mette spesso a disposizione la chiesa per lo svolgimento di manifestazioni culturali, la rassegna Armonie dello spirito dell’arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela e la parrocchia s. Andrea apostolo.

L’iniziativa è stata realizzata per suggellare il completamento dei lavori di illuminazione nella zona antistante la chiesa e del percorso ad anello “Laudato si’”, anticipando inoltre la giornata europea della musica del 21 giugno che ha visto coinvolta anche la nostra città con numerose iniziative dislocate in vari siti urbani.

Dopo la celebrazione liturgica della mattina, seguita da un’escursione lungo il percorso ad anello, nel pomeriggio si è svolta una rassegna musicale con i cori polifonici “L. Perosi” di Misterbianco diretto da Salvatore Signorello, la “Cappella musicale della Cattedrale di Messina” diretta da padre Giovanni Lombardo, le corali “La Perosiana” e “Delle Vittorie” dirette da Giuseppe Romeo, le soliste Maria Carla Minasi, Maria Amalia Santoro e Ausilia Arrigo accompagnata dal maestro Guglielmo Nilletti.

Grande partecipazione di pubblico per un momento che ha coniugato bella musica e attenzione alla natura, prendendo spunto dal mònito che il Santo Padre, poco più di un anno fa, diede con la pubblicazione dell’enciclica Laudato Si’, sull’importanza di salvaguardare la nostra casa comune che “protesta per il male che provochiamo a causa di un uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei”.

Alla serata, è intervenuto l’assessore alla cultura di Messina Daniela Ursino che con gioia promuove e condivide ogni iniziativa tesa a valorizzare l’ingente patrimonio culturale storico e naturalistico della nostra città. La Ursino ha annunciato imminenti iniziative musicali e artistiche in sinergia con tutte le istituzioni cittadine, che offriranno ai messinesi e non solo, la possibilità di partecipare a momenti di spettacolo di grande qualità.

Si è detto soddisfatto anche padre Lombardo, organista titolare della Cattedrale e ideatore della rassegna Armonie dello Spirito, che con energia e amore ha saputo coniugare due grandi passioni, quella per la musica e quella naturalistica, mettendole a disposizione degli altri nella realizzazione di grandi momenti culturali. La serata è stata presentata dalla giornalista Rachele Gerace.

EPOS QUOTIDIANO

Spesso mi domando che senso

ha la mia malinconia, oscilla

nel mistero e s’avvinghia sulla pelle

come insonnia febbrile. Non mi

concede il paradiso, ma tante memorie

e tira, uno dietro l’altro, i miei pensieri.

Con voli pindarici e alchimie silenziose

ha nutrito la mia solitudine, in cerca

di semplici attese. Ma cambia la ruota

del tempo ed ora, porto i miei passi

altrove, vivo l’essenza del giorno che

m’avvolge con un alito sincero e

s’adagia sul cuore come soffice velo

“ L’AMORE “

e con cura m’incoraggia a dire spesso

ti amo, ti rispetto. Tutto questo ho

cercato nei recessi più profondi

dell’anima e nelle stanze segrete

delle mie certezze.

 Tina Andaloro Giordano

Biografia: http://www.messinaweb.eu/homepage/le-nostre-iniziative/arteincentro/2016/artisti-partecipanti/item/2415-tina-andaloro.html

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          “Lassatimi sulu..”

Lassatimi sulu ‘nti stu me lettu ri morti.

Lassatimi sulu, nun strincitimi cussi forti.

‘Nvogghiu prisenzi, nentimenu cunforti,

l’ancili ro celu m’hannu aprutu li porti.

 

             Lassatimi a la gioia ro me ultimu suspiru.

             Lassatimi finiri co munnu l’ultimu me giru.

             Scinnu run cavaddu tinutu ‘nti sta giostra,

             vaiu a viritati chi ‘nto munnu mai si mostra.

Lassatimi pinsari a quenn’era focu ardenti,

tinutu ‘nti nu ramu ri cerza assai pussenti.

Ora vaiu a divintari sulu cinniri ‘nsirventi,

comu na fogghia morta trascinata re vienti.

           Lassatimi ripinsari ‘nsoccu fici ‘ntì stu munnu,

          all’attaccamento e sordi chi sulu gioia ‘nsunnu.

          Oltri e figghi , chi fici ‘ppì a mimoria immortali?

         Fici sulu beni o mali all’uomini e ai poviri nimali?

 

Nun sugnu pueta, scienziato o tantu allittratu,

nun lassu cosi r’arti o storici p‘essiri ricurdatu.

Dumannu allura pirchì ‘nti sta terra haiu statu?

Nun strincitimi forti..,vaiu all’abbrazzi ri la morti!

 

traduzione

 

“ Lasciatemi Solo”

 

Lasciatemi solo in questo mio letto di morte,

Lasciatemi solo, non stringetemi così forte,

non voglio presenze, nientemeno conforti.

Gli angeli del cielo mi hanno aperte le porte.

 

           Lasciatemi alla gioia del mio ultimo sospiro.

           Lasciatemi finire col mondo il mio ultimo giro.

           Scendo da un cavallo tenuto in questa giostra,

           vado alla verità che al mondo mai si mostra.

 

Lasciatemi pensare a quand’ero fuoco ardente

tenuto da un ramo di quercia assai possente.

Ora vado a diventare solo cenere che vale niente.

Come una foglia morta sospinta dai tanti venti.

 

           Lasciatemi pensare a cosa feci in questo mondo,

           all’attaccamento ai soldi che solo gioia non sono.

           Oltre ai figli cosa ho fatto per la memoria immortale?    

           Feci solo bene o male agli uomini e ai poveri animali?

 

Non sono poeta, scienziato o tanto letterato,

non lascio cose d’arte o storiche per essere ricordato.

Mi domando allora perché in questa terra sono stato?  

Non stringetemi forte…,vado agli abbracci della morte!

 

 Gianni Amico

 Biografia:http://www.messinaweb.eu/homepage/le-nostre-iniziative/arteincentro/2016/artisti-partecipanti/item/2538-gianni-amico.html

 

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Copertina definitiva

 

Il mondo è in pericolo: il malefico Ashkan, imperatore del male, sta per essere risvegliato da Kale-em, il gran maestro della pseudo-setta degli ashkiani; tuttavia, solamente una persona può essere in grado di fermarlo: John Bale, titolato archeologo di Boston, il quale andrà alla ricerca dei leggenda-ri quattro Medaglioni d’Oro che, una volta riuniti, formeranno il Sacro Graal, unico artefatto capace di distruggere Ashkan.

Ad accompagnarlo in questa avventura ci saranno la collega Pam e due giovani studenti dell’Acca-demia dove insegnano i due titolati archeologi, Jessica e Robert, e il loro apporto sarà fondamentale per la riuscita della missione, che sarà costellata da molti pericoli.

Tutto inizia con la morte del professor Bernard, archeologo di fama mondiale e maestro di John, e via via la storia si svilupperà lungo i luoghi in cui sono nascosti i Medaglioni d’Oro, col perfido Ka-leem che cercherà in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote a John e comitiva: la forza d’animo dei nostri protagonisti sarà però tale da respingere ogni pericolo, ma il finale potrebbe non essere così scontato…

Ashkan, se risvegliato, porterà l’oscurità primordiale in tutto il mondo e John, in particolare, scopri-rà delle verità che cambieranno per sempre la sua vita.

Le sorprese saranno tante e il lettore si troverà immerso in un mondo tra realtà e fantasia, con molti personaggi che caratterizzeranno in modo marcato l’intera storia: amore e odio imperverseranno in maniera contrastante e le vicende si susseguiranno con estrema curiosità e molti punti interrogativi.

In ogni personaggio ho trasmesso le mie emozioni e mentre scrivevo questo libro, e non è assoluta-mente retorica, era come se mi trovassi totalmente immerso nella storia: gli occhi dei protagonisti e-rano anche i miei.

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- di Giuseppe Rando -

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Sabato scorso, il teatro greco di Siracusa era colmo come non mai in ogni ordine di posti. Guardavo dal basso quella compatta, alta, enorme parete concava di volti e di corpi variopinti, sereni di uomini, donne, giovani, vecchi e rifacevo tra me e me gli stessi pensieri che faccio da alcuni lustri, in quello stesso luogo, qualche minuto prima dell’inizio della tragedia (quest’anno, Elettra di Sofocle): «Venticinque secoli fa, su questi gradini sedevano altrettanti spettatori di ogni età, sesso e provenienza; assistevano allo stesso spettacolo; provavano gli stessi sentimenti di ammirazione-stupore-odio-amore che noi stessi oggi proviamo. Evidentemente, di fronte alla poesia, all’opera d’arte, il tempo si annulla, è nulla. E io sono – ahi!, l’essere - identico a un uomo di venticinque secoli fa. Io qui sono un uomo di venticinque secoli fa. Talché, se qualcuno mi chiedesse, in questo momento, quanti anni ho, risponderei duemilacinquecento anni (e quello chiamerebbe, per telefono, uno psichiatra del TSO o mi denuncerebbe ai carabinieri come terrorista: non si sa mai)».

Stavolta, mi sono passati nella mente, velocemente, i filosofi dell’estetica, da Platone a Croce ad Heidegger, ma mi sono fermato sul solo pensiero dominante: la poesia è eterna, il tempo è nulla, l’uomo, tolti i mutamenti accidentali, è l’Uomo (di ieri, di oggi e di domani).

È stato come toccare con mano, a questo punto, la contraddizione fondamentale: cambiamo e siamo sempre uguali, ma quello che non muta in noi è certamente migliore di ciò che muta, ancorché ce ne siamo dimenticati, oggi più che mai.

Ma intanto incominciava la recita di Elettra e io ritornavo beato nel quinto secolo avanti Cristo.

La tragedia è stata interpretata-rivissuta egregiamente dagli attori e da Gabriele Lavia, consapevole, lucido regista. Bravissima, tanto infelice-debole-dolente quanto coraggiosa e inflessibile, Federica Di Martino nella parte della figlia Elettra, che vive per vendicare il padre, massacrato, al suo ritorno in patria, dalla madre Clitennestra e dal suo cugino-amante Egisto. Nel polo dell’accettazione, della rassegnazione, dell’opportunismo, travestito da realismo, gravita Crisotemi-Pia Lanciotti, che cerca di convincere la sorella Elettra a desistere dai suoi propositi di vendetta, per non rischiare di perdere la vita. Strepitosa Maddalena Crippa-Clitennestra, moglie traditrice, spregevole ma autentica nella rivendicazione dell’uccisione del marito Agamennone, madre disumana nel rancore esplicito provato per i figli (Elettra ed Oreste) avuti dal marito, e solo per un attimo sfiorata dall’amore per la figlia Ifigenia, sacrificata agli dei da Agamennone, prima della partenza per Troia.

È l’eterna, attualissima storia dell’odio che distrugge l’amore e altro odio provoca ininterrottamente, senza requie, senza alcuna altra composizione che non sia quella, momentanea, della vendetta: la tragedia si chiude con l’uccisione di Clitennestra e di Egisto, per mano di Oreste, viepiù spalleggiato dalla sorella. Quanto dire: l’umanità messa a nudo, nella sua pulsione distruttiva e nella sua intrinseca fragilità, senza alcuna mitigazione religiosa (Cristo sarebbe nato quattro secoli dopo).

Colpisce il linguaggio di Sofocle, perfettamente reso nella traduzione di Nicola Crocetti, per la sua crudezza («Colpisci, Oreste! Colpisci ancora!», dice Elettra al fratello che sta uccidendo la madre), per la sua carnalità-sensualità, senza reticenze («Ti porti a letto l’assassino di mio padre»), e affascina profondamente gli spettatori lo stile sospensivo e fortemente oppositivo, in climax ascendente, degli interventi dei protagonisti e dei loro diretti antagonisti.

La scena di Alessandro Camera ha felicemente sottolineato la modernità del testo sofocleo, facendo a meno di tutti gli orpelli “finto-realistici” della reggia degli Atridi. Le musiche di Giordano Corapi si sono perfettamente sintonizzate con l’interpretazione “moderna”, attualizzante della tragedia.

Il pubblico ha seguito commosso, in partecipe silenzio, lo svolgersi dei fatti. L’ applauso interminabile, ripetuto più volte, è stato anche liberatorio.

La domenica successiva, nel teatro greco di Siracusa è stata rappresentata Alcesti di Euripide, nella traduzione di Maria Pia Pattoni, con la regia di Cesare Lievi, con le musiche “popolari” – la pizzica e i canti funebri delle donne salentine - di Marcello Panni e con la scena ultramoderna di Luigi Perego.

Di questa tragedia - tra le più ambigue e discusse del teatro classico greco, anche per la sua insolita struttura che contamina lo stile tragico della prima parte con quello comico della seconda parte (a partire dall’irruzione di Ercole sulla scena) - il regista ha voluto dare una sua personale interpretazione, aggiungendo all’inizio una cerimonia funebre moderna, cristiana, con tanto di musica sacra e di croce lignea, nera, che ricompare nella scena finale in cui Eracle la depone (meglio la getta) su un giaciglio e si riprende la mazza boschereccia.

Quanto dire che qui i pensieri dello spettatore sono provocati direttamente dal regista, il quale, per sua esplicita dichiarazione, legge la tragedia come il testo in cui Euripide nega o mette in dubbio la possibilità della resurrezione: si guardi, in altri termini, lo spettatore – suggerisce il regista - da interpretazioni religiose, animistiche, trascendentali dell’Alcesti. Qualcuno, però, nel gesto finale di Eracle ha creduto di vedere uno strano, inopportuno, illogico, intempestivo rifiuto della religione cristiana tout court: ambiguità dell’arte?

Il numero degli spettatori era molto ridotto rispetto a quello del giorno prima. E certamente la tragedia è meno affascinante di Elettra.

Il re Admeto, per suoi meriti speciali, ha avuto dal dio Apollo il privilegio di non morire, se trova qualcuno disposto a morire per lui: rifiutano lo scambio il padre e la madre, ma accetta la moglie Alcesti che muore, difatti, tra il dolore (incomprensibile) del marito e quello (comprensibilissimo) dei figli, dei servi e delle serve. Sopraggiunge nella reggia Eracle che è debitore di Admeto per l’ospitalità concessagli. Dopo incomprensioni varie, Eracle lotta contro Thanatos (la Morte) e riporta la moglie (o il simulacro-ricordo della moglie?) al marito. Gli attori sono stati tutti ammirevoli: Galatea Tanzi-Alcesti, Danilo Negrelli-Admeto, Stefano Santospago-Eracle, Massimo Nicolini-Apollo, Pietro Montandon- Thanatos e i piccoli figli di Alcesti e Admeto.

L’interpretazione anti-resurrezionale del regista Cesare Lievi (alquanto forzata, invero) poggia proprio sull’ambiguità, reale o presunta che sia, della scena finale, in cui Alcesti riappare in vita ma non parla. I classici, però, sono perlopiù immuni da certi nostri cerebralismi. Si direbbe difatti che Euripide, con Alcesti, non già la impossibilità della resurrezione volesse rappresentare (quella di Alcesti era un dato indiscusso del mito), bensì la forza dell’amore coniugale, evidentemente più forte, a suo giudizio, di quello parentale: tutto il resto (Eracle, Thanatos, il ritorno di Alcesti) è solo l’armamentario mitologico, utilizzato dal tragediografo per convincere gli spettatori ateniesi della bontà del suo messaggio. Che sarebbe, poi, paradossalmente, la prima, netta “santificazione” della donna-moglie e quindi dell’amore coniugale: quattrocento trentotto anni prima della nascita di Cristo.

Due antitetiche immagini della femminilità si evidenziano, comunque, nelle due tragedie rappresentate quest’anno a Siracusa: la femminilità risentita e aggressiva, quasi virile, di Elettra, e la femminilità tenera, generosa fino al sacrificio più grande, di Alcesti.

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